Enti privati in controllo pubblico: conseguenze sanzionatorie per accertata illegittimità dei contratti di lavoro flessibile

22 Giugno 2017

Dall'art. 18, D.L. n. 112 del 2008, si ricava che un'associazione riconosciuta, dotata di personalità giuridica, sottoposta al controllo e alla vigilanza della pubblica amministrazione è tenuta a rispettare il principio del concorso pubblico ed aperto, previsto dall'art. 97 Cost.
Massima

Dall'art. 18, D.L. n. 112 del 2008 si ricava che un'associazione riconosciuta, dotata di personalità giuridica, sottoposta al controllo e alla vigilanza della pubblica amministrazione è tenuta a rispettare il principio del concorso pubblico ed aperto, previsto dall'art. 97 Cost.

Per tali enti, dunque, sia che li si qualifichi come amministrazioni pubbliche, sia come in house, in definitiva, la costituzione del rapporto di lavoro può avvenire solo attraverso il concorso pubblico, ex art. 35, D.Lgs. n. 165 del 2001, con conseguente operatività del divieto di costituzione ope iudicis del rapporto di lavoro.

Il caso

Il Tribunale di Roma ha rigettato la domanda di una lavoratrice promossa contro un ente privato in controllo pubblico, tendente ad ottenere la costituzione di un unico rapporto di lavoro a tempo indeterminato, previo accertamento dell'illegittimità dei contratti di collaborazione, anche a progetto, e dei contratti a termine (nonché relative proroghe).

La questione

La questione giuridica sottesa al caso in esame concerne l'individuazione della disciplina lavoristica applicabile agli enti privati in controllo pubblico.

Nel caso di specie, infatti, il datore di lavoro è un organismo di diritto pubblico, in particolare un organismo in house, e, in quanto tale, caratterizzato dalla sussistenza simultanea di profili civilistici e di profili pubblicistici.

Per tale ragione, dunque, occorre verificare qual è il regime giuridico che regola il rapporto di lavoro del personale alle dipendenze di un ente privato in controllo pubblico: se quello proprio dell'impiego privato, se quello dell'impiego pubblico oppure se vi sia una disciplina speciale.

