Licenziamento per fatto sussistente privo di illiceità e principio di proporzionalità
30 Settembre 2016
Cass. sez. lav., 20 settembre 2016, n. 18418
I giudici di merito avevano accertato e ritenuto irrilevanti, per manifesta insussistenza di illiceità o antigiuridicità dei comportamenti, le contestazioni mosse al lavoratore, che si sostanziavano in modi litigiosi e offensivi nei rapporti con il personale che aveva il compito di formare; nel suo rifiuto di ridiscutere il superminimo individuale; nella doglianza, rivolta all'azienda, di essere stato demansionato.
Ricorreva il datore di lavoro, lamentando che la Corte di merito, ritenendo provati i fatti contestati e applicando comunque la reintegra, non aveva considerato che l'art. 18 St.Lav. (come modificato dall'art. 1, co. 42, L. n. 92/2012) prevedeva la tutela “forte” in caso di insussistenza del fatto contestato e la tutela indennitaria in caso di fatto sussistente ma non tale da integrare la causa legittimante del licenziamento.
La Suprema Corte, richiamando Cass. n. 20540/2015, afferma che “l'insussistenza del fatto contestato comprende l'ipotesi del fatto sussistente ma privo del carattere di illiceità, sicché in tale ipotesi si applica la tutela reintegratoria, senza che rilevi la diversa questione della proporzionalità tra sanzione espulsiva e fatto di modesta illiceità”.
Confermato, quindi, l'orientamento in base al quale il licenziamento irrogato per un fatto privo di disvalore disciplinare equivale all'insussistenza del fatto contestato con conseguente applicazione della reintegra ex art. 18, co. 4, i giudici di legittimità aggiungono che la violazione del principio di proporzionalità dà luogo all'applicazione dell'indennità di cui all'art. 18, co. 5, anche se il fatto è “lieve”.
Commenta la Fondazione Studi dei Consulenti del Lavoro, in una Nota del 27 settembre scorso, che la sentenza assume particolare rilevanza con riferimento alla disciplina del contratto a tutele crescenti ex D.Lgs. n. 23/2015: “se il fatto ha una rilevanza disciplinare ma è sproporzionato rispetto al licenziamento il datore di lavoro viene condannato a pagare l'indennità da 12 a 24 mensilità (o alle tutele crescenti, se trattasi di nuovo assunto); se invece il fatto non è materialmente accaduto oppure è accaduto ma non ha rilevanza disciplinare, perché è inconsistente o il lavoratore non ha colpa, la sanzione è la reintegrazione (anche in regime di tutele crescenti)”. |