I requisiti di tempestività e di specificità nella contestazione disciplinare

Enrico Zani
24 Agosto 2015

In tema di licenziamento disciplinare, l'esigenza di specificità risulta soddisfatta laddove dal capo d'incolpazione risultino, con certezza, il fatto addebitato e l'indicazione della norma violata, potendo a tal fine bastare anche una descrizione precisa del fatto tale da ricondurlo ad una determinata regola giuridica.
Massima

In tema di licenziamento disciplinare, l'esigenza di specificità risulta soddisfatta laddove dal capo d'incolpazione risultino, con certezza, il fatto addebitato e l'indicazione della norma violata, potendo a tal fine bastare anche una descrizione precisa del fatto tale da ricondurlo ad una determinata regola giuridica (nella specie, relativa al licenziamento di un dipendente di un istituto di credito, non risultavano indicate nella lettera di contestazione le norme violate, risultando, invece, doveroso per la parte datoriale fare almeno riferimento al capo d'imputazione del dipendente come formulato dal giudice penale, ai fini della specificità della contestazione disciplinare).

Il caso

La decisione impugnata davanti la Suprema Corte si occupa della risoluzione del rapporto di lavoro per licenziamento disciplinare.

La Corte d'Appello di Lecce riteneva illegittimo il licenziamento intimato al lavoratore, sulla scorta della non tempestività della contestazione disciplinare, avvenuta a più di cinque anni dai fatti, nonché della eccessiva genericità della incolpazione medesima.

Avverso la decisione del Giudice di secondo grado ricorreva per cassazione il datore di lavoro.

La questione

Con la sentenza in esame la Suprema Corte si è espressa in ordine ai caratteri del potere disciplinare che spetta, ex art. 2016 c.c. ed art. 7 della Legge n. 300/1970, al datore di lavoro.

Il predetto potere disciplinare deve essere connotato dall'immediatezza della contestazione disciplinare che presuppone – come chiarito dalla giurisprudenza di legittimità – una duplice veste: è garanzia di una efficace difesa del lavoratore in prossimità degli eventi contestati e tutela dell'affidamento del lavoratore con riferimento all'eventuale rinunzia all'esercizio del potere disciplinare del datore di lavoro.

La Suprema Corte, inoltre, si sofferma sugli ulteriori requisiti che l'incolpazione deve assumere ai fini del suo corretto esercizio, ovvero sulla genericità e specificità della contestazione disciplinare: in materia disciplinare deve soddisfarsi il principio della sufficienza della contestazione.

Le soluzioni giuridiche

In tema di contestazione disciplinare, la Corte di Cassazione ha più volte chiarito che l'immediatezza dell'addebito deve essere riferita al caso concreto, conformandosi ad esso.

In sostanza, l'immediatezza corrisponde al tempo occorrente al datore di lavoro per compiere una fattiva valutazione circa la fondatezza della condotta da ascrivere al lavoratore. La descrizione del comportamento tenuto dal lavoratore deve essere precisa e circostanziata, deve risultare da una effettiva valutazione del datore di lavoro.

Secondo la Corte di legittimità, l'attribuzione al lavoratore di un fatto rilevante anche sotto il profilo penale permette una dilatazione del predetto principio di immediatezza.

È infatti possibile per il datore di lavoro attendere l'esito delle indagini penali onde accertare il fatto da attribuire alla condotta tenuta dal lavoratore. L'illecito disciplinare che costituisce anche illecito penale può determinare un ampliamento del tempo occorrente al datore per l'accertamento dell'addebito: ragionevolmente il datore di lavoro può avvalersi degli accertamenti svolti in sede penale per le valutazioni inerenti alla condotta del lavoratore.

Infatti, qualora l'accertamento della colpevolezza del lavoratore non possa essere condotto dal datore di lavoro, quest'ultimo non incorre nella violazione del principio di immediatezza della contestazione “in assenza di elementi che rendano ragionevolmente certa la commissione del fatto da parte del dipendente”. Tuttavia, la Suprema Corte chiarisce altresì che ai fini dell'addebito della contestazione è sufficiente la “chiarezza degli indizi” e non la certezza della colpevolezza.

La buona fede del datore di lavoro nell'esercizio del potere disciplinare si esplica nel momento in cui è possibile cogliere la consistenza del fatto, a prescindere dall'accertamento giurisdizionale della colpevolezza del lavoratore. Non può altrimenti giustificarsi un arbitrario differimento della contestazione sino al giudizio di “certezza” della medesima.

In ogni caso, l'interesse del datore di lavoro a prolungare le indagini per acquisire le informazioni necessarie non deve arrecare pregiudizio al diritto del lavoratore ad una pronta ed effettiva difesa.

