Telelavoro e smartworking: un’evoluzione nel modo di lavorare

26 Maggio 2015

Chi ricerca una definizione giuridica o un inquadramento a livello legislativo del telelavoro non troverà grande soddisfazione. Sul tema si susseguono interessantissime interpretazioni di esperti in organizzazione del lavoro, studi approfonditi circa le modalità di svolgimento dello stesso che sposano dinamiche di natura esterofila e cercano di inserirle nel nostro sistema lavoro termini inglesi che, sebbene abbiano sempre un corrispondente in italiano, in inglese richiamano con immediatezza il concetto. Il telelavoro, ma ancora di più lo smartworking, non rappresentano fattispecie contrattuali ma modalità di espletamento della prestazione lavorativa, dei veri e propri modelli organizzativi attraverso i quali si rompono gli schemi ordinari e limitativi di “tempo” e “spazio”.
Telelavoro: una disciplina in costruzione

Il nostro ordinamento è sprovvisto di un corpus normativo che provveda a fornire un inquadramento giuridico della fattispecie telelavoro. Forse proprio il fatto che non sia stato cristallizzato in un testo normativo ha permesso allo strumento di trasformarsi, diversificarsi e adattarsi alla veloce evoluzione delle devices su cui si fonda e delle esigenze aziendali e dei lavoratori. Al punto che, in realtà, hanno cominciato a sedimentarsi una serie di disposizioni normative che richiamano il telelavoro e che, riconoscendone i vantaggi diretti ed indiretti, ne agevolano l'utilizzo:

  • l' art. 4, comma 3, della legge n. 68/1999 che sancisce che i lavoratori disabili occupati a domicilio o con modalità di telelavoro a cui l'imprenditore affidi una quantità di lavoro atta a procurare loro una prestazione continuativa corrispondente al normale orario di lavoro in conformità alla disciplina della legge n. 877/1973 e a quella stabilita dal CCNL applicato ai lavoratori dell'azienda che occupi il disabile a domicilio o attraverso il telelavoro, sono computati ai fini della copertura di riserva;

  • l' art. 9, comma 1, lettera a) della legge n. 53/2000 che riguarda l'assegnazione di contributi alle imprese con un organico non superiore alle cinquanta unità, finalizzati all'applicazione di accordi contrattuali che hanno come oggetto le azioni positive sia per la flessibilità dell'orario che per l'organizzazione del lavoro delle lavoratrici madri e dei lavoratori padri. Il disposto in commento, dopo aver specificato che, attraverso appositi decreti ministeriali sono definiti i criteri e le modalità per la concessione dei contributi, ricorda che vanno favoriti, in particolare i progetti articolati per consentire ai lavoratori di usufruire di particolari forme di flessibilità dell'orario e dell'organizzazione del lavoro tra cui il part-time reversibile, il telelavoro, il lavoro a domicilio, l'orario flessibile in entrata ed in uscita, la banca delle ore, la flessibilità sui turni, l'orario concentrato con priorità per i genitori che abbiano bambini fino a otto anni o fino a dodici in caso di affidamento o adozione;

  • l' art. 22, comma 5, lettera c), della legge n. 183/2011 in attuazione del principio già fissato nell'art. 4, comma 3, della legge n. 68/1999 (collocamento mirato), consente ai datori di lavoro, tenuti all'ottemperanza agli obblighi in quest'ultimo disposto normativo, di adempiere all'obbligo di assunzione, fin dal momento della costituzione del rapporto, attraverso contratti di lavoro subordinato con modalità di telelavoro;

  • l' art. 22, comma 5, lettera d), della legge n. 183/2011, afferma che le offerte di lavoro in favore dei lavoratori iscritti nelle liste di mobilità, nelle forme e con le modalità fissate dall' art. 9, commi 1 e 2, della legge n. 223/1991, possono essere effettuate con modalità di telelavoro, anche reversibile.

Il telelavoro come strumento di tutela e conciliazione delle esigenze di cura, vita e lavoro

Anche recentissimamente il legislatore ha evidenziato la valenza dello strumento. Pur non procedendo ancora a fornire un inquadramento giuridico dello stesso, la previsione di cui all' art. 22 dello schema di decreto legislativo in materia di tutela e conciliazione delle esigenze di cura, vita e di lavoro, rubricato “Disposizioni in materia di telelavoro” fornisce ulteriore appeal allo strumento del telelavoro nel prevedere che “I datori di lavoro privati che facciano ricorso all'istituto del telelavoro per motivi legati ad esigenze di cure parentali in forza di accordi collettivi, beneficiano dell'esclusione dei lavoratori ammessi al telelavoro dal computo dei limiti numerici previsti da leggi e contratti collettivi per l'applicazione di particolari normative e istituti.”

