La connessione in banda larga e il passaggio di cavi in fibra ottica
12 Ottobre 2017
Il quadro normativo
Nella G.U. n. 140 del 19 giugno 2009, s.o. n. 95, è stata pubblicata la l. 18 giugno 2009, n. 69 - avente ad oggetto «Disposizioni per lo sviluppo economico, la semplificazione, la competitività nonché in materia di processo civile» - la quale, all'art. 1, dedicato alla «banda larga», contiene una rilevante disposizione normativa riguardante i lavori che interessano le parti comuni dell'edificio in condominio. Invero, il comma 7 del citato art. 1 prevede che «le disposizioni dell'articolo 2-bis, comma 13, del decreto-legge 23 gennaio 2001, n. 5, convertito, con modificazioni, dalla legge 20 marzo 2001, n. 66, si applicano anche alle innovazioni condominiali relative ai lavori di ammodernamento necessari al passaggio dei cavi in fibra ottica». A sua volta, il d.l. 23 gennaio 2001, n. 5, convertito, con modificazioni, dalla l. 20 marzo 2001, n. 66 - rispettivamente, in G.U. nn. 19 del 24 gennaio 2001 e 70 del 24 marzo 2001, avente ad oggetto «Disposizioni urgenti per il differimento di termini in materia di trasmissioni radiotelevisive analogiche e digitali, nonché per il risanamento di impianti radiotelevisivi» - all'art. 2-bis, comma 13, disponeva: «Al fine di favorire lo sviluppo e la diffusione delle nuove tecnologie di radiodiffusione da satellite, le opere di installazione di nuovi impianti sono innovazioni necessarie ai sensi dell'articolo 1120, primo comma, del codice civile. Per l'approvazione delle relative deliberazioni si applica l'articolo 1136, terzo comma, dello stesso codice. Le disposizioni di cui ai precedenti periodi non costituiscono titolo per il riconoscimento di benefici fiscali». Peraltro, la realizzazione della banda larga e le relative opere infrastrutturali di cablaggio erano già state oggetto, di recente, dell'intervento del nostro Legislatore nell'àmbito della c.d. manovra dell'estate del 2008 e, precisamente, con il d.l. 25 giugno 2008, n. 112, recante «Disposizioni urgenti per lo sviluppo economico, la semplificazione, la competitività, la stabilizzazione della finanza pubblica e la perequazione tributaria» (in G.U. n. 147 del 25 giugno 2008, s.o. n. 152), convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133 (in G.U. n. 195 del 21 agosto 2008, s.o. n. 196). In particolare, l'art. 2, comma 15, stabiliva che «gli articoli 90 e 91 del decreto legislativo 1° agosto 2003, n. 259 si applicano anche alle opere occorrenti per la realizzazione degli impianti di comunicazione elettronica in fibra ottica su immobili di proprietà privata, senza la necessità di alcuna preventiva richiesta di utenza». Il richiamato d.lgs. 1° agosto 2003, n. 259, avente ad oggetto il «Codice delle comunicazioni elettroniche» - in G.U. n. 214 del 15 settembre 2003, s.o. n. 150 - all'art. 90, comma 1, statuiva che «gli impianti di reti di comunicazione elettronica ad uso pubblico, ovvero esercitati dallo Stato, e le opere accessorie occorrenti per la funzionalità di detti impianti hanno carattere di pubblica utilità, ai sensi degli articoli 12 e seguenti del decreto del Presidente della Repubblica 8 giugno 2001, n. 327», mentre l'art. 91, contenente vere e proprie limitazioni legali della proprietà, era del seguente tenore:
Dunque, a prescindere dalla previsione contenuta art. 2-bis, comma 13, del d.l. 23 gennaio 2001, n. 5 - «le disposizioni di cui ai precedenti periodi non costituiscono titolo per il riconoscimento di benefici fiscali» - il cui significato era allora apparso di contenuto alquanto oscuro, in quanto non era agevole capire a cosa di riferisse, stante che le altre disposizioni della stessa legge non contemplavano «benefici fiscali» e l'impianto de quo non godeva di per sé di alcuna agevolazione tributaria, il fatto che il Legislatore abbia richiamato la disposizione del 2001, all'evidente scopo di facilitare l'adeguamento delle reti di comunicazione elettronica (oltre che pubbliche, anche) private all'evoluzione tecnologica ed alla fornitura dei servizi avanzati di informazione e di comunicazione del Paese, ripropone le stesse