Effetti civilistici dell'obbligo di registrazione della locazione immobiliare

Marcello Sinisi
Fulvio Troncone
11 Settembre 2017

L'adempimento o meno dell'obbligo di registrazione del contratto di locazione ha indubbie ricadute in punto di validità e conseguente efficacia civilistica del relativo negozio. Sul punto di notevole rilievo è stato negli ultimi tempi il contributo offerto dalla giurisprudenza costituzionale e di legittimità, anche se tali arresti, tenuto anche conto della recente riforma dell'art. 13 della l. n. 431/1998, non sembrano aver risolto tutte le problematiche che quotidianamente si pongono nelle aule di giustizia.
Il quadro normativo

Al di là dell'art. 8 della l. n. 392/1978, che individua la ripartizione interna fra locatore e conduttore dell'onere fiscale conseguente registrazione del contratto di locazione, decisivo ai fini che qui strettamente interessano si palesa, in primo luogo, l'art. 1, comma 346, della l. n. 311/2004, cd. finanziaria per l'anno 2005 (in G. U. n. 306 del 31 dicembre 2004), a norma del quale «contratti di locazione, o che comunque costituiscono diritti relativi di godimento, di unità immobiliari ovvero di loro porzioni, comunque stipulati, sono nulli se, ricorrendone i presupposti, non sono registrati».

Si tratta di disposizione di natura imperativa, avente chiara finalità antievasiva, che innova profondamente l'assetto complessivo delle locazioni di immobili in generale, ivi comprese quelle ad uso diverso e soggette al codice civile, derogando, quale norma speciale, al disposto di cui all'art. 10, comma 3, l. 27 luglio 2000, n. 212, sullo statuto dei diritti del contribuente, secondo cui, invece, «le violazioni di disposizioni di rilievo esclusivamente tributario non possono essere causa di nullità del contratto».

Di indubbio rilievo è anche, per quanto riguarda le locazioni ad uso abitativo, è l'art. 13, comma 1, della l. n. 431/1998, il quale, a seguito delle modifiche apportate dalla l. 28 dicembre 2015, n. 208, così recita: «è nulla ogni pattuizione volta a determinare un importo del canone di locazione superiore a quello risultante dal contratto scritto e registrato. E' fatto carico al locatore di provvedere alla registrazione nel termine perentorio di trenta giorni, dandone documentata comunicazione, nei successivi sessanta giorni, al conduttore ed all'amministratore del condominio, anche ai fini dell'ottemperanza agli obblighi di tenuta dell'anagrafe condominiale di cui all'articolo 1130, numero 6), del codice civile. Il comma 6 del medesimo articolo è stato, inoltre, riformulato nei seguenti termini: nei casi di nullità di cui al comma 4 il conduttore, con azione proponibile nel termine di sei mesi dalla riconsegna dell'immobile locato, può richiedere la restituzione delle somme indebitamente versate. Nei medesimi casi il conduttore può altresì richiedere, con azione proponibile dinanzi all'autorità giudiziaria, che la locazione venga ricondotta a condizioni conformi a quanto previsto dal comma 1 dell'articolo 2 ovvero dal comma 3 dell'articolo 2. Tale azione è, altresì, consentita nei casi in cui il locatore non abbia provveduto alla prescritta registrazione del contratto nel termine di cui al comma 1 del presente articolo. Nel giudizio che accerta l'esistenza del contratto di locazione il giudice determina il canone dovuto, che non può eccedere quello del valore minimo definito ai sensi dell'articolo 2 ovvero quello definito ai sensi dell'articolo 5, commi 2 e 3, nel caso di conduttore che abiti stabilmente l'alloggio per i motivi ivi regolati. L'autorità giudiziaria stabilisce la restituzione delle somme eventualmente eccedenti».