Le soluzioni giuridiche
Il giudice ha rigettato la domanda ritenendo inapplicabile al caso in esame la disciplina privatistica che governa la materia ed ha ritenuto che il rapporto dedotto in causa è assoggettato al regime di reclutamento del personale delle società pubbliche, previsto dall'art. 18, D.L. n. 112 del 2008, fatto proprio dal nuovo Testo Unico in materia di società a partecipazione pubblica (D.Lgs. n. 175 del 2016), aggiungendo, altresì, che il datore di lavoro, in quanto associazione, rientrerebbe nell'elenco delle pubbliche amministrazioni destinatarie delle norme del Testo Unico del pubblico impiego così come previsto dall'art. 1, co. 2, D.Lgs. n. 165 del 2001. Dalle coordinate appena richiamate, dunque, l'organo giudicante deduce che il datore di lavoro convenuto in giudizio possa procedere a nuove assunzioni di personale solo previo espletamento della procedura concorsuale, come disciplinata dall'art. 35, D.Lgs. 165 del 2001, con conseguente operatività del divieto di costituzione ope iudicis del rapporto di lavoro (ex art. 36, D.Lgs. 165 cit.). Le ragioni del Tribunale di Roma su cui si basa la decisione attengono alla qualificazione giuridica della struttura datoriale:
  1. parte convenuta è un'associazione riconosciuta, dotata di personalità giuridica, sottoposta al controllo e alla vigilanza della Presidenza del Consiglio dei Ministri – Dipartimento della funzione pubblica;
  2. a tale associazione è attribuita una funzione di supporto alle riforme e di diffusione dell'innovazione in favore delle pubbliche amministrazione;
  3. la stessa, inoltre, è inserita nell'elenco delle amministrazioni pubbliche che concorrono a formare il conto economico consolidato dello Stato (pubblicato dall'ISTAT);
  4. la Corte dei Conti ha qualificato tale ente quale organismo in house, species del genus organismo di diritto pubblico;
  5. tale organismo si è dotato di un proprio regolamento per il reclutamento del personale che prevede il rispetto dei principi e dei criteri previsti dall'art. 35 del D.Lgs. n. 165/2001.
Occorre, a questo punto, verificare se effettivamente le fonti di disciplina richiamate dal Giudice a supporto della decisione siano compatibili e applicabili al rapporto di lavoro instaurato dall'ente chiamato in giudizio . L'organismo di diritto pubblico è qualsiasi soggetto, anche in forma societaria, istituito per soddisfare esigenze di interesse generale, aventi carattere non industriale o commerciale, dotato di personalità giuridica anche di diritto privato e la cui attività sia finanziata in modo maggioritario dallo Stato, dagli enti pubblici territoriali o da altri organismi di diritto pubblico oppure la cui gestione sia soggetta al controllo di questi ultimi oppure il cui organo d'amministrazione, di direzione o di vigilanza sia costituito da membri dei quali più della metà è designata dallo Stato, dagli enti pubblici territoriali o da altri organismi di diritto pubblico (D.Lgs. n. 50 del 2016). Occorre rilevare, innanzitutto, che l'organismo di diritto pubblico non può definirsi “pubblica amministrazione” ai sensi dell'art. 1, comma 2, T.U.P.I., dunque, non rientra nell'ambito soggettivo di applicazione dello stesso decreto. L'organismo di diritto pubblico, invero, può avere “anche” forma societaria. Quando ciò si verifica, e solo allora, lo si potrà qualificare quale società a controllo pubblico ed, in quanto tale, destinatario della specifica disciplina di diritto del lavoro contenuta nel D.Lgs. 175 del 2016. Nel caso di specie, tuttavia, il datore di lavoro è un'associazione di diritto privato in controllo pubblico, non avente, dunque, forma societaria, e, per tale motivo, non è assoggettato alla normativa specificatamente prevista dal Testo Unico in materia di società a partecipazione pubblica. Ci si chiede, allora, quali siano le fonti di disciplina di tale rapporto di lavoro. Non si può negare, infatti, che l'organismo di diritto pubblico è comunque connotato da aspetti peculiari atteso che alla forma privatistica corrisponde una sostanza pubblicistica. L'art. 18, co. 2 bis, D.L. n. 112 del 2008, così come novellato dal D.Lgs. n. 175 del 2016 (già citato) prevede che: “Le aziende speciali e le istituzioni si attengono al principio di riduzione dei costi del personale, attraverso il contenimento degli oneri contrattuali e delle assunzioni di personale. A tal fine l'ente controllante, con proprio atto di indirizzo, tenuto anche conto delle disposizioni che stabiliscono, a suo carico, divieti o limitazioni alle assunzioni di personale, definisce, per ciascuno dei soggetti di cui al precedente periodo, specifici criteri e modalità di attuazione del principio di contenimento dei costi del personale, tenendo conto del settore in cui ciascun soggetto opera”. Tale norma, che può trovare applicazione anche per gli organismi di diritto pubblico, non obbliga comunque questi ultimi al rispetto dei principi di trasparenza, pubblicità ed imparzialità, di cui all'art. 35, D.Lgs. 165 del 2001, in materia di reclutamento del personale. Un'ulteriore fonte normativa può rinvenirsi nel D.Lgs. n. 33 del 2013 in materia di “Riordino della disciplina riguardante il diritto di accesso civico e gli obblighi di pubblicità, trasparenza e diffusione di informazioni da parte delle pubbliche amministrazioni”. Nell'ambito soggettivo di applicazione di tale decreto, infatti, si rinvengono non solo tutte le amministrazioni di cui all'articolo 1, co. 2, del D.Lgs. n. 165 del 2001, non solo gli enti pubblici economici e gli ordini professionali, le società in controllo pubblico, ma anche “le associazioni, le fondazioni e gli enti di diritto privato comunque denominati, anche privi di personalità giuridica, con bilancio superiore a cinquecentomila euro, la cui attività sia finanziata in modo maggioritario per almeno due esercizi finanziari consecutivi nell'ultimo triennio da pubbliche amministrazioni e in cui la totalità dei titolari o dei componenti dell'organo d'amministrazione o di indirizzo sia designata da pubbliche amministrazioni”. Il Dipartimento della Funzione Pubblica, con Circolare n. 1 del 2014, ha chiarito, proprio in riferimento alla normativa appena richiamata, che tra i soggetti tenuti al rispetto degli obblighi di trasparenza siano da ricomprendere anche le fondazioni e le associazioni private in controllo pubblico. L'art. 17 dello stesso decreto, invero, impone il rispetto del principio di trasparenza anche in ordine alle procedure per il reclutamento del personale.Occorre aggiungere, inoltre, che la datrice di lavoro convenuta in giudizio ha un proprio regolamento in materia di reclutamento del personale in virtù del quale è obbligata al rispetto dei principi di trasparenza, pubblicità, imparzialità e pari opportunità (gli stessi principi previsti dall'art. 35 T.U.P.I.). Il richiamo ai soli principi di cui all'art. 35 T.U.P.I., tuttavia, non comporta l'automatica applicazione dell'intera disciplina vigente per il pubblico impiego. D'altronde, il richiamo ai soli principi di trasparenza, imparzialità e pubblicità si rinviene anche nella normativa in materia di società a controllo pubblico. Con specifico riferimento a tale previsione – che, si sottolinea, non interessa specificatamente la decisione in esame, ma che può essere utile nella sua interpretazione giurisprudenziale – la Corte di Cassazione ha avuto modo di affermare che “è certo che l'impegno di capitale pubblico sottomette le assunzioni ai principi costituzionali di imparzialità e di economicità, quali specificazioni del principio di buon andamento, di cui agli artt. 3 e 97 Cost., e dei quali è espressione nel pubblico impiego il D.Lgs. 30 marzo 2001, n. 165, art. 35, per cui le assunzioni al lavoro non sono rimesse al mero arbitrio degli amministratori. Ma tutto ciò non comporta necessariamente la separazione delle garanzie legislative contro l'assoggettamento illimitato dei prestatori di lavoro a situazioni precarie, contrarie alla tutela della libertà e dignità di cui all'art. 36, primo comma, Cost. e contrastate dalla normativa Europea” (Cass. sez. lav., 18 ottobre 2013, n. 23702). La soluzione adottata dal Tribunale, alla luce di tali argomentazioni, non appare condivisibile. La disciplina applicabile ai rapporti di lavoro instaurati con gli enti privati in controllo pubblico è quella civilistica, salvo deroghe espresse. Tra queste rientra il rispetto dei principi di trasparenza e pubblicità, nonché di imparzialità che trovano la propria ragion d'essere nell'assunto che tali enti pubblici beneficiano e operano prevalentemente con capitale pubblico.
Osservazioni

