Il diritto di indire l’assemblea sindacale alla luce del nuovo T.U. sulla rappresentanza Confindustria-Cgil, Cisl e UilFonte: Trib. Torino , 12 marzo 2015
24 Aprile 2015
Massime
In tema di rappresentanza sindacale, dalla lettura coordinata della legge 20 maggio 1970, n. 300, art. 19 e art. 20, si desume che il combinato disposto degli artt. 4 e 5 dell'Accordo interconfederale del 1993 (istitutivo delle RSU) deve essere interpretato nel senso che il diritto di indire assemblee rientra tra le prerogative attribuite non solo alla RSU considerata collegialmente, ma anche a ciascun componente della RSU stessa, purché questi sia stato eletto nelle liste di un sindacato che, nell'azienda di riferimento, sia, di fatto, dotato di rappresentatività ai sensi dell'art. 19 cit., quale risultante dalla sentenza della Corte costituzionale n. 231 del 2013 (Tribunale di Torino, 2 gennaio 2015).
La norma contrattuale prevede che delle dieci ore annue di assemblea retribuita, tre possono essere indette “singolarmente o congiuntamente” dalle organizzazioni sindacali di categoria firmatarie del CCNL applicato nell'unità produttiva. Nel caso di specie risulta dagli atti che l'assemblea per 1 ora nella giornata del 24.10.2014 era stata indetta dalla Fiom-Cgil. A fronte di tale richiesta la società convenuta, nel proprio diniego, non ha sostenuto il superamento delle tre ore di assemblea che possono essere indette anche “singolarmente” da ciascuna organizzazione sindacale di categoria firmataria del contratto applicata nell'unità produttiva, ma ha genericamente negato lo svolgimento dell'assemblea per la mancata convocazione unitaria da parte di tutti i rappresentanti della RSU (Tribunale di Nola, 17 marzo 2015).
Il diritto di indire l'assemblea, a differenza di molte altre facoltà garantite dallo Statuto dei Lavoratori, non è illimitato ma può esplicarsi nel limite di sette ore annue: appare del tutto ragionevole che la scelta sia stata nel senso di condividere l'utilizzo di queste porche ore, piuttosto che lasciarla all'arbitrio del singolo componente della RSU (Tribunale di Torino, 12 marzo 2015). I casi
Le tre sentenze del 2015 in commento condividono tutte fra loro la medesima fattispecie e il medesimo ricorrente, la Fiom-Cgil, che adiva il giudice di merito per chiedere l'accertamento dell'antisindacalità del comportamento delle Società convenute, concretizzatosi nella lesione del diritto previsto dall'art. 20 della legge 300/1970. Analizzeremo i fatti delle tre cause, avendo presente che tutte condividono il medesimo oggetto del contendere.
Nel processo che ha portato alla sentenza di Torino del 2 gennaio 2015, la Fiom-Cgil accusava la convenuta Fenice S.p.A. di comportamento antisindacale per essersi rifiutata di consentire lo svolgimento di due assemblee sindacali, ai sensi dell'art. 20 della legge 300/1970, richieste da due aderenti Fiom-Cgil eletti fra i componenti della RSU. La Fenice S.p.A. eccepiva preliminarmente l'inammissibilità del ricorso per mancanza del requisito dell'attualità del comportamento antisindacale e, nel merito, sosteneva l'insussistenza del potere di indire l'assemblea in capo a componenti della RSU non rappresentanti la sua maggioranza. La questione preliminare circa la non attualità del comportamento antisindacale veniva rigettata, e nel merito, il giudice di Torino censurava il comportamento della convenuta ai sensi dell'art. 28 della legge 300/1970, considerando il Testo unico sulla rappresentanza Confindustria – Cgil, Cisl e Uil del 2014 uno strumento riepilogativo delle prassi contrattuali già esistenti (Protocollo 1993). Pertanto il giudice richiamava recente giurisprudenza (Corte di Cassazione, sent. n. 15437 del 2014) che decideva in tal senso.
