Le notifiche nel procedimento per convalida di sfratto

Cesare Taraschi
06 Ottobre 2017

Il legislatore ha dettato particolari cautele con riguardo alla notifica dell'atto di intimazione, diretta ad assicurare che il destinatario abbia effettivamente conoscenza della instaurazione del procedimento per convalida di sfratto.
Premessa
Il procedimento per convalida di sfratto, disciplinato dagli artt. 657-669 c.p.c., rientra, al pari di quello d'ingiunzione, nell'ambito dei procedimenti speciali previsti dal quarto libro del codice di rito. Si tratta, più precisamente, di un procedimento, meramente facoltativo ed alternativo rispetto a quello ordinario (quest'ultimo da esperire nelle forme del rito locatizio ai sensi dell'art. 447-bis c.p.c.), di natura giurisdizionale e contenziosa, diretto a conseguire rapidamente un titolo esecutivo, l'ordinanza di convalida (la quale, una volta preclusa l'opposizione alla stessa ai sensi dell'art. 668 c.p.c., acquista tra le parti, i loro eredi e aventi causa, efficacia di cosa giudicata sostanziale, pari a quella di una sentenza di condanna al rilascio dell'immobile locato) e, in caso di opposizione, un provvedimento provvisorio, ma comunque sufficiente ad ottenere il rilascio dell'immobile, qual è l'ordinanza provvisoria di rilascio. In considerazione della gravità delle conseguenze derivanti dalla mancata comparizione dell'intimato, che assume il valore legale di un'ammissione delle circostanze dedotte dal locatore nell'intimazione, consentendo al giudice di emettere la convalida, il legislatore ha dettato particolari cautele con riguardo alla notifica dell'atto di intimazione, diretta ad assicurare che il destinatario abbia effettivamente conoscenza della instaurazione del procedimento (in tal senso, anche Corte cost., 17 gennaio 2000, n. 15). In materia, appare di notevole rilevanza il disposto dell'art. 663 c.p.c., che prevede il potere-dovere del giudice di ordinare il rinnovo della citazione ove risulti, o appaia probabile, che l'intimato non abbia avuto conoscenza della citazione stessa o non sia potuto comparire per caso fortuito o forza maggiore.

E' evidente che la norma in oggetto - che, ovviamente, trova applicazione solo nel caso di mancata comparizione del conduttore - non riguarda l'ipotesi di nullità della notifica dell'atto di intimazione, già espressamente disciplinata dall'art. 291 c.p.c., dovendo, in tal caso, il giudice disporre la rinotifica dell'atto introduttivo nel termine perentorio all'uopo assegnato (termine rispettato per effetto della sola consegna dell'atto all'ufficiale giudiziario, in base al principio della scissione degli effetti della notifica ex art. 149, comma 3, c.p.c.), ragion per cui, se detto ordine non viene eseguito, viene disposta la cancellazione della causa dal ruolo, con estinzione del processo, ai sensi dell'art. 307, comma 3, c.p.c..

Rientrano, invece, nell'ambito applicativo dell'art. 663 tutte le ipotesi rimesse al prudente apprezzamento del magistrato, in cui la notifica è formalmente valida, ma sussistono circostanze tali da far sospettare la involontarietà della mancata comparizione dell'intimato. Nella giurisprudenza di merito, di sovente, si ricorre all'ordine di rinnovo della notifica dell'intimazione, laddove quest'ultima sia avvenuta, per esempio, nel periodo centrale del mese di agosto ai sensi dell'art. 140 c.p.c. (in senso contrario, tuttavia, si segnalano Cass.,18 aprile 1997, n. 3357, e Cass., 27 gennaio 1999, n. 716, secondo cui la mancata conoscenza dell'intimazione dovuta ad assenza dell'intimato per ferie, senza la predisposizione di cautele per essere informato di eventuali notifiche che lo riguardino, non può considerarsi derivante da caso fortuito ai fini dell'ammissibilità della tardiva opposizione alla convalida).

L'ordine di rinnovazione della notifica, ove illegittimo perchè fondato sull'erroneo presupposto della nullità della stessa, può comunque essere revocato alla successiva udienza (Cass., 18 settembre 2009, n. 20104).

É, altresì, nulla la citazione fatta collettivamente ed impersonalmente nell'ultimo domicilio del defunto agli eredi ai quali si neghi il diritto di succedere nel contratto ai sensi dell'art. 6,l. n. 392/78 (Pret. Milano, 21 ottobre 1983). L'istituto della notifica impersonale (art. 303, comma 2, c.p.c., art. 328, comma 2,c.p.c., art. 330, comma 2, c.p.c., art. 286, comma 1, c.p.c.) ha natura eccezionale e non è applicabile analogicamente a casi diversi da quelli previsti dalla legge. Al di fuori dei casi di riassunzione del processo, per radicare correttamente il procedimento occorre individuare singolarmente i successori ex lege del conduttore, cui la notifica va indirizzata uno ad uno, trattandosi di litisconsorzio necessario. Qualora, invece, dopo la morte del conduttore, l'immobile sia occupato da persone che non possono vantare la qualità di eredi, va introdotto un giudizio di cognizione ordinario per rilascio dello stabile occupato “sine titulo” (Masoni, in Grasselli-Masoni, Le locazioni, II, 2013, 346-347).

Fonte: ilprocessocivile.it

Modalità della notificazione

Per espressa previsione di legge, le intimazioni di licenza e di sfratto devono essere notificate a norma degli artt. 137 ss. c.p.c., mai, però, presso il domicilio eletto (art. 660, comma 1, c.p.c.), neppure nel caso di elezione fatta nel contratto di locazione (Pret. Verona, 19 aprile 1989, secondo cui la notifica dell'atto di intimazione eseguita presso l'immobile locato, dichiarato dal conduttore come proprio domicilio nel contratto di locazione, ma non più tale, ancorchè non equiparabile alla notifica al domicilio eletto ex art. 141 c.p.c., non può ritenersi valida).

