Le condizioni per l’indennizzabilità dell’infortunio in itinere

Antonello Di Rosa
27 Febbraio 2015

In materia di infortuni sul lavoro il D.Lgs. 38/2000 all'art. 12 ricomprende nell'assicurazione obbligatoria la fattispecie di infortunio in itinere, inserendola nella nozione di occasione di lavoro di cui all'art. 2 del D.P.R. 1124/1965, delimitandone però l'operatività della garanzia assicurativa. L'indennizzabilità dell'infortunio in itinere, è condizionata infatti alla sussistenza di un vincolo obiettivamente ed intrinsecamente apprezzabile con la prestazione dell'attività lavorativa e sempre che sussista una relazione tra attività lavorativa ed il rischio al quale è esposto il lavoratore tale da concretizzare quel rischio improprio o generico aggravato richiesto dalla ratio dello stesso art. 2 del D.P.R. 1124/1965.
Massima

In materia di infortuni sul lavoro il D.Lgs. 38/2000 all'art. 12 ricomprende nell'assicurazione obbligatoria la fattispecie di infortunio in itinere, inserendola nella nozione di occasione di lavoro di cui all'art. 2 del D.P.R. 1124/1965, delimitandone però l'operatività della garanzia assicurativa. L'indennizzabilità dell'infortunio in itinere, è condizionata infatti alla sussistenza di un vincolo obiettivamente ed intrinsecamente apprezzabile con la prestazione dell'attività lavorativa e sempre che sussista una relazione tra attività lavorativa ed il rischio al quale è esposto il lavoratore tale da concretizzare quel rischio improprio o generico aggravato richiesto dalla ratio dello stesso art. 2 del D.P.R. 1124/1965.

Il caso

Con ricorso ex art. 414 c.p.c. tizio, sia in proprio che nella qualità di esercente la patria potestà sulle figlie minori, ha convenuto in giudizio l'INAIL al fine di veder accertare e dichiarare il suo diritto alla percezione della rendita ai superstiti prevista dall'art. 85 del D.P.R. n. 1124/1965 oltre che alla corresponsione dell'assegno una tantum a titolo di risarcimento del danno patrimoniale sofferto a causa dell'evento mortale occorso alla moglie la quale, mentre percorreva a piedi la strada per raggiungere l'Istituto geriatrico presso il quale prestava la sua attività lavorativa, era stata accoltellata dal proprio convivente.

Nell'indicato procedimento si è ritualmente costituito l'INAIL rilevando l'inesistenza nella specie del presupposto indefettibile per il riconoscimento di tale pretesa creditoria nei confronti dell'Istituto, id est il nesso eziologico tra l'evento morte occorso alla lavoratrice e l'infortunio sul lavoro.

Nella circostanza la Corte d'Appello di Milano con sentenza pubblicata in data 14 novembre 2007, nel confermare le statuizioni rese dal primo giudice nella parte in cui aveva escluso l'indennizzabilità dell'infortunio in itinere, ha posto a fondamento del decisum il rilievo secondo il quale il fatto doloso del terzo è configurabile quale evento esterno, non previsto né prevedibile, che ha alterato la regolarità causale richiesta dalla norma assicurativa di cui all'art. 12 del D. Lgs. n. 38/2000, interrompendo il nesso causale tra la ripetitività necessaria del percorso casa-luogo di lavoro e l'evento negativo allo stesso connesso.

A seguito del contrasto giurisprudenziale rinvenibile in ordine alla nozione di “infortunio assicurato”, la Corte di legittimità con la richiamata ordinanza ha trasmesso gli atti al Primo Presidente per l'eventuale remissione alle Sezioni Unite.

Le questioni

Ai fini di un esatto inquadramento della fattispecie in esame, i profili di più immediato interesse giuridico sono i seguenti:

a) qual è il significato da attribuire alla regola secondo cui l'assicurazione obbligatoria di cui al D.P.R. n. 1124/1965 comprende tutti i casi di infortunio avvenuto per causa violenta in occasione del lavoro da cui deriva la morte o una inabilitàpermanente o temporanea del lavoratore alla luce di quanto previsto dall'art. 12 del D. Lgs. n. 38/2000 in tema di infortunio in itinere?

b) esistono dei criteri normativi alla luce dei quali è possibile delimitare l'ambito di operatività della garanzia assicurativa nella fattispecie dell'infortunio in itinere o il rischio inerente il percorso seguìto dal lavoratore per recarsi al lavoro è protetto anche se ricollegabile in modo indiretto allo svolgimento dell'attività lavorativa con il solo limite del rischio elettivo?

c) il fatto doloso del terzo, non previsto né prevedibile, come nel caso dell'omicidio volontario del lavoratore, è tale da alterare la regolarità causale richiesta dalla norma assicurativa di cui all'art. 12 del D. Lgs. n. 38/2000?

