Durata locazione (uso non abitativo)Fonte: L. 27 luglio 1978 n. 392
10 Ottobre 2017
Inquadramento
La l. 392 del 27 luglio 1978, cosiddetta dell'equo canone, ha dato compiuta regolamentazione alle locazioni ad uso diverso. Quelle originarie disposizioni hanno retto sino ad oggi e, nella sostanza, sono ancora attualmente vigenti. Si è trattato, nelle intenzioni del legislatore del 78, di dare un giusto equilibrio ad una fondamentale esigenza delle attività sia economiche sia anche di diverso contenuto. Tale aspetto, quindi, è quello che riguarda e permette, alle imprese e alle altre iniziative comprese nella normativa (art. 42), di garantirsi una sede od unità locale. Ciò senza la necessità del forte esborso conseguente all'acquisto dell'immobile. Pertanto la locazione assolve ad almeno due importanti esigenze:
Si è quindi stabilito (art. 27, 28) un primo periodo di sei o nove anni (per gli alberghi) ed un pari periodo di obbligatoria durata evitabile, da parte locatrice, solo qualora la stessa abbia particolari esigenze (art. 29). Si è ulteriormente rafforzata questa disciplina prevedendo:
A fronte di tali disposizioni - pur in un momento storico (1978) caratterizzato da una normativa fortemente invadente anche nel campo abitativo, si pensi all'equo canone per le case di abitazione - si era lasciata la libera ed originaria determinazione del canone all'accordo fra i contraenti. A parte tale libertà, il canone rimaneva vincolato ad una rigida immutabilità, salva la riduzione quale situazione a favore del conduttore, e salvo il solo aggiornamento alle variazioni del potere di acquisto della (allora) lira. Tali due baluardi, fissazione del canone e aggiornamento ISTAT, sono stati ampiamente superati dalla giurisprudenza e dall'economia. Le decisioni dei giudici, infatti, hanno, nel tempo, di molto diluito l'originaria immutabilità del canone che oggi, con le dovute cautele, è molto ridimensionata. L'economia e la sostanziale eliminazione della inflazione hanno, praticamente, eliminato ogni utilità del cosiddetto aggiornamento ISTAT rendendolo, addirittura, contrario. Si pensi, come avvenuto, alla situazione non più di inflazione ma di deflazione con il conseguente indice negativo della non più perdita di valore della (allora) moneta. Ma ancor più anacronisticamente e fortemente penalizzanti, sono divenute le prelazioni e, particolarmente, l'indennità di avviamento commerciale che, complice la forte crisi economica di questi anni, non ha, probabilmente, più ragione di essere. Così sommariamente disegnato l'argomento da trattare, entriamo nell'esame più approfondito delle disposizioni in materia di durata delle locazioni ad uso diverso. Ambito di applicazione
Come già per le abitazioni è necessario, prima di individuare le durate, stabilire i tipi di locazione che a tali vincoli sono assoggettate. La prima definizione di tali tipi, la troviamo nell'art. 27 e poi nell'art. 42 della l. n. 392/1978. Da ricordare, infatti, che la citata norma interviene nel dettare la regolamentazione di alcuni aspetti di questo particolare tipo di rapporti. Si interviene, come detto, nella durata, rinnovo, vincoli e tutela del luogo ove l'attività viene esercitata. Per la rimanente parte della disciplina - obblighi delle parti, stato degli immobili, riparazione ecc. - vale sempre e comunque la oramai storica disciplina dettata dal codice civile. Nello schema che segue diamo conto dei tipi di attività:
L'interpretazione, che nell'uso corrente s'è dato dei vari citati tipi di locazione, è piuttosto ampia. Ai fini che qui interessa, in particolare, non è il caso di maggiori approfondimenti limitandoci, per determinare la durata, al semplice significato desunto dal valore letterale della singola attività. Al contrario, l'argomento, andrebbe approfondito in relazione alla prelazione (art. 38), riscatto (art. 39) e prelazione per la nuova locazione (art. 40), argomenti, che ai fini della durata, si possono tralasciare. Abbiamo, quindi, individuato i tipi di locazione cosiddetti ad uso diverso a cui si riferisce la citata l. n. 392/1978. Durata
Possiamo, pertanto, considerare i tempi di durata previsti per le locazioni individuate al punto precedente:
Le durate come sopra indicate costituiscono il termine legale, perché imposto per legge, minimo perché non derogabile in riduzione. Pertanto se pattuite per durate inferiori le stesse sono di diritto riportato alla durata legale. Nel caso, quindi, non si potrà invocare la risoluzione contrattuale essendo, la clausola sull'accordo, sostituita di diritto giusta la previsione di cui all'art. 1419, comma 2, c.c. sulle norme imperative (Cass. civ., sez. III, 21 novembre 2014, n. 24843). Si tratta, come detto, di durata minima che ammette l'eventuale accordo per periodi di durata maggiore. Ciò, infatti, non si traduce, come previsto dall'art. 79, in accordo che viola le disposizioni della l.n. 392/1978 come lì previste quale garanzia minima a favore di parte conduttrice. Deroghe
