Ferie annuali retribuite, per la CGUE va calcolata anche la provvigione

26 Maggio 2014

La provvigione che l'agente di vendita avrebbe guadagnato nel corso delle ferie annuali concorre a definire l'indennità per tale periodo di riposo. Secondo la Corte di Giustizia dell'Unione Europea, infatti, lo stipendio di base non basta a determinare la retribuzione cui il lavoratore ha diritto a titolo di ferie annuali retribuite.

La provvigione che l'agente di vendita avrebbe guadagnato nel corso delle ferie annuali concorre a definire l'indennità per tale periodo di riposo. Secondo la Corte di Giustizia dell'Unione Europea (Sentenza 22 maggio 2014, n. C-539/12), infatti, lo stipendio di base non basta a determinare la retribuzione cui il lavoratore ha diritto a titolo di ferie annuali retribuite.


Il fatto

Un agente percepisce, in qualità di consulente nelle vendite impiegato da una società commerciale, una retribuzione composta di uno stipendio fisso mensile e di una provvigione variabile collegata ai contratti conclusi dal datore di lavoro e derivanti dalle vendite realizzate dall'agente.
Durante il periodo di ferie annuali, il soggetto non svolge alcuna attività e, quindi, non genera alcuna provvigione, ciò che produce ripercussioni sfavorevoli sullo stipendio da questi percepito.


Retribuzione percepita durante le ferie annuali

La CGUE afferma che l'obiettivo di retribuire le ferie, perseguito dall'art. 7 della Direttiva 2003/88, consiste nel collocare il lavoratore, nel corso del periodo di riposo, in una situazione che è, sotto il profilo dello stipendio, paragonabile ai periodi di lavoro. Il diritto alle ferie annuali retribuite, infatti, viene considerato da costante giurisprudenza come principio di diritto sociale dell'Unione Europea al quale non è possibile derogare.

Il mancato conteggio delle provvigioni nel periodo delle ferie annuali, ai fini della determinazione del reddito globale, comporterebbe una diminuzione della retribuzione idonea a dissuaderlo dall'esercitare effettivamente il proprio diritto alle ferie e ciò in contrasto con la ratio dell'art. 7 della Direttiva 2003/88.

Di conseguenza, l'art. 7, par. 1, della Direttiva 2003/88 deve essere interpretato nel senso che osta a disposizioni e prassi nazionali in forza delle quali il lavoratore la cui retribuzione è composta, da una parte, di uno stipendio di base e, dall'altra, di una provvigione il cui importo è fissato con riferimento ai contratti conclusi dal datore di lavoro derivanti dalle vendite realizzate da detto lavoratore abbia diritto soltanto, a titolo di ferie annuali retribuite, ad una retribuzione composta esclusivamente del suo stipendio di base.

Metodo di calcolo della provvigione

Secondo la Corte, la provvigione percepita dal consulente di vendita presenta un rapporto diretto con l'attività dell'interessato in seno alla sua impresa. Pertanto, esiste un nesso intrinseco tra la provvigione che l'agente di vendita percepisce mensilmente e l'esecuzione dei compiti che gli incombono in forza del suo contratto di lavoro. Ne consegue che siffatta provvigione deve essere tenuta in considerazione all'atto del calcolo della retribuzione globale cui un lavoratore ha diritto a titolo di ferie annuali.

In tale contesto, conclude la Corte, spetta al giudice nazionale valutare, alla luce delle regole e dei criteri enunciati dalla giurisprudenza europea, se, sulla base di una media su un periodo di riferimento giudicato rappresentativo, in applicazione del diritto nazionale, i metodi di calcolo della provvigione dovuta ad un lavoratore a titolo di ferie annuali raggiungano l'obiettivo perseguito dall'art. 7 della Direttiva 2003/88.

CGUE, sentenza 22 maggio 2014, n. C-539/12

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