Le soluzioni giuridiche

In ordine alla prima questione sollevata, è opportuno premettere che la qualificazione di un sinistro in termini di infortunio sul lavoro è tutt'altro che automatica perché richiede, rigorosamente caso per caso, una puntuale istruttoria, sia medico-legale che amministrativa, tesa ad accertare che l'evento abbia tutti i requisiti di legge per essere riconosciuto ed indennizzato dall'INAIL come infortunio.

Sul punto, l'art. 2 D.P.R. n. 1124/1965 recita testualmente: “L'assicurazione comprende tutti i casi di infortunio avvenuti per causa violenta in occasione di lavoro, da cui sia derivata la morte o un'inabilità permanente al lavoro, assoluta o parziale, ovvero un'inabilità temporanea assoluta che importi l'astensione dal lavoro per più di tre giorni”.

La norma, pur senza dare un'esplicita definizione dell'infortunio sul lavoro, consente agevolmente di rilevare i requisiti che gli incidenti lavorativi devono possedere per essere riconosciuti dall'INAIL come infortuni sul lavoro.

Si tratta dell'evento traumatico (causa violenta) e del conseguente danno fisico a carico dell'infortunato (morte o inabilità, quanto meno temporanea, al lavoro) ma, soprattutto, dell'occasione di lavoro, che è l'elemento che, in concreto, qualifica un normale incidente come infortunio sul lavoro, e lo rende indennizzabile da parte dell'assicurazione sociale gestita dall'INAIL.

L' “occasione di lavoro” rappresenta l'indispensabile legame, il nesso eziologico di causa-effetto, che deve esistere tra il rischio, che è insito nelle attività lavorative esercitate e assicurate presso l'INAIL, e l'incidente che è accaduto, visto che non assume alcuna valenza a questi fini né l'ora (nesso cronologico), né il luogo (nesso topografico) in cui l'evento si è verificato.

E ciò è tanto più vero se si considera che, alla luce dell'evoluzione che l'assicurazione INAIL ha subito negli ultimi anni, anche gli infortuni che accadono fuori dal luogo e dall'orario di lavoro possono essere considerati «infortuni in itinere» (art. 12, D. Lgs. n. 38/2000) e ammessi all'indennizzo, a condizione che, tenuto conto delle circostanze spazio-temporali in cui si sono verificati, presentino comunque, sia i requisiti previsti dalla legge che le caratteristiche individuate dalla giurisprudenza prevalente.

Nello specifico, l'articolo 12 del D. Lgs. n. 38/2000, che ha aggiunto l'ultimo comma all'articolo 2 del D.P.R. n. 1124/1965, ha dettato la disciplina positiva in tema di indennizzabilità dell'infortunio in itinere, sussumendo nel testo legislativo i principi di diritto enunciati in materia dalla giurisprudenza.

La tutelabilità dell'infortunio in itinere affonda le sue radici nel c.d. diritto pretorio, in forza del quale la copertura assicurativa, tradizionalmente riservata agli eventi lesivi causati da rischi specifici del lavoro, è stata estesa ad una attività estranea a quella lavorativa, pur essendo funzionale a quest'ultima.

La giurisprudenza precedente all'entrata in vigore dell'articolo 12 del D. Lgs. n. 38/2000 ha, infatti, sempre affermato che, affinché si verificasse l'estensione della copertura assicurativa occorreva che il comportamento del lavoratore fosse giustificato da un'esigenza funzionale alla prestazione lavorativa, tale da legarla indissolubilmente all'attività di locomozione, posto che il suddetto infortunio meritava tutela nei limiti in cui l'assicurato non avesse aggravato, per suoi particolari motivi o esigenze personali, i rischi propri della condotta extralavorativa connessa alla prestazione per ragioni di tempo e di luogo, interrompendo così il collegamento che giustificava la copertura assicurativa.

