Gratuito patrocinio: lo Stato non ci può guadagnare
13 Ottobre 2017
Il caso. La Corte d'appello di Venezia rigettava l'opposizione proposta dall'avvocato di un soggetto ammesso al patrocinio a spese dello Stato contro il decreto di liquidazione, emesso ex art. 130 d.P.R. n. 115/2002, con il quale gli era stata riconosciuta una somma inferiore rispetto a quella che era stata liquidata in favore dello Stato.
Contro l'ordinanza d'appello, l'avvocato propone ricorso in Cassazione denunciando violazione ed erronea applicazione degli artt. 92 c.p.c., 82, 13 e 133 d.P.R. 115/2002.
Gratuito patrocinio. Il Collegio decide di dare continuità all'orientamento uniforme della giurisprudenza di legittimità, in base al quale, laddove nell'ambito di un giudizio civile risulti vittoriosa la parte ammessa al patrocinio a spese dello Stato, il giudice deve quantificare in misura uguale le somme dovute dal soccombente allo Stato, ex art. 133, d.P.R. n. 115/2002, e quelle dovute dallo Stato al difensore del non abbiente, ex artt. 82 e 103, d.P.R. n. 115/2002. In questo modo si vuole evitare che l'eventuale divario possa costituire occasione di ingiusto profitto dello Stato a discapito del soccombente ovvero, al contrario, di danno erariale (Cass. n. 18167/2016).
Ingiusto profitto dello Stato. La Cassazione ha così confermato l'opinione espressa dalla Corte costituzionale nella sentenza n. 270/2002, con la quale si è escluso che, nel caso di pronuncia di condanna alle spese di giudizio a carico della controparte del soggetto ammesso al beneficio del patrocinio a spese dello Stato, ci possa essere «una iniusta locupletatio dell'Erario».
Per tali ragioni, la Suprema Corte accoglie il ricorso e cassa il provvedimento impugnato.
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