Installazione di GPS su autovetture aziendali: prime indicazioni operative

Daniele Bonaddio
27 Dicembre 2016

Con la seconda Circolare del neo Ispettorato Nazionale del Lavoro – datata 7 novembre 2016 – è stato portato nuovamente al centro dell'attenzione il tema dei controlli a distanza e dell'art. 4 dello Statuto dei Lavoratori (L. n. 300/1970), con particolare riferimento all'utilizzazione di impianti GPS montati su autovetture aziendali.Dunque, con il presente lavoro andremo ad analizzare nello specifico quanto previsto dalla vigente normativa, e le recenti indicazioni operative fornite dall'INL, che specifica come comportarsi in caso di installazione di strumenti di geolocalizzazione su autovetture di proprietà del datore di lavoro.
L'art. 4 St.Lav. e le modifiche del 2015 e 2016

Il 2015 è stato senza dubbio un anno fondamentale per quanto riguarda le riforme in materia di lavoro, derivanti dalla Legge Delega al Jobs Act (L. n. 183/2014) che ha portato alla emanazione dei decreti delegati, tra i quali rientra il Decreto Legislativo n. 151/2015, il quale con l'articolo 23 ha provveduto ad effettuare delle modifiche non indifferenti per quanto riguarda tutto l'impianto dell'articolo 4 dello Statuto dei Lavoratori.

Il Legislatore, però, nel rendere più “moderna” la normativa sui controlli a distanza, non ha ben specificato le modalità di applicazione della disciplina in alcune casistiche particolari; tra queste, rientra sicuramente l'installazione di GPS oppure strumentazioni simili, qualora tali strumenti siano utilizzati su vetture di proprietà del datore di lavoro e durante lo svolgimento della prestazione stessa.

Ricordiamo che l'articolo 4 della L. n. 300/1970 era rimasto pressoché immutato a partire dalla data di emanazione dello Statuto dei Lavoratori, che risale appunto al 1970: il fatto che siano progredite le tecnologie, portando quindi ad una incapacità della disposizione in questione di riuscire a disciplinare normativamente tutte le ipotesi che man mano nel tempo si sono configurate, ha costretto gli organi competenti (un ruolo di primo piano ha avuto sul tema il Garante Prot. Dati Personali) di creare documenti di prassi ad hoc e opportune delucidazioni, in modo tale da poter rispecchiare l'effettivo utilizzo della tecnologia al giorno d'oggi senza procedure farraginose e ormai non più rispondenti al cambiamento nella gestione dei rapporti di lavoro e nell'organizzazione interna delle aziende.

Tutto ciò ha portato quindi, con l'articolo 23 del D.Lgs. n. 151/2015, a uno stravolgimento totale di quella che era la disposizione originaria dell'articolo 4, modificato ulteriormente dall'ultimissimo Decreto Correttivo al Jobs Act (D.Lgs. n. 185/2016), in vigore dallo scorso 8 ottobre.

La norma ora si configura in modo tale da prevedere una procedura di:

  • accordo sindacale con la Rappresentanza Sindacale Unitaria (RSU), o con le Rappresentanze Sindacali Aziendali (RSA). Nel caso in cui l'azienda in questione avesse unità produttive ubicate in diverse province della stessa regione, o in più regioni, l'accordo può essere stipulato dalle associazioni sindacali comparativamente più rappresentative sul piano nazionale;
  • autorizzazione amministrativa se non si perviene a un accordo con le rappresentanze sindacali (in tal caso sarà necessario allegare copia del verbale di mancato accordo con gli Organismi Sindacali istituiti all'interno della ditta) o nel caso in cui le stesse non siano presenti in azienda. In tal caso si procede con la richiesta di autorizzazione alla sede territorialmente competente dell'Ispettorato Nazionale del Lavoro (prima si inviava alla DTL competente, ma con il D.Lgs. n. 185/2016, il comma 1 dell'art. 4 prevede ora che “In mancanza di accordo, gli impianti e gli strumenti di cui al primo periodo possono essere installati previa autorizzazione della sede territoriale dell'Ispettorato nazionale del lavoro o, in alternativa, nel caso di imprese con unità produttive dislocate negli ambiti di competenza di più sedi territoriali, della sede centrale dell'Ispettorato nazionale del lavoro”);

per tutti quegli strumenti che siano necessari per:

  1. esigenze organizzative e produttive;
  2. sicurezza sul lavoro;
  3. tutela del patrimonio aziendale.