Il principio giurisprudenziale sopra riportato è stato fedelmente declinato nel testo dell'articolo 12 sopra richiamato.

La legge pone particolare accento al concetto di “normalità” del percorso precisando come l'assicurazione non operi nel caso di interruzioni o deviazioni del tutto indipendenti dal lavoro o, comunque, non necessitate precisando come queste si debbano intendere necessitate qualora dovute a cause di forza maggiore, ad esigenze essenziali ed improrogabili o all'adempimento di obblighi penalmente rilevanti.

In definitiva, gli elementi che devono essere presi in considerazione dal Giudice, onde verificare la sussistenza della copertura assicurativa, sono i seguenti: a. la normalità del percorso; b. la mancanza di un servizio mensa interno o convenzionato (nella particolare ipotesi dell'infortunio occorso in pausa pranzo); c. la necessità di eventuali soste o deviazioni; d. la necessità di utilizzo del mezzo privato.

Quanto al percorso, la normalità viene individuata nell'essere il tragitto il più breve e diretto possibile tra il luogo di abitazione (che può non coincidere con quello di residenza) essendo il più lungo giustificato solo da particolari condizioni (per esempio lavori in corso, traffico).

Da ultimo, in ordine ai mezzi da utilizzarsi per muoversi lungo il percorso, la normativa prevede che il mezzo privato rientri nella casistica unicamente purché necessitato per l'assenza di soluzioni alternative.

Con riguardo alla seconda tematica prospettata, l'ordinanza in esame dà atto dell'esistenza di un contrasto di indirizzi giurisprudenziali in ordine all'individuazione delle regole che presiedono all'indennizzabilità dell'infortunio in itinere e all'individuazione in concreto del nesso eziologico tra l'attività lavorativa e l'infortunio patito dal dipendente.

In particolare, la Corte di Cassazione con sentenza n. 11545/12 ha annullato la decisione della Corte d'Appello di Perugia che aveva rigettato la domanda proposta dalla lavoratrice nei confronti dell'INAIL avente ad oggetto la corresponsione dell'indennità temporanea e della relativa rendita conseguente all'infortunio occorsole sulla strada del rientro da casa a seguito di una aggressione avvenuta a fini di scippo che le aveva provocato varie lesioni, affermando il principio di diritto in base al quale “in tema di assicurazione contro gli infortuni sul lavoro, pur nel regime precedente l'entrata in vigore del d.lgs. n. 38 del 2000, è indennizzabile l'infortunio occorso al lavoratore “in itinere” ove sia derivato da eventi dannosi, anche imprevedibili ed atipici, indipendenti dalla condotta volontaria dell'assicurato, atteso che il rischio inerente il percorso fatto dal lavoratore per recarsi al lavoro è protetto in quanto ricollegabile, pur in modo indiretto, allo svolgimento dell'attività lavorativa, con il solo limite del rischio elettivo (Cass. 14 febbraio 2008 n. 3776)”.

Secondo il richiamato orientamento giurisprudenziale, è quindi indennizzabile l'infortunio occorso al prestatore di lavoro in itinerenella ipotesi in cui derivi da eventi dannosi, anche atipici ed imprevedibili, che siano indipendenti dalla condotta volontaria dell'assicurato.

Ciò atteso che il rischio concernente il tragitto percorso dal prestatore per arrivare nel proprio posto di lavoro è protetto poiché ricollegabile, seppur indirettamente, allo svolgimento dell'attività lavorativa, con il limite del c.d. rischio elettivo.

Per rischio elettivo si intende quello che, estraneo e non attinente alla attività lavorativa, sia dovuto ad una scelta arbitraria del lavoratore, il quale crei ed affronti volutamente, in base a ragioni o ad impulsi personali, una situazione diversa da quella inerente alla attività lavorativa, ponendo così in essere una causa interruttiva di ogni nesso tra lavoro (o altra attività protetta), rischio ed evento.

Il principio del rischio elettivo, peraltro, con riferimento all'infortunio in itinere assume una nozione più ampia e, come meglio si vedrà infra, deve essere applicato con maggiore rigore, rispetto all'infortunio che si verifichi nel corso della attività lavorativa vera e propria.