problematiche su cui si erano venuti a confrontare gli interpreti in ordine alle innovazioni finalizzate ad allargare il più possibile il bacino d'utenza delle trasmissioni satellitari. In buona sostanza, a seguito della legge del 2008, non ci si poteva opporre alla posa in opera delle fibre ottiche in condominio, anche se nessuno dei proprietari l'aveva richiesta, mentre già dal 2003 qualora uno dei proprietari voleva connettersi alla stessa fibra ottica, il condominio non poteva impedirlo poiché la relativa licenza individuale costituiva non solo dichiarazione di pubblica utilità, ma anche di indifferibilità e urgenza dell'opera medesima; inoltre, in estrema sintesi, in forza dei suddetti interventi legislativi, i cavi e fili potevano «correre» nelle proprietà private o in quelle condominiali solo se veniva dimostrata la necessità del passaggio, mentre dovevano essere perseguite, se esistenti, soluzioni alternative, anche se più costose; in caso di danni, i lavori potevano comunque proseguire, salvo mettersi d'accordo in seguito per un eventuale risarcimento; si prevedevano, altresì, alcuni limiti alla realizzazione delle reti, come, ad esempio, nel caso in cui l'immobile fosse sottoposto a vincoli particolari, oppure risultassero ostacoli di sicurezza, incolumità pubblica o salute (la giurisprudenza di merito si è occupata di poche fattispecie, affrontate sul versante dei diritti reali, v. Trib. Firenze-Pontassieve 30 settembre 2003, e su quello locatizio, v. App. Bologna 16 febbraio 2006). I diversi tipi di segnali
Preliminarmente, appare opportuno delineare compiutamente i vari tipi di segnali, così come regolamentati nella legislazione speciale che si è stratificata in subiecta materia. L'art. 1 della l. n. 554/1940 recava la disciplina dell'uso degli aerei esterni per le «audizioni radiofoniche», ma concordemente si era ritenuto applicabile, per analogia, anche alle antenne destinate alla ricezione televisiva, e per quelle idonee al funzionamento di apparecchi radioriceventi e trasmittenti di amatori (per questi ultimi, v., segnatamente, nella giurisprudenza di legittimità, Cass. civ., sez. II, 16 dicembre 1983, n. 7418 e, in quella di merito, Trib. Casale di Monferrato 5 dicembre 1994). D'altronde, il provvedimento legislativo del 1940 era stato emesso quando il servizio televisivo non era ancora nato, ma ha rivelato successivamente la sua utilità soprattutto per la «ricezione» di trasmissioni televisive: invero, mentre i progressi della tecnica e le caratteristiche di propagazione delle onde radio hanno sùbito consentito di realizzare apparecchi radiofonici con antenna «incorporata», i televisori necessitavano pur sempre di un'antenna «esterna» (oltre che correttamente «orientata»); la televisione non costituisce altro che una nuova applicazione delle trasmissioni a distanza mediante onde elettromagnetiche di determinati sensori, che, in un primo tempo, limitate ai suoni (radio), sono state successivamente applicate alle percezioni visive (video), restando però all'interno dello stesso fenomeno fisico. Il successivo d.p.r. n. 156/1973, all'art. 232, si è occupato espressamente degli «impianti di telecomunicazione» per soddisfare le richieste di utenza degli inquilini o dei condomini, con una normativa sostanzialmente identica, e cioè prescindendo dal consenso della proprietà eventualmente asservita, ad eccezione dell'esclusione di qualsiasi indennità (l'applicazione di tale normativa è estesa ai «servizi di radiodiffusione» dal successivo art. 397); ma anche in questo nuovo contesto si è sostenuto che il disposto contenuto nell'art. 232 del Testo Unico, non avendo natura eccezionale, ma soltanto di norma particolare, può estendersi per analogia all'installazione di antenne per «trasmissioni» audio e video, versandosi nelle due ipotesi - salva la relativa autorizzazione all'esercizio della trasmittente - in materie simili, ed imponendosi ubi eadem ratio ibi eadem decisio. Quindi, pur nella diversità oggettiva tra gli impianti destinati alla «ricezione» di trasmissioni radiofoniche o televisive, e quelli destinati alla «irradiazione» delle medesime - essendo questi ultimi maggiori per dimensioni, ingombro e complessità, anche se spesso, ad eccezione dell'antenna, l'apparecchio è collocato all'interno della proprietà esclusiva di chi trasmette - si è divisato l'assoggettamento alla stessa disciplina normativa, in linea peraltro al principio costituzionale della pluralità delle fonti di informazione, intese anche nel senso «attivo», ossia come possibilità accordata ai singoli di rendersi autori di informazione (tra le prime pronunce di merito, si segnalano le seguenti statuizioni del giudice capitolino: Trib. Roma 16 dicembre 1980; Trib. Roma 27 ottobre 1980; Trib. Roma 13 ottobre 1980; Pret. Roma 20 giugno 1979). Per quanto concerne le antenne, i termini «paraboliche» e «satellitari» vengono usati normalmente come sinonimi, anche se il primo attiene più alla «forma» dell'impianto, appunto a parabola, con un cono più o meno grande ed al centro un determinato dispositivo atto a captare onde elettromagnetiche - diverso da quello televisivo c.d. lineare, che si presenta con un lungo palo o asta verticale - mentre il secondo riguarda il tipo di «segnale» che - contrariamente a quello classico irradiato dai ripetitori posizionati nel suolo terrestre - proviene dal satellite sito nello spazio (segnale che può essere «in chiaro» e, quindi, visibile da tutti, di solito gratuitamente, oppure «criptato», cioè visibile solo a mezzo di decoder, a seguito di abbonamento, come nella pay tv o pay per view). Infine, si registra il passaggio dei cavi in fibra ottica, che risultano maggiormente veloci e «capienti», poiché contenenti la trasmissione di più dati (garantendo contemporaneamente l'espletamento di servizi di telefono, fax, computer, internet, tv, ecc.), a fronte dei tradizionali cavi elettrici; la relativa installazione viene, dunque, disciplinata dal moderno Legislatore soprattutto sotto il profilo delleinnovazioni deliberate dalla maggioranza assembleare, intervenendo in due direzioni, da un lato, qualificando le opere in un determinato modo e, dall'altro, agevolandone la realizzazione pratica. In primo luogo, relativamente alla qualificazione dell'opera, si parla di «innovazioni necessarie» ai sensi dell'art. 1120, comma 1, c.c. A ben vedere, la figura dell'innovazione necessaria non trova alcun riscontro normativo, tanto che non era stata usata neppure quando si è trattato degli adeguamenti strutturali degli edifici alle normative di sicurezza (v., soprattutto, la l. 5 marzo 1990, n. 46, il d.p.r. 6 giugno 2001, specie sub artt. 107-121, il d.m. Ministero dello Sviluppo Economico 22 gennaio 2008, n. 37). Peraltro, la stessa espressione non si rinviene nel citato art. 1120, il cui comma 1 contempla quelle opportune o utili, permesse o lecite, poiché «dirette al miglioramento o all'uso più comodo o al maggior rendimento delle cose comuni»; con tutta probabilità, si è inteso genericamente escludere che le opere di ammodernamento dell'edificio, necessarie al passaggio dei cavi in fibra ottica, possano ritenersi voluttuarie, rientrando nel novero delle decisioni ordinarie di competenza dell'organo gestorio del condominio, oppure, con contenuto più precettivo, coinvolgere tutti i condomini nella titolarità dell'impianto di comunicazione elettronica e, quindi, nei relativi oneri di installazione e successiva manutenzione. Per la ripartizione tra i condomini delle spese occorrenti per la realizzazione delle opere in questione, si pone infatti il problema dell'applicabilità dell'art. 1121, commi 1 e 2, c.c., il quale, per le innovazioni «gravose» o «voluttuarie», prevede che la relativa spesa sia a carico unicamente dei soggetti che intendono utilizzare l'opera che sia suscettibile di utilizzazione separata e, in difetto, soltanto di quelli che l'hanno deliberata. Si può opinare che il legislatore, adoperando il termine «necessarie», sembra avere escluso che si tratti di innovazioni voluttuarie, tuttavia, consistendo i lavori di ammodernamento necessari al passaggio dei cavi in fibra ottica pur sempre in un'opera suscettibile di utilizzazione separata - ogni condomino è, infatti, libero di collegarsi o meno, via