Per tali ragioni, dunque, deve affermarsi che l'ente privato in controllo pubblico non rientra nell'ambito soggettivo di applicazione della normativa di cui al D.Lgs. n. 165 del 2001, né in quello del D.Lgs. n. 175 del 2016, qualora lo stesso non abbia forma societaria.

Non si può ignorare, tuttavia, che si tratta di un soggetto privatistico che è costituito, finanziato e controllato dalla pubblica amministrazione e che, pertanto, soggiace ai principi di trasparenza, di imparzialità e di pubblicità, ciò anche con specifico riferimento alle procedure di reclutamento del personale.

Il rispetto di tali principi, dunque, impone il ricorso ad una procedura para-concorsuale per il rispetto dei principi appena menzionati, ma non della disciplina sanzionatoria prevista dal Testo Unico del pubblico impiego, in particolare, dell'art. 36 cit.

Gli organismi di diritto privato controllati dalla pubblica amministrazione, invero, soggiacciono alla disciplina privatistica del rapporto di lavoro, salvo deroghe espresse.

La questione oggetto di analisi richiede maggiore sensibilità da parte degli operatori giuridici, atteso che negli ultimi anni il concetto di pubblica amministrazione non è più unitario, ma ha assunto le forme più disparate. Il ricorso da parte della stessa amministrazione a soggetti formalmente privatistici per lo svolgimento di funzioni propriamente pubblicistiche, infatti, è sempre più frequente. A tali soggetti, quindi, si applicherà la disciplina civilistica o quella pubblicistica a seconda dei singoli istituti di volta in volta presi in considerazione.

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