Tale nozione, infatti, in caso di infortunio in itinere, comprende anche comportamenti del lavoratore infortunato che, pur se non abnormi, sono comunque contrari a norme di legge o di comune prudenza e, ricollegandosi ad una scelta del lavoratore di correre rischi estranei alla necessità di raggiungere il posto di lavoro, interrompono od escludono il nesso di occasionalità dell'infortunio con il rapporto di lavoro.

In conclusione, secondo tale primo orientamento la nozione di “occasione di lavoro” travalica in senso ampliativo i limiti concettuali della “causa di lavoro”, afferendo lato sensu ad ogni fatto comunque ricollegabile, anche in modo indiretto, al rischio specifico connesso all'attività lavorativa cui il soggetto è preposto.

Al richiamato orientamento giurisprudenziale si contrappone un indirizzo di segno contrario che, nella prospettiva di una limitazione dell'area degli eventi assicurati ex art. 12 del D. Lgs. 38/2000, ha invece stabilito che “è rimasto fermo il principio secondo il quale non è possibile ignorare il preciso elemento normativo dell'occasione di lavoro, cosicché, per la configurazione dell'infortunio sul lavoro ai sensi del D.P.R. n. 1124/1965, non è sufficiente che sussista la causa violenta e che tale causa abbia coinvolto l'assicurato nel luogo ove egli svolge le sue mansioni, ma è necessario che tale causa sia connessa all'attività lavorativa, nel senso cioè che inerisca a tale attività e sia almeno, occasionata dal suo esercizio …” vedi in tal senso, Cass. 11.6.2009, n. 13599 secondo cui tale principio è valso proprio ad escludere l'occasione di lavoro, in particolare, “per gli omicidi in alcun modo connessi con il lavoro, sul rilievo che la “mera presenza” dell'infortunato sul posto di lavoro e la coincidenza temporale dell'infortunio con la prestazione lavorativa, costituiscono soltanto un “indizio” della sussistenza del rapporto “occasionale” e non la prova di esso, posto che non può escludersi - specie quando trattasi di omicidio volontario - che l'evento dannoso sarebbe stato comunque consumato dall'aggressore, ricercando l'occasione propizia anche in tempo e luogo diversi da quelli della prestazione di lavoro, così come ribadito da Cass. 23 febbraio 1989, n. 1017; 19 gennaio 1998, n. 447; 29 ottobre 1998, n. 108159”.

In altri termini, nella richiamata pronuncia la circostanza della suindicata "mera presenza" e la circostanza dell'essersi verificato l'omicidio nel tragitto di lavoro possono costituire un mero '"indizio" della sussistenza del rapporto "occasionale", ma, non di per sé, la relativa prova, in assenza del concorso di altri elementi univoci e concludenti, atteso che non può logicamente escludersi che l'evento dannoso - specie quando trattasi di omicidio volontario - sarebbe stato, comunque, consumato dall'aggressore, il quale avrebbe potuto perseverare nel malvagio disegno di ledere l'altrui diritto, ricercando l'occasione propizia per la sua concreta attuazione, "anche in tempo e luogo diversi da quelli della prestazione di lavoro", che, pertanto, neppure come "occasione" assume giuridico rilievo nel processo causativo dell'evento stesso.

Sotto questo specifico profilo la Corte di legittimità, in sede di ordinanza interlocutoria, riconosce altresì come in linea di continuità con il secondo indirizzo giurisprudenziale sono rinvenibili ulteriori precedenti di legittimità secondo cui in materia di infortuni sul lavoro, l'art. 12 del D.Lgs. 23 febbraio 2000 n. 38, che ha espressamente ricompreso nell'assicurazione obbligatoria la fattispecie dell'infortunio in itinere” e lo ha inserito nell'ambito della nozione di occasione di lavoro di cui all'art. 2 del D.P.R. 30 giugno 1965 n. 1124, esprime dei criteri normativi (come quelli di “interruzione o deviazione del tutto indipendenti dal lavoro o, comunque, non necessitate”) che delimitano in modo puntuale l'ambito di operatività della garanzia assicurativa (cfr. sul punto, Cass. civ., 17.6.2014, n. 13733 che condiziona espressamente l'indennizzabilità dell'infortunio in itinere alla sussistenza di un “vincolo obiettivamente ed intrinsecamente apprezzabile con la prestazione dell'attività lavorativa” e, per l'effetto, alla sussistenza di una “relazione tra attività lavorativa ed il rischio al quale il lavoratore è esposto indispensabile a concretizzare quel “rischio specifico improprio” o “generico aggravato” richiesto dalla ratio legis di cui all'art. 2 del T.U. n. 1124/1965.