Lo stesso art. 27 prevede, tuttavia, situazione in deroga alle durate legali come fissate. Si tratta di due distinte ipotesi:
Per poter considerare la locazione transitoria devono sussistere, innanzitutto, situazioni di ordine oggettivo. Vanno quindi escluse ipotesi che si riferiscano a condizioni da riferire alla volontà dei soggetti (sullo specifico, v. Trib. Chieti 23 gennaio 2006). Quella decisione ha escluso la transitorietà laddove la stessa era giustificata dal fatto che il conduttore aveva in corso di realizzazione un proprio opificio (soluzione, ci sia concesso, di per sé discutibile; sul punto, v. anche Cass. civ., sez. III, 23 gennaio 2009, n. 1699, laddove i lavori di ristrutturazione erano stati considerati congrui al fine di considerare la transitorietà). Evidente, infatti, che per soddisfare esigenze di tale tipo - squisitamente collegate a valutazione dei soggetti totalmente estranee al tipo di attività – sarà sufficiente inserire la clausola che permetta al conduttore medesimo il recesso in corso di causa. Collegato, lo stesso, alla semplice comunicazione per la quale le parti saranno libere di definire il relativo termine di preavviso. Va ricordato, sullo specifico, che la transitorietà qui considerata, è e rimane una di quelle previsioni ad esclusivo favore del conduttore, laddove al contrario il locatore rimane fermamente legato al principale ordine di durata esennale o novennale se obbligatorio. La conferma di quanto sopra (transitorietà a favore del solo conduttore) sta, a ben vedere, anche nella disciplina abitativa come prevista dalla l. n. 431/1998. In quella disposizione, infatti, è espressamente prevista all'art. 5, comma 1 la stipula di « … contratti di locazione di natura transitoria anche di durata inferiore ai limiti previsti dalla presente legge per soddisfare particolari esigenze delle parti». Noto che, nei tipi di contratto in esecuzione a tale disposizione, si è avuta particolare attenzione a fissare i termini che giustificano la deroga. Sul punto ci si riporta come detto al tipo di contrato da ultimo (ri)definito nell'art. 2 del d.m. Infrastrutture e Traporti 16 gennaio 2017 (in G.U. 15 marzo 2017, all. B). Quanto sopra, si ripete, a valere solo per le locazioni abitative il che conferma la sostanziale antipatia del legislatore per rapporti locativi che prevedono deroghe alla principale legale durata. Escluso, quindi, che le valutazioni di tipo soggettivo siano utili al fine di assoggettare la locazione ad uso diverso alla durata transitoria, vediamo quali siano, al contrario, le caratteristiche di tipo oggettivo che permettono quel risultato. Secondo l'oramai consolidato orientamento evidenziato dalla giurisprudenza (Cass. civ., sez. III, 8 luglio 2010, n. 16117), si afferma:
Sul punto, come detto, vi è orientamento, quantomeno nella indicazione dei presupposti, consolidato. Oltre a quello citato, infatti – che si riferiva a locale adibito a esposizione e vendita auto per la durata di anni due e con previsione di rinnovo evidentemente escluso dalla transitorietà per la mancata evidenza degli aspetti obiettivi - di più chiaro e corretto riferimento risulta, ad esempio, quello riferito alla durata transitoria giustificata dalla necessità del conduttore di « … adibire a deposito e vendita di stock occasionali di mobili ed arredamenti» (così Cass. civ., sez. III, 20 agosto 2009, n. 8489). Evidente che gli operatori, in particolare parte locatrice, dovranno porre particolare attenzione alla fattispecie, ricadendo, in caso contrario, nella diversa ipotesi dell'assoggettamento del rapporto alla ordinaria durata esennale o novennale se alberghiera, con obbligatorio rinnovo alla prima scadenza. Importante conseguenza, rispetto a tale tipo di locazione, sta il venir meno delle prerogative previste per le locazioni ordinarie. Ai sensi dell'art. 34 della l. n. 392/1978 in tema di indennità per la perdita dell'orientamento, infatti, la relativa posizione riguarda le attività di cui ai punti 1 e 2 dell'art. 27. La disposizione di cui al n. 34 non è stata adeguata alla novella (codice del turismo) introdotta con il d.lgs. 23 maggio 2011, n. 79. Tuttavia deve ancora oggi ritenersi che la specifica disposizione relativa all'indennità sia riferita alle sole attività collegate alla durata ordinaria. Ciò andrebbe anche desunto dalla ratio stessa della indennità che mira, ancorché con