Di contrario avviso la giurisprudenza di legittimità (Cass., 15 settembre 1981, n. 5103), secondo cui, qualora il conduttore, in occasione della stipula del contratto di locazione, abbia indicato per le notifiche degli atti il proprio domicilio – ad es., il luogo di lavoro – la notificazione dell'atto di intimazione di licenza o sfratto può essere legittimamente eseguita ex art. 137 c.p.c. presso tale domicilio, senza che operi il divieto di cui all'art. 660 c.p.c., il quale si riferisce esclusivamente al domicilio eletto. Si è, pertanto, ritenuta valida anche la notifica eseguita presso l'immobile locato (Cass., 28 agosto 2009, n. 18795). In sostanza, come si desume anche dalla lettera dell'art. 141 c.p.c., l'indicazione del luogo ove effettuare le notificazioni eseguita dal conduttore nel contratto, a prescindere dal termine utilizzato, non è un'elezione di domicilio. Ed in ogni caso, poiché l'art. 141 c.p.c. si riferisce alla notifica nel domicilio eletto presso un domiciliatario – quindi presso un terzo incaricato di ricevere gli atti su mandato del destinatario – o presso un ufficio, il divieto sancito dall'art. 660 c.p.c. ha una sua ragione di opportunità che non sussiste laddove il domicilio indicato sia proprio la casa di abitazione, cioè il luogo dove il conduttore dimora e dove presumibilmente potrà reperire l'avviso dell'ufficiale giudiziario di avvenuta notifica.

In dottrina (Frasca, Il procedimento per convalida di sfratto, Torino, 2001, 164), si è rilevato che la ratio del divieto di notifica al domicilio eletto è da ravvisare nella preoccupazione del legislatore di evitare che l'elezione di domicilio, pur con valenza facoltativa, sia imposta in sede di stipulazione del contratto locativo dal locatore quale condizione “sine qua non” per la stipulazione del contratto ed abbia corso con l'indicazione quale domiciliatario di un soggetto o di un luogo, tali da rendere difficile la tempestiva conoscenza dell'atto notificato da parte dell'intimato e, quindi, facilitare la possibilità di un esito positivo del procedimento per convalida.

In sostanza, con la disposizione in esame il legislatore vieta «modi di notificazione fondati su presunzioni legali di ricevimento dell'atto» (Anselmi Blaas, Il procedimento per convalida di licenza o di sfratto, Milano, 1966, 192).

Il divieto in esame, comunque, opera tanto in caso di notificazione facoltativa al domiciliatario (art. 141, comma 1, c.p.c.), quanto in caso di notificazione obbligatoria (art. 141, comma 2, c.p.c.), tenuto conto che la consegna di copia dell'atto a mani del domiciliatario «equivale a consegna nelle mani proprie del destinatario».

Notificazione non in mani proprie

Ai sensi dell'art. 660, ult. comma, c.p.c., se l'intimazione non è stata notificata in mani proprie del destinatario (ossia qualora sia stata eseguita ai sensi degli artt. 139, 140 e 142 c.p.c.), l'ufficiale giudiziario deve spedire lettera raccomandata di avviso dell'effettuata notificazione, allegando all'originale dell'atto la ricevuta di spedizione.

E' opportuno rilevare che il codice non richiede che la missiva sia inviata a mezzo raccomandata con avviso di ricevimento, requisito, peraltro, richiesto da una parte della giurisprudenza di merito e della dottrina in applicazione delle sopravvenute disposizioni di cui alla l. n. 890/82 (Frasca, cit., 168). Anche a voler aderire a tale ultima tesi, non è comunque necessaria l'allegazione della cartolina di ricevimento della raccomandata di avviso.

Quanto al contenuto dell'avviso, pur in assenza di un'espressa disciplina sul punto, può ritenersi che lo stesso debba far riferimento alla notificazione già effettuata, al tipo di procedimento ed all'autorità giudiziaria adita.

L'invio dell'avviso va effettuato anche in caso di notifica a persona non residente nel territorio dello Stato (art. 142 c.p.c.) sempre che l'immobile si trovi in Italia, mentre non è necessario in ipotesi di rifiuto del destinatario di ricevere copia dell'atto, in quanto, ai sensi dell'art. 138 comma 2 c.p.c., in caso di rifiuto la notifica si considera eseguita in mani proprie, essendo ritenuta equipollente.

Notificazione a mezzo del servizio postale

Del pari, in ossequio alla ratio ispiratrice dell'ult. comma dell'art. 660 c.p.c., che è quella di garantire una maggiore sicurezza dell'effettiva conoscenza, da parte del conduttore, dell'intimazione rivoltagli, occorre la spedizione della raccomandata anche nel caso di notifica a mezzo di servizio postale non effettuata a mani dell'intimato, come espressamente previsto dall'art. 8 l. n. 890/82, novellato dalla riforma di cui alla l. n. 80/05, in vigore a partire dall'1 marzo 06 (in precedenza, cfr. Cass. 15 giugno 2004, n. 11289; Cass. 11 aprile 1997, n. 3171).

Nel caso di notifica a mezzo del servizio postale, va peraltro distinta l'ipotesi di cui all'art. 7 da quella di cui all'art. 8 l. n. 890/82.