Ma effettivamente la più grande innovazione riguarda il fatto che il comma 2 dell'articolo 4 novellato prevede ora che l'autorizzazione/l'accordo non sono necessari quando gli strumenti tecnologici (dai quali possa derivare il controllo):

  • sono utilizzati dal lavoratore per rendere la prestazione lavorativa;
  • sono strumenti di registrazione degli accessi e delle presenze.

Il comma 2, in effetti, ha apportato un cambiamento di tutto l'impianto normativo per cui non si ritiene più necessario dover effettuare la procedura di cui al comma 1, art. 4, St.Lav. per esempio per l'utilizzo di badge o cartellini che registrano l'accesso del dipendente per lo svolgimento della prestazione lavorativa.

GPS e chiarimenti della Circolare INL n. 2

La disposizione del secondo comma dell'articolo 4, nella sua attuale versione, comporta sostanzialmente che quando si tratta di strumenti necessari allo svolgimento della prestazione di lavoro, non dovrebbe essere richiesta l'autorizzazione; sorgono dubbi, però, con riferimento proprio agli strumenti quali impianti GPS, che possono essere utilizzati sulle autovetture aziendali.

Il problema sorge proprio perché ci si chiede se tali strumenti siano da considerarsi:

  • come strumenti utilizzati dal lavoratore per svolgere la prestazione lavorativa, e quindi esclusi dalle condizioni previste dal primo comma dell'articolo 4;
  • oppure se debbano essere considerati come strumenti per i quali è necessaria l'autorizzazione.

Il dibattito non è stato di poco conto: il fatto che con l'art. 23 del D.Lgs. n. 151/2015 sia cambiata la modalità attraverso la quale è possibile provvedere all'installazione degli impianti di videosorveglianza, non ha reso più agevole comprendere se i GPS – alla luce della normativa modificata – rientravano tra gli strumenti di cui al comma 1 o al comma 2 dell'articolo in questione, e né era seguito alcun documento di prassi da parte del Ministero del Lavoro in modo da chiarire la questione.

I dubbi sono stati dissipati definitivamente solamente un anno dopo, e precisamente lo scorso 7 novembre, con la Circolare n. 2 dell'Ispettorato Nazionale del Lavoro: si prevede infatti che, sulla base di quanto previsto dal 2° comma, art. 4, Legge n. 300/1970, è necessario individuare quando l'installazione di apparecchiature di localizzazione satellitare GPS sia strettamente funzionale a rendere la prestazione lavorativa, in quanto, anche con una valutazione letterale del disposto normativo: "si considerano come strumenti di lavoro quegli apparecchi, dispositivi, apparati e congegni che costituiscono il mezzo indispensabile al lavoratore per adempiere la prestazione lavorativa dedotta in contratto, e che per tale finalità siano stati posti in uso e messi a sua disposizione".

Secondo l'Ispettorato Nazionale del Lavoro, in sostanza, i sistemi di geolocalizzazione rappresentano un elemento aggiuntivo rispetto ai normali strumenti di lavoro, in quanto gli stessi non sono utilizzati in via primaria ed essenziale per eseguire l'attività lavorativa “ma per rispondere a delle ulteriori esigenze di carattere assicurativo, organizzativo, produttivo o ancora per garantire la sicurezza sul lavoro”.