Nella causa decisa con sentenza dal Tribunale di Torino il 12 marzo 2015, la Fiom-Cgil chiedeva la verifica ex art. 28 della legge 300/1970 della condotta del datore di lavoro consistente nell'aver negato il consenso allo svolgimento dell'assemblea sindacale che era stata richiesta dai rappresentanti della RSU eletti nella lista Fiom-Cgil. La società convenuta basava la propria difesa sul fatto che la richiesta di assemblea non era stata sottoscritta dalla maggioranza dei componenti della RSU, ponendo l'attenzione su come il Testo unico sulla rappresentanza Confindustria – Cgil, Cisl e Uil del 2014 avesse espressamente introdotto la regola secondo cui le attività e le decisioni delle RSU dovessero essere tutte rette dal criterio della maggioranza. Il giudice di Torino, essendosi soffermato sulla giurisprudenza precedente, analizzato e approfondito quanto disposto dal nuovo Testo unico sulla rappresentanza di gennaio 2014 e, avendo proceduto ad applicare i criteri interpretativi previsti dal codice civile agli articoli dal 1362 al 1371, rigettava il ricorso.
Nell'ultima decisione in ordine cronologico, il Tribunale di Nola decideva, con sentenza del 17 marzo 2015, circa l'accertamento del comportamento antisindacale concretizzatosi in conseguenza della richiesta della Fiom-Cgil di mettere a disposizione i locali per procedere all'assemblea sindacale. La convenuta Alenia Aermacchi S.p.A. rifiutava di far svolgere l'assemblea indetta dalla Fiom-Cgil, sostenendo l'illegittimità dell'operato dei rappresentanti della RSU, soprattutto in luce delle novità introdotte con il Testo unico sulla rappresentanza Confindustria – Cgil, Cisl e Uil del 2014. Il giudice di merito, analizzata la giurisprudenza di legittimità, ragionando anche sulla nuova lettera del Testo unico sulla rappresentanza Confindustria – Cgil, Cisl e Uil del 2014, giudicava antisindacale il comportamento della convenuta, avendo la stessa non eccepito in giudizio il superamento delle tre ore di assemblea che, ai sensi del comma 5 della clausola 4 del Testo unico sulla rappresentanza Confindustria – Cgil, Cisl e Uil del 2014, possono essere richieste “singolarmente” dalle organizzazioni sindacali firmatarie il CCNL applicato nell'unità produttiva. La questione
La questione da esaminare riguarda, per tutte le sentenze in commento, l'attribuzione del potere di indire l'assemblea sindacale ex art. 20 della legge 300/1970. In particolare si chiede al giudice di verificare se tale potere spetti al singolo componente della RSU e non solo alla RSU intesa collegialmente, con decisione presa secondo un criterio di maggioranza, soprattutto a seguito delle recenti modifiche apportate dal Testo unico sulla rappresentanza Confindustria – Cgil, Cisl e Uil del 2014. Le soluzioni giuridiche
Il Tribunale di Torino, con sentenza del 2 gennaio 2015, individua come antisindacale il comportamento della convenuta, ritenendo l'interpretazione secondo cui il diritto di indire l'assemblea spetterebbe anche al singolo componente della RSU come quella “più conforme allo spirito generale del nostro Ordinamento”. Il giudice di merito giunge a tale convincimento partendo dalla lettura del 1° comma dell'art. 39 della Costituzione, che riconosce l'organizzazione sindacale come libera, valutando poi come anche l'art. 14 della legge 300/1970 si limiti ad affermare, senza prevedere limitazioni, che il diritto di esercitare attività sindacale è garantito a tutti i lavoratori all'interno dei luoghi di lavoro. Tali principi, regolatori di tutto il sistema, indicherebbero come lo stesso sia stato voluto dal legislatore senza vincoli di sorta. Il giudice richiama la sentenza della Corte di Cassazione n. 1982 del 1° febbraio 2005 e in particolare nel passaggio in cui si afferma “se la prerogativa prevista dall'art. 20 Stat. Lav. in favore delle RSA non richiedeva che l'indizione dell'assemblea fosse necessariamente congiunta potendo le riunioni sindacali essere convocate ‘singolarmente o congiuntamente', la speculare prerogativa pattizia prevista dall'art. 4 (del Protocollo del 1993), che reca il riconoscimento del diritto di indire ‘singolarmente o congiuntamente' l'assemblea dei lavoratori, ripete null'altro che questa duplice modalità di convocazione escludendo che questa possa essere solo ed unicamente congiunta, ossia riferita all'intera rappresentanza sindacale unitaria”. Infine, il giudice (Tribunale di Torino, 2 gennaio 2015), analizza solo superficialmente la nuova formulazione del Testo unico sulla rappresentanza Confindustria – Cgil, Cisl e Uil del 2014 definendolo, sul punto, meramente riepilogativo della prassi contrattuale già esistente (Protocollo 1993).