In ordine alla terza questione prospettata, si osserva che gli artt. 2 e 210 del T.U., così come modificati dall'art. 12 del decreto n. 38/2000, prevedono l'esclusione dalla tutela degli infortuni in itinerenel “caso di interruzione o deviazione del tutto indipendenti dal lavoro o, comunque, non necessitate (…).

La deviazione, infatti, implicando un abbandono del percorso “normale” determina secondo l'impostazione tradizionale, una modificazione del rischio o, comunque, la mancanza dell'occasione di lavoro; in base ad entrambe le concezioni (o a causa dell'elezione del rischio o a causa dell'insussistenza dell'occasione di lavoro) appare dunque giustificata la mancanza di tutela del lavoratore per l'infortunio che egli subisca al di fuori del tragitto protetto.

A tali ipotesi può essere astrattamente assimilato, mutatis mutandis, il fatto doloso del terzo che, agendo ab externo quale evento non previsto né prevedibile, altera la regolarità causale considerata dalla norma assicurativa» (articolo 12 D.Lgs. 38/2000), interrompendo di fatto il nesso tra la ripetitività del percorso casa- lavoro e gli eventi negativi connessi.

A conferma di quanto precede si consideri come la pronuncia n. 13599/09 dianzi richiamata rileva che per la configurazione di un infortunio sul lavoro non è sufficiente che sussista la causa violenta (la quale può essere costituita anche dal fatto delittuoso del terzo) e che questa abbia colpito l'assicurato nel luogo di svolgimento delle sue mansioni, ma è necessario che tale causa sia strettamente connessa con l'esplicazione dell'attività lavorativa, nel senso che essa inerisca a tale attività e sia, quanto meno, occasionata dal suo esercizio.

Osservazioni

Proprio perché l'evento, infortunio o malattia professionale, viene protetto in quanto fatto oggettivo che genera un bisogno socialmente rilevante, deve essere ad esso estraneo il concetto di rischio su cui invece si fondava l'impianto originario del sistema così come previsto nel T.U.: nell'assicurazione obbligatoria il rischio può continuare ad incidere soltanto sull'obbligazione contributiva, anche al fine di incentivare le misure di sicurezza sul lavoro, ma deve perdere ogni rilevanza ai fini della tutela.

Se così è, nonostante il ripetuto ed autorevole richiamo dottrinale e giurisprudenziale al rischio inerente all'attività lavorativa, sembra si debba più correttamente ritenere significativa per l'indennizzabilità di un evento infortunistico la sussistenza di un rapporto non meramente marginale con il lavoro, ossia dell'occasione di lavoro.

In altri termini, perché si abbia infortunio sul lavoro indennizzabile ai sensi del citato art. 2 (D.P.R. 30 giugno 1965, n. 1124) non è sufficiente che l'attività lavorativa abbia determinato in capo al lavoratore un rischio generico ossia un rischio al quale il lavoratore soggiace al pari di tutti gli altri cittadini indipendentemente dall'attività lavorativa svolta, bensì occorre che essa abbia determinato o un rischio specifico ossia un rischio derivante dalle particolari condizioni dell'attività lavorativa svolta e/o dell'apparato produttivo dell'azienda, ovvero da un rischio generico aggravato, ossia da un rischio che, pur essendo comune a tutti i cittadini che non svolgono l'attività lavorativa dell'assicurato, si pone, tuttavia, in ragione di necessario collegamento eziologico con l'attività lavorativa del medesimo (come nel caso dell'infortunio "in itinere").

Per quanto sopra, la Sezione Lavoro della Corte Suprema di Cassazione, “riscontrando un contrasto di giurisprudenza sull'estensione del concetto di “infortunio in itinere”, in particolare per il fatto doloso del terzo, ai fini dell'inserimento nell'ambito della nozione di “occasione di lavoro” che funge da presupposto per l'operatività dell'assicurazione obbligatoria contro gli infortuni sul lavoro, ha rimesso gli atti al Primo Presidente, per l'eventuale assegnazione alle Sezioni Unite, venendo in rilievo anche una questione di massima di particolare importanza.

Saranno quindi le Sezioni unite a sciogliere i dubbi sulla portata della norma che regola gli incidenti in itinere.

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