Infine, si rammenta che l'art. 3, commi 8 e 9, del d.lgs. 14 marzo 2011, n. 23 (Disposizioni in materia di federalismo Fiscale Municipale) aveva completato la disciplina della registrazione dei contratti di locazione ad uso abitativo. Tuttavia, con sentenza n. 50/2014 la Corte Costituzionale ha dichiarato l'illegittimità costituzionale di tali norme per contrasto con l'art. 76 Cost.. La stessa Corte Costituzionale, con la sent. n. 169/2015, ha, poi, dichiarato incostituzionale anche l'art. 5, comma 1-ter, del d.l. n. 47/2014, che estendeva l'efficacia della sanatoria sino al 31 dicembre 2015, rinviando gli effetti della cennata sentenza di incostituzionalità n. 50/2014 al 2016. E ciò per l'elementare motivo che, una volta dichiarata l'illegittimità costituzionale di una norma, la stessa cessa di avere efficacia dal giorno successivo alla pubblicazione della sentenza, per cui i suoi effetti non possono essere prorogati da una norma sopravvenuta, la quale, pertanto, non può che seguire la medesima sorte di incostituzionalità della norma precedente i cui effetti ha inteso postergare nel tempo.

Applicazione ratione temporis dell'art. 1, comma 346, della l. 30 dicembre 2004, n. 311

La disposizione menzionata si applica unicamente ai contratti di locazione di immobili stipulati successivamente al 1° gennaio 2005. Essa quindi non ha efficacia retroattiva, dovendosi, ex art. 11, comma 1, disp. prel. c.c., ritenere che anche qui trovi cittadinanza il principio della irretroattività della legge.

In tal senso, si è espressa la sentenza delle Sezioni Unite 17 settembre 2015, n. 18213, per la quale l'art. 1, comma 346, della l. 30 dicembre 2004, n. 311 riguarda unicamente le locazioni stipulate successivamente all'entrata in vigore della finanziaria 2005; così come l'art. 13, comma 1, della l. n. 431/1998 attiene esclusivamente alle sole locazioni abitative, oggetto di parziale registrazione, stipulate dopo l'entrata in vigore della l. n. 431/1998. Anche per Cass. civ, sez. III, 28 dicembre 2016, n. 27169 la previsione dell'art. 1, comma 346, della legge n. 311/2004 - a tenore del quale i contratti di locazione, o che comunque costituiscono diritti relativi di godimento, di unità immobiliari, ovvero di loro porzioni, comunque stipulati, sono nulli se, ricorrendone i presupposti, non sono registrati - si applica solo ai contratti stipulati dopo la sua entrata in vigore, giusta il criterio generale di cui all'art. 11 delle preleggi e considerata l'assenza nella norma di una previsione che imponga la registrazione dei contratti in corso. Medesima opinione ha condiviso Cass. civ, sez. III, 3 aprile 2009, n. 8148, la quale ha recisamente escluso che la norma de qua abbia efficacia retroattiva o tale da modificare l'interpretazione della precedente disciplina del rapporto locativo.

Archiviata può dunque dirsi la posizione di Trib. Pisa 4 giugno 2014, per il quale la norma in parola si applica anche ai contratti di locazione stipulati prima della sua promulgazione; essa, infatti, secondo tale pronuncia, non impone ex novo la registrazione dei contratti, ma introduce una nuova sanzione per la violazione di un obbligo che preesiste alla sua promulgazione.

Conforta l'opinione oggi prevalente il rilievo per cui l'art. 3, comma 1,della l. 27 luglio 2000, n. 212 – Disposizioni in materia di statuto dei diritti del contribuente – prevede espressamente che le disposizioni tributarie non hanno effetto retroattivo.

Trattasi di principio applicabile anche alle norme di diritto pubblico e che preclude l'applicazione della nuova normativa non soltanto ai rapporti giuridici già esauriti, ma anche a quelli sorti anteriormente ed ancora in vita, qualora gli effetti sostanziali scaturenti da detta normativa siano eziologicamente collegati con un fattore causale non previsto da quella precedente (Cass.civ., sez. III, 18 luglio 2002, n. 10436).

Risolto in senso negativo il dubbio sulla retroattività della disposizione in esame, deve convenirsi che la medesima sia inapplicabile anche in caso di mero rinnovo tacito di un contratto precedentemente stipulato conseguente al mancato esercizio da parte del locatore o del conduttore della facoltà di disdettare l'accordo.

