Sentenza non registrata e notifica ex art. 325 c.p.c.

Giuseppe Vitrani
13 Ottobre 2017

Con l'avvio del PCT il difensore ha acquisito la piena disponibilità del provvedimento decisorio sin dal momento del suo deposito e quindi non vi è più alcuna necessità di formulare istanza alla Cancelleria per l'estrazione di una copia dello stesso. Il problema che si pone, però, è quello di verificare se tale attività dell'avvocato sia assoggettata agli stessi limiti previsti, ad esempio, per il Cancelliere.
Il quadro normativo

Il quadro normativo che regola la materia è variegato.

Innanzitutto vanno presi in considerazione gli artt. 325 e 326 c.p.c. i quali prevedono che «il termine per proporre l'appello, la revocazione e l'opposizione di terzo di cui all'art. 404, comma 2, è di trenta giorni. È anche di trenta giorni il termine per proporre la revocazione e l'opposizione di terzo sopra menzionata contro la sentenza delle Corti di appello. Il termine per proporre il ricorso per cassazione è di giorni sessanta» (art. 325 c.p.c.) e che «i termini stabiliti nell'articolo precedente sono perentori e decorrono dalla notificazione della sentenza» (art. 326 c.p.c.).

La disciplina codicistica e processuale va ovviamente integrata con la normativa fiscale. L'art. 66 d.P.R. n. 131/1986 prevede infatti che «i soggetti indicati nell'art. 10, lettere b) e c) (notai e cancellieri per quanto qui d'interesse, n.d.r.), possono rilasciare originali, copie ed estratti degli atti soggetti a registrazione in termine fisso da loro formati o autenticati solo dopo che gli stessi sono stati registrati, indicando gli estremi della registrazione, compreso l'ammontare dell'imposta, con apposita attestazione da loro sottoscritta».

Tale previsione è mitigata dalla previsione di cui al comma successivo, che prevede la non applicabilità della norma nel casi in cui originali, copie ed estratti di sentenze ed altri provvedimenti giurisdizionali siano rilasciati per la prosecuzione del giudizio; oppure nei casi in cui si tratti di atti richiesti d'ufficio, di copie destinate alla trascrizione o iscrizione nei registri immobiliari oppure di copie occorrenti per l'approvazione od omologazione; tra le esenzioni previste dalla legge fiscale non compare il rilascio di copia destinata alla notificazione effettuata ai fini dei summenzionati artt. 325 e 326 c.p.c..

Le specificità legate al PCT

Come detto, l'introduzione del processo telematico ha mutato radicalmente il quadro normativo, sia per quanto concerne la disponibilità e visibilità dei documenti che per quanto concerne i soggetti legittimati ad estrarre copie o duplicati degli stessi.

Il fascicolo informatico di un qualsiasi procedimento giudiziario si presenta ora completo di ogni atto e provvedimento depositato dalle parti e dall'Organo giudicante, talché anche il provvedimento che definisce il giudizio è immediatamente visibile e scaricabile anche dall'avvocato difensore.

Inoltre l'art. 16-bis, comma 9-bis, d.l. n. 179/2012 prevede espressamente che il difensore possa «estrarre con modalità telematiche duplicati, copie analogiche o informatiche degli atti e dei provvedimenti di cui al periodo precedente ed attestare la conformità delle copie estratte ai corrispondenti atti contenuti nel fascicolo informatico» e che «le copie analogiche ed informatiche, anche per immagine, estratte dal fascicolo informatico e munite dell'attestazione di conformità a norma del presente comma, equivalgono all'originale».

In virtù del mutato stato legislativo anche il difensore ha ora la possibilità teorica di estrarre copia autentica del provvedimento che definisce il giudizio, attestarne la conformità e provvedere alla notificazione ai fini degli artt. 325 e 326 c.p.c..

Mutatis mutandis, si ripropone però il problema posto dalla legge fiscale e cioè se anche il difensore, al pari del notaio e del cancelliere, sia vincolato al preventivo assolvimento degli oneri fiscali e non possa pertanto estrarre copia autentica, ad esempio, di una sentenza se prima non si è provveduto alla registrazione della stessa.

