I controlli difensivi dopo il Jobs Act
22 Febbraio 2017
Massima
Le garanzie procedurali previste dall'art. 4, St. Lav. si applicano anche ai controlli c.d. difensivi, ossia a quei controlli diretti ad accertare comportamenti illeciti dei lavoratori, dovendo escludersi che l'insopprimibile esigenza di evitare condotte illecite da parte dei dipendenti possa assumere portata tale da giustificare un sostanziale annullamento di ogni forma di garanzia della dignità e riservatezza del lavoratore. Il caso
Una lavoratrice, accusata di aver manomesso i monitor aziendali per impedirne il funzionamento, impugna il licenziamento intimatole per giusta causa e nega la veridicità dei fatti a lei imputati, addebitando il malfunzionamento dei monitor alla vetustà dell'impianto. Inoltre, rileva che la contestazione disciplinare mossa nei suoi confronti è esclusivamente basata su un filmato ricavato dall'impiego di videocamere non autorizzate e, pertanto, non utilizzabile.
Per tali motivi ricorre al Tribunale di Roma in funzione di giudice del lavoro e chiede l'accertamento della carenza di giusta causa del recesso e il diritto alla tutela reale attenuata di cui al quarto comma dell'art. 18 St. Lav. o, in assenza della consistenza numerica necessaria per l'applicazione del citato art. 18, la tutela obbligatoria di cui all'art. 8, L. n. 604/1966.
La società convenuta contesta l'applicazione al caso di specie dell'art. 18 St. Lav., in quanto ha in forza meno di quindici dipendenti, e chiede l'integrale rigetto della domanda.
La pronuncia in commento, alla luce di un'ampia premessa sui controlli a distanza e, in particolare, sui c.d. controlli difensivi, dichiara l'inutilizzabilità delle videoriprese assunte in violazione dell'art. 4, St. Lav. e, di conseguenza, l'illegittimità del licenziamento per mancanza di giusta causa o di giustificato motivo.
In considerazione del requisito dimensionale dell'impresa, il Giudice accorda alla lavoratrice la tutela obbligatoria prevista dall'art. 8, L. n. 604/1966, ordinando alla società resistente la riassunzione della ricorrente oppure la corresponsione in suo favore di cinque mensilità di retribuzione. La questione
La pronuncia in commento offre l'occasione di approfondire un tema particolarmente delicato, soprattutto alla luce delle recenti modifiche intervenute con il c.d. Jobs Act, cioè quello dei controlli a distanza.
I controlli, anche tecnologici, sono talvolta indispensabili per la realizzazione del tipico interesse imprenditoriale, ma, al tempo stesso, possono presentare modalità lesive della libertà e dignità dei lavoratori.
L'art. 4, St. Lav., come novellato dall'art. 23, comma 1, D.Lgs. 14 settembre 2015, n. 151, opera un bilanciamento tra i contrapposti interessi e delinea l'ambito dei controlli a distanza legittimi.
A differenza dei controlli esercitati in una “dimensione umana” (v. Cass. sez. lav., 17 giugno 2000, n. 8250), i controlli “a distanza” risultano particolarmente pericolosi perché presentano le caratteristiche della continuità – intesa come durata costante, attuabile in qualunque momento – e dell'anelasticità, cioè la rigidità e minuziosità del monitoraggio, e, pertanto, rischiano di invadere e comprimere la sfera di autonomia e riservatezza del lavoratore (ex pluribus, v. Cass. sez. lav., 17 luglio 2007, n. 15892; Cass. sez. lav., 23 febbraio 2012, n. 2722).
Per tali ragioni, l'art. 4 St. Lav. ammette l'utilizzo di impianti audiovisivi e di altri strumenti dai quali derivi anche la possibilità di controllo a distanza dell'attività dei lavoratori solo se sia strumentale a determinate finalità (“esigenze organizzative e produttive, sicurezza del lavoro e tutela del patrimonio aziendale”) e segua le garanzie procedurali previste.
Infatti, il primo comma dell'art. 4 St. Lav. stabilisce che l'installazione (e, di conseguenza, l'utilizzo) di tali impianti debba essere preceduto da un accordo sindacale (con le RSA o con le associazioni sindacali comparativamente più rappresentative sul piano nazionale) o, in mancanza, dall'autorizzazione rilasciata dalla sede territoriale dell'Ispettorato nazionale del lavoro.