Depone, in tal senso, anche quanto affermato da Cass. civ, sez. III, 7 maggio 2009, n. 10498, secondo cui la rinnovazione tacita del contratto alla prima scadenza contrattuale, per il mancato esercizio da parte del locatore, della facoltà di diniego della rinnovazione stessa (artt. 28 e 29 della l. 27 luglio 1978, n. 392) costituisce un effetto automatico scaturente direttamente dalla legge (a seguito della mancata e/o intempestiva disdetta) e non da una manifestazione di volontà negoziale. Più recentemente, le Sezioni Unite, 16 maggio 2013, n. 11830 hanno osservato come gli artt. 27 ss. della l. n. 392/1978 sul regime di durata e di rinnovazione delle locazioni commerciali costituiscano un microsistema autonomo rispetto al sistema generale sulle locazioni disciplinato dal codice civile. Ciò induce a considerare la rinnovazione tacita del contratto alla prima scadenza quale fattispecie speciale ed autonoma rispetto alla rinnovazione tacita del contratto di cui all'art. 1597 c.c., nel senso che la rinnovazione - nel caso in cui il locatore non si trovi nelle condizioni di cui dell'art. 29, comma 2, della legge citata, o, comunque, pur ricorrendo le stesse, non le comunichi al conduttore - si configura come mero effetto automatico in assenza di disdetta.

Omessa registrazione nel termine di legge: nullità oppure inefficacia del contratto di locazione

Due sono state le possibili opzioni interpretative dell'art. 1, comma 346, della l. 30 dicembre 2004, n. 311.

Per la prima tesi la norma recherebbe la nullità del contratto di locazione tempestivamente non registrato. Secondo altra opzione ermeneutica, il contratto non registrato sarebbe soltanto temporaneamente inefficace per costituire la registrazione una condicio iuris.

In base alla prima interpretazione i contratti di locazione ad uso non abitativo stipulati successivamente al 1° gennaio 2005 devono essere registrati a pena di nullità assoluta e rilevabile ex officio. La novella avrebbe, cioè, introdotto una sanzione civile volta a salvaguardare l'interesse generale concernente l'assolvimento della prestazione fiscale.

La registrazione, invero, pur non incidendo sul piano prettamente formale, rimanendo il contratto di locazione ad uso commerciale (ovvero soggetto al codice civile) a forma libera (è noto che il contratto di locazione può essere registrato, anche se stipulato in guisa meramente verbale, giusta art. 3, parte II, del d.p.r.. 26 aprile 1986, n. 131: ipotesi non praticabile per i contratti ad uso abitativo), e pur costituendo un accadimento successivo ed estraneo al perfezionamento dell'accordo è, secondo tale opinione, elevata a requisito di validità sostanziale del contratto. Verrebbe così in rilievo una nullità testuale, espressa, tassativa, che merita di rientrare tra quei casi stabiliti dalla legge di cui vi è menzione nell'ultimo comma dell'art. 1418 c.c.

In tale orizzonte ermeneutico, nella soggetta materia, la funzione della registrazione si espande: non rimane più solo un mezzo per assicurare l'opponibilità dei contratti ai terzi ai sensi dell'art. 2704 c.c. (ex art. 18, comma 1, d.p.r. 26 aprile 1986, n. 131), ma assume, come cennato, un rilievo essenziale ai fini dell'efficacia civilistica inter partes, senza, perciò, mutare la sua ontologica natura di adempimento estrinseco e successivo alla formazione del consensus. In sua mancanza, il rapporto non può sorgere e produrre alcun effetto; esso costituisce una mera occupazione sine titulo.

Abbracciando tale tesi, è poi ovvio che non trovi applicazione la tutela apprestata al conduttore dallo statuto locatizio: in altri termini, la mancata registrazione importa la non reclamabilità dell'indennità per la perdita dell'avviamento commerciale (a calcolarsi, in caso di registrazione parziale, solo sul minor importo registrato), ovvero la non azionabilità del diritto di prelazione e riscatto nonché la non configurabilità della cessione del contratto in uno all'azienda.