previsione legale, alla tutela dell'avviamento dell'impresa come legato alla sua ubicazione. Devesi anche considerare il venir meno dell'obbligatorio rinnovo. La transitorietà, infatti, introduce per la evidente natura del rapporto, il principio di scadenza e data fissa incompatibile di per sé, con un rinnovo. L'altra importante deroga al normale principio di durata legale è rappresentato dalle locazioni stagionali previste e citate nell'art. 27, comma 6,della l.n. 392/1978. Quella disciplina - ancorché rappresentare una importante parte delle disposizioni in tema di locazioni ad uso diverso, atteso il rilievo del settore turistico ove maggiormente trovano applicazione, nel nostro paese - non ha ancora consolidato una univoca interpretazione. Gli aspetti da considerare, sotto tale profilo, possono essere così elencati:
Sugli specifici quesiti l'orientamento giurisprudenziale si è espresso secondo le seguenti indicazioni in relazione alla previsione, di cui alla citata disposizione (art. 27, comma 6) che prevede «… Se la locazione ha carattere stagionale il locatore è obbligato a locare l'immobile, per la medesima stagione dell'anno successivo allo stesso conduttore che gliene abbia fatta richiesta con lettera raccomandata prima della scadenza del contratto. L'obbligo del locatore ha durata massima di sei anni consecutivi o di nove se si tratta di utilizzazione alberghiera …». Analizzando la disposizione si può considerare:
La prima questione, come indicato, riguarda la durata. In massima parte, nel punto, le decisioni sono state nel senso di considerare la locazione stagionale come «.. una serie di rapporti distinti ancorché collegati da un potenziale vincolo di reiterazione» (Cass. civ., sez. III, 16 luglio 2003 n. 11148; Cass. civ., sez. III, 21 febbraio 2006, n. 3684; Cass. civ., sez. III, 10 marzo 1988, n. 2380). Quindi scadenza e rinnovo, se richiesto dal conduttore, annuali con il massimo di anni sei « … con obbligo, quindi, del conduttore di rilasciare la res locata alla scadenza stagionale» ovviamente nel caso in cui venga richiesto il rinnovo. Nel caso contrario, infatti, il rapporto cesserà di diritto. Si può quindi ipotizzare – per lo specifico caso e stante la vigenza delle disposizioni codicistiche per la parte del rapporto non considerata dalla legge speciale – l'applicazione della disposizione prevista per le locazioni a tempo determinato di cui all'art. 1574 c.c. Lo stesso individua la fine del rapporto con la scadenza prevista. La stagionalità frazionata, tuttavia, è contestata da altro arresto della Suprema Corte (Cass. civ., sez. III, 29 novembre 1984, n. 6266) laddove si ritiene « … un tipo di contratto che si perfeziona al momento dell'originaria stipulazione e crea un rapporto unitario - di durata identica agli altri tipi di contratto concernenti immobili non abitativi previsti nello stesso art. 27 - cadenzato in una serie di fasi nelle quali si attua compiutamente lo scambio godimento del bene prezzo pur venendo ognuna di esse attuato attraverso un particolare meccanismo del bene stesso …». Un secondo motivo di riflessione, che deriva direttamente dall'argomento (unitarietà o frazionabilità del rapporto), è conseguente proprio alla interruzione. Secondo una primissima decisione, infatti, alle singole scadenze annuali e per il periodo di mancato utilizzo si dovrebbe prevedere che « … l'immobile torni nella disponibilità giuridica e materiale del locatore per il restante periodo dell'anno» (Pret. Portogruaro 23 maggio 1979). L'aspetto non è di poco conto se si pensa che ciò permetterebbe la locazione dell'immobile, per il periodo di libertà, ad altro conduttore. Si realizza, inoltre, altro delicato problema atteso che la restituzione nella piena e libera disponibilità determinerebbe l'obbligo di liberare i locali e (ri)arredarli nuovamente per la nuova stagione. Appare evidente il forte impegno che una tale soluzione determinerebbe. Si consideri che «… l'obbligo di rilasciare la res locata alla scadenza stagionale …» è stata confermata anche da decisione successiva (Cass. civ., sez. III, 21 febbraio 2006, n. 3684). Tuttavia, in ordine a questo aspetto (rilascio stagionale dell'immobile) le decisioni avute considerano che « … non si ha trasformazione della locazione da stagionale in ordinaria, in quanto la protratta detenzione, non contestata dal locatore tiene luogo della manifestazione espressa della volontà del conduttore di esercitare il divieto di rinnovo per l'eguale successivo periodo stagionale; infatti la locazione stagionale presenta la peculiarità di non costituire un rapporto unitario, bensì una serie di rapporti – distinti ancorché collegati da un potenziale