cavo, alla rete telematica - la relativa spesa, sempre che «molto gravosa», dovrebbe fare carico solo ai partecipanti che usufruiscono dell'impianto, salva la possibilità per gli altri di partecipare in un secondo tempo ai vantaggi della predetta innovazione, contribuendo alle spese di esecuzione e di manutenzione dell'opera in oggetto; in pratica, se, da un lato, una minoranza di condomini può adottare la delibera che approva la realizzazione dei lavori de quibus, dall'altro lato, la stessa minoranza non può far gravare la relativa spesa, ove questa sia rilevante, su tutti gli altri partecipanti che se ne disinteressano, ciò senza precludere però un loro futuro contributo economico in caso di ripensamenti. Se, invece, si vuol dare un significato più rigoroso al temine «necessarie» riferito alle innovazioni, nel senso che il Legislatore ha voluto inquadrare la realizzazione della banda larga all'interno della dotazione, per così dire, ordinaria di tutti gli edifici (e non solo quelli di nuova costruzione), allora si dovrà ritenere che la maggioranza di cui art. 2-bis del d.l. 23 gennaio 2001, n. 5 - richiamato dall'art. 1, comma 7, della l. n. 69/2009 - può vincolare tutti i condomini (dissenzienti e assenti), come qualsiasi innovazione di cui all'art. 1120, comma 1, c.c., anche sotto il profilo della contribuzione alla spesa (significativo in tal senso che non viene richiamato il disposto di cui all'art. 1121, comma 3, c.c., come, invece, avviene nei citati art. 2 della l. n. 13/1989 per le opere a vantaggio dei portatori di handicap ed art. 9 della l. n. 122/1989 per la creazione di nuovi posti auto nel sottosuolo o al piano terreno degli edifici condominiali). In altri termini, si può dare alla norma in oggetto un'interpretazione più restrittiva - in linea con il tenore letterale - nel senso che la nuova disposizione ha solo escluso la voluttuarietà dell'opera, salva la facoltà da parte dei condomini non interessati di rinunciare e di non concorrere dalla spesa se particolarmente gravosa, oppure suggerire un'interpretazione più estensiva - in sintonia con la ratio - nel senso di vincolare anche la minoranza dissenziente eliminando la possibilità per quest'ultima di essere esonerata dal partecipare alla relativa opera, sia in termini di utilizzazione che contributivi. Non sembra, invece, che il disposto in esame possa essere interpretato nel senso di un'abrogazione implicita del comma 4 dello stesso art. 1120 (nuovo testo), che prevede il divieto di innovazioni che recano «pregiudizio alla stabilità o alla sicurezza del fabbricato», ne alterano «il decoro architettonico», o rendono «talune parti comuni dell'edificio inservibili all'uso o al godimento anche di un solo condomino» (l'art. 9 l. n. 122/1989 in tema di realizzazione di parcheggi fa, invece, espressamente salvo il disposto dell'allora comma 2). In secondo luogo, riguardo alle maggioranze richieste, l'art. 2-bis, comma 13, della d.l. 23 gennaio 2001, n. 5 richiamato dall'art. 1, comma 7, della l. n. 69/2009, in ordine alle «innovazioni condominiali relative ai lavori di ammodernamento necessari al passaggio dei cavi in fibra ottica», dopo aver ricondotto le opere di cui sopra nell'alveo dell'art. 1120, comma 1, c.c. - per il quale il successivo 1136, comma 5, prevede espressamente l'approvazione «con un numero di voti che rappresenti la maggioranza dei partecipanti al condominio e i due terzi del valore dell'edificio» - prescrive, invece, che è sufficiente il quorum più ridotto di cui al comma 3 dello stesso art. 1136, ossia «un numero di voti che rappresenti il terzo dei partecipanti al condominio e almeno un terzo del valore dell'edificio». La previsione della predetta maggioranza agevolata si pone in linea con altri interventi del legislatore speciale, specie a cavallo degli anni '90, ma anche di recente, sempre nell'ottica di una valenza «pubblica» del condominio. Interventi, questi, o diretti a facilitare l'approvazione di opere, ritenute meritevoli, sulle parti comuni del fabbricato condominiale: si pensi all'art. 2 della l. n. 13/1989 circa l'eliminazione delle barriere architettoniche, nonché