Il giudizio sull'immediatezza della contestazione non può nemmeno prescindere dal momento di effettiva conoscenza – da parte del datore di lavoro – della sussistenza e fondatezza della condotta ascritta all'incolpato.

Il rispetto del criterio temporale nel procedimento disciplinare può valutarsi anche in relazione alla complessità dell'organizzazione aziendale e al tempo occorrente per gli accertamenti della fattispecie.

Con la sentenza in argomento, la Corte di legittimità focalizza la propria attenzione sul criterio di specificità della contestazione mossa al lavoratore. La specificità dell'addebito deve permettere al lavoratore una conoscenza piena dei fatti e della loro illiceità: tale specificità non corrisponde tuttavia al requisito di determinatezza del capo di imputazione penale, ma s'ispira al principio di correttezza dei rapporti contrattuali. Si tratta pertanto di un criterio meno rigido rispetto all'omologo in campo penale.

La formulazione puntuale di un capo di incolpazione disciplinare corrisponde altresì all'interesse del lavoratore all'esercizio di un'effettiva difesa, sulla scorta del contenuto della contestazione disciplinare.

Pertanto, è necessario addebitare con certezza al lavoratore le violazioni delle “norme di livello legislativo o regolamentare, e tanto più di norme di livello inferiore”, essendo necessario indicare la condotta antigiuridica con precisione, ricorrendo alla descrizione del fatto al fine di ricondurlo alla relativa regola violata.

Del resto, soltanto la specificità consente al lavoratore la possibilità di una difesa effettiva: attraverso la contestazione il lavoratore deve apprendere tutte “le informazioni necessarie ed essenziali per individuare, nella sua materialità, il fatto o i fatti nei quali il datore abbia ravvisato infrazioni disciplinari o comunque comportamenti in violazione dei doveri di cui agli artt. 2104 e 2105 c.c.”.

Indicazioni generiche ed approssimative risultano dunque incompatibili con i principi di sufficienza e specificità della contestazione disciplinare.

Si rammenta infine che l'immodificabilità della contestazione disciplinare (da cui trae origine il licenziamento) concerne soltanto gli elementi di fatto e non la qualificazione dei medesimi.

Peraltro, l'integrazione in sede giudiziaria dell'originaria formulazione dell'addebito non porta alla modificazione della censura mossa all'incolpato qualora le circostanze addotte dal datore di lavoro non risultino determinanti per l'esatta individuazione e comprensione dei fatti oggetto della contestazione, ma si riferiscano ad allegazioni dirette soltanto a fornire chiarimenti al giudicante in merito al contesto nel quale si inserisce la contestazione disciplinare.

Osservazioni

In conclusione, l'addebito disciplinare deve mettere al corrente il lavoratore delle circostanze concrete, dei tempi precisi degli eventi, delle modalità mediante le quali si è configurata la violazione contestata. La contestazione nel procedimento disciplinare è legittima se contiene i dati e gli aspetti essenziali del fatto materiale posto a fondamento del provvedimento sanzionatorio: con le predette necessarie indicazioni l'adeguata difesa dell'incolpato viene garantita.

Infatti, la reazione immediata (recte, tempestiva) del datore di lavoro rispetto alla condotta inadempiente del lavoratore rileva sotto due aspetti: l'uno temporale e l'altro relativo all'esercizio del diritto di difesa dell'incolpato. Il ritardo dell'incolpazione può indicare la mancanza di interesse del datore all'esercizio del potere disciplinare; la tempestività della contestazione permette al lavoratore di ricordare i fatti in maniera più precisa e, di conseguenza, di predisporre una difesa più efficace in relazione agli addebiti mossigli.

Del resto, l'indicazione precisa del fatto o dei fatti nei quali il datore di lavoro ha ravvisato infrazioni disciplinari o comunque comportamenti in violazione dei doveri di diligenza e fedeltà consente al lavoratore un'effettiva e pronta difesa.

Guida all'approfondimento

Cass. sez. lav., 12 maggio 2015, n. 9615

Cass. sez. lav., 29 agosto 2011, n. 17743

Cass. sez. lav., 22 novembre 2011, n. 24567

Cass. sez. lav, 30 dicembre 2009, n. 27842

Cass. sez. lav., 27 marzo 2008, n. 7983

Cass. sez. lav., 26 novembre 2007, n. 24584

Cass. sez. lav., 6 dicembre 2005, n. 26670

Cass. sez. lav., 5 aprile 2003, n. 5396

Emanuela Durante, in Massimario di Giurisprudenza del Lavoro, 2008, pagg. 961 e ss.

Maria Vinciguerra, in Massimario di Giurisprudenza del Lavoro, 2008, pagg. 964 e ss.

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