Inoltre, il terzo comma dell'attuale art. 4 St. Lav. prevede che le informazioni raccolte attraverso i controlli esercitati con gli impianti audiovisivi oppure con gli strumenti di lavoro e i sistemi di rilevazione delle presenze (disciplinati dal comma 2 dello stesso art. 4 St. Lav.) siano “utilizzabili a tutti i fini connessi al rapporto di lavoro a condizione che sia data al lavoratore adeguata informazione delle modalità d'uso degli strumenti e di effettuazione dei controlli”. Le soluzioni giuridiche
Nell'ampio panorama dei controlli a distanza uno dei punti più controversi è quello concernente i c.d. controlli difensivi, cioè quegli accertamenti occulti non finalizzati alla verifica dello svolgimento della prestazione (v. Cass. sez. lav., 9 giugno 2011, n. 12568; Cass. sez. lav., 9 luglio 2008, n. 18821; Cass. sez. lav., 7 giugno 2003, n. 9167), ma alla verifica della commissione di illeciti da parte del dipendente (v. Cass. sez. lav., 22 marzo 2016, n. 5574; Cass. sez. lav., 11 agosto 2014, n. 17859; Cass. sez. lav., 4 marzo 2014, n. 4984; Cass. sez. lav., 4 aprile 2012, n. 5371).
Generalmente si tratta di “violazioni penalmente rilevanti” (Cass. sez. lav., 23 giugno 2011, n. 13789), che possono ledere il patrimonio aziendale o causare situazioni di pericolo.
In ogni caso, i controlli, anche se esercitati con finalità difensiva, devono essere caratterizzati dall'inevitabilità (v. Trib. Milano, 26 luglio 2012; Trib. Varese, 3 luglio 2013; Trib. Milano, 23 aprile 2015) e rispettare il principio di proporzionalità e adeguatezza tra il mezzo adoperato e la finalità dell'accertamento.
Nel corso del tempo dottrina e giurisprudenza si sono espresse in maniera altalenante sulla necessità del preventivo accordo sindacale o dell'autorizzazione amministrativa nelle ipotesi di controlli difensivi.
Un orientamento esclude i controlli diretti all'accertamento delle condotte illecite del lavoratore dall'ambito di applicazione del vecchio art. 4, St. Lav. (v. Cass. sez. lav., 27 maggio 2015, n. 10955; Cass. pen., sez. II, 16 gennaio 2015, n. 2890; Cass. pen., sez. V, 18 marzo 2010, n. 20722), mentre un altro indirizzo ritiene che la legittima esigenza di evitare condotte illecite da parte dei dipendenti non possa comunque sacrificare ogni forma di garanzia della dignità e riservatezza del lavoratore (Cass. sez. lav., 23 febbraio 2012, n. 2722; Cass. sez. lav., 23 febbraio 2010, n. 4375; Cass. sez. lav., 17 luglio 2007, n. 15892). In tale ultima prospettiva risultano inutilizzabili le prove assunte tramite i controlli a distanza non autorizzati (Cass. sez. lav., 1 ottobre 2012, n. 16622).
Alla luce del “nuovo” art. 4 St. Lav., secondo alcuni autori (Balletti, 2016, p. 40; Del Punta, 2016, p. 85) l'espressa previsione delle esigenze di tutela del patrimonio aziendale introdotta nel primo comma dell'art. 4 St. Lav. è un'implicita inclusione dei controlli difensivi tra quelli da sottoporre alla procedura sindacale/amministrativa.
Secondo altri nulla è cambiato e i controlli difensivi restano esentati da ogni tipo di filtro preventivo (Maresca, 2016, p. 1; Maio, 2015, p. 1200). Osservazioni
Nel caso di specie, il Tribunale di Roma rileva che non è stato raggiunto alcun accordo sindacale sull'impiego di impianti di videosorveglianza, né è stata rilasciata l'autorizzazione amministrativa. Pertanto, sul piano processuale “non può attribuirsi alcun valore probatorio al fotogramma illegittimamente conseguito con l'utilizzo di tali videoriprese”.
Inoltre, prendendo posizione sulla segnalata questione dei controlli difensivi, ampiamente dibattuta in dottrina e in giurisprudenza, il giudice romano afferma che “le garanzie procedurali” imposte dall'art. 4, St. Lav. “trovano applicazione anche ai controlli c.d. difensivi, ovverosia a quei controlli diretti ad accertare comportamenti illeciti dei lavoratori […] dovendo escludersi che l'insopprimibile esigenza di evitare condotte illecite da parte dei dipendenti possa assumere portata tale da giustificare un sostanziale annullamento di ogni forma di garanzia della dignità e riservatezza del lavoratore”.
In tale prospettiva, se i controlli difensivi vengono esercitati mediante gli impianti audiovisivi di cui al primo comma dell'art. 4 St. Lav., il datore di lavoro deve provvedere al preventivo iter sindacale/amministrativo, nonché al rispetto dell'adeguata informativa al lavoratore prevista dal terzo comma. Riferimenti bibliografici:
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