È possibile dare corso allo sfratto se all’interno dell’abitazione c’è un soggetto agli arresti domiciliari?

Giuseppe Lauropoli
06 Ottobre 2017

E' possibile dare corso all'esecuzione per rilascio di immobile se all'interno di tale abitazione si trova ristretto un soggetto sottoposto agli arresti domiciliari?

E' possibile dare corso all'esecuzione per rilascio di immobile ogni qual volta all'interno di tale abitazione si trovi ristretto un soggetto sottoposto a provvedimento del giudice penale che dispone gli arresti domiciliari?

Si tratta di questione nella prassi abbastanza ricorrente.

Può accadere, così, che lo stesso esecutato (ossia il soggetto nei cui confronti è stato reso il provvedimento che ha disposto il rilascio dell'immobile) risulti colpito da provvedimento cautelare dell'autorità penale (si pensi così al conduttore dell'immobile nei confronti del quale sia stato reso provvedimento di convalida dello sfratto, il quale sia ristretto agli arresti domiciliari all'interno di quel medesimo immobile oggetto di rilascio); così come può anche accadere che sia sottoposto al provvedimento cautelare penale un soggetto diverso dal destinatario della pronuncia di rilascio (si pensi al caso del conduttore che debba rilasciare l'immobile in forza di convalida di sfratto e che ospiti all'interno della abitazione altra persona sottoposta alla misura degli arresti domiciliari).

Ebbene, in questi casi è possibile domandarsi se l'esistenza di un tale vincolo imposto ai sensi dell'art. 284 c.p.p. sia tale da neutralizzare la prosecuzione dell'azione esecutiva di rilascio.

La risposta prevalente data dalla giurisprudenza di merito è nel senso di ritenere che la presenza all'interno dell'immobile oggetto di rilascio di un soggetto sottoposto agli arresti domiciliari non sia idonea a precludere la prosecuzione dell'esecuzione per rilascio (si veda, tra le pronunce di merito espressesi sul punto, sia pure in epoca piuttosto risalente, Pret. Monza 30 luglio 1987).

Non si ritiene infatti che l'esistenza di una tale misura cautelare imponga una caducazione delle prerogative del beneficiario di un provvedimento di rilascio che sia munito di un titolo esecutivo e che intenda portare in esecuzione lo stesso.

Del resto, non v'è dubbio che il giudice penale che ha disposto la misura cautelare possa provvedere, ai sensi dell'art. 299 c.p.p., alla revoca della stessa e alla eventuale irrogazione di altra misura laddove accerti che siano venuti meno i presupposti in base ai quali era stata disposta la misura degli arresti domiciliari (sul punto vedasi Cass. pen., n. 37565/2004).

A tal fine, ferma restando l'esigenza di garantire che la presenza all'interno dell'immobile oggetto di rilascio di persona sottoposta ad arresti domiciliari (o misure equivalenti) non comporti significative compressioni o ritardi nella procedura di rilascio, può ben avvenire che il giudice dell'esecuzione disponga, ad esempio in sede di assunzione dei provvedimenti relativi ad incidente di esecuzione (art. 610 c.p.c.) sollevato dall'ufficiale giudiziario o dalla parte interessata, misure idonee a consentire la comunicazione all'autorità giudiziaria penale dell'attività esecutiva di rilascio in essere, in vista dell'assunzione, da parte di tale giudice, dei provvedimenti finalizzati alla modifica o revoca della disposta misura cautelare; similmente, può ben avvenire che una tale comunicazione venga effettuata dallo stesso ufficiale giudiziario, una volta preso atto della presenza, all'interno dell'immobile oggetto di rilascio, di persona sottoposta agli arresti domiciliari.

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