Il termine per il deposito del ricorso decorre dalla data di invio dell’impugnazione stragiudiziale del licenziamento

26 Febbraio 2016

Il termine di decadenza per il deposito del ricorso al Giudice contro il licenziamento, previsto dall'art. 6, comma 2, L. 15 luglio 1966, n. 604, come modificato dall'art. 1, comma 38, L. 28 giugno 2012, n. 92 (cd. «Legge Fornero»), decorre dalla trasmissione dell'atto scritto di impugnazione stragiudiziale del licenziamento e non dalla data della sua ricezione da parte del datore di lavoro.
Massima

Il termine di decadenza per il deposito del ricorso al Giudice contro il licenziamento, previsto dall'

art. 6, comma 2,

L. 15 luglio 1966, n. 604

, come modificato dall'

art. 1, comma 38,

L. 28 giugno 2012, n. 92

(cd. «Legge Fornero»), decorre dalla trasmissione dell'atto scritto di impugnazione stragiudiziale del licenziamento e non dalla data della sua ricezione da parte del datore di lavoro.

Il caso

Come noto, le riforme intervenute negli ultimi anni nella materia del lavoro hanno introdotto, tra l'altro, un doppio termine di decadenza in capo al lavoratore che intenda opporsi al licenziamento: un primo termine di 60 giorni decorrenti dalla data della ricezione del licenziamento, per la proposizione di un atto di impugnazione stragiudiziale; e un secondo termine, oggi di 180 giorni, decorrente dalla prima impugnazione, per il deposito del ricorso presso il Tribunale del Lavoro.

Il mancato rispetto di uno dei due termini conduce alla decadenza del lavoratore dal diritto di chiedere l'accertamento dei vizi del licenziamento (le decadenze in esame, infatti, spiegano i loro effetti anche sul piano sostanziale dei diritti vantati: cfr.

Cass. 5 febbraio 2010, n. 2676

;

Cass. 11 giugno 2009, n. 13580

;

Cass. 4 settembre 2008, n. 22287

;

Cass. 14 maggio 2007, n. 11035

;

Cass. 21 agosto 2006, n. 18216

).

Si tratta delle norme previste all'

art. 6, comma 1 e 2, L. 15 luglio 1966, n. 604

(come modificato, dapprima, dall'

art. 32, comma 1, L. 4 novembre 2010, n. 183

, cd. «Collegato Lavoro» e, successivamente, dall'

art. 1, comma 38, L. 28 giugno 2012, n. 92

, cd. «Legge Fornero»).

In precedenza, infatti, qualora avesse tempestivamente provveduto all'impugnazione stragiudiziale, il lavoratore restava libero di adire l'autorità giudiziaria entro gli ordinari termini di prescrizione. Il legislatore del 2010 ritenne, non senza ragioni, che tale assetto lasciava troppo a lungo incerta la posizione del datore di lavoro, allora soggetto, nella quasi totalità dei casi, al rischio di incorrere nell'ordine di reintegrazione e del risarcimento di un danno che aumentava con il semplice trascorrere del tempo (in questi termini,

Cass. 20 marzo 2015, n. 5717

, v. il commento di Di Paola “Decorrenza del termine di decadenza per l'impugnativa giudiziale del licenziamento”; conf.

Cass.

, Sez. Lav.,

21

ottobre

2015,

n.

21410

).

Nel caso esaminato dalla sentenza in commento, un lavoratore impugnava il licenziamento mediante tempestiva comunicazione stragiudiziale e depositava il ricorso entro 180 giorni dalla data in cui il datore di lavoro aveva ricevuto l'impugnativa stragiudiziale; il deposito avveniva tuttavia oltre 180 giorni dalla data di invio dell'impugnativa. Il cuneo temporale tra le due date andava ascritto, naturalmente, ai tempi postali correnti tra la spedizione e la consegna della lettera.

Il datore di lavoro eccepiva l'intervenuta decadenza. Tale eccezione, respinta nella fase sommaria del giudizio, veniva accolta nelle successive fase processuali. Il lavoratore adiva la Suprema Corte che tuttavia confermava l'orientamento favorevole al datore.

La questione

La questione in esame è pertanto la seguente: il termine per l'impugnazione giudiziale del licenziamento fissato dall'

art. 6, comma 2, L. n. 604/1966

, decorre dal giorno dell'invio dell'impugnazione stragiudiziale o dalla data di ricezione della stessa da parte del datore di lavoro?

