Denuncia il superiore: diritto di critica o giusta causa di licenziamento?
28 Ottobre 2016
Cass. sez. lav. 26 ottobre 2016, n. 21649
Un lavoratore inviava alla propria datrice di lavoro una lettera di denuncia di comportamenti scorretti ed offensivi a proprio danno del superiore gerarchico, con allegato parere pro veritate di avvocato penalista. Tale lettera veniva posta a base della contestazione disciplinare culminata nel licenziamento, dichiarato illegittimo dalla Corte d'Appello sulla base dell'accertamento del rispetto dei limiti posti all'esercizio del diritto di critica del dipendente.
La Suprema Corte, per insegnamento consolidato in materia di esercizio del diritto di critica da parte del lavoratore nei confronti del datore di lavoro, ritiene che “sia necessario che il prestatore si sia limitato a difendere la propria posizione soggettiva, senza travalicare, con dolo o colpa grave, la soglia del rispetto della verità oggettiva con modalità e termini tali da non ledere gratuitamente il decoro del datore di lavoro o del proprio superiore gerarchico e determinare un pregiudizio per l'impresa”.
Rigettato, quindi, il ricorso della società datrice di lavoro: nel caso di specie la Corte di Cassazione ritiene che, secondo l'accertamento in fatto correttamente e congruamente motivato dalla Corte territoriale – pertanto insindacabile in sede di legittimità –, il tenore della lettera esclude che il dipendente abbia travalicato i limiti di continenza sostanziale e formale. Egli ha legittimamente esercitato il proprio diritto di critica nei confronti del comportamento tenuto dal superiore, al tempo stesso ha sollecitando l'attivazione del potere gerarchico ed organizzativo del datore di lavoro, con ciò rinnovando in modo evidente il proprio impegno di collaborazione e fedeltà. |