Notificazione in mani proprie

Invero, la norma di cui all'art. 7 l. n. 890/1982, che disciplina la consegna in mani proprie del destinatario, è stata integrata con l'obbligo di effettuazione dell'avviso raccomandato mediante l'introduzione di un comma sesto, ad opera del d.l. n. 248/07, conv. in l. n. 31/08, con riferimento alle sole notifiche eseguite a partire dall'1 marzo 2008, ossia dalla data di entrata in vigore di detta legge di conversione (Cass.,4 dicembre 2012, n. 21725; Cass., 25 gennaio 2010, n. 1366; contra Cass.,13 marzo 2013, n. 6345, secondo cui la nuova disposizione si applicherebbe a partire dal 28 febbraio 2008): in pratica, se il piego non viene consegnato personalmente al destinatario dell'atto, l'agente postale dà notizia al destinatario medesimo dell'avvenuta notificazione dell'atto a mezzo di lettera raccomandata; in tal caso, in mancanza di specificazioni diverse, deve ritenersi sufficiente, per il perfezionamento della notifica, la mera spedizione della raccomandata (Cass. penale n. 3827/11).

Secondo una parte della giurisprudenza di merito (Trib. Modena, 1° luglio 2008, in Giust. civ., 2009, 1, 229), l'ulteriore adempimento di cui al comma 6 del citato art. 7 non si applica nel caso di notifica dell'atto di intimazione in esame, atteso che l'esigenza di garanzia sottesa alla nuova disposizione è già soddisfatta dall'avviso di cui all'ultimo comma dell'art. 660 c.p.c., ragion per cui non sarebbe necessaria la spedizione (a questo punto) di tre raccomandate (l'una contenente l'atto giudiziario ricevuta non personalmente dal destinatario; l'altra ex art. 660, ult. comma, c.p.c.; l'ultima ex art. 7, comma 6,l. n. 890/82). Secondo tale orientamento, invero, stante l'identità di contenuto tra l'ult. comma dell'art. 660 c.p.c. e l'ult. comma dell'art. 7 l. n. 890/82, sarebbe illogico ed irrazionale, oltre che contrario al principio costituzionale della ragionevole durata del processo, esigere l'ulteriore comunicazione di cui al predetto art. 7, che costituirebbe appunto un mero duplicato rispetto a quella già prescritta dall'art. 660, la quale ultima prevale in base al principio lex specialis derogat generali (in senso conforme, in dottrina, Farolfi, Le notificazioni a mezzo posta, supplemento Giur. merito, 2009, nonché Izzo, La regolarità del procedimento notificatorio dell'atto di intimazione di sfratto dopo la novella della legge 31/2008, in Giust. civ., 2009, 1, 230; contra Scarpa, Intimazione di sfratto e notificazione a mezzo posta, in Immobili & Diritto, 2008, 8, 112, secondo cui il nuovo adempimento formale introdotto a far data dall'1-3-08 si viene a sommare, pure nella omogeneità delle forme e dei contenuti, alla speciale garanzia già prevista dall'art. 660, ult. comma, c.p.c., essendo quest'ultima previsione funzionale all'esigenza – costituente un quid pluris precipuo della disciplina del procedimento di convalida – di imputare i previsti effetti sfavorevoli della mancata comparizione o della mancata opposizione solo ad un comportamento volontario “ex informata coscientia” dell'intimato).

Occorre, infine, dar conto di un ulteriore dubbio interpretativo sull'ambito applicativo della disposizione in esame, ossia se la spedizione dell'ulteriore raccomandata ex art. 7, ult. comma, l. n. 890/82 sia necessaria anche in caso di mancata notificazione personalmente al legale rappresentante della società o di un ente collettivo presso la sua sede, e cioè se, in ipotesi di consegna del plico a persona diversa dal legale rappresentante della società nella sede di quest'ultima, sia necessario l'invio della CAN (comunicazione di avvenuta notifica), atteso che la disposizione in esame non fa distinzione tra persone fisiche e persone giuridiche. Appare preferibile l'opinione che esclude, nell'ipotesi di consegna a persona addetta alla ricezione, la necessità dell'invio della CAN, e non solo in quanto il legislatore ha adoperato l'avverbio “personalmente”, che appare logicamente e letteralmente riferibile alle sole persone fisiche, ma anche in considerazione del rapporto di immedesimazione organica che lega il dipendente addetto alla ricezione alla società, e che pertanto fa venir meno la necessità dell'adempimento ulteriore. Viceversa, ove a ricevere sia un soggetto non legato alla società da rapporti di subordinazione, deve ritenersi che l'obbligo di spedizione della CAN permanga, atteso che la disciplina delle notifiche a mezzo posta non fa distinzione tra persone fisiche e persone giuridiche, a differenza della disciplina del codice di rito, che dedica una norma apposita per le persone giuridiche. Naturalmente, ove la notifica sia diretta al legale rappresentante della società, nella qualità, nella sua residenza, domicilio o dimora, anziché presso la sede della società, in ipotesi di consegna a persona diversa dal destinatario e con questi convivente o addetta alla casa, o al portiere, l'obbligo della CAN permane.

Notificazione a mezzo del servizio postale e mancata consegna del plico

Nel caso, disciplinato dall'art. 8 l. n. 890/82, di notifica a mezzo del servizio postale e di mancata consegna del plico per assenza temporanea del destinatario e per mancanza, inidoneità ed assenza di persone abilitate a ricevere il plico medesimo in luogo del destinatario, l'agente postale deve provvedere a depositare il piego lo stesso giorno nell'ufficio postale preposto alla consegna o presso una sua dipendenza, e a dare notizia al destinatario del tentativo di notifica del piego e del suo deposito presso l'ufficio postale, mediante avviso in busta chiusa a mezzo lettera raccomandata con avviso di ricevimento che, in caso di assenza del destinatario, deve essere affisso alla porta d'ingresso oppure immesso nella cassetta della corrispondenza dell'abitazione.