Ciò detto, l'Ispettorato Nazionale evidenzia come tali apparecchiature, se rientranti nella fattispecie di cui sopra, possono essere installate solamente se alla base c'è un accordo stipulato con la rappresentanza sindacale, o in caso contrario, previa autorizzazione da parte dello stesso Ispettorato Nazionale del Lavoro, sulla base della procedura introdotta all'interno dell'art. 4 dal Decreto Legislativo n. 185/2016, art. 5, 2 comma.

Ma la Circolare in questione non si limita solamente a definire quella che è la regola generale per quanto concerne l'installazione di dispositivi di geolocalizzazione, in quanto provvede a segnalare che in casi particolari tali strumenti possono essere anche definiti come veri e propri strumenti di lavoro, per i quali vige invece la disposizione di cui al comma 2 dell'articolo 4 dello Statuto dei Lavoratori: in tali casi non è necessario procedere al preventivo accordo con le rappresentanze sindacali, ovvero all'autorizzazione da parte dell'Ispettorato.

Ma quali sono nello specifico queste casistiche? Sottolinea l'Ispettorato che gli strumenti di geolocalizzazione vengono considerati come veri e propri strumenti di lavoro quando:

  1. i sistemi di localizzazione siano installati per consentire la completa ed effettiva attuazione della prestazione lavorativa, e cioè quando tale prestazione non possa essere effettuata senza ricorrere al necessario utilizzo di tali strumenti;
  2. nel caso in cui l'installazione sia specificamente richiesta da normative di carattere legislativo e regolamentare che obbligano il datore di lavoro ad installare tali strumenti sulle vetture di proprietà: un esempio può essere quello dei sistemi GPS installati sui mezzi che si occupano del trasporto di portavalori superiori a un milione e mezzo di euro.
Installare in maniera legittima strumenti di geolocalizzazione

Alla luce di quanto detto finora, si può procedere a una vera e propria configurazione delle casistiche che permettono di seguire l'una o l'altra strada.

Quindi per quanto concerne i dispositivi di geolocalizzazione:

  • considerati come veri e propri strumenti di lavoro in quanto sono installati:
    - per consentire l'effettiva attuazione della prestazione lavorativa;
    - quando la loro installazione è richiesta direttamente da disposizioni legislative o regolamentari;
    si rientra nella disposizione prevista dal comma 2 dell'articolo 4, per cui non è necessaria alcuna autorizzazione;
  • i quali rappresentano invece un elemento aggiuntivo rispetto ai normali strumenti di lavoro, si rientrerà all'interno del campo di applicazione del comma 1 dell'articolo 4, per cui sarà necessario procedere con:
    - la richiesta di accordo sindacale con le rappresentanze (RSA o RSU oppure, nel caso di imprese con unità produttive ubicate in diverse province della stessa regione ovvero in più regioni, accordo con le associazioni sindacali comparativamente più rappresentative sul piano nazionale);
    - la richiesta di autorizzazione amministrativa da parte dell'Ispettorato Nazionale del Lavoro (precisamente da parte della sede territorialmente competente, ovvero nel caso di imprese con unità produttive dislocate negli ambiti di competenza di più sedi territoriali, della sede centrale dell'Ispettorato Nazionale del Lavoro) in caso di:
    - mancanza di rappresentanze sindacali;
    - mancato accordo con le stesse (si ricorda nuovamente che in tal caso è necessario allegare alla domanda di autorizzazione anche il verbale di mancato accordo).

Si ricorda ancora che proprio con riferimento al rilascio dell'autorizzazione per l'installazione e l'utilizzo di impianti ed apparecchiature di localizzazione satellitare GPS a bordo di automezzi aziendali, è necessario allegare alcuni documenti, ossia:

  1. una relazione tecnico descrittiva dettagliata contenente le modalità di localizzazione e del sistema satellitare GPS relativo ai vettori oggetto della richiesta, comprensiva di descrizione e disposizione delle apparecchiature anche nella sede ricevente, debitamente firmata dal responsabile aziendale;
  2. l'elenco dei vettori (automezzi o veicoli in genere) da dotarsi del sistema, con marca, modello, targa;
  3. una eventuale denuncia contro furti e rapine presentata c/o il Comando Carabinieri o la Questura.