Il Tribunale di Torino, con sentenza del 12 marzo 2015, decideva per il rigetto del ricorso della Fiom-Cgil, pervenendo a tale decisione dopo ampie valutazioni ed elaborate motivazioni. Il giudice, preso atto della numerosa e non univoca giurisprudenza sul punto, decideva di soffermarsi sul contenuto del nuovo Testo unico sulla rappresentanza Confindustria – Cgil, Cisl e Uil del 2014, comunque successivo a tale non concorde giurisprudenza. Preliminarmente confrontava la clausola 7 del nuovo Testo unico con l'analoga clausola del Protocollo 1993, evidenziando come la differente formulazione della clausola 7 del nuovo Testo unico porti ad escludere il carattere meramente riepilogativo dell'Accordo del 2014. Valutato che, in ogni caso, la clausola 7 è di difficile interpretazione, il giudice decide di esercitare i poteri istruttori e convoca le Parti firmatarie del Testo unico sulla rappresentanza Confindustria – Cgil, Cisl e Uil del 2014. Convocati i rappresentanti di Confindustria, Cgil e Cisl per ascoltarli circa la volontà delle parti, valutava visioni contrastanti e, di fatto, non in grado di dimostrare la conformità di una o dell'altra interpretazione. Infatti, il rappresentante di Confindustria ribadiva la propria convinzione che già dal Protocollo 1993 la RSU era organo necessariamente collegiale e, al contrario, il rappresentante Cgil faceva presente che il principio della maggioranza regolasse solo l'attività negoziale e non anche la disciplina interna delle RSU Infine, il rappresentante Cisl faceva notare che era chiaro che il principio di maggioranza riguardasse qualsiasi attività posta in essere dalla RSU, sia negoziale che di attività interna, per altro senza che vi fosse stata alcuna convergenza, in sede di trattative, circa la titolarità del diritto di indire l'assemblea. Da un'analisi dei criteri letterari della norma, il giudice rilevava come la collocazione della clausola nel testo dell'Accordo non potesse essere ignorata: la clausola 7 è infatti posta nella sezione rubricata “modalità di costituzione e funzionamento delle RSU”. da intendersi allora come destinata a regolare il funzionamento generale dell'attività della RSU e non solo certe attività. Inoltre, l'art. 4 del nuovo Testo unico del 2014 fa salvo, a favore delle organizzazioni sindacali firmatarie il CCNL applicato nell'unità produttiva, il diritto “ad indire singolarmente o congiuntamente l'assemblea dei lavoratori durante l'orario di lavoro, per 3 ore delle 10 retribuite”. Tale disposizione viene richiamata per evidenziare come le parti, quando hanno voluto riservarsi il diritto di indire l'assemblea singolarmente, lo hanno espressamente previsto. Tale espressa previsione porterebbe a ritenere che il medesimo diritto non spetterebbe per le restanti 7 ore. Il giudice di merito prosegue nel suo ragionamento evidenziando come, posto che le organizzazioni firmatarie del CCNL applicato in azienda hanno comunque delle ore riservate per l'indizione dell'assemblea anche singolarmente, si deve ritenere che la scelta razionale fatta dai firmatari del Testo unico sulla rappresentanza Confindustria – Cgil, Cisl e Uil del 2014 sia stata nel senso di condividere l'utilizzo delle restanti 7 ore, poiché altrimenti tale diritto sarebbe limitato dalla scelta arbitraria del singolo, come per altro sarebbe avvenuto in questo caso di specie posto che la Fiom-Cgil aveva richiesto di svolgere l'assemblea per 6 delle 7 ore totali.