Le soluzioni giuridiche

Ad avviso del lavoratore, il dies a quo per il computo del secondo termine di decadenza coincide con il momento nel quale il datore di lavoro riceve l'impugnativa stragiudiziale del licenziamento, in quanto solo in quel momento la fattispecie può dirsi perfezionata. Il lavoratore ha infatti incentrato le proprie censure sulla considerazione che, trattandosi di un atto unilaterale recettizio, l'impugnazione del licenziamento si perfeziona al momento della sua ricezione da parte del destinatario e, pertanto, da tale momento soltanto può farsi decorrere il termine dei 180 giorni per il deposito del ricorso. Secondo il datore di lavoro, viceversa, il decorso del secondo termine va ricondotto al momento della trasmissione dell'impugnazione stragiudiziale, tale essendo il tenore letterale della norma.

Nel rigettare la tesi del lavoratore, la Suprema Corte ha osservato come l'impugnazione del licenziamento, così come strutturata nella vigente norma di legge, costituisce una fattispecie a «formazione progressiva», soggetta «a due distinti e successivi termini decadenziali», rispetto ai quali «risulta indifferente il momento perfezionativo dell'atto di impugnativa vero e proprio». Il primo termine si riterrà pertanto rispettato qualora l'impugnazione sia trasmessa entro 60 giorni (anche se, dunque, pervenga al destinatario in un momento successivo); parallelamente, il secondo termine decorrerà dal momento in cui il lavoratore ha impedito la prima decadenza, ossia dall'invio dell'impugnazione stragiudiziale, restando irrilevante il momento della sua ricezione. Secondo la Corte, infatti, la locuzione «l'impugnazione è inefficace se…» utilizzata dal legislatore indica che, indipendentemente dal suo perfezionamento (e, quindi, dai tempi in cui si realizza la ricezione dell'atto da parte del destinatario), il lavoratore deve attivarsi per promuovere il giudizio entro il secondo termine. La legge, conclude la Corte, ha imposto il rispetto di un doppio termine di decadenza che rimane interamente rimesso al controllo del lavoratore impugnante, il quale non subisce alcun pregiudizio del proprio diritto di difesa poiché è sempre perfettamente in grado di conoscere il dies a quo per l'instaurazione della fase giudiziaria.

Osservazioni

Il tema ermeneutico affrontato dalla sentenza in commento ha trovato da alcuni anni rinnovate attenzione e soluzioni: la tradizionale ricostruzione dell'atto unilaterale e recettizio ex

art. 1334 Cod. civ.

che ne fissava il perfezionamento e la produzione degli effetti al momento della sua ricezione da parte del destinatario (cfr. Cass., SS.UU., 18 ottobre 1982, n. 5395) è stata infatti oggetto di riletture, volte a correggere le possibili distorsioni che talora possono sorgere per via della cesura temporale che separa il momento della trasmissione dell'atto da quello della sua ricezione da parte del destinatario.

Come è infatti stato osservato, allorché un soggetto sia onerato del compimento di un atto, la sua diligenza si misura al momento in cui l'atto esce dalla sua sfera giuridica, mentre può risultare iniquo imputargli inefficienze o ritardi che, essendo propri di altri soggetti, quali gli incaricati del trasporto e della consegna dell'atto, sono sottratti al suo controllo.

Si tratta, come noto, di un tema affrontato anche dalla Corte Costituzionale, la quale ha affermato il principio della scissione soggettiva del momento perfezionativo del procedimento di notifica, stabilendo che esso si verifica al momento della trasmissione, per gli effetti connessi al notificante, e al momento della ricezione, per gli effetti connessi al destinatario (cfr.

Corte Cost.

26

novembre

2002

, n. 477

; e, in precedenza,

Corte Cost. 3 marzo 1994, n. 69

; oggi accolto nell'

art. 149, comma 3, Cod. proc. civ.

). In tal modo, la Corte ha indicato un meccanismo di sterilizzazione giuridica dei tempi materiali di trasmissione degli atti, propri, nello specifico, del servizio delle notifiche.

Nella sua parte motiva, la sentenza in esame esclude l'applicabilità in via analogica dei principî elaborati dalla giurisprudenza in relazione alle notifiche processuali.

Eppure detti principî non mancano di interferire anche con la materia che qui ci interessa, in quanto – come pure riconosciuto da altre pronunce – costituiscono espressione di un principio generale, fondato sulla ragionevolezza e sul diritto di difesa che, almeno in materia di decadenze, induce ad attribuire rilevanza agli ostacoli non imputabili al soggetto onerato (in questi termini,

Cass., SS.UU., 14 aprile 2010, n. 8830

; in precedenza,

Cass. 19 giugno 2006,

n.

14087

;

Cass.

4 settembre 2008,

n.

