Addetti a lavori discontinui: straordinario

05 Marzo 2015

Un autista addetto al trasporto di merci chiede al proprio datore di lavoro che le attese non lavorate durante la prestazione siano computate nell'orario di lavoro effettivo, ai fini della determinazione del compenso per lavoro straordinario (sulla base del contratto collettivo applicabile o ai sensi dell'art. 2108 c.c.). Si chiede se il lavoratore abbia diritto o meno allo straordinario.

Un autista addetto al trasporto di merci chiede al proprio datore di lavoro che le attese non lavorate durante la prestazione siano computate nell'orario di lavoro effettivo ai fini della determinazione del compenso per lavoro straordinario (sulla base del contratto collettivo applicabile o ai sensi dell'art. 2108 c.c.). Si chiede se il lavoratore abbia diritto o meno allo straordinario.

Il lavoro discontinuo è caratterizzato da pause di inattività durante le quali il lavoratore può reintegrare le energie psico-fisiche consumate (Cass. 5 novembre 2001, n. 13622). La giurisprudenza ha infatti chiarito che in ipotesi di lavoro “discontinuo”, come quello svolto dall'autista del quesito, le attese non lavorate non si computano nell'orario di lavoro effettivo (per il calcolo del compenso come lavoro straordinario) se il dipendente rimane, in tali frangenti temporali, libero di trascorrere le pause senza alcun vincolo di disponibilità nei confronti del datore di lavoro (Cass. 20 aprile 2004, n. 7577).

Si configura invece lavoro straordinario, in assenza di un orario di lavoro convenzionalmente prefissato, quando l'attività lavorativa prestata dal lavoratore discontinuo oltre il limite dell'orario massimo legale (non operante nei suoi confronti) sia, alla stregua del concreto svolgimento del rapporto di lavoro, irrazionale e pregiudizievole dell'integrità fisica del lavoratore stesso (Cass. 26 gennaio 2009, n. 1832; in ogni caso deve essere rispettato, quanto a durata della prestazione lavorativa, il criterio della ragionevolezza in base alle inderogabili regole costituzionali poste a tutela della salute:

Cass. 23 luglio 2004, n. 13882

).

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