La violazione delle norme del codice della strada quale ipotesi di rischio elettivo nell’infortunio in itinere

Antonio De Simone
30 Aprile 2015

In tema di infortunio in itinere, il rischio elettivo che ne esclude la indennizzabilità deve essere valutato con maggior rigore che nell'attività lavorativa diretta, comprendendo comportamenti di per sé non abnormi, secondo il comune sentire, ma semplicemente contrari a norme di legge o di comune prudenza. Ne consegue che la violazione di norme fondamentali del codice della strada può integrare il rischio elettivo che esclude il nesso di causalità tra attività protetta ed evento.
Massima

In tema di infortunio in itinere, il rischio elettivo che ne esclude la indennizzabilità deve essere valutato con maggior rigore che nell'attività lavorativa diretta, comprendendo comportamenti di per sé non abnormi, secondo il comune sentire, ma semplicemente contrari a norme di legge o di comune prudenza. Ne consegue che la violazione di norme fondamentali del codice della strada può integrare il rischio elettivo che esclude il nesso di causalità tra attività protetta ed evento.

Il caso

Un coltivatore diretto conveniva in giudizio l'I.N.A.I.L. al fine di sentir accertare che l'infortunio occorsogli mentre era alla guida della propria auto diretto a raggiungere un'azienda agricola, fosse da riconoscersi quale infortunio in occasione di lavoro e conseguentemente per sentire condannare l'Istituto alla liquidazione della rendita dovuta per legge. Il Tribunale di Campobasso rigettava la domanda ritenendo che l'infortunio si fosse verificato per rischio elettivo cui il lavoratore si era volontariamente esposto mentre era alla guida della propria auto. La decisione veniva confermata dalla Corte di appello di Campobasso, la quale riteneva che l'appellante non avesse fornito la prova della diretta eziologia causale dell'evento infortunio ed in ogni caso che, come correttamente rilevato dal Tribunale, l'incidente fosse stato patito dal predetto per sua colpa, consistita nell'aver provocato una violenta collisione con altra autovettura proveniente dalla opposta direzione di marcia dopo aver eseguito una manovra di sorpasso su un tratto di strada che tale condotta vietava, in prossimità di una curva e tenendo una velocità non adeguata alle condizioni stradali.

Avverso tale sentenza il lavoratore ricorreva per cassazione, sostenendo che, ai fini dell'indennizzabilità dell'infortunio in itinere, sarebbe irrilevante la colpa dell'infortunato e che il rischio elettivo non andrebbe valutato con così tale ampiezza da ricomprendervi anche le ipotesi in cui il lavoratore contravvenga alle regole della circolazione stradale.

La questione

La questione in esame è la seguente: la violazione di norme fondamentali del codice della strada da parte del lavoratore può integrare il rischio elettivo interruttivo del nesso di causalità tra attività protetta ed evento, con conseguente esclusione dell'assicurazione contro gli infortuni sul lavoro?

Le soluzioni giuridiche

In materia di assicurazione obbligatoria contro gli infortuni sul lavoro, il rischio elettivo viene configurato dalla giurisprudenza di legittimità come l'unico limite in grado di escludere l'occasione di lavoro e, dunque, l'indennizzabilità dell'evento dannoso, costituendo quest'ultimo, in tal caso, espressione non del rischio professionale assicurato, bensì di quello elettivamente posto in essere dall'assicurato.

Secondo la definizione ormai consolidata in giurisprudenza, per rischio elettivo si intende “quello che, estraneo e non attinente alla attività lavorativa, sia dovuto ad una scelta arbitraria del lavoratore, il quale crei ed affronti volutamente, in base a ragioni o ad impulsi personali, una situazione diversa da quella inerente alla attività lavorativa, ponendo così in essere una causa interruttiva di ogni nesso tra lavoro, rischio ed evento” (cfr., ex plurimis, Cass. 22 febbraio 2012, n. 2642).