La seconda tesi legge la registrazione del contratto come condicio iuris.

Pertanto essa delinea il contratto di locazione quale fattispecie a formazione progressiva, necessitando oltre al raggiungimento dell'accordo anche della sua registrazione fiscale.

Secondo tale tesi la registrazione del contratto non opererebbe quale requisito di validità del contratto, rimanendo sul piano meramente effettuale, quale condizione legale – sospensiva - di efficacia dell'accordo negoziale. In tale prospettiva ermeneutica la registrazione tardiva conferisce piena efficacia al rapporto locativo dal momento della decorrenza prevista in contratto.

In altre parole, il contratto sarebbe perfezionato in tutti i suoi elementi costitutivi, mentre la mera efficacia dello stesso sarebbe subordinata ad un elemento esterno: donde in pendenza di condizione legale la parte è vincolata al contratto, il quale è opponibile ai terzi e dà luogo ad aspettative giuridiche tutelabili.

Va da sé che, durante la pendenza della condizione, ognuna delle parti è tenuta a comportarsi ex art. 1358 c.c. secondo buona fede per conservare integre le ragioni della controparte contrattuale.

I sostenitori della tesi della condicio iuris, evidenziati gli effetti distorti della tesi nullità della locazione non registrata, assumono che l'omessa registrazione del contratto, incidendo sugli effetti di un negozio giuridico valido ed obbligatorio per entrambi i contraenti, in quanto conforme allo schema tipico di contratto fissato dall'art. 1325 c.c., sembrerebbe, piuttosto, assimilabile ad una vicenda sospensiva del rapporto, dato che trae titolo da un fatto successivo al perfezionamento e all'efficacia di esso.

D'altro canto, evidenzia tale opinione ricostruttiva, non deve trarre in inganno la terminologia adoperata dal legislatore, il quale talvolta richiama la nullità, ma intende riferirsi all'inefficacia dell'atto (1349, comma 2, c.c., determinazione dell'oggetto; 1472, comma 2, c.c., vendita di cose future; 1398 c.c., rappresentanza senza potere), di modo che la registrazione si eleva solo a condicio iuris, ossia ad elemento esulante dall'autonomia negoziale delle parti perché avente la sua fonte nell'ordinamento; requisito necessario (e non accidentale) del negozio, che in tal modo si distingue dalla condicio facti. E il suo avveramento produce effetti ex tunc ai sensi dell'art. 1360 c.c.

Ulteriore variante della tesi della mera inefficacia del contratto non registrato è quella che, partendo dall'esigenza di dover offrire un'interpretazione secundum costitutionem della disposizione in esame, non si rassegna a dare una lettura supinamente vincolata al dato letterale, comunque ritenuto equivoco (giacché l'utilizzazione dell'aggettivo nullo, in luogo di quello più tecnico di inefficace o inopponibile deve spiegarsi con la consueta improprietà terminologica di un'affrettata confezione della legge). La sussistenza, infatti, secondo tale autorevole opinione, dell'esigenza di dare risposta a sovraordinate esigenze di tutela del conduttore, siccome emergente dallo statuto locativo, impone di qualificare il contratto di locazione non registrato come valido, ma temporaneamente inefficace, di modo che la registrazione tardiva opererebbe ex nunc.