22287

). Sempre le SS.UU. hanno altresì affermato che la ricezione dell'atto da parte del destinatario costituisce un elemento estrinseco rispetto all'idoneità dell'atto ad impedire la decadenza (cfr. Cass., SS.UU., n. 8830/2010 cit.).

Secondo tale autorevole orientamento, dunque, in relazione allo specifico fine dell'impedimento della decadenza, l'atto unilaterale (seppure ricettizio) è perfetto già al momento della sua emissione, mentre la sua ricezione costituirà elemento costitutivo di altre fattispecie ad essa connesse, diverse da quella avente ad oggetto la decadenza.

Nello specifico ambito del quale ci occupiamo in questa sede, giova ricordare che il tema concernente il primo dei due termini di decadenza posti dall'

art. 6, L. n. 604/1966

può dirsi approdato ad una soluzione consolidata. Il dies a quo dell'impugnazione stragiudiziale del licenziamento, infatti, è stato individuato dalla citata decisione delle SS.UU. nel momento di spedizione della dichiarazione: «L'impugnazione del licenziamento […], formulata mediante dichiarazione spedita al datore di lavoro con missiva raccomandata a mezzo del servizio postale, deve intendersi tempestivamente effettuata allorché la spedizione avvenga entro sessanta giorni dalla comunicazione del licenziamento o dei relativi motivi, anche se la dichiarazione medesima sia ricevuta dal datore di lavoro oltre detto termine, atteso che – in base ai principi generali in tema di decadenza, enunciati dalla giurisprudenza di legittimità e affermati, con riferimento alla notificazione degli atti processuali, dalla Corte costituzionale – l'effetto di impedimento della decadenza si collega, di regola, al compimento da parte del soggetto onerato, dell'attività necessaria ad avviare il procedimento di comunicazione demandato ad un servizio – idoneo a garantire un adeguato affidamento – sottratto alla sua ingerenza […]» (Cass., SS.UU., n. 8830/2010).

Questa ricostruzione si riverbera immancabilmente anche nella definizione del secondo onere, avente ad oggetto il tempestivo deposito del ricorso. Se si ritiene che – pur ai soli fini della fattispecie decadenziale – l'impugnazione si perfezioni al momento della sua emissione, ossia al momento in cui la manifestazione di volontà viene comunicata all'esterno della sfera giuridica del soggetto (che, nel nostro caso, si è verificato con l'affidamento al servizio postale), allora, il decorso del secondo termine che la legge ancora al (compimento del) primo adempimento non può che avvenire dal medesimo momento perfezionativo.

Condivisibilmente, pertanto, la sentenza in commento ha chiarito che il termine previsto dall'

art. 6, comma 2, L. n. 604/1966

per il deposito del ricorso volto a contestare il licenziamento debba decorrere dal momento in cui l'impugnazione stragiudiziale fu spedita e non dal momento – irrilevante a questi fini – in cui fu ricevuta dal datore di lavoro.

Guida all'approfondimento

Fonti e precedenti

Art. 6, L. 15 luglio 1966, n. 604

.

Sulla decorrenza del termine per l'impugnazione stragiudiziale:

Cass.

SS

.UU

., 14 aprile 2010, n. 8830

;

Cass. Sez. Lav., 21 ottobre 2015, n. 21410

.

Sulla decorrenza del termine per l'impugnazione giudiziale:

Cass.

20 marzo 2015, n.

5

717

;

Cass.

Sez. Lav.,

1

settembre

2015,

n.

17373

.

Sulla scissione del momento perfezionativo delle notifiche processuali:

Corte Cost., 13 luglio 1978, n. 10

;

Corte Cost., 3 marzo 1994, n. 69

;

Corte Cost., 26 novembre 2002, n. 477

;

Corte Cost., 23 gennaio 2004,

n.

28

;

Corte Cost., 2 aprile 2004, n. 107

;

Corte Cost., 14 gennaio 2010, n. 3

.

Sull'applicazione del principio agli atti unilaterali:

Cass. 19 giugno 2006,

n.

14087

;

Cass.

SS.UU., 14 aprile 2010, n. 8830

;

Cass., 4 settembre 2008,

n.

22287

In dottrina

C. Romeo, L'enigma della decorrenza dei termini di impugnazione del licenziamento, in Lavoro nella giur., 2015, 8-9, 824 e segg.;

G. Ianniruberto, Le regole per le impugnazioni nel c.d. «Collegato lavoro», in MGL, 2012, 888-889;

V. Nuzzo, Sul termine per l'impugnazione del licenziamento: la decisione delle SS.UU., le reazioni, il Collegato Lavoro, in DRI, 2011, pag. 503;

A. Bordone, Il Collegato lavoro e i nuovi termini di decadenza, in DL, 2010, 923.

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