L'avviso deve contenere, tra l'altro, l'espresso invito al destinatario a provvedere al ricevimento del piego a lui destinato mediante ritiro dello stesso entro il termine massimo di sei mesi, con l'avvertimento che la notificazione si ha comunque per eseguita trascorsi dieci giorni dalla data del deposito e che, decorso inutilmente anche il predetto termine di sei mesi, l'atto sarà restituito al mittente.

La notificazione si ha per eseguita decorsi dieci giorni dalla data di spedizione della lettera raccomandata ovvero dalla data del ritiro del piego, se anteriore. Al predetto termine di dieci giorni è applicabile il principio di cui all'art. 155, comma 5, c.c., sicchè lo stesso, qualora scada di sabato, è prorogato di diritto al primo giorno seguente non festivo (Cass., Sez.Un.,1 febbraio 2012, n. 1418).

Pertanto, in tale ipotesi la notifica è da considerarsi regolare solo se si articola nell'invio di tre raccomandate: la prima depositata presso l'ufficio postale (con tutte le annotazioni prescritte); la seconda in ottemperanza, dapprima, al noto arresto della Corte costituzionale n. 346/98, ed attualmente, a seguito della riforma operata dalla l. n. 80/05, al novellato art. 8, comma 2, l. n. 890/82; la terza spedita ai sensi dell'art. 660 ult. comma c.p.c.

L'omessa spedizione della raccomandata ex art. 8, comma 2, l. n. 890/82 comporta la nullità della notifica con conseguente applicabilità dell'art. 291 c.p.c. in caso di mancata comparizione o costituzione dell'intimato (Cass., 4 aprile 2006, n. 7815). Analogamente, la notifica in esame è nulla anche in caso di omessa certificazione sull'avviso di ricevimento della mancanza o assenza delle persone abilitate a ricevere il piego o in difetto di dimostrazione dell'attività svolta dall'ufficiale postale offerta “aliunde” dal notificante (Cass. 19 maggio 2011, n. 10998; Cass. 10 ottobre 2008, n. 25031).

La Suprema Corte, inoltre, ha avuto modo di affermare che l'adempimento prescritto dall'ultimo comma dell'art. 660 c.p.c. va compiuto in ogni ipotesi di mancata notifica a mani proprie dell'intimato e, quindi, anche nel caso in cui l'agente postale, non avendo rinvenuto in loco il destinatario, abbia rilasciato a costui l'avviso prescritto dall'art. 8 l. n. 890/82, che non equivale all'ulteriore invio della raccomandata prescritta dall'ultimo comma dell'art. 660 c.p.c., la cui omissione costituisce valido motivo di opposizione tardiva ex art. 668 c.p.c. (Cass., 15 giugno 2004, n. 11289).

Notificazione ad enti collettivi

In caso di notifica a società, persone giuridiche o enti collettivi, la stessa va eseguita a norma dell'art. 145 c.p.c., il quale prevede, nella nuova formulazione di cui alla l. n. 80/05, in vigore dall'1 marzo 2006, che la notifica possa effettuarsi alternativamente, e non più in via sussidiaria, presso la sede dell'ente, mediante consegna di copia dell'atto al rappresentante o alla persona incaricata di ricevere le notificazioni (o, in mancanza, ad altra persona addetta alla sede stessa ovvero al portiere dello stabile in cui è la sede), oppure, anche a norma degli artt. 138, 139 e 141 c.p.c., alla persona fisica che rappresenta l'ente qualora nell'atto da notificare ne sia indicata la qualità e risultino specificati residenza, domicilio e dimora abituale.

Una parte della giurisprudenza ha sostenuto che, nell'ipotesi di notificazione dell'intimazione di sfratto ad una persona giuridica mediante consegna di copia dell'atto ad uno dei soggetti indicati dall'art. 145, comma 1, non è necessaria la spedizione dell'avviso all'ente intimato prevista dall'ultimo comma dell'art. 660, atteso che tale adempimento è previsto solo in caso di notifica non in mani proprie del soggetto intimato, ipotesi non configurabile nel caso di notifica a persona giuridica, in quanto l'art. 138 prevede la notificazione in mani proprie solo in relazione a persone fisiche (Cass. 5 agosto 2002, n. 11702, in riferimento alla notifica eseguita ad un Comune).

In senso parzialmente contrario, è stato precisato che, qualora l'atto venga consegnato al legale rappresentante o, presso la sede dell'ente, alla persona incaricata di ricevere le notificazioni, non sarà richiesto l'ulteriore adempimento di cui all'art. 660, ult. comma, equivalendo tale notificazione a quella a mani proprie. Nell'ipotesi, invece, in cui la consegna avvenga a mani di “altra persona addetta alla sede stessa” (nonché, deve ritenersi, al portiere dello stabile in cui è la sede), sarà necessaria la spedizione della raccomandata, non equivalendo tale notifica a quella a mani proprie (Trib. Milano, 31 maggio 1999, in Foro it., 2000, I, 680; FRASCA, cit., 170).

Deve, inoltre, ricordarsi che, secondo la recente giurisprudenza di legittimità, in base alla nuova formulazione dell'art. 145 c.p.c., l. n. 263/2005, non è consentita la notifica presso la sede delle società con le modalità previste dagli artt. 140 e 143 c.p.c.e, quindi, con gli avvisi di deposito di cui all'art. 8, l. n. 890/1982, che costituiscono modalità equivalenti alla notificazione ex art. 140 c.p.c. (Cass. 7 giugno 2012, n. 9237; Cass. 13 settembre 2011, n. 18762); risulta così superato il contrario orientamento espresso da Cass., Sez.Un., 4 giugno 2002, n. 8091, secondo cui era possibile procedere con le formalità di cui all'art. 140 c.p.c. direttamente nei confronti della società.