I recenti arresti in materia
  • Cass. civ., sez. un., 17 settembre 2015, n. 18213Le Sezioni Unite, con sentenza del 17 settembre 2015, n. 18213, giungendo a conclusioni assai diverse rispetto a quelle sostenute dalla precedente giurisprudenza (Cass. civ., sez. III, 27 ottobre 2003, n. 16089), hanno affermato che, ai sensi dell'art. 13, comma 1, della l. n. 431/1998, in ipotesi di locazione ad uso abitativo registrata per un canone inferiore al reale, il contratto resta valido per il canone apparente, mentre l'accordo simulatorio relativo al maggior canone è affetto da nullità, insanabile dall'eventuale registrazione tardiva.L'iter argomentativo seguito dalla Corte parte dalla definizione del concetto di simulazione, affermando che, in tal fattispecie, si versi non in un'ipotesi di stipula di due negozi differenti ed autonomi fra loro, accordo simulato e negozio dissimulato, bensì nell'ambito di un unico procedimento simulatorio, caratterizzato dall'unicità della convenzione negoziale. Altrimenti detto, e con specifico riferimento alla simulazione relativa, secondo tal pronuncia, le parti concordano di far apparire ab externo una pattuizione contrattuale quando, in realtà, ne vogliono una ben diversa, raccolta in una controdichiarazione - che non necessariamente deve avere veste contrattuale, potendo avere anche la natura di atto unilaterale -, la cui valenza va limitata al piano interpretativo e probatorio. Infatti, la sua eminente funzione consiste nel consentire di procedere, in sede interpretativa, alla sostituzione della clausola simulata con quella effettivamente voluta.Ed appunto, sulla scorta della ricostruzione della fattispecie come procedimento simulatorio, la Corte giunge ad affermare che, in caso di mancata tempestiva registrazione della controdichiarazione, non può aver luogo il richiamato fenomeno sostitutorio; la cui causa in concreto è oggettivamente illecita in quanto, in ultima analisi, le parti vogliono esclusivamente raggiungere lo scopo frodare il fisco mediante l'occultamento della differenza tra la somma indicata nel contratto registrato e quella percepita. Più precisamente, occorre sul punto evidenziare che la Suprema Corte esclude che la registrazione tardiva possa avere una funzione sanante del procedimento simulatorio caratterizzato da una pattuizione che, sul piano morfologico, rimane identica salva l'indicazione di un canone diverso e maggiore.Nel così argomentare il supremo giudice di nomofilachia ulteriormente segnala come tale soluzione si caratterizzi per essere quoad effecta, anche se non sotto il profilo formale dell'efficacia endonegoziale della registrazione, coerente con la successiva legislazione intervenuta in subiecta materia, ossia con la declinazione che del disposto dell'art. 1, comma 346, della l.n. 311/2004 ha dato il giudice delle leggi e la giurisprudenza di merito che ha optato per la tesi della nullità testuale.Come sopra esaminato, è, infatti, ovvio che la successiva regolarizzazione sia inutiliter data solo qualora si accolga la tesi della nullità del contratto non registrato. Viceversa, in caso di accoglimento della tesi della condicio iuris, grazie alla registrazione della controdichiarazione, esso produrrà effetti anche per l'importo del canone dissimulato.L'arresto, in sé condivisibile nell'iter motivatorio e nelle conclusioni raggiunte, presenta un nodo problematico, che forse meritava un leggero ulteriore approfondimento, laddove si dà per scontato che, per effetto della mancata registrazione, non possa aver luogo il fenomeno sostitutorio caratteristico del procedimento simulatorio, cosicché l'unico accordo contrattuale (e non uno dei due contratti: simulato e dissimulato) continua a produrre effetti secondo la pattuizione sul canone oggetto sì di registrazione, ma in realtà non voluta dalle parti e sulla quale, dunque, presumibilmente non si è formato il necessario consenso contrattuale in conseguenza della concordata divergenza tra la dichiarazione e la loro reale volontà. Per altro verso, l'ordito argomentativo della sentenza delle sezioni unite, nell'esplicitamente non condividere la declinazione del cennato dato normativo offerta dal precedente arresto n. 16089/2003, cui, appunto, afferma, non può darsi ulteriore seguito, consente per converso di ritenersi oggi ammissibile ciò che detta sentenza riteneva bandito dalla l. n. 431/1998, ossia la possibilità che intervenga in epoca successiva alla sottoscrizione e registrazione dell'originario contratto di locazione una nuova pattuizione finalizzata ad attribuire alla parte locatrice, nel corso di svolgimento del rapporto, un canone più elevato rispetto a quello risultante dal contratto originario.In altri termini, la pronuncia del supremo giudice di nomofilachia può incidere sul prima predicato principio della invariabilità del canone fissato nel contratto originariamente stipulato per tutto il tempo della durata del rapporto stabilita dalla legge, dando cittadinanza alla tesi che afferma, