Errore nella scelta del rito: conservazione degli atti processuali

La Redazione
30 Aprile 2015

In tema di impugnativa di licenziamento soggetto a tutela reale, l'errore dell'attore nella scelta del rito ordinario non consente comunque una deroga al principio secondo cui, per le controversie alle quali esso è applicabile, il rito di cui all'art. 1 della legge n. 92 del 2012 (c.d. legge “Fornero”) costituisce l'unica modalità di esercizio dell'azione giudiziale.

In tema di impugnativa di licenziamento soggetto a tutela reale, l'errore dell'attore nella scelta del rito ordinario non consente comunque una deroga al principio secondo cui, per le controversie alle quali esso è applicabile, il rito di cui all'art. 1 della legge n. 92 del 2012 (c.d. legge “Fornero”) costituisce l'unica modalità di esercizio dell'azione giudiziale. Ne deriva che, in tale ipotesi, dovendosi escludere la declaratoria di inammissibilità della domanda nel rispetto degli artt. 24 e 111 Cost., qualora sia l'atto introduttivo del giudizio di primo grado, sia l'atto di gravame possiedano tutti i requisiti di forma e di sostanza per la trattazione con il rito previsto dalla l. n. 92/2012, deve trovare applicazione il principio di conservazione degli atti processuali, senza che ciò comporti alcun vulnus al diritto di difesa delle parti, con conseguente mutamento del rito ai sensi degli artt. 426 e 427 c.p.c. e dell'art. 4 del decreto legislativo 1° settembre 2011, n. 150, fermi restando gli effetti sostanziali e processuali della domanda proposta con il rito sbagliato.

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