La richiesta amministrativa di rivalutazione contributiva come presupposto per la proponibilità della domanda giudiziale
22 Ottobre 2014
La fattispecie
La ricorrente in primo grado, titolare di pensione di reversibilità, agiva per il riconoscimento del diritto del proprio dante causa al beneficio della rivalutazione a fini pensionistici a causa della esposizione ad amianto nel corso del rapporto lavorativo.
Il Tribunale rigettava la domanda proposta dalla ricorrente, sul presupposto che, da un lato, era intervenuta decadenza ex art. 47 D.P.R. 639/1970 e che, d'altro lato, la domanda giudiziale non era stata preceduta da apposita istanza amministrativa.
La Corte d'Appello, in parziale riforma della decisione di primo grado, dichiarava il diritto del dante causa al beneficio della rivalutazione a fini pensionistici ai sensi dell'art. 13 l. 257/1992 per il periodo contributivo 25.6.1960/16.11.1985 ed alla ricostituzione della posizione contributiva, atteso che la domanda giudiziale non era diretta ad ottenere il riconoscimento del diritto alla prestazione previdenziale, già riconosciuta in misura inferiore, ma alla sua rivalutazione. La Corte d'Appello affermava, inoltre, che neppure sussiste l'obbligo di presentare una specifica istanza amministrativa, essendo stato il relativo onere introdotto da una normativa (art. 47, comma 5, D.L. 269/2003) successiva al pensionamento del de cuius (avvenuto nel marzo 1994).
Avverso la sentenza della Corte d'Appello ha proposto ricorso per Cassazione l'INPS, censurando la decisione del Giudice di secondo grado sotto entrambi i profili della preventiva proposizione della domanda amministrativa e dell'assoggettamento al regime decadenziale previsto dall'art. 47 D.P.R. 639/1970.
La Corte di Cassazione, con l'ordinanza n. 21971/2014, ripercorrendo un orientamento consolidato, ha accolto le censure dell'ente previdenziale, cassando la sentenza impugnata e dichiarando improcedibile la domanda originaria.
I principi di diritto
L'art. 47 D.P.R. 639/1970 prevede che, esauriti i ricorsi in via amministrativa, l'azione giudiziaria in materia previdenziale possa essere iniziata, per le controversie in materia di trattamenti pensionistici, nel rispetto del termine di decadenza fissato in tre anni (ovvero in un anno in materia di prestazioni della gestione di cui all'art. 24 L. 9.3.1989 n. 88) dalla data di comunicazione della decisione del ricorso da parte dei competenti organi dell'istituto, o dalla data di scadenza del termine stabilito per la pronunzia della predetta decisione, ovvero dalla data di scadenza dei termini prescritti per l'esaurimento del procedimento amministrativo (computati a decorrere dalla data di presentazione della richiesta della prestazione).
In questo quadro normativo di riferimento, la giurisprudenza si è interrogata sull'applicabilità della citata disciplina in tema di decadenza anche alla domanda avente ad oggetto il beneficio della rivalutazione a fini pensionistici per esposizione all'amianto in favore di soggetti già pensionati.
L'individuazione dell'ambito di estensione applicativa della disciplina sulla decadenza ai sensi dell'art. 47 D.P.R. 639/1970 è stata oggetto, in particolare, di una pronuncia delle Sezioni Unite della Corte di Cassazione, nella quale si afferma che la applicabilità, o meno, del regime decadenziale dipende dall'oggetto della domanda giudiziale azionata. In questo senso, la Suprema Corte ha affermato che il regime decadenziale trova applicazione tutte le volte in cui la domanda giudiziale sia rivolta ad ottenere il riconoscimento della prestazione previdenziale in sé considerata. In contrario avviso, se la domanda consiste in una richiesta di adeguamento di una prestazione in origine liquidata in misura inferiore, il diritto del soggetto di agire in via giudiziale non sarà sottoposto al regime decadenziale, ma piuttosto all'ordinario termine di prescrizione decennale (Cass., Sez. Un., 29.5.2009 n. 12720).
