Licenziamento per superamento periodo di comporto
30 Dicembre 2015
Non può ritenersi legittimo un licenziamento per superamento del periodo di comporto se l'infortunio viene tramutato d'ufficio in malattia, anche se ciò avviene dopo la cessazione del rapporto ma con effetto retroattivo, ad affermarlo è la Suprema Corte di Cassazione con sentenza n.26005 del 29 dicembre 2015. Un dipendente licenziato per superamento del periodo di comporto previsto dal CCNL si oppone al licenziamento dichiarandolo illegittimo, questo poiché seppur assente per un periodo superiore al limite contrattuale previsto per l'infortunio lo stesso veniva dall'Inail trasformato in malattia rientrando quindi in un'altra tipologia di evento con un distinto periodo di comporto. Il datore di lavoro propone ricorso deducendo come l'assenza continuativa del lavoratore fosse imputabile unicamente all'evento di infortunio e la distinzione fra assenza per infortunio e assenza per malattia derivasse solamente da una valutazione operata da Inail e Inps di natura burocratica. La Suprema Corte osserva che l'articolo 175 del CCNL terziario, applicabile al rapporto di lavoro in esame, prevede che il lavoratore durante la malattia ha diritto alla conservazione del posto di lavoro per un periodo massimo di 180 giorni in un anno solare, trascorso il quale, perdurando la malattia, il datore di lavoro potrà procedere al licenziamento, mentre, in caso di infortunio l'articolo 177 del medesimo CCNL prevede valgano le medesime norme precisando però che i periodi di comporto per malattia e per infortunio agli effetti del raggiungimento del termine massimo di conservazione del posto di lavoro sono distinti ed hanno la durata di 180 giorni cadauno. Alla luce di quanto osservato la Cassazione afferma che i due periodi, come esplicitato dal CCNL, sono distinti e non prevedono il requisito della mancanza di collegamento tra i due eventi. Viene inoltre osservato come la decisione di licenziamento avvenisse sulla base della documentazione esistente in quel momento, documentazione dalla quale emergeva che tutto il periodo di assenza del lavoratore era stato determinato dall'infortunio sul lavoro. Il datore di lavoro si era quindi trovato in una situazione di incolpevole ignoranza circa l'imputabilità a malattia dell'assenza del dipendente. A tale riguardo la Corte sottolinea il principio già enunciato (Cass. 31 agosto 2011 n.17842; Cass. 8 novembre 2000 n.14507) secondo cui il giudizio sulla legittimità di licenziamento è condizionato unicamente dalla sussistenza, o meno, dei presupposti di legge per la validità dell'atto risolutivo; non può quindi attribuirsi rilevanza, ai fini di tale giudizio, allo stato soggettivo del datore di lavoro che, al momento dell'intimazione, pur incolpevolmente, abbia la rappresentazione di una situazione che sembri legittimare l'adozione dell'atto.
Viene inoltre evidenziato come gli accertamenti degli Istituti abbiano natura soltanto certificativa e non costitutiva e che, in caso di contestazione degli stessi, il giudice non è vincolato e può quindi procedere all'accertamento della situazione rilevante, la quale però, nel caso in esame, non è stata oggetto di impugnazione. |