vincolo di reiterazione – di durata determinata, perché necessariamente corrispondente a quella di una specifica stagione». Come tale obbligo di restituzione stagionale sia compatibile con la effettiva liberazione dei locali, non risulta allo stato argomento né disciplinato né affrontato. L'aspetto non pare essere di poco conto. Infatti, o i locali non vengono restituiti e, quindi, permane la detenzione e la (presumibile) occupazione degli stessi con l'intero compendio aziendale, oppure per rispettare il comando devono, come detto, essere resi liberi. D'altronde anche in mancanza dell'effettivo esercizio dell'attività di impresa svolta all'interno dei locali per la chiusura stagionale, vi è pur sempre da parte del conduttore l'utilizzo dell'immobile quantomeno sotto il profilo del deposito lì dell'indicato compendio. Altro argomento che ha dato origini a contrasti giurisprudenziali è quello inerente all'obbligo o meno di indennità di avviamento ex art. 34. Anche sul punto la giurisprudenza, ancorché non recentissima, si è divisa.
Restano, pertanto, in relazione alle locazioni stagionali, le incertezze interpretative di cui sopra che contrappongono due diverse letture della regolamentazione data:
Con particolare riguardo alle locazioni alberghiere va ricordato il disposto di cui all'art. 1, comma 9-septies, del d.l. 7 febbraio 1985, n. 12. Lo stesso con una presunzione assoluta che, pertanto, non ammette deroga recita:
Ne consegue, a contrario, che qualora l'immobile alberghiero locato in uno con l'intero compendio sia già oggetto di attività d'albergo perché precedentemente iniziata, quella locazione sarà soggetta non alle norme sulla locazione e pertanto, ai fini che qui interessano, alla durata novennale, ma a quella che la parti converranno nel contratto di affitto di azienda alberghiera che avrà natura, come detto, di contratto d'affitto d'azienda e non di locazione. Parimenti vale la pena di ricordare sempre in relazione alla durata del rapporto che qui interessa, la sostanziale differenza tra il contratto di locazione con il contratto di affitto di azienda. E' frequente, infatti, nella prassi la confusione a volte maliziosamente introdotta nel tentativo di evitare il vincolismo locatizio, nei rapporti che le parti pongono in essere. Deve, quindi, ritenersi affitto il rapporto che ha per oggetto l'azienda come definita dall'art. 2555 c.c. «… complesso di beni organizzati dall'imprenditore per l'esercizio di impresa», in cui l'immobile è elemento dell'azienda senza essere considerato nella sua individualità ed autonomia. Qualora, al contrario, sia ritenuta l'indicata individualità o autonomia, il rapporto sarà di locazione. In tal senso ed anche con la specifica di locazione con pertinenze rispetto all'affitto è stato deciso:
Locazioni in deroga
A completamento della presente trattazione inerente alla durata della locazione, devesi anche ricordare la novella inserita quale comma 3 dell'art. 79 della l. n. 392/1978, per le locazioni che prevedono un canone annuo superiore ad € 250.000,00. Per tali rapporti infatti è presente, non la liberalizzazione assoluta, ma la possibilità di deroga alle disposizioni di cui alla legge speciale. Tale disposto normativo, come detto, non va letto nel senso di esclusione delle locazioni caratterizzate da quell'importante canone annuale, rispetto ai vincoli della l. n. 392/1978. Va al contrario considerato che tutte le disposizioni lì contenute rimangono quali norme di riferimento del rapporto. Pertanto solo la espressa deroga, della quale viene chiesta la prova documentale dell'accordo, comporterà la diversa applicabilità della durata, del rinnovo, dell'indennità della prelazione ecc. Tuttavia è opportuno fare altra considerazione per il valore letterale della disposizione. Infatti l'espressione «… è facoltà delle parti concordare contrattualmente termini e condizioni in deroga alle disposizioni della presente legge …» pare vada letto nel senso della reciprocità di concessioni e non di semplice esclusione o eliminazione della disposizione che si intende regolare diversamente. La novella è stata inserita dall'art. 18, comma 1, del d.l. 12 settembre 2014, n. 133 a valere solo per nuove locazioni che avessero l'indicata specifica caratteristica. Circa quest'ultima e al fine di considerare i vari aspetti applicativi, sorge subito la necessità di chiarire come debba essere considerato il canone ad esempio se il contratto preveda una graduazione del medesimo. Se, quindi, vi sia una parte del rapporto ad un valore inferiore a quello di riferimento e per altra parte, per valore superiore. Anche ciò forma oggetto di incertezza applicativa che lasciamo agli interpreti.