Sulla base di queste considerazioni, ogniqualvolta il soggetto titolare della prestazione previdenziale agisca per ottenere l'adeguamento della prestazione previdenziale già riconosciuta, come nel caso in cui l'ente previdenziale sia incorso in un errore di calcolo o in errate interpretazioni della normativa legale o ne abbia disconosciuto una componente, sarà soggetto unicamente all'ordinario termine prescrizionale di dieci anni e non, invece, al termine abbreviato di decadenza di cui all'art. 47 D.P.R. 639/1970.
Quando, invece, il giudizio riguarda una domanda di riconoscimento della rivalutazione contributiva per esposizione all'amianto, la giurisprudenza di legittimità, con orientamento consolidato, ha ritenuto che la fattispecie rientri a pieno titolo nell'ambito di applicabilità dell'art. 47 D.P.R. 639/1970, atteso il generico riferimento legislativo alle “controversie in materia di trattamenti pensionistici”. La formulazione della norma, secondo la Corte di Cassazione, permette, dunque, di richiamare la citata disciplina decadenziale per tutte le pretese azionate dall'interessato contro l'INPS, tra cui le controversie in materia di trattamenti pensionistici, quando sia in discussione non solo la quantificazione delle prestazioni richieste, ma l'esistenza stessa del diritto, ivi inclusa la domanda volta ad ottenere la rivalutazione dei contributi previdenziali necessari a calcolare la pensione originaria (Cass. 19.5.2008 n. 12685; Cass. 29.3.2011 n. 7138; Cass. 19.4.2011 n. 8926).
L'art. 47 D.P.R. 639/1970 stabilisce, inoltre, che l'azione giudiziaria possa essere proposta solo una volta che siano esauriti i ricorsi in via amministrativa. Da questa previsione la Corte di Cassazione ha ricavato il principio secondo cui, in tema di prestazioni previdenziali ed assistenziali, la preventiva presentazione della domanda amministrativa all'ente competente costituisca presupposto per l'azione giudiziaria. All'inosservanza di tale previsione consegue, secondo il consolidato indirizzo della Suprema Corte, non la dichiarazione di improcedibilità della domanda giudiziaria, bensì la sua improponibilità, con conseguente nullità di tutti gli atti del processo (Cass. 12.3.2004 n. 5149; Cass. 24.6.2004 n. 11756; Cass. 30.1.2014 n. 2063).
Le conclusioni
La Corte di Cassazione con la pronunzia n. 21971/2014, recependo principi già espressi da precedenti pronunce di legittimità, ha accolto le argomentazioni dell'INPS per la cassazione della sentenza impugnata osservando che il ricorso per la rideterminazione della posizione contributiva per esposizione all'amianto non può essere qualificata come correzione di una precedente determinazione errata o ingiusta effettuata dall'ente previdenziale e, dunque, che non è possibile la sua esclusione dall'ambito applicativo del regime decadenziale di cui all'art. 47 D.P.R. 639/1970. D'altra parte, la Corte ha rilevato che la domanda giudiziale diretta ad ottenere la rivalutazione contributiva per esposizione ad amianto costituisce situazione giuridica dotata di una sua precisa inscindibilità e autonomia, traendone la conseguenza per cui la domanda giudiziale debba essere inevitabilmente preceduta dalla presentazione dell'istanza amministrativa all'ente previdenziale tenuto all'erogazione del beneficio.
La Corte di Cassazione conclude, quindi, che, in applicazione dell'art. 384, comma 2 c.p.c., dalla accertata mancata presentazione preventiva dell'istanza amministrativa discende la declaratoria di improponibilità della domanda giudiziaria.
Fonti giurisprudenziali
Cass., Sez. Lav., 30.1.2014 n. 2063 Cass., Sez. Lav., 29.3.2011 n. 7138 Cass., Sez. Un., 29.5.2009 n. 12720 Cass., Sez. Lav., 19.5.2008 n. 12685 Cass., Sez. Lav., 24.6.2004 n. 11756 Cass., Sez. Lav., 12.3.2004 n. 5149 |