I giudici di legittimità hanno a più riprese statuito che tale genere di rischio si connota per il simultaneo concorso dei seguenti elementi: a) presenza di un atto non solo volontario, ma anche abnorme, nel senso di arbitrario ed estraneo alle finalità produttive; b) direzione di tale atto alla soddisfazione di impulsi meramente personali, quali non possono qualificarsi le iniziative, pur incongrue ed anche contrarie alle direttive del datore di lavoro, ma motivate da finalità produttive; c) mancanza di nesso di derivazione con lo svolgimento dell'attività lavorativa (Cass. 14 ottobre 2014, n. 21647; Cass. 02 ottobre 2009, n. 21113).

Tali elementi caratterizzanti il rischio elettivo differenziano quest'ultimo dall'atto colpevole del lavoratore, il quale, invece, non esclude l'operatività dell'assicurazione obbligatoria contro gli infortuni sul lavoro, consistendo in un atto volontario del lavoratore stesso posto in essere con imprudenza, negligenza o imperizia, ma che, motivato comunque da finalità produttive, non vale ad interrompere il nesso fra l'infortunio e l'attività lavorativa (Cass. 18 maggio 2009, n. 11417).

Senonché, con riferimento all'infortunio in itinere, la Cassazione è giunta ad affermare che tale rischio, capace di escludere l'essenziale requisito della “occasione di lavoro”, assume una nozione più ampia, rispetto all'infortunio che si verifichi nel corso della attività lavorativa vera e propria, “in quanto comprende comportamenti del lavoratore infortunato di per sé non abnormi, secondo il comune sentire, ma semplicemente contrari a norme di legge o di comune prudenza” (Cass. 18 marzo 2013, n. 6725; Cass. 3 agosto 2005, n. 16282; Cass. 18 marzo 2004, n. 5525).

Tra siffatti comportamenti, la Suprema Corte ha preso in considerazione quelli violativi di norme fondamentali del codice della strada, rilevando che essipossono integrare il rischio elettivo che esclude il nesso causale tra attività protetta (percorso casa–lavoro) ed evento, e che devono essere valutati nella loro gravità rispetto alla norma violata, e non all'eventuale comportamento illegale degli altri utenti della strada (Cass. 6 agosto 2003, n. 11885, che ha escluso l'indennizzabilità di un infortunio occorso ad un lavoratore che, alla guida di un ciclomotore, nel recarsi dalla propria abitazione nel luogo di lavoro, aveva imboccato una strada in violazione del divieto di transito, incrociando altra autovettura per evitare la quale aveva operato una repentina manovra che aveva determinato il ribaltamento del ciclomotore e le lesioni in seguito alle quali era deceduto).

In una fattispecie anteriore ratione temporis alla riforma adottata dal D. Lgs. n. 38 del 2000, la S.C. ha cassato la decisione di merito che aveva accolto la domanda di corresponsione della rendita I.N.A.I.L. proposta dai superstiti di un bracciante agricolo, deceduto a causa del ribaltamento del trattore per errata manovra in fase di parcheggio, in quanto sprovvisto di patente di guida per il mezzo agricolo (Cass. 18 marzo 2004, n. 5525).

Nel caso esaminato dalla sentenza in commento, la Cassazione, in applicazione del summenzionato insegnamento, ha ritenuto che la condotta di guida del lavoratore, violativa di norme fondamentali del codice della strada oltre che di basilari regole di prudenza, fosse da giudicarsi causativa di rischio talmente esorbitante dalle finalità proprie della tutela del rischio lavorativo da escludere la stessa tutela.