Sulla scorta anche di quest'ultima previsione (che ricordo essere solo uno schema di decreto legislativo al momento in cui si scrive e pertanto potrebbe subire modificazioni) è certamente possibile sostenere che il Governo riconosca nel telelavoro un'importante strumento di flessibilità nella gestione delle modalità di svolgimento dell'attività lavorativa anche per i riverberi in ambito di gestione e conciliazione dei tempi di vita e lavoro. Gli intermittenti richiami allo strumento da parte della legislazione, complice lo scioglimento del vincolo di spazio e tempo tipico della subordinazione, conferiscono allo strumento, ed alle evoluzioni dello stesso, carattere di attualità.

Proprio nell'ottica di incentivare l'uso di questo strumento e la sua definizione e regolamentazione a livello più che altro aziendale (contrattazione di secondo livello o di prossimità) il Legislatore delegato ha introdotto la previsione in commento ed ha provveduto a rendere lo strumento maggiormente appetibile introducendo un meccanismo di esclusione dalle basi di computo.

A titolo meramente esemplificativo, tra i più noti e rilevanti, il lavoratore a cui venisse concesso il telelavoro in forza dell'art. 22 parrebbe non dover essere computato ai fini seguenti.

  1. Assunzioni agevolate

  • Assunzione apprendisti (datori di lavoro che occupano fino a 9 dipendenti);

  • Assunzione a termine di lavoratori in sostituzioni di lavoratore assenti per maternità (datori di lavoro che occupano fino a 20 lavoratori).

  1. Licenziamenti

  • Tutela reale art. 18 l. n. 300/70;

  • Procedura per riduzione di personale art. 24 l. 223/1991.

  1. Inps

  • Contributo addizionale CIGS (imprese industriali > o < 15 dip. e imprese commerciali con più di 200 dipendenti);

  • aliquota contributiva, corrente e addizionale, CIGO;

  • Contributo Fondo di solidarietà residuale;

  • Obbligo versamento del TFR all'INPS.

  1. Leggi specifiche

  • Obblighi occupazionali Legge n. 68/99;

  • normativa sull'igiene e la sicurezza sul lavoro (D. Lgs. 81/2008);

  • obblighi di informazione e consultazione art. 4, c. 3 D. Lgs. 25/2007;

  • obbligo di redazione del rapporto biennale Parità uomo-donna (art. 46 D. Lgs. n. 198/2006);

  • diritti sindacali Tit. III L. n. 300/70;

  • procedure di informazione e consultazione sindacale nell'ipotesi di trasferimento d'azienda con più di 15 dipendenti.

L'evoluzione del telelavoro: lo Smartworking

La discrepanza tra diritto scritto e diritto vivente è tanto più evidente quanto più ci si sofferma ad analizzare non solo le fattispecie contrattuali, quanto la disciplina delle modalità con cui il rapporto di lavoro si può esplicare. Il telelavoro - non ancora oggetto di normazione - forse anche per questo motivo, si è già evoluto in una forma di partenariato virtuoso che è lo smartworking.

Con questo modello organizzativo si assiste al definitivo superamento dei vincoli tradizionali di luogo e orario di lavoro ed il “posto fisso”, inteso con una accezione che si riferisce ad aspetti logistici, tramonta. L'introduzione di devices informatiche sempre più performanti ed il progressivo abbandono del settore manifatturiero hanno determinato, e permesso, che in diversi contesti aziendali, in modo particolare nelle metropoli cittadine ed attorno ad esse, lo smartworking si consolidasse come modello organizzativo. L'espressione di matrice esterofila smartworking, che in Italia potrebbe essere ricondotta alla locuzione “Lavoro Agile” - utilizzata dal Comune di Milano per un progetto che sta portando avanti già da un paio di anni raccogliendo ampio interesse - si concretizza in una nuova e ancora più evoluta modalità di organizzazione del lavoro fondata su elementi di flessibilità sia in termini di orario di lavoro sia in termini di sede di lavoro, grazie all'uso degli strumenti informatici e ai vari dispositivi (smartphone, tablet, etc.).

Nella relazione di accompagnamento al Disegno di Legge a firma della deputata Alessia Mosca lo smartworking viene definito come “una modalità di lavoro innovativa basata su un forte elemento di flessibilità, in modo particolare di orari e di sede. Il futuro dell'organizzazione del lavoro passa necessariamente da qui: lì dove il lavoro incontra le nuove tecnologie, infatti, nascono occasioni che non possiamo permetterci di ignorare e che ci portano a un importante cambiamento di mentalità (…)”.

