Contrattazione collettiva e qualificazione dei diritti di partecipazione sindacale: distinzione degli obblighi e modalità di espletamento
31 Maggio 2017
Massima
In tema di contrattazione collettiva, laddove una previsione contrattuale esiga entrambi gli adempimenti della informazione e della consultazione, stante il diverso livello di partecipazione insito in ciascuna di tali fasi, più pregnante nella seconda, deve ritenersi che quella dell'informativa debba precedere la fase della vera e propria consultazione e non possa con essa identificarsi, sicché l'assolvimento del primo obbligo non può valere anche per il secondo Il caso
L'Organizzazione sindacale R.D.B. (Rappresentanze Sindacali di Base) promuoveva ricorso ex art. 28 Stat. lav. nei confronti dell'INPS per aver omesso di consultare la stessa prima di ricorrere alla fattispecie del lavoro interinale, in base a quanto richiesto dal CCNL.
L'Istituto resisteva, adducendo di aver convocato una riunione preventiva avente ad oggetto l'informativa alle sigle sindacali e che in tale occasione era stato adempiuto anche l'obbligo consultivo. Il Tribunale di primo grado non riscontrava nel comportamento datoriale gli elementi della condotta antisindacale, mentre la Corte d'Appello riconosceva l'antisindacalità alla luce della distinzione degli obblighi di informazione e consultazione operata dalle previsioni del contratto collettivo.
Avverso tale decisione, l'INPS proponeva ricorso per Cassazione ex art. 360, nn. 3 e 5, c.p.c. per violazione delle clausole contrattuali e vizio di motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio. Le questioni
La questione all'esame della Suprema Corte concerne l'interpretazione delle clausole del CCNL aventi ad oggetto gli obblighi di informazione e consultazione in merito al ricorso alla fattispecie del lavoro interinale.
In particolare, la Corte è chiamata a decidere:
Le soluzioni giuridiche
Occorre preliminarmente constatare l'evoluzione della giurisprudenza circa la sussistenza o meno dell'antisindacalità della condotta per obblighi informativi e consultivi di origine pattizia. Un primo risalente orientamento (Cass. sez. lav., 19 aprile 1980, n. 2573; Cass., sez. lav., 19 febbraio 1982, n. 1067) sosteneva che non potesse configurarsi condotta antisindacale per violazione di posizioni giuridiche di origine contrattuale e, tra queste, del diritto in capo alle associazioni sindacali di ottenere informazioni, esulando ciò dalle controversie contemplate dall'art. 28 Stat. lav. (cfr. Cass., sez. lav., 27 maggio 1982, n. 3263).
Un secondo orientamento (Cass., sez. lav., 11 ottobre 1989, n. 4063), ormai consolidato (Cass., sez. lav., 8 ottobre 1998, n. 9991; Cass., sez. lav., 7 marzo 2001, n. 3298; Cass., sez. lav., 17 aprile 2004, n. 7347; Trib. Salerno, 8 marzo 2007), ha ricondotto sotto la scure dell'antisindacalità anche quei comportamenti datoriali che siano lesivi degli obblighi di informazione e consultazione espressamente previsti da clausole del contratto collettivo, in quanto lesivi dell'immagine e della funzione del sindacato.
La questione all'attenzione della Corte concerne l'interpretazione delle previsioni contrattuali e, in particolare, l'individuazione delle fasi informativa e consultiva al fine del loro espletamento.
Sul punto, appare interessante segnalare una risalente pronuncia di merito (Trib. Roma, 23 luglio 1999), la quale, nel riscontrare come il contratto collettivo imponesse a carico dell'azienda specifici obblighi di informazione e consultazione sindacale rispetto all'adozione di provvedimenti che incidessero sulla situazione occupazionale, ha affermato che «affinché la condotta posta in essere dal datore di lavoro sia scevra da profili di antisindacalità è necessario che l'informazione non soltanto sia corretta e rispettosa dei doveri contrattuali, ma risulti effettuata con modalità e comportamenti conformi ai principi generali di correttezza e buona fede». Così che le previsioni contrattuali pongono a carico del datore un'obbligazione di facere che deve essere adempiuta nel rispetto degli artt. 1175 e 1375 c.c. e tale da soddisfare l'interesse del sindacato, garantendo l'effettività dell'informazione e della consultazione sindacale.
Ora, in tema di pubblico impiego privatizzato, la giurisprudenza (Trib. Velletri, 21 luglio 2011; Cass., sez. lav., 15 ottobre 2013, n. 23366; Cass., sez. lav., 13 febbraio 2017, n. 3738; Cass., sez. lav., 6 marzo 2017, n. 5544) è ferma nel riconoscere in capo alla P.A. obblighi di informazione, consultazione e concertazione a favore delle associazioni sindacali ove ciò sia previsto da previsioni di legge ovvero di contratto collettivo.