Infine, secondo la giurisprudenza di merito, non è nulla la notifica al legale rappresentante della società le cui generalità, sebbene non specificate nell'atto da notificare, siano indicate nella relata di notifica (App. Venezia, 22 aprile 2013, n. 950, in Corr. giuridico, 2014, 8-9, 1121).

Mancato invio dell'avviso

É discusso se l'invio dell'avviso ex art. 660, ult. comma, c.p.c. e di quello di cui all'art. 7, ult. comma, l. n. 890/82 rappresenti o meno un elemento perfezionativo della notifica.

Secondo alcuni, analogamente a quanto ritenuto con riferimento alla notifica ex art. 139, comma 4, c.p.c. (Cass., 4 aprile 2006, n. 7816; Cass.,13 maggio 2003, n. 7349; Cass.,20 settembre 1997, n. 9329), la notifica in esame si perfezionerebbe prima dell'invio della raccomandata, in quanto l'art. 660 c.p.c. impone l'avviso all'intimato dell'effettuata notificazione. Anche l'art. 7, ult. comma, l. n. 890/82 prevede l'obbligo di dare notizia al destinatario della avvenuta notificazione dell'atto a mezzo posta, così sottintendendo che la notificazione medesima si sia già perfezionata.

Tuttavia, deve in proposito rilevarsi che, secondo la più recente giurisprudenza, nella notificazione eseguita al portiere ex art. 139, comma 3, c.p.c., l'omessa spedizione della raccomandata prescritta dal comma 4 della medesima norma non costituisce, come ritenuto in precedenza, una mera irregolarità, ma integra un vizio dell'attività dell'ufficiale giudiziario che determina la nullità della notificazione nei riguardi del destinatario (Cass. 21 agosto 2013, n. 19366; Cass. 30 marzo 2009, n. 7667; Cass. 30 giugno 2008, n. 17915).

Il medesimo principio è stato espresso anche in tema di notificazione a mezzo posta, in caso di consegna del piego a persona diversa dal destinatario dell'atto, atteso che, in tale ipotesi, l'omessa attestazione della spedizione della lettera raccomandata prevista dall'art. 7, comma 6, l. n. 890/82 costituisce non una mera irregolarità, ma un vizio dell'attività dell'agente postale che determina, fatti salvi gli effetti della consegna dell'atto all'ufficiale giudiziario, la nullità della notificazione nei riguardi del destinatario (Cass. 25 gennaio 2010, n. 1366).

Deve, pertanto, ritenersi che il mancato invio dell'avviso ex art. 660, ult. comma, c.p.c. o di quello di cui all'art. 7, ult. comma, l. n. 890/82 determini la nullità della notifica dell'atto di intimazione.

In tal senso, si è sostenuto che il mancato invio dell'avviso ex art. 660, ult. comma, c.p.c. determina l'invalidità della notifica ed impedisce in ogni caso al giudice di convalidare la licenza o lo sfratto in caso di mancata comparizione della parte intimata, se non previa rinotifica ai sensi dell'art. 291 c.p.c., ed in ipotesi contraria costituisce motivo di impugnazione ex art. 668 c.p.c. (Cass. 7 marzo 1995, n. 2618), laddove risulti che l'intimato, a causa della irregolarità della notifica derivante dalla mancata effettuazione degli avvisi in esame, non abbia avuto tempestiva conoscenza dell'intimazione (Trib. Milano, 31 maggio 1999, in Foro it., 2000, I, 680).

Logico corollario della tesi appena esposta è che il termine di comparizione di venti giorni liberi decorre dal giorno di consegna, pur non a mani proprie, dell'atto di intimazione, e non già da quello di spedizione delle raccomandate informative prescritte dalle norme in esame, fermo restando, da un lato, la nullità della notifica laddove effettuata non a mani proprie e non accompagnata dall'esibizione delle ricevute di spedizione delle raccomandate, e, dall'altro, l'obbligo del giudice di merito di non convalidare lo sfratto e di disporre il rinnovo della notificazione ex art. 291 c.p.c. nel caso di mancata esibizione dell'avviso o di mancato/tardivo invio dello stesso, che dovrebbe fisiologicamente seguire con immediatezza l'avvenuta notificazione (Sinisi-Troncone, Il Processo delle locazioni, Napoli, 2010, 279-280).

Irreperibilità o rifiuto di ricevere la cosa

La dottrina e la giurisprudenza assolutamente prevalenti sono dell'opinione della compatibilità dell'art. 140 c.p.c. con il procedimento in esame e, quindi, della possibilità di emettere l'ordinanza di convalida anche nell'ipotesi in cui la raccomandata con avviso di ricevimento prescritto da detto articolo torni indietro con l'attestazione di compiuta giacenza, fermo restando, in quest'ultima ipotesi, il prudente apprezzamento del giudice di disporre eventualmente la rinotifica ex art. 663 c.p.c..

Mette conto peraltro evidenziare che sino al recente passato si riteneva che, nel caso di notifica dell'intimazione ai sensi dell'art. 140 c.p.c., la stessa si perfezionasse con il compimento dell'ultimo dei tre adempimenti previsti dalla norma, che, “more solito, è costituito dall'invio della raccomandata con avviso di ricevimento. Ne seguiva che tale data andava presa in considerazione al fine di valutare il rispetto del termine di comparizione e, soprattutto, che la mancata esibizione dell'avviso di ricevimento al giudice non inficiava la validità della notifica.

Tuttavia, le Sezioni Unite (Cass., Sez. Un., ord.,13 gennaio 2005, n. 458) avevano recentemente proceduto ad una rivisitazione dell'orientamento giurisprudenziale formatosi sull'art. 140 c.p.c., tenendo conto di alcuni interventi della Corte costituzionale in tema di notificazione di atti giudiziari (Corte cost., sent., n. 477/02 e Corte cost., n. 28/04). La Suprema Corte aveva affrontato, fra l'altro, anche il tema del perfezionamento della notifica per il destinatario della stessa e della rilevanza dell'avviso di ricevimento della raccomandata, di modo che, nei confronti del destinatario, la notificazione si aveva sempre per eseguita con il compimento dell'ultimo degli adempimenti prescritti (spedizione della raccomandata con avviso di ricevimento); tuttavia, poiché tale adempimento perseguiva lo scopo di consentire la verifica che l'atto fosse pervenuto nella sfera di conoscibilità del destinatario, l'avviso di ricevimento doveva essere allegato all'atto notificato e la sua mancanza provocava la nullità della notificazione, che restava sanata dalla costituzione dell'intimato o dalla rinnovazione della notifica ai sensi dell'art. 291 c.p.c..

Tale opzione interpretativa, però, è stata da ultimo sconfessata dalla Corte costituzionale (Corte cost., sent., 14 gennaio 2010, n. 3), la quale ha dichiarato l'illegittimità costituzionale dell'art. 140 c.p.c.nella parte in cui prevede che la notifica si perfezioni, per il destinatario, con la spedizione della raccomandata informativa, anziché con il ricevimento della stessa o, comunque, decorsi dieci giorni dalla relativa spedizione. In pratica, al fine di evitare una ingiustificata ed irragionevole disparità di trattamento rispetto all'art. 8 l. n. 890/82 – che, in materia di notifica a mezzo posta, prevede che, in caso di irreperibilità, inidoneità o rifiuto del destinatario, la notifica si perfezioni con il decorso di dieci giorni dalla data di spedizione della lettera raccomandata ovvero alla data del ritiro del piego, se anteriore – la Consulta ha ritenuto che anche la notifica ex art. 140 c.p.c. si perfezioni, per il destinatario, con le stesse modalità previste per l'analoga fattispecie della notifica a mezzo posta.

Ne consegue che, ai fini del computo dei termini dilatori di comparizione di 20 giorni, in caso di notifica ex art. 140 c.p.c. dell'intimazione di licenza o sfratto, occorre tener conto, come “dies a quo”, della data di decorso del termine di dieci giorni dalla spedizione della raccomandata ex art. 140 c.p.c. o, se anteriore, della data di effettiva ricezione della stessa.

A seguito di tale sentenza della Corte costituzionale, di immediata applicazione, è necessario che il notificante, affinchè tale notificazione possa dirsi legittimamente effettuata, comprovi la predetta circostanza del ricevimento della raccomandata o del decorso di 10 giorni dalla sua spedizione, diversamente configurandosi la nullità della notificazione (Cass. 31 marzo 2010, n. 7809, in riferimento ad un caso in cui la Suprema Corte ha dichiarato la nullità della notificazione di un'intimazione di sfratto per morosità per difetto di prova dell'avvenuta ricezione, da parte dell'intimato, del successivo avviso di ricevimento della raccomandata ex art. 140 c.p.c., rimettendo le parti dinanzi al giudice di primo grado per l'esame della proposta opposizione tardiva a convalida di sfratto; conf. Cass. 25 febbraio 2011, n. 4748; Cass. 2 ottobre 2015, n. 19772).

In ogni caso, per il combinato disposto degli artt. 140 e 660, ult. comma, c.p.c., devono essere inviate due raccomandate, di cui una costituente elemento perfezionativo del procedimento notificatorio, e l'altra avente finalità informativa di tutela del destinatario.

L'avviso ex art. 660 va fatto per secondo e deve descrivere tutte le attività previste dall'art. 140 c.p.c..

Quid iuris nel caso in cui sia inviata la raccomandata informativa ex art. 140 c.p.c. (lo stesso problema si pone anche per la raccomandata di cui all'art. 8,l. n. 890/82) senza che la stessa torni al mittente?

Poiché la giurisprudenza di legittimità, come già rilevato, ritiene nulla e non inesistente la notifica in caso di omesso avviso, esclusa ogni possibilità di convalida dello sfratto sarà onere della parte chiedere il duplicato dell'avviso di ricevimento ex art. 6,l. n. 890/82: in mancanza, non potendo imputarsi alla parte un disguido esulante dalla propria diligenza, deve darsi un nuovo termine per la notifica, atteso che la notifica non si è perfezionata per causa non imputabile alla parte medesima (art. 153 c.p.c.).

L'ordinanza di convalida pronunciata nella mancata comparizione dell'intimato, in assenza di prova dell'avvenuta ricezione da parte di quest'ultimo dell' avviso di ricevimento della raccomandata ex art. 140 c.p.c., non costituisce di per sé ipotesi di ammissibilità dell'opposizione tardiva ai sensi dell'art. 668 c.p.c., occorrendo, a tal fine, la prova che il procedimento notificatorio si sia svolto in modo nullo o che si sia perfezionato, con il ricevimento dell'avviso di cui all'art. 140 c.p.c. ovvero con il decorso dei dieci giorni dalla spedizione, in un momento tale da non consentire il rispetto del termine libero di cui al quarto comma dell'art. 668 c.p.c. (Cass., 8 gennaio 2016, n. 122).

Di recente, si è altresì precisato che il deposito dell'avviso di ricevimento della notifica a mezzo posta o della raccomandata di cui alle formalità dell'art. 140 c.p.c. non può essere surrogato dal deposito della stampa di una pagina del servizio «on line» dell'amministrazione postale, la quale attesti l'avvenuta consegna della raccomandata, poiché solo il timbro postale fa fede ai fini della regolarità della notificazione (Cass., 8 novembre 2012, n. 19387).