L'interrogativo si pone perché i difensori delle parti non sono ricompresi nell'elenco del sopra menzionato art. 66 d.P.R. n. 131/1986; si tratta invero di norma ben precedente a quelle relative al PCT, sicché ci si può domandare se l'omissione in analisi sia dovuta ad un mero difetto di coordinamento normativo o ad un precisa volontà del legislatore di escludere gli avvocati dal novero di coloro che sono obbligati al rigoroso rispetto della legge fiscale.

È evidente che, a seconda delle riposte ipotizzabili, mutano anche le conseguenze sul tema in analisi; laddove prevalesse il primo orientamento si potrebbe sostenere che il divieto di rilascio di copia autentica non registrata si estende anche ai difensori; laddove si optasse per la seconda opzione interpretativa ci si attesterebbe su posizioni diametralmente opposte e maggiormente liberali.

La posizione della giurisprudenza

In questo dibattito si inserisce anche una presa di posizione autorevole della Corte di Cassazione che, con recente sentenza (Cass., 13 febbraio 2015,n. 2950), ha giudicato su di un caso in cui si assumeva che una sentenza notificata in copia autentica prima dell'assolvimento degli oneri fiscali non fosse idonea a produrre gli effetti di cui agli artt. 325 e 326 c.p.c..

La tesi in questione è stata rigettata sulla base della considerazione che già con la sentenza Cass. n. 14393/2012 si era enunciato un principio di diritto in forza del quale «la mancata registrazione della sentenza notificata non impedisce il decorso del termine breve per impugnare nei confronti del destinatario, in quanto l'interpretazione contraria, subordinando la decorrenza del termine alle disponibilità economiche della parte vittoriosa, determinerebbe una ingiustificata disparità di trattamento fra soggetti in situazioni identiche, e si porrebbe in contrasto anche con l'art. 6, par. 1, CEDU e con l'art. 111, comma 1, Cost. ».

Con la pronuncia in analisi si ribadisce dunque che il principio del pieno raggiungimento dello scopo non può essere inficiato dalla violazione di una norma fiscale, e poi si spinge oltre, giungendo ad equiparare la fattispecie oggetto di giudizio ad un caso di utilizzo della copia autentica “ai fini della prosecuzione del giudizio” e pertanto ad un'ipotesi in cui è consentito al cancelliere il rilascio della stessa prima dell'assolvimento degli oneri di registrazione.

La Corte di Cassazione giudica dunque conforme al diritto vivente un'esegesi dell'art. 66 d.P.R. n. 131/1986 che contempli tra i casi di “prosecuzione del giudizio” anche l'eventualità in cui la copia autentica del provvedimento giudiziale venga utilizzata per provocare nella controparte la valutazione relativa al “se” proseguire o meno il giudizio.

In conclusione

Anche alla luce della citata sentenza della Corte di Cassazione, si possono dunque trarre alcune conclusioni:

  1. l'estrazione di copia autentica (o del duplicato) del provvedimento giudiziale che definisce un giudizio e la successiva notificazione ad opera dell'avvocato, sono attività certamente idonee a produrre gli effetti di cui all'artt. 325 e 326 c.p.c., anche laddove la pronuncia non sia stata assoggettata a registrazione ai sensi del d.P.R. n. 131/1986;
  2. secondo recente orientamento della giurisprudenza neppure il cancelliere (e quindi, a maggior ragione, l'avvocato) potrebbe opporre il “difetto di registrazione” alla richiesta di rilascio di copia autentica di provvedimento giudiziale “ad uso notifica”, trattandosi comunque di istanza rivolta alla prosecuzione del giudizio e dunque rientrante nell'esenzione ex lege prevista dall'art. 66 d.P.R. n. 131/1986;
  3. in tale contesto il mancato inserimento degli avvocati tra i soggetti tenuti all'osservanza delle norme in tema di preventiva registrazione dei provvedimenti giudiziali non pare casuale o frutto di difetto di coordinamento dei testi normativi, sembrando piuttosto espressione di una precisa volontà del legislatore di non assoggettare la tutela giudiziaria ad adempimenti di natura esclusivamente fiscale.

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