Il concetto di licenziamento collettivo secondo la disciplina europea

La Redazione
23 Novembre 2015

La Corte di Giustizia UE con la sentenza dell'11 novembre 2015 sulla causa C-422/15 definisce i confini del concetto di licenziamento collettivo di cui all'art. 1 della Direttiva 98/59/CE, concernente il riavvicinamento delle legislazioni degli Stati membri in materia di licenziamenti collettivi.

Al fine di accertare la sussistenza di un licenziamento collettivo, circostanza che comporta l'applicazione della Direttiva 98/59/CE del Consiglio Europeo, devono considerarsi compresi nella nozione di “lavoratori abitualmente impiegati” anche i lavoratori assunti con un contratto a tempo determinato o per un compito determinato.

Inoltre, la condizione di cui all'art. 1, comma 2 che richiede la presenza di almeno cinque licenziamenti, deve essere interpretata restrittivamente, escludendo dal computo le cessazioni dei contratti di lavoro assimilate ad un licenziamento ed includendo i soli licenziamenti in senso stretto.

Infine, rientra nella nozione di licenziamento ai fini summenzionati, anche la condotta del datore di lavoro che proceda unilateralmente e a svantaggio del lavoratore a modifiche sostanziali degli elementi essenziali del rapporto di lavoro per ragioni estranee alla persona del lavoratore stesso.

Il concetto di “licenziamento collettivo” viene disegnato in questi termini dalla decisione della Corte di Giustizia dell'11 novembre 2015 sulla causa C-422/14 relativa all'interpretazione dell'art. 1 della Direttiva 98/59/CE, concernente il riavvicinamento delle legislazioni degli Stati membri in materia. La questione interpretativa veniva posta all'attenzione dei Giudici lussemburghesi da un tribunale spagnolo chiamato a pronunciarsi sulla controversia insorta tra un lavoratore ed il rispettivo datore di lavoro in merito alla ritenuta illegittimità del licenziamento.

Risolvendo i dubbi ermeneutici, la Corte di Giustizia ha precisato che il legislatore europeo, assoggettando a criteri quantitativi ben determinati l'applicabilità della Direttiva, ha preso in considerazione l'intero organico in forze negli stabilimenti interessati, comprensivo anche dei soggetti assunti con contratti di lavoro a tempo determinato o per compiti determinati, i quali per tutta la durata del rapporto si trovano nella medesima situazione dei lavoratori assunti con contratti a tempo indeterminato.

Nel concetto di “licenziamento” non possono trovare spazio le cessazioni dei rapporti di lavoro assimilate ad un licenziamento e dunque la condizione quantitativa circa la sussistenza di almeno cinque licenziamenti deve essere interpretata in senso stretto, posto che qualsiasi tentativo di interpretazione estensiva priverebbe di ogni effetto la condizione medesima.

Infine, la sentenza precisa che la nozione di “licenziamento”, pur non trovando una definizione specifica nella Direttiva 95/59, si colloca nel contesto normativo europeo e deve dunque ritenersi comprensiva di qualsiasi cessione del contratto di lavoro non voluta dal lavoratore, circostanza riscontrabile anche quando il lavoratore si sia dimesso di propria iniziativa ma tale decisione sia imputabile alla modifica unilaterale apportata dal datore di lavoro ad un elemento essenziale del rapporto per ragioni non inerenti alla persona del lavoratore.

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