Retribuzione del personale universitario non docente in servizio presso strutture sanitarie

Elena Boghetich
29 Giugno 2016

L'indennità di perequazione spettante al personale universitario non docente in servizio presso strutture sanitarie (“indennità De Maria”) per remunerare la prestazione assistenziale resa dal personale universitario non medico nelle cliniche e negli istituti di ricovero e cura convenzionati con gli enti ospedalieri o gestiti direttamente dalle Università, deve essere determinata senza includere automaticamente nel criterio di computo la retribuzione di posizione dei dirigenti del comparto Sanità, la quale può essere riconosciuta solo se collegata all'effettivo conferimento dell'incarico direttivo.
Massima

L'indennità di perequazione spettante al personale universitario non docente in servizio presso strutture sanitarie (“indennità De Maria”), riconosciuta dall'

art. 1 della le

gge n.

200 del 1974

per remunerare la prestazione assistenziale resa dal personale universitario non medico nelle cliniche e negli istituti di ricovero e cura convenzionati con gli enti ospedalieri o gestiti direttamente dalle Università, deve essere determinata - in caso di equiparazione tra l'originario VIII livello di cui alla

l. n. 312 del 1980

(relativo ai dipendenti dell'Università) e il IX livello, poi divenuto 1° livello dirigenziale (relativo ai dipendenti ospedalieri) - senza includere automaticamente nel criterio di computo la retribuzione di posizione dei dirigenti del comparto Sanità, la quale può essere riconosciuta solo se collegata all'effettivo conferimento dell'incarico direttivo.

Il caso

I dipendenti di una Università, in servizio presso il Policlinico universitario, divenuto poi Azienda ospedaliera universitaria, come funzionari amministrativi, con mansioni di segretario di dipartimento (già VIII livello della qualifica funzionale prevista dalla

legge n. 312 del 1980

e, a seguito dell'equiparazione tra personale universitario e quello del comparto Sanità, IX livello ospedaliero, poi divenuto 1° livello dirigenziale) hanno chiesto la corresponsione - nell'ambito dell'indennità di perequazione - dell'indennità di posizione (c.d. indennità di dirigenza) corrisposta al personale ospedaliero.

In motivazione

Ritenuta la sussistenza della legittimazione passiva sia in capo all'Università sia alla struttura ospedaliera (trattandosi di vera e propria cogestione) rispetto alla domanda del dipendente universitario al pagamento dell'indennità di equiparazione al personale del ruolo sanitario, la disamina del quadro normativo, di fonte legale e contrattuale, consente di ritenere che fino al 27 gennaio 2005 (data della sottoscrizione del CCNL comparto Università 2002-2005) deve farsi riferimento all'

art. 31 del D.P.R.

20.12.1979,

n. 761

per rintracciare i parametri di determinazione dell'indennità perequativa; tale norma prevede che, con modalità stabilite negli schemi tipo di convenzione di cui alla

legge n. 833 del 1978

, l'equiparazione del personale universitario a quello delle unità sanitarie locali ai fini della corresponsione della indennità sarà stabilita in apposite tabelle; in forza di tale rinvio, deve farsi riferimento alla tabella all. D al Decreto Interministeriale 9 novembre 1982 (recante gli schemi tipo di convenzione) che prevede l'equiparazione dei funzionari amministrativi con mansioni di segretario di dipartimento (già VIII livello della qualifica funzionale prevista dalla

legge n. 312 del 1980

) al IX livello ospedaliero (poi divenuto 1° livello dirigenziale in base all'

art. 26, comma 2

bis

d.lgs. n. 93 del 1993

).