Esso consiste in un modello organizzativo il cui elemento caratterizzante è il fatto che il luogo di svolgimento dell'attività lavorativa è variabile ed è sempre esterno all'azienda. Non è possibile pertanto parlare di smartworking allorquando ai lavoratori è concessa la possibilità di svolgere la propria prestazione lavorativa presso altre sedi o filiali dell'azienda medesima. Nello Smartworking il collegamento del lavoratore con il sistema informativo aziendale non è continuo: questo determina che l'esercizio del potere direttivo non possa essere attuato nelle forme tradizionali e che il controllo sull'attività lavorativa possa estrinsecarsi unicamente nella valutazione dei risultati dell'attività svolta.

Che nel nostro paese sia complesso introdurre modificazioni in ambito lavorativo è questione nota: una evidente ritrosia ad accettare le novità si evidenzia non solo nei testi legislativi che spesso sono completamente decontestualizzati rispetto alle effettive esigenze delle aziende, ma anche nelle condotte delle aziende medesime che attribuiscono carattere temerario a tutto quello che si discosta dai modelli organizzativi ordinari afferenti l'organizzazione del lavoro.

L'elemento altamente innovativo dello smartworking consiste nel fatto che l'architettura del modello organizzativo traspone la finalità tipica del lavoro subordinato dalla mera presenza e messa a disposizione del proprio tempo, al raggiungimento di un risultato. In modalità smartworking il lavoratore viene valutato in ragione del suo rendimento pur non rinunziando, il rapporto di lavoro, alle caratteristiche che gli sono proprie.

La possibilità di svolgere la prestazione lavorativa in modalità smartworking ha pertanto come presupposto la responsabilizzazione del lavoratore. Responsabilizzazione che si estrinseca non solo in una assimilazione della sua obbligazione a quella più tipica del rapporto di lavoro autonomo o parasubordinato, ma anche nel fatto che tra datore di lavoro e lavoratore deve pertanto venirsi a configurare un vero e proprio “patto di fiducia” che comporta una prospettazione tesa alla massima valorizzazione della volontà delle parti, protagoniste quasi indiscusse dei contenuti dei propri rapporti negoziali. A fronte, pertanto, dell'accettazione da parte datoriale del superamento del potere di controllo diretto dell'attività lavorativa del proprio lavoratore, si determinerà la possibilità di attivare un controllo sul rendimento della prestazione dello stesso. La valutazione delle performances del lavoratore sulla base dei risultati raggiunti comporta la necessità di individuare parametri oggettivi di valutazione, attese le potenziali ripercussioni sulla gestione del rapporto di lavoro (si pensi alla fattispecie del licenziamento per scarso rendimento).

E' evidente, quindi, come per lo smartworking la disciplina della contrattazione collettiva non costituisca sede idonea di regolamentazione perché troppo distante dalle concrete ed effettive esigenze dell'azienda. Sebbene la gestione possa essere mantenuta a livello di accordo individuale, qualora si ritenga opportuno un coinvolgimento a livello sindacale, la contrattazione di secondo livello (aziendale) costituisce certamente il contesto di regolamentazione più opportuno.

In conclusione

Il fenomeno del telelavoro rappresenta l'evoluzione moderna dell'ormai desueto lavoro a domicilio con uno spostamento, rispetto a quest'ultima fattispecie, verso mansioni che attengono meno l'attività manifatturiera e che prevedono l'impiego di strumenti telematici.

Grandi aspettative sono riposte nello sviluppo di questi modelli organizzativi non solo perché percepiti come strumenti in linea con la rapidissima evoluzione dei sistemi informatici e delle mansioni svolte all'interno dell'aziende, ma anche perché queste nuove modalità di espletamento della prestazione lavorativa vanno nella direzione di un'ottimale conciliazione delle esigenze professionali con quelle della vita privata e, se correttamente e ampiamente implementate, sono di supporto al necessario processo di sdrammatizzazione dei problemi tipici dei congestionati grandi centri urbani e dei processi di espansione delle aziende sul territorio.

Occorrerà vedere se il Legislatore sarà in grado di cogliere le potenzialità di questi strumenti di gestione e organizzazione della prestazione lavorativa; molto probabilmente, come spesso accade, se non sarà il Legislatore ad occuparsene parte attiva del processo di regolamentazione dello smartworking diverranno da un lato le Istituzioni attraverso la prassi, e dall'altro le parti contrattuali mediante lo strumento della contrattazione collettiva (a tutti i livelli) e individuale.

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