Nullità della notificazione

L'utilizzabilità del meccanismo di cui all'art. 143 c.p.c., ai soli fini della convalida, è, invece, comunemente esclusa (Trib. Roma, 30 giugno 1984, in RaEquoC, 1984, 279; Pret. Roma, 20 marzo 1997, Gius., 1997, 2566, s.m.; App. Milano, 4 giugno 2008; Trib. Nola, 24 gennaio 2013, in www.iussit.eu; Cass., 31 luglio 2006, n. 17453; Corte cost., ord., 17 gennaio 2000, n. 15, che ha dichiarato manifestamente infondata la questione di costituzionalità dell'art. 660, ult. comma, c.p.c., nella parte in cui non esclude la necessità dell'avviso di eseguita notifica nel caso in cui l'intimazione di sfratto sia stata notificata ai sensi dell'art. 143 c.p.c.; ANSELMI BLAAS, cit., 192; GARBAGNATI, I procedimenti di ingiunzione e per convalida di sfratto, Milano, 1979, 308; PREDEN, Sfratto (procedimento per convalida di), in Enc. Dir., 1990, XLII, 440; ANDRIOLI, Commento al cod. proc. civ., Napoli, 1964, IV, 127), perché, in tale ipotesi, è “in re ipsa”che l'intimato non abbia conoscenza dell'atto introduttivo.

Ne deriva che il giudice deve denegare la richiesta convalida e trasformare il rito, statuendo con sentenza sulla domanda di cessazione o risoluzione del rapporto locativo e condanna al rilascio già contenuta nella citazione (nel caso di convalida, si ritiene esperibile l'opposizione ex art. 668 c.p.c.). L'ordinanza di mutamento del rito, in tale ipotesi, va, a cura della cancelleria, comunicata all'intimato contumace, eventualmente anche ai sensi dell'art. 143 c.p.c., atteso che l'inammissibilità del ricorso a tale modalità notificatoria vale solo per la fase sommaria e non si applica al giudizio di merito che si instaura a seguito del mutamento di rito.

In ogni caso, qualora non sia ammessa la notifica dell'intimazione di sfratto con la procedura degli irreperibili, il rilascio dell'immobile può essere “aliunde” conseguito, senza vulnus di tutela per l'attore-intimante, dato che non è esclusa la possibilità di agire nelle forme contenziose ordinarie: invero, il ricorso ex art. 447-bis c.p.c. non soggiace alle cautele ed alle limitazioni previste in tema di procedimento speciale.

Notificazione a mezzo PEC

Com'è noto, il d.l. 29 dicembre 2009, n. 193, conv. con modif., in l. 22 febbraio 2010, n. 24, in vigore dal 31 dicembre 2009, ha introdotto l'art. 149-bis c.p.c. (modificato dal d.l. n. 179/2012, conv. in l. n. 221/2012), disciplinante la notificazione a mezzo posta elettronica, il quale prevede che, se non è fatto espresso divieto dalla legge, la notificazione può eseguirsi a mezzo posta elettronica certificata, anche previa estrazione di copia informatica del documento cartaceo. In tal caso, l'ufficiale giudiziario trasmette copia informatica dell'atto, sottoscritta con firma digitale, all'indirizzo di posta elettronica certificata del destinatario risultante da pubblici elenchi o comunque accessibili alle pubbliche amministrazioni.

La notifica si intende perfezionata nel momento in cui il gestore rende disponibile il documento informatico nella casella di posta elettronica certificata del destinatario.

La relata di notifica di cui all'art. 148 c.p.c., con l'indicazione dell'indirizzo di posta elettronica presso il quale l'atto è stato inviato, viene redatta dall'ufficiale giudiziario su documento informatico separato, sottoscritto con firma digitale e congiunto all'atto cui si riferisce mediante strumenti informatici, individuati con apposito decreto ministeriale.

Al documento informatico originale o alla copia informatica del documento cartaceo sono allegate le ricevute di invio e di consegna previste dalla normativa, anche regolamentare, concernente la trasmissione e la ricezione dei documenti informatici trasmessi in via telematica.

Eseguita la notificazione, l'ufficiale giudiziario restituisce all'istante o al richiedente, anche per via telematica, l'atto notificato, unitamente alla relazione di notificazione e ai relativi allegati.

Ebbene, nella giurisprudenza di merito si è posta la questione della generalizzata possibilità di notificare via PEC l'atto di intimazione di sfratto per morosità, qualora il destinatario sia munito di PEC risultante da pubblici elenchi (ad es. registro delle imprese o registro pubblico Ini-Pec).

In proposito, secondo un primo orientamento (Trib. Catanzaro, ord., 22 febbraio 2014; Trib. Modena, ord., 23 luglio 2014), la soluzione sarebbe negativa nell'ipotesi in cui l'intimato non dovesse comparire in udienza, non potendo la PEC essere paragonata alla notifica “in mani proprie” di cui all'ult. comma, dell'art. 660 c.p.c., che prescrive, in tal caso, la necessità di un avviso all'intimato del tentativo di notificazione, affidata all'ufficiale giudiziario mediante invio di raccomandata. Tale conclusione sarebbe suffragata dal rilievo per cui dal combinato disposto degli artt. 660 e 663 c.p.c. si ricava che la finalità di tali norme è quella di garantire, con il più alto grado di probabilità possibile, che il conduttore abbia effettiva conoscenza dell'intimazione che gli viene rivolta, soprattutto in considerazione degli effetti presuntivi che la legge prevede per la mancata comparizione di questi all'udienza di convalida (Cass., 15 giugno 2004, n. 11289; Cass., 11 aprile 1997, n. 3171).

In tal caso il giudice, in mancanza dell'avviso di cui all'ult. comma dell'art. 660 c.p.c., dovrebbe disporre la rinotifica dell'intimazione nelle forme tradizionali.