Il parametro per la determinazione dell'indennità perequativa prevista dall'

art. 31 D.P.R. n. 761 del 1979

a favore del personale universitario è costituito dalla equiparazione del loro trattamento economico complessivo a quello del personale delle unità sanitarie locali di pari funzioni, mansioni e anzianità. Il riferimento contenuto da tale norma alla parità di mansioni e funzioni quale presupposto per l'equiparazione del personale universitario a quello sanitario, induce ad escludere l'applicazione di una equiparazione automatica delle retribuzioni estesa anche ad indennità spettanti unicamente in relazione al conferimento di incarichi specifici (quale l'incarico dirigenziale). Invero, l'intento perequativo del trattamento economico del personale universitario rispetto a quello del personale sanitario (che costituisce la ratio legis dell'art. 31 D.P.R. n. 761 e che viene realizzato con la previsione di una indennità per l'appunto definita perequativa) trova un limite logico, oltre che giuridico, in quelle componenti del trattamento economico complessivo del personale sanitario che non dipendono direttamente ed esclusivamente dall'inquadramento contrattuale, ma sono erogate in correlazione al conferimento di incarichi come quello dirigenziale.

Dalla disamina dei CCNL per il personale dell'area della dirigenza sanitaria, professionale, tecnica ed amministrativa del Servizio Sanitario Nazionale (quadrienni normativi 1994-1998 e 1998-2001) emerge che la corresponsione della retribuzione di posizione ai dirigenti strettamente collegata all'incarico agli stessi conferito dall'azienda. La suddetta indennità non ha, pertanto, carattere totalmente automatico ma spetta unicamente in correlazione al conferimento dell'incarico di dirigente. Da tale disposizione emerge, dunque, chiaramente che a causa del suddetto collegamento tra spettanza dell'indennità e incarico di dirigente non è sufficiente per il pubblico dipendente dell'Università che pretenda la totale equiparazione al 1° livello dirigenziale dei dipendenti non medici del settore Sanità invocare l'

art. 31 D.P.R. n. 761 del 197

9

e il D.I. 9 novembre 1982, ma occorre altresì la dimostrazione che lo stesso pubblico dipendente ricopre un incarico dirigenziale, e cioè che sia in possesso dello stesso requisito necessario per i dipendenti del settore Sanità per il riconoscimento dell'indennità di posizione.

Con il CCNL comparto Università 2002-2005 (stipulato il 27 gennaio 2005) è stata elaborata una tabella unica in cui il personale universitario in servizio presso le aziende ospedaliere universitaria viene inquadrato per fasce, sulla base delle categorie professionali ed economiche in atto nel Servizio Sanitario Nazionale. Da tale data, pertanto, l'indennità di cui all'art. 31 D.P.R. n. 761 viene corrisposta sulla base delle nuove corrispondenze indicate dalla suddetta tabella.

La questione

La questione in esame è la seguente: in tema di indennità di perequazione spettante al personale universitario non docente in servizio presso strutture sanitarie, la retribuzione di posizione dei dirigenti del comparto Sanità deve essere riconosciuta soltanto se collegata all'effettivo conferimento di un incarico direttivo oppure è sufficiente l'equiparazione al livello dirigenziale operata dal legislatore e, successivamente, dalla contrattazione collettiva?

Le soluzioni giuridiche

Nelle aziende ospedaliere universitarie prestano attività lavorativa due distinte tipologie di personale, che – pur svolgendo, a parità di ruolo, le medesime mansioni lavorative nello stesso ambiente di lavoro – sono regolate da diverse normative: i dipendenti universitari sono assoggettati al contratto collettivo del comparto Università, mentre quelli ospedalieri sono disciplinati dalla negoziazione collettiva del comparto Sanità.

Le differenze riguardanti l'inquadramento giuridico dei dipendenti hanno determinato il sorgere di un rilevante contenzioso concernente diversi aspetti dell'equiparazione disposta dall'

art. 31 D.P.R. 20/12/1979, n. 761

.

L'indennità

ex

art. 31

D.P.R.

n. 761 del 1979

(che ha disciplinato l'indennità prevista dalla legge “De Maria” n. 231 del 1971 per il personale docente, poi estesa, dall'

art. 1 della l. n. 200 del 1974

, al personale non medico) è un'indennità utile ai fini previdenziali e assistenziali, ha carattere perequativo e rappresenta, per il personale incardinato nell'assistenza, un vero e proprio diritto soggettivo; inoltre, l'integrazione stipendiale ha natura retributiva ed è una voce del trattamento economico fondamentale del dipendente.