Finora abbiamo trattato della durata contrattuale a partire dalla stipula del rapporto. Tuttavia sempre nell'ottica di quella difesa a tutela dell'impresa, la legge speciale prevede la rinnovazione a pari condizioni, dei contratti ad uso diverso, alla prima scadenza. Tale rinnovo vale per le tipiche locazioni di cui all'art. 27 ma viene anche estesa alle locazioni di cui all'art. 42, delle quali ci siamo occupati in precedenza secondo orientamento oramai consolidato (da ultimo, v. Cass. civ., sez. III, 20 marzo 2017, n. 7040). Pertanto alla prima scadenza dei sei o nove o la maggiore che le parti avessero considerato il locatore deve subire il rinnovo del rapporto. Inutile dire che, trattandosi di riproposizione di quello precedente come si desume dall'uso del termine di rinnovo, le condizioni per durata, canone ed altro saranno identiche alle precedenti. Diniego di rinnovo alla prima scadenza
Nel contemperamento, tuttavia, delle reciproche esigenze, il legislatore ha previsto le ipotesi in cui il locatore, con comunicazione da inviare almeno 12 mesi prima della scadenza contrattuale, possa negare il rinnovo. Ciò potrà avvenire qualora il locatore possa far valere le motivazioni (esclusa la intenzione di vendere, valendo solo per le abitazioni) elencate all'art. 29 della l. n. 392/1978 alla cui lettura ci riportiamo. Qualora, quindi, vi sia la motivazione, la stessa sia stata comunicata al conduttore esplicitando puntualmente il motivo, la locazione sarà rinnovata per l'indicato periodo. La giurisprudenza ha oramai delimitato i termini del diritto di cui trattiamo. Lo stesso va contenuto all'interno dei seguenti vincoli:
Durata e aggiornamento ISTAT
Sempre in tema di durata si ricorda il collegamento (introdotto dal d.l. 30 dicembre 2008, n. 207, art. 41, comma 16-duodecies, lett. a) che nel caso le parti concordino una maggiore durata del rapporto rispetto a quella legale, è ammissibile la deroga alla disposizione in tema di aggiornamento ISTAT che per le locazioni ad uso diverso è rigorosamente previsto, nella fattispecie tipica, del 75% dell'ISTAT. Conclusioni
Abbiamo quindi visto la varietà di durata delle c.d. locazioni ad uso diverso. Le stesse comprendono quelle a destinazione industriale, commerciale, artigianale, di interesse turistico nelle varie forme, professionali nonché le ulteriori di cui all'art. 42. Le durate sono previste nel minimo di anni sei e nove per gli alberghi. Libere le parti di dare una durata maggiore. Alla prima scadenza è prevista la obbligatoria rinnovazione salvi gli utilizzi espressamente previsti, a favore del locatore. Sono previste, in deroga, alle durate, locazioni transitorie e stagionali. Cuffaro - Padovini, Codice commentato degli immobili urbani, Torino, 2017, 1055; Gabrielli - Padovini, La locazione di immobili urbani, II, Padova, 2005, 475; Lazzaro - Preden, Le locazioni ad uso non abitativo, VI, Milano, 2010, 197; Kowalsky, Necessità o intenzione, in Arch. loc. e cond., 1988, 261, |