Cessazione dell’attività di un reparto autonomo e licenziamento della lavoratrice madre
13 Ottobre 2017
Ai fini dell'operatività della deroga al divieto di licenziamento della lavoratrice madre, sono assimilabili le ipotesi di cessazione dell'attività di un ramo o reparto autonomo a quelle di cessazione dell'intera azienda?
Chiuso il reparto di contact center presso cui prestava attività, veniva intimato il licenziamento ad una lavoratrice durante il periodo di gravidanza, con previsione di efficacia differita ad epoca successiva al compimento del primo anno di età del figlio. Premesso che tale tecnica di intimazione del recesso non ne modifica i tratti essenziali, risultando “di fatto frustrato lo scopo di tutelare il diritto alla serenità della gestazione”, la Cassazione colloca la fattispecie nel quadro normativo riferito all'art. 54, D.Lgs. n. 151/2001 e ribadisce il principio di diritto secondo cui la deroga al divieto di licenziamento della lavoratrice madre prevista dal comma 3, lett. b) del suddetto art. 54 “opera nell'ipotesi di cessazione di attività dell'aziendaalla quale la lavoratrice è addetta ed è insuscettibile di interpretazione estensiva ed analogica; ne consegue che, per la non applicabilità del divieto devono ricorrere entrambe le condizioni previste dalla citata lett. b), ovvero che il datore di lavoro sia un'azienda, e che vi sia stata cessazione dell'attività”.
Il ricorso viene rigettato, ritenendosi superato il precedente orientamento giurisprudenziale, peraltro non univoco, che interpretava la locuzione in esame come estensibile alla soppressione di un ramo o reparto del tutto autonomi: sottolinea la Cassazione come quello che nelle fattispecie regolate dalla L. n. 1204/1971 costituiva il parametro comune, utilizzato per assimilare le due ipotesi, non è più validamente richiamabile per le fattispecie regolate dal D.Lgs. n. 151/2001.
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