Tale orientamento, sul presupposto della diversità (più descrittiva che concettuale) tra la notifica a mani proprie e la notifica a mezzo PEC, non appare condivisibile, in quanto si sforza di realizzare, ad ogni costo, una compatibilità tra i sistemi “tradizionali” e quelli “telematici” di notifica, gravando di irregolarità questi ultimi qualora non esattamente corrispondenti alle ordinarie disposizioni del codice di rito, senza tener conto, però, che diversi appaiono i presupposti su cui si fonda l'art. 660 c.p.c., dichiaratamente ancorati all'esigenza di assicurare la materiale dazione dell'atto (congenitamente mancante nella notificazione a mezzo PEC).

La notifica a mezzo PEC, invero, prescinde dall'esistenza di un indirizzo fisico del destinatario e, quindi, dall'eventualità che il ricevente possa non essere ivi reperibile (a quell'account, infatti, egli non può mancare e la notifica si perfeziona, tecnicamente, con il deposito del messaggio alla propria casella).

Diversa, inoltre, risulta anche la componente soggettiva, che solo nella procedura tradizionale richiede l'intervento dell'ufficiale giudiziario, estraneo invece a quella telematicamente effettuata.

Pertanto, altra giurisprudenza di merito (Trib. Mantova, ord., 17 giugno 2014), fornendo una diversa interpretazione, ha invece ritenuto idonea, pur in mancanza della comparizione del conduttore-intimato, la notifica eseguita nei suoi confronti a mezzo PEC, e dunque convalidabile lo sfratto.

Tale secondo orientamento è stato di recente confermato da Trib. Frosinone, 22 marzo 2016, n. 368, secondo il quale, qualora l'intimato sia un soggetto obbligato a dotarsi di un indirizzo PEC, è ammissibile la notificazione della intimazione di sfratto per morosità a mezzo posta elettronica certificata eseguita dal difensore munito di procura alle liti, poiché si tratta di notificazione assimilabile a quella eseguita a mani proprie del destinatario, con effetti equipollenti quanto alla validità ed efficacia, con conseguente esclusione dell'applicabilità dell'ultimo comma dell'art. 660 c.p.c..

In particolare, il Tribunale di Frosinone, dopo avere ricostruito la funzione dell'art. 660 c.p.c. e le modalità di funzionamento della PEC, nonché precisato che sussiste l'obbligo, anche per le imprese individuali, di dotarsi di un indirizzo di posta elettronica certificata, depositato presso il registro delle imprese ed inserito in pubblici elenchi, ha addossato all'imprenditore l'onere di curare la consultazione della propria casella di posta con regolarità, trattandosi di uno strumento previsto dalla legge per l'invio e la ricezione di comunicazioni con effetti legali. Per il Tribunale tale consultazione è oggi resa più agevole dall'uso dei dispositivi mobili, accessibili ovunque e senza alcuna difficoltà, specialmente per coloro che esercitano un'attività imprenditoriale, i quali ne fanno largo uso per svolgere il lavoro quotidiano.

Partendo allora dal presupposto che il senso della disposizione contenuta nell'art.660 c.p.c. è quello di scongiurare l'omessa visione dell'atto da parte del destinatario o che l'atto medesimo venga recapitato ad un soggetto, il quale potrebbe ometterne o ritardarne la consegna, il Tribunale laziale conclude che la notificazione a mezzo PEC, proprio perché ad essa si accede mediante credenziali nella esclusiva disponibilità del titolare, deve equipararsi alla notificazione a mani proprie, con la conseguenza che l'avviso dell'art. 660 c.p.c. non è necessario.

La tesi risulta condivisibile ed è suffragata anche dai profili di concreta inapplicabilità del combinato disposto dell'art.149-bis c.p.c. e dell'art. 660, ult. comma, c.p.c., che creerebbe un procedimento di notifica “ibrido”, eseguito, per una parte, in forma digitale e, per altra parte, in forma cartacea. Lo stesso ufficiale giudiziario non potrebbe poi, seguendo il tenore letterale della norma, allegare la ricevuta della raccomandata all'originale, essendo quest'ultimo costituito da un documento informatico, ossia la relata di notifica, a norma del comma 4 dell'art. 149-bis c.p.c..

D'altra parte, come confermato proprio dalla recente giurisprudenza, la ricevuta di avvenuta consegna costituisce documento idoneo a dimostrare, fino a prova contraria, che il messaggio è pervenuto nella casella del destinatario, sia pur senza assurgere a quella “certezza pubblica” propria degli atti facenti fede fino a querela di falso (Cass., 21 luglio 2016, n. 15035, in Giust. civ., Mass., 2016).

In definitiva, quindi, allorquando il messaggio a mezzo PEC è pervenuto nella casella del destinatario, quand'anche non letto (cfr. art. 6, comma 5,d.P.R. n. 68/2005), lo stesso deve ritenersi conosciuto e, pertanto, l'atto non potrebbe essere dichiarato nullo. La Suprema Corte, infatti, proprio con riferimento ai vizi della notifica a mezzo PEC, ha chiarito che gli stessi non determinano mai nullità quando l'atto ha comunque raggiunto il suo scopo ed è pervenuto a conoscenza del destinatario, con la consegna nel “luogo virtuale” rappresentato dall'indirizzo PEC (Cass., Sez.Un., 18 aprile 2016, n. 7665).

Guida all'approfondimento

A. Carrato - A. Scarpa, Le locazioni nella pratica del contratto e del processo, Milano, 2015, 632 e ss.;

R. Frasca, Il procedimento per convalida di sfratto, Torino, 2001;

G. Grasselli - R. Masoni, Le locazioni, II, Padova, 2013;

P. Porreca, Il procedimento per convalida di sfratto, Torino, 2006, 137;

M. Sinisi – F. Troncone, Il processo delle locazioni, Napoli, 2010, 279-280;

C. Taraschi, Il procedimento per la convalida di sfratto, Piacenza, 2016, 119 e ss.

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