Il punto sulle tecniche di formulazione delle contestazioni disciplinari

La Redazione
29 Giugno 2015

La Corte di Cassazione, con sentenza n. 10727/2015 offre il punto della situazione sulle tecniche di formulazione delle contestazioni disciplinari: è necessario e sufficiente che dal capo d'incolpazione risultino con certezza il fatto addebitato e l'indicazione della norma violata, potendo a tal fine bastare anche una descrizione precisa del fatto tale da ricondurlo ad una determinata regola giuridica.

Cass. sez. lav., 25 maggio 2015, n. 10727

I giudici di secondo grado, riformando la decisione di prime cure, dichiaravano l'illegittimità del licenziamento intimato:

  • per la non tempestività della contestazione disciplinare, avvenuta a più di 5 anni di distanza dal fatto;
  • per l'incerta incolpazione del lavoratore, dovuta sia alla vaghezza del linguaggio utilizzato che alla mancata specificazione del carattere illecito della condotta, risultando omesso qualunque riferimento alle norme asseritamente violate.

La Corte di Cassazione, investita della questione, con sentenza n. 10727/2015 offre un punto della situazione sulle tecniche di formulazione delle contestazioni disciplinari.

Con la prima doglianza la datrice di lavoro afferma la tempestività della contestazione posto che era venuta a conoscenza delle operazioni effettuate dal dipendente solo a seguito della notifica del provvedimento penale della Procura della Repubblica per l'apertura di un'indagine per violazione delle norme in materia di auto riciclaggio. Argomentazione plausibile, a parere della Corte, che sul punto ribadisce come la regola dell'immediatezza della contestazione disciplinare sia intesa a garantire al lavoratore incolpato l'effettiva possibilità di difesa, garanzia che non è lesa laddove il datore di lavoro proceda all'incolpazione solo dopo aver avuto la piena conoscenza dei fatti e la piena convinzione della loro illiceità, e ciò soprattutto nel caso di complesse operazioni bancarie per il cui accertamento può essere necessario un congruo periodo di tempo.

Dedotta, nel secondo e terzo motivo di ricorso, la genericità della contestazione disciplinare. In tema di licenziamenti disciplinari, l'esigenza di specificità della contestazione non ha la medesima rigidità richiesta nel processo penale, ma si “uniforma al principio di correttezza vigente nei rapporti contrattuali ed obbedisce all'interesse dell'incolpato ad esercitare il diritto di difesa”. I motivi di doglianza risultano, quindi, infondati, essendo necessario e sufficiente che dal capo d'incolpazione risultino con certezza, il fatto addebitato e l'indicazione della norma violata, potendo a tal fine bastare anche una descrizione precisa del fatto tale da ricondurlo ad una determinata regola giuridica.

Non risultando rispettati, nel caso di specie, i criteri citati per soddisfare l'esigenza di specificità, la Corte rigetta il ricorso.

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