Da quanto detto si deduce, quindi, che tali dispositivi non potranno in alcun modo essere utilizzati come strumenti per seguire o finanche monitorare il comportamento o gli spostamenti di autisti o di altro personale, e che il datore di lavoro si impegna a diramare idonea informativa di segnalazione al personale dipendente interessato, e a collocare all'interno dei veicoli interessati, idonee indicazioni recanti la dizione “veicolo sottoposto a localizzazione”.

Inoltre, nella fase di installazione, di utilizzo dei sistemi di rilevazione, così come della gestione dei dati acquisiti, devono essere rispettati i principi di pertinenza e non eccedenza nel trattare, oltre che i dati relativi all'ubicazione del veicolo, quelli riguardanti la distanza percorsa, i tempi di percorrenza, il carburante consumato, nonché la velocità media del veicolo (restando riservata alle competenti autorità la contestazione di eventuali violazioni dei limiti di velocità fissati dal codice della strada).

L'informativa

Una delle condizioni fondamentali per poter utilizzare strumenti che comportino in qualche modo un controllo sul prestatore di lavoro, è quella di permettere al dipendente di avere un'adeguata informativa sulle modalità attraverso le quali può essere soggetto a controllo.

Ciò fa in modo che il datore di lavoro sia tenuto a redigere un disciplinare interno, attraverso il quale definire le modalità con le quali è possibile utilizzare gli strumenti in dotazione ai dipendenti, e tale strumento è imprescindibile per poter utilizzare le informazioni acquisite a tutti i fini connessi con il rapporto di lavoro.

Tale considerazione è ribadita proprio all'interno del terzo comma dell'articolo 4 St.Lav. come modificato dall'art. 23 del D.Lgs. n. 151/2015 per cui “le informazioni raccolte ai sensi dei commi 1 e 2 sono utilizzabili a tutti i fini connessi al rapporto di lavoro a condizione che sia data al lavoratore adeguata informazione delle modalità d'uso degli strumenti e di effettuazione dei controlli e nel rispetto di quanto disposto dal Decreto Legislativo 30 giugno 2003, n. 196”.

Da ciò discende ovviamente che le linee guida da seguire per datori di lavoro e dipendenti, sono quelle contenute all'interno dell'informativa sulle modalità d'uso di tali strumenti, che permette da una parte al dipendente di conoscere con quali modalità saranno effettuati gli eventuali controlli, e dall'altra, al datore di lavoro di poter contestare al lavoratore le eventuali violazioni.

Ma non è tutto: come richiamato anche dal terzo comma dell'articolo 4 St. Lav., deve essere rispettato quanto disposto dal Decreto Legislativo n. 196/2003, cioè il Codice della Privacy. Rientra quindi all'interno della disciplina, anche il rispetto della legislazione in materia di privacy, secondo la quale devono essere rispettati i diritti e libertà fondamentali così come anche il rispetto della dignità del singolo nel trattamento dei dati personali.

Di conseguenza, la mancanza di un'informativa configurerebbe l'impossibilità da parte del datore di lavoro di utilizzare tutte le informazioni derivanti dal controllo, che in questo caso si riterrebbe come non annunciato, ledendo di conseguenza la ragionevole aspettativa di riservatezza del lavoratore, che, in questo modo, non conoscerebbe le modalità precise di utilizzo dei dispositivi, così come la graduazione dei controlli da parte del datore di lavoro stesso.

Pare opportuno ricordare, sul tema, che il rispetto delle norme in materia di controlli a distanza fa in modo che debbano essere parallelamente rispettate anche le disposizioni del Codice della Privacy, che se violate, possono comportare l'irrogazione di sanzioni di notevole entità.