all'art. 9 della l. n. 122/1989 sulla realizzazione di parcheggi; oppure diretti a conformare la proprietà condominiale a specifici interessi generali: quali, ad esempio, il contenimento del consumo energetico di cui all'art. 26, comma 2, della l. n. 10/1991 sulla trasformazione dell'impianto di riscaldamento centralizzato in impianti unifamiliari a gas, modificato, da ultimo, dall'art. 7, comma 1-bis, del d.lgs. n. 311/2006, secondo cui le iniziative de quibus devono essere individuate «attraverso un attestato di certificazione energetica o una diagnosi energetica realizzata da un tecnico abilitato», ritoccando il quorum deliberativo con l'aggiunta dell'aggettivo «semplice» alla «maggioranza delle quote millesimali» necessaria per la relativa approvazione in sede assembleare. In conclusione
Tornando al disposto dell'art. 2-bis in esame, non è chiara, però, la portata del richiamo del predetto comma 3 dell'art. 1136: infatti, se lo stesso richiamo è limitato soltanto alla seconda parte del capoverso, che fissa i quorum minimi per l'adozione delle delibere, dovrebbe evincersi che la maggioranza ivi contemplata (1/3 dei partecipanti e 1/3 dei millesimi) varrebbe anche in ipotesi in cui la statuizione venga adottata in sede di prima convocazione; milita, in tal senso, il riferimento alla sola «approvazione delle relative deliberazioni», nonché il raffronto con le disposizioni di legge sopra indicate dove espressamente si richiama anche il comma 2 dell'art. 1136 c.c. e si accenna all'assemblea in prima convocazione. Ciò, tuttavia, porterebbe ad una disciplina radicalmente nuova in materia di maggioranze assembleari, abolendosi la distinzione tra prima e seconda convocazione, con i rispettivi quorum partecipativo e deliberativo, e consentendo addirittura di approvare in prima convocazione le opere de quibus con una maggioranza inferiore a quella necessaria per l'adozione di qualunque altra delibera anche di contenuto meramente ordinario; in quest'ordine di concetti, è, quindi, preferibile optare per il rinvio «integrale”, ossia ritenere che si è inteso più semplicemente assimilare la delibera sull'innovazione, relativa alla dotazione dell'edificio della connessione in banda larga, ad un ordinario atto di gestione, soltanto per quanto concerne la maggioranza richiesta in seconda convocazione, stante la «mancanza del numero» riscontrata nella prima convocazione. In un'ottica di chiarimento, può leggersi il recente intervento operato dalla l. n. 220/2012, che dispone tale attività conformatrice con l'art. 29, secondo il quale, all'art. 2-bis, comma 13, del d.l. 23 gennaio 2001 n. 5, convertito, con modificazioni, dalla l. 20 marzo 2001, n. 66 - richiamato dall'art. 7, comma, 1, della l. n. 69/2009 per i sopra delineati interventi di cablaggio all'interno dell'edificio condominiale - le parole: «l'articolo 1136, terzo comma, dello stesso codice», sono sostituite dalle seguenti: «l'articolo 1120, secondo comma, dello stesso codice» (in buona sostanza, aumentando il quorum da un terzo alla metà del valore dell'edificio). Celeste, Condominio: facilitati i lavori di ammodernamento per la connessione in banda larga, in Immob. & diritto, 2010, fasc. 2, 8; Barbieri, Cablaggio e telecomunicazioni, rapporto fra diritto e tecnologia, in questa Immob. & diritto, 2005, n. 10, 7; Pezzullo, L'antenna centralizzata e “l'innovazione necessaria”, in Immob. & proprietà, 2005, 314; Nasini, Cablaggio degli edifici e tutela dei diritti e delle libertà fondamentali, in Arch. loc. e cond., 2003, 163; Rosselli, Cablaggio degli edifici, diritti ed obblighi di proprietari e condomini, in Arch. loc. e cond., 2002, 687; Nasini, Antenne satellitari: la nuova installazione di antenna parabolica centralizzata è “innovazione necessaria”, in Arch. loc. e cond., 2001, 513; Scalettaris, Prime riflessioni sulle nuove disposizioni in tema di maggioranza assembleare per l'installazione nel condominio di impianti di radiodiffusione satellitare, in Arch. loc. e cond., 2001, 351; Scripelliti, Libertà di antenna e disciplina condominiale nella l. n. 66/2001: un intervento poco meditato, ibid., 356. |