Il Tribunale di Nola, con sentenza del 17 marzo 2015, definisce antisindacale il comportamento della convenuta per le seguenti ragioni giuridiche. Nelle motivazioni si richiama il contrasto sorto nella giurisprudenza di legittimità circa la possibilità per il singolo componente della RSU di indire l'assemblea, il cui filone maggioritario aveva però ammesso ogni singolo membro della RSU al diritto di indire l'assemblea, anche singolarmente (Corte di Cassazione n. 15437/2014). Osservazioni
La questione giuridica oggetto del commento e sulla quale si sono espressi i Tribunali nel senso sopra esposto, circa la facoltà spettante o meno al singolo rappresentante della RSU di indire legittimamente l'assemblea sindacale come previsto dall'art. 20 della legge 300/1970, è stata posta all'attenzione della giurisprudenza già in numerose occasioni, nelle quali si è spesso deciso per interpretazioni contrastanti. La Suprema Corte ha talvolta affermato la natura esclusivamente collegiale della RSU, negando che il singolo rappresentante potesse esercitare autonomamente il potere di indire l'assemblea; in altre situazioni la Cassazione ha affermato il contrario, sostenendo che l'Accordo Interconfederale del 1993 non escludeva espressamente che il diritto di indire l'assemblea fosse attribuito ai singoli rappresentanti e, essendo tale potere precedentemente attribuito alla RSA “congiuntamente o disgiuntamente”, lo stesso diritto non poteva essere negato al singolo componente della RSU (Corte di Cassazione, sent. n. 2855 del 2002; Corte di Cassazione, sent. n. 5765 del 2002; Corte di Cassazione, sent. n. 1892 del 2005; Corte di Cassazione, sent. n. 1307 del 2006; Corte di Cassazione, sent. n. 21783 del 2009; Corte di Cassazione, sent. n. 1955 del 2011; Corte di Cassazione, sent. n. 21931 del 2014; Corte di Cassazione, sent. n. 15437 del 2014; Corte di Cassazione, sent. n. 17458 del 2014). A giudizio di chi scrive però, quest'ultimo orientamento, peraltro condiviso in almeno una delle sentenze in commento (Trib. Torino 2 gennaio 2015), non può essere quello più coerente con la ratio di sistema, anche alla luce del nuovo Testo unico sulla rappresentanza – Cgil, Cisl e Uil di gennaio 2014.
La legge attribuisce il diritto di indire l'assemblea in capo alla singola RSA, che è costituita da una pluralità di organismi rappresentativi. Ma attribuire tale diritto, per analogia, alle RSU è esercizio che lascia quantomeno perplessi, essendo l'RSU organismo unitario e, proprio per questa sua caratteristica, distinto dalle RSA Si deve considerare, inoltre, che sin dall'Accordo Interconfederale del 1993, la ratio che sembra posta alla base della scelta fatta dalle parti sociali di attribuire poteri e decisioni alla maggioranza della RSU dovrebbe essere quella di evitare forme di contrapposizione e autoritarismo fra i componenti della RSU stessa appartenenti a liste distinte. Proprio tale logica sembra essere quella che le Parti hanno voluto ulteriormente perseguire con il nuovo Testo unico sulla rappresentanza.
Si potrebbe altrimenti verificare, non soltanto sul piano teorico, la situazione in cui i rappresentanti RSU eletti fra le liste di un singolo sindacato richiedano e ottengano, con un comportamento arbitrario, lo svolgimento di tutte le 10 ore di assemblea previste dalla legge 300/1970, privando i restanti componenti della RSU della possibilità di godere del diritto sindacale previsto dallo Statuto, nei fatti riducendo le modalità di esercizio del diritto ad una “corsa all'assemblea”.
Vi è spazio in ogni caso per immaginare una regolamentazione del diritto di indire l'assemblea nell'ambito di una contrattazione collettiva aziendale, ai sensi dell'ultimo comma dell'art. 20 della legge 300/1970. In questo modo sarebbe possibile avvicinare l'esperienza aziendale ai reali bisogni del sindacato operante in quella specifica realtà. |