Come chiarito anche dalla Corte Costituzionale (sentenza n. 136/1997), essa ha la finalità di colmare eventuali disparità registrabili tra i trattamenti economici complessivi del personale ospedaliero e di quello universitario chiamato a svolgere le medesime prestazioni lavorative: essa non costituisce, dunque, un corrispettivo (aggiuntivo) per l'attività assistenziale prestata dal personale sanitario docente. La misura dell'indennità in questione, difatti, coincide con l'importo necessario ad equiparare il trattamento economico dei dipendenti universitari a quello del personale ospedaliero.

Per effettuare il calcolo dell'indennità da corrispondere – coincidente con la differenza tra il trattamento economico fondamentale del comparto sanità e quello del comparto università – bisogna prendere in considerazione la posizione giuridica rivestita dal dipendente nell'Università; occorre, poi, individuare la posizione corrispondente nell'ambito del comparto Sanità, con riferimento alla qualifica funzionale e alla categoria professionale di equiparazione.

In sede di raffronto, è necessario considerare tutte le voci – stipendiali e non – che concorrono a costituire il trattamento economico del personale universitario (cioè l'insieme degli assegni fissi, ricorrenti e preordinati aventi natura stipendiale). Deve essere quindi definito l'ammontare del trattamento economico annuo riconosciuto al corrispondente personale sanitario (con inclusione delle indennità ospedaliere che non siano fisse e ricorrenti, quali l'indennità di pronta disponibilità, l'indennità per il servizio notturno e festivo, i compensi incentivanti, le indennità per particolari condizioni di lavoro, poi confluite nell'indennità prevista dall'

art. 44 del D.P.R. 28/11/1990, n. 384

).

L' “indennità De Maria” ammonta alla differenza tra il totale del trattamento economico sanitario e il complessivo trattamento economico universitario, tra loro messi a raffronto.

Secondo un primo orientamento giurisprudenziale (

Cass.

n. 12908 del 24/5/2013

), la retribuzione di posizione dei dirigenti sanitari è stata esclusa dall'indennità di perequazione spettante al personale universitario non docente in servizio presso strutture sanitarie in quanto la stessa era collegata, dall'art. 40 del C.C.N.L. dell'8/6/2000 della dirigenza sanitaria (non medica) per il quadriennio normativo 1998-2001, all'incarico agli stessi conferito; conseguentemente, era necessaria la dimostrazione che il dipendente pubblico ricoprisse – o quantomeno fosse in condizione di poter ricoprire (con particolare riguardo al possesso del titolo di studi necessario, ossia il diploma di laurea) – un incarico dirigenziale.

Un secondo orientamento (

Cass.

n. 5325 del 7/3/2014

) aveva, invece, riconosciuto il diritto alla perequazione con l'intero trattamento fondamentale spettante alla dirigenza sanitaria, ritenendo che l'inquadramento economico del dipendente universitario nel IX livello ospedaliero comportava - ex se - l'equiparazione al 1° livello dirigenziale nonché l'abilitazione all'esercizio delle correlate funzioni.

Osservazioni

Il primo profilo problematico che la giurisprudenza ha dovuto affrontare è stato quello della corrispondenze tra il personale universitario e sanitario ai sensi del D.I. 9/11/1982, considerato il processo di privatizzazione del pubblico impiego e la conseguente stipulazione dei contratti collettivi per l'individuazione della disciplina del personale.

Con riguardo ai profili professionali, infatti, la questione verteva sull'efficacia dell'equiparazione disposta con la tabella del D.I. 9/11/1982 e, cioè, se la stessa avesse introdotto un criterio di raffronto “fisso” con riguardo agli emolumenti all'epoca riconosciuti ai dipendenti, oppure se dovessero considerarsi “in automatico” anche i successivi sviluppi degli inquadramenti, normativo ed economico, del personale sanitario ed universitario.

La giurisprudenza ha ritenuto che l'operatività dell'equiparazione tra le qualifiche non sia “rigida”, bensì “dinamica”, cioè riferita ai mutamenti apportati all'inquadramento del personale, universitario e sanitario, dai contratti collettivi (

Cass., S.U.,

n. 8521

/2012

; nello stesso senso, da ultimo,

Cass.,

nn. 5325/2

014

,

6712

/2014

,

10629

/2015

,

1078

/2015

).

