Vittima di sinistro mortale, escluso il risarcimento del danno tanatologico agli eredi
12 Ottobre 2017
IL CASO Gli eredi di un uomo deceduto in un sinistro stradale impugnano in Cassazione la sentenza della Corte d'appello di Bari che aveva riformato la decisione di prime cure, considerando il breve lasso di tempo intercorso tra le lesioni subite dal de cuius ed il suo decesso, avvenuto subito dopo il trasferimento in ospedale, non bastevole a consentire l'accertamento del diritto al risarcimento del danno biologico (precedentemente liquidato dal Tribunale in € 373.416,00 in favore del coniuge e del figlio). Errato, secondo la Corte territoriale, il criterio di liquidazione del danno biologico al de cuius perché calcolato in relazione all'aspettativa di vita e non alla durata effettiva della stessa. In Cassazione dunque, sulla base di tre motivi di ricorso, gli eredi lamentano il mancato riconoscimento del danno non patrimoniale al de cuius.
RISARCIBILITÀ AGLI EREDI DEL DANNO PATITO DALLA VITTIMA La Cassazione chiarisce che nelle more del giudizio le Sezioni Unite si sono definitivamente pronunciate sulla questione della risarcibilità agli eredi del danno (biologico, morale-catastrofale, tanatologico) patito dalla vittima deceduta in conseguenza di condotta illecita (Cass. civ., Sez. Un., 22 luglio 2015 n. 15350). Nello specifico era stato stabilito che:
IRRISARCIBILITÀ DEL DANNO TANATOLOGICO Pertanto, secondo la Corte, per il danno tanatologico deve escludersi la risarcibilità iure hereditatis, essendo assente il soggetto a cui è riconducibile la perdita del bene o nel cui patrimonio possa essere acquisito il credito risarcitorio. Nel caso di specie, il tempo intercorso tra il sinistro stradale ed il decesso avvenuto dopo il trasporto in ospedale è di sole quattro ore, e ciò non può costituire l'apprezzabile lasso temporale indispensabile per la produzione del danno conseguenza. Inoltre, non era stato ritenuto provato lo stato di cosciente sofferenza psichica, altro elemento indispensabile per integrare il danno. I ricorrenti, con memoria ex art. 378 c.p.c., alla luce del principio giurisprudenziale ricordato dalla Corte, rinunciano al motivo in esame. La Corte dichiara infondate le altre censure sollevate e rigetta il ricorso.
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