In tema, va però segnalata una non lontana pronuncia della Suprema Corte la quale ha temperato il rigore di siffatta posizione, affermando il principio di diritto per cui “neanche l'addebitabilità dell'incidente alla violazione di una specifica prescrizione delle regole della circolazione stradale è idonea, di per sé, a configurare l'ipotesi del rischio elettivo”, atteso che “non solo, come è noto, nella realtà concreta anche violazioni apparentemente plateali alle regole della circolazione trovano spesso la loro causa in distrazioni, difetti di valutazione, errori tecnici di guida, necessità di uscire da situazioni anomale causate da motivi vari, ecc., sì da venire chiaramente esclusa l'ipotesi della scelta volontaria del lavoratore, ma anche che, generalmente, la stessa consapevole violazione delle prescrizioni si basa sulla convinzione della superfluità nelle circostanze concrete del rispetto della regola ai fini della sicurezza della circolazione, sicché anche sotto tale profilo, ferma restando la colpa del lavoratore, può venirne escluso il rischio elettivo, salvi i casi di scelte consapevoli comunque abnormi” (Cass. 4 dicembre 2001, n. 15312, che ha ritenuto indennizzabile l'infortunio occorso ad un lavoratore a seguito di un incidente causato dal mancato rispetto di un segnale di "stop" da parte dello stesso, aggiungendo che, invece, un'ipotesi evidente di rischio elettivo potrebbe essere quella dei lavoratori che colgano l'occasione del percorso abitazione - posto di lavoro per effettuare una gara di velocità).

Più di recente, la S.C. si è espressa nello stesso senso della sentenza precitata, confermando la decisione di merito che, analizzando le concrete condizioni psicologiche ed ambientali in cui si era verificato l'infortunio a causa dell'inosservanza di uno "stop" da parte del lavoratore nel tragitto da casa al luogo di lavoro, aveva stabilito che il comportamento del medesimo non aveva comportato l'assunzione di un rischio elettivo escludente la configurabilità di un infortunio in itinere indennizzabile (Cass. 29 luglio 2009, n. 17655).

Osservazioni

Giova rammentare che le nozioni correlate di colpa e di rischio elettivo sono state originariamente elaborate dalla giurisprudenza avendo riguardo agli infortuni avvenuti nell'attività lavorativa “diretta”.

Si è posto, dunque, il problema di dover adattare tali nozioni ai comportamenti relativi all'infortunio in itinere ed alle diverse condizioni caratterizzanti la tutela di tale specifica tipologia d'infortunio. Nel far ciò, la Cassazione ha statuito che, nell'infortunio in itinere, è richiesto un maggior grado di responsabilità da parte del lavoratore, in ragione della sua temporanea sottrazione all'ambito strettamente aziendale organizzato dal datore di lavoro, ed ha così ampliato – come detto – la nozione di rischio elettivo fino a ricomprendervi anche comportamenti di per sé non abnormi, ma semplicemente contrari a norme di legge o di comune prudenza.

Per quanto concerne i comportamenti posti in violazione delle regole della circolazione stradale, quanto enunciato dai giudici di legittimità nei diversi pronunciamenti testé illustrati ci permette senz'altro di rilevare che dette condotte – si badi bene – possono integrare il rischio elettivo che esclude il nesso causale tra attività protetta (percorso casa–lavoro) ed evento, ed ancora che “devono essere valutati nella loro gravità rispetto alla norma violata”.

Ne consegue, pertanto, che, salvo il controllo in sede di legittimità del rispetto dei principi di diritto e della adeguatezza della motivazione, il giudizio circa la configurabilità o meno del rischio elettivo nei casi di specie sarà strettamente connesso agli accertamenti di fatto riservati alla valutazione esclusiva del giudice di merito, al quale spetterà stabilire se il comportamento (violativo) dell'assicurato abbia o meno, in concreto, comportato l'assunzione di un rischio elettivo escludente la configurabilità dell'infortunio in itinere indennizzabile.

Nella sentenza in rassegna, la S.C. ha confermato la decisione della Corte territoriale che, sulla base di un accertamento ritenuto di fatto sorretto da una motivazione congrua e logica, aveva valutato il comportamento di guida – gravemente imprudente – del lavoratore come del tutto arbitrario ed esorbitante rispetto al comune rischio connesso alle usuali modalità di esecuzione della prestazione, e, dunque, riconducibile al c.d. rischio elettivo.

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