Le sanzioni

Per quanto concerne invece le sanzioni, considerando che l'articolo 4, comma 1, dello Statuto dei Lavoratori, fa riferimento in generale a strumenti dei quali possa derivare un controllo a distanza, rende quindi omogenee le sanzioni per quanto riguarda la violazione dell'obbligo sia con riferimento agli strumenti di videosorveglianza, sia per quanto riguarda gli strumenti di cui si tratta nel caso specifico, e cioè i dispositivi di geolocalizzazione.

Sembra opportuno ribadire che l'installazione di questi strumenti, nel caso in cui – come specificato dalla Circolare n. 2 dell'Ispettorato – rappresentino un elemento aggiuntivo rispetto ai normali strumenti di lavoro, non può essere mai antecedente all'accordo con le rappresentanze sindacali ovvero alla richiesta di autorizzazione amministrativa.

Qualora infatti l'ispettore verificasse l'inosservanza della disposizione, procederà alla prescrizione nei confronti del datore, imponendogli di rimuovere il materiale illegittimamente installato.

In caso di non osservanza, si applica l'ammenda da 154 a 1.549 euro, fino ad arrivare – nei casi più gravi – all'arresto da 15 giorni a un anno.

Laddove invece, a seguito del riscontro della violazione, il datore di lavoro pervenga ad un accordo con le rappresentanze sindacali o ancora, ottenga l'autorizzazione da parte dell'Ispettorato Nazionale del Lavoro, potrà estinguere la contravvenzione pagando un'ammenda di 387 euro, (pari a un quarto dell'importo massimo) entro 30 giorni.

Conclusioni

Sicuramente l'articolo 4 dello Statuto dei Lavoratori, così come impostato dopo il Decreto Legislativo n. 151/2015, ha comportato un cambiamento non indifferente per quanto riguarda le modalità attraverso le quali i datori di lavoro possono legittimamente installare degli strumenti dai quali possa derivare un controllo a distanza.

Da una parte si è “liberalizzata” la possibilità di installare degli strumenti necessari per lo svolgimento della prestazione lavorativa, mentre dall'altra si è cercato di limitare i casi nei quali si richiede la presenza di un accordo o di un'autorizzazione per poter procedere all'installazione stessa: questo sia per il cambiamento della tecnologia, sia per il cambiamento delle modalità di svolgimento delle prestazioni lavorative, nonché per rendere più attuale (e più coerente) l'obbligo in questione.

Con la Circolare n. 2 probabilmente si ha un'inversione di rotta rispetto all'ottica della semplificazione che era stata perseguita con il D.Lgs. n. 151/2015: e ciò perché, in realtà, nel dubbio lasciato dalla normativa, già la Direzione Interregionale del Lavoro di Milano con la Nota n. 5689 dello scorso maggio, affermava che tali strumenti di rilevazione GPS, essendo inseriti per esigenze assicurative, produttive o di sicurezza, dovessero essere considerati come necessari allo svolgimento della prestazione lavorativa, e di conseguenza assorbiti dalla disciplina del comma 2, dell'articolo 4, della Legge n. 300/1970.

Quindi il nuovo documento pubblicato dall'Ispettorato Nazionale del Lavoro “ritratta” quanto già detto dalla su menzionata Direzione Interregionale, dividendo le casistiche in base appunto alla stretta necessità di tali strumenti per lo svolgimento della prestazione, oppure dell'accessorietà degli stessi rispetto alla prestazione di lavoro.

Probabilmente questa scelta non è da considerarsi utile in un'ottica di semplificazione, ma sicuramente rende più stringenti i limiti entro i quali il datore di lavoro può dotare gli autoveicoli aziendali di strumenti di rilevazione della geolocalizzazione.

Un aspetto negativo è rappresentato sicuramente dall'aumento del numero di richieste di autorizzazione per l'installazione di tali strumenti, ma d'altro canto probabilmente permetterà un controllo più pregnante delle modalità con le quali i datori di lavoro controllano – nella pratica – l'attività degli stessi lavoratori.

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