In ordine a profili più strettamente economici, la questione affrontata dalla sentenza in commento concerneva, nella più ampia tematica dell'equiparazione del trattamento economico

ex

art. 31 D.P.R. 20/12/1979, n. 761

, l'inclusione – o l'esclusione – della retribuzione di posizione nell'indennità percepita dal personale universitario, equiparato sotto il profilo professionale al 1° livello dirigenziale.

L'esame dei criteri dettati dalla contrattazione collettiva, sin dal 1996, per il trattamento economico del personale nel comparto Sanità ha consentito alle Sezioni Unite di statuire che la retribuzione di posizione è assicurata esclusivamente al personale ospedaliero che svolge, effettivamente, un incarico dirigenziale.

Appare, invero, del tutto ragionevole che il diritto alla perequazione con l'intero trattamento fondamentale spettante alla dirigenza sanitaria – inclusa l' “indennità di dirigenza” – presupponga la dimostrazione dell'attribuzione di (o dell'attitudine a) incarichi dirigenziali e non dipenda dalla sola previsione contrattuale che ha fatto confluire alcune qualifiche del personale sanitario nel primo livello dirigenziale.

Al fine di evitare discriminazioni alla rovescia, ossia un trattamento economico più favorevole nei confronti del personale universitario adibito presso aziende ospedaliere, non è sufficiente, per il pubblico dipendente che pretenda la totale equiparazione economica al 1° livello dirigenziale (comprensiva di stipendio tabellare, indennità integrativa speciale, retribuzione individuale di anzianità e retribuzione di posizione minima), invocare l'art. 31 D.P.R. 20/12/1971, n. 761 e il D.I. 9/11/1982, ma occorre, altresì, la dimostrazione che il lavoratore ricopra o quanto meno sia in condizione di poter ricoprire un incarico dirigenziale, trattandosi di requisito prescritto per il riconoscimento dell' “indennità di dirigenza” percepita dai dipendenti ospedalieri.

Il principio affermato dalle Sezioni Unite appare coerente con gli orientamenti giurisprudenziali che la Suprema Corte sta via via affermando nell'ambito del pubblico impiego privatizzato, con particolare riferimento alla corresponsione del trattamento accessorio dei dirigenti da tenere strettamente correlata al disimpegno del relativo incarico.

Con riguardo, ad esempio, al comparto Ministeri, è stato detto, infatti, che la retribuzione di posizione, componente accessoria del trattamento economico dei dirigenti, presuppone l'effettivo esercizio delle funzioni loro attribuite in quanto collegata al livello di responsabilità previsto per la natura dell'incarico, all'impegno richiesto, al grado di rilevanza e alla collocazione istituzionale dell'ufficio, sicché spetta al dirigente dal momento del conferimento del primo incarico attesa la correlazione all'effettiva attribuzione delle funzioni dirigenziali e all'assunzione delle connesse responsabilità (

Cass. nn. 14142/2015

,

13062/2014

).

Nello stesso segno, in ipotesi di passaggio ad altra carriera di un dirigente statale, è stato affermato che alla determinazione dell'assegno personale - pari alla differenza tra la retribuzione in godimento all'atto del passaggio e la retribuzione spettante nella nuova posizione - non concorre la retribuzione di risultato, sicché il dirigente statale, passato ad altra carriera, non ha diritto alla conservazione della parte variabile della retribuzione di posizione, strettamente legata all'effettivo espletamento dello specifico incarico dirigenziale (

Cass. n. 12498/2012

).

Del pari, la Suprema Corte ha puntualizzato che, al dipendente vincitore del concorso per dirigente spetta, sino al conferimento del primo incarico, la differenza fra il trattamento economico fisso riconosciuto al dirigente dal contratto collettivo (stipendio tabellare, RIA, maturato economico annuo, assegno "ad personam" o elemento fisso, ove acquisiti) e il trattamento economico effettivamente ricevuto, con esclusione di quello accessorio (retribuzione di posizione), che è correlato all'effettiva attribuzione delle funzioni dirigenziali e all'assunzione delle connesse responsabilità (

Cass. n. 9807/2012

).