Va segnalata in proposito una recente pronuncia della Corte di Cassazione (Cass., sez. lav., 7 luglio 2016, n. 13878) che interviene in un caso di ricorso ex art. 28 Stat. lav. per violazione degli obblighi di informazione e concertazione discendenti da clausola contrattuale. La Suprema Corte, aderendo all'interpretazione fornita dai giudici di merito sull'art. 6, lett. d), del CCNL del personale del comparto delle Regioni e delle autonomie locali 2002/2005, che prevede tra le materie oggetto di concertazione anche l'andamento dei processi occupazionali, ha escluso «che la locuzione “processi occupazionali” possa includere gli atti di gestione dei rapporti di lavoro, quale deve ritenersi un atto di conferimento di incarico dirigenziale».
Pur non soffermandosi sul contenuto degli istituti partecipativi, richiamato invece nei motivi di ricorso proposti dal sindacato, il giudice di legittimità ha sottolineato, in adesione alla pronuncia d'appello, che «non ogni aspetto della gestione organizzativa e del personale che sia di interesse delle Oo.Ss. o in relazione alle quali esse possano fornire il loro apporto deve essere oggetto di informazione preventiva e concertazione, ma solo quelli previsti da una norma impositiva».
È dunque l'interpretazione della clausola contrattuale a dare forma e contenuto alla partecipazione sindacale, fermo restando il rispetto della sua effettività stante la sanzione dell'art. 28 Stat. lav. Osservazioni
La sentenza in epigrafe interviene sull'interpretazione dell'art. 35, comma 10, CCNL Enti pubblico non economici 2002-2005, sottoscritto il 14 febbraio 2001, e dell'art. 6, lett. c), del CCNL Enti pubblici non economici 1998-2001, in merito alle c.d. “clausole di procedimentalizzazione” a favore delle organizzazioni sindacali.
È bene notare che il caso in commento concerne la contrattazione collettiva nel pubblico impiego e che, in tale contesto, il D.Lgs. n. 165/2001 rinvia proprio ai contratti collettivi nazionali la disciplina delle modalità e degli istituti della partecipazione sindacale (cfr. art. 9). Tale norma legittima dunque le previsioni contrattuali ad attribuire diritti di informazione e consultazione in capo alle organizzazioni sindacali, che potranno così esperire, come riconosciuto dalla giurisprudenza, azione ex art. 28 Stat. lav. nel caso di loro violazione.
La Suprema Corte, seguendo il ragionamento della Corte d'appello, ricostruisce la fattispecie concreta: l'INPS contempla la possibilità di fare ricorso al lavoro interinale, tale scelta, a norma dell'art. 35, comma 10, CCNL, richiede la «tempestiva e preventiva informazione e consultazione [dei] soggetti sindacali», statuendo a favore degli stessi due distinti diritti (l'informazione e la consultazione).
Ora, il CCNL Enti pubblici non economici 1998/2001 – così come recepito ed integrato dal successivo CCNL 2002-2005 – disciplina all'art. 6 il sistema di partecipazione sindacale, distinguendo l'informazione (lett. A), la concertazione (lett. B) e la consultazione (lett. C). Evidenzia la Corte che «ognuna delle forme di partecipazione presenta proprie peculiarità, differenziandosi dalle altre o per l'oggetto o per le modalità o per l'ampiezza e la portata dell'intervento delle Oo.Ss. o per più di tali ragioni concorrenti tra loro».
La disciplina contrattuale definisce puntualmente la qualificazione e il contenuto dei tre istituti, non potendosi così considerare l'uno alternativo all'altro, ovvero assorbente. Di conseguenza, il datore che convochi una riunione ex art. 6, lett. A), ossia al fine dell'adempimento dell'obbligo informativo, non potrà considerare soddisfatta la fase consultiva (art. 6, lett. C), data la diversità dei due obblighi, e dunque la previsione di «due fasi distinte in sequenza tra loro», ad opera della clausola contrattuale per il ricorso al lavoro interinale.
La Corte, interpretando le previsioni contrattuali, chiarisce così il contenuto della partecipazione sindacale: per l'informazione «si tratta dell'acquisizione di notizie circa le iniziative che la parte datoriale intende assumere, eventualmente seguita da un preliminare dibattito sull'argomento», mentre per la consultazione «si tratta di un vero e proprio confronto fra le parti sul tema oggetto della convocazione, che presuppone comunque la già avvenuta acquisizione delle notizie preliminari e che si conclude con la formulazione di un parere espresso, senza particolari formalità, dai soggetti sindacali».
Viene così in essere una definizione dell'attività e del ruolo che il sindacato svolge nell'esercizio dei diritti di partecipazione, che, nell'intenzione del legislatore, si configurano come un momento preventivo, ma non vincolante, di confronto tra l'interesse del datore di lavoro e quello collettivo in un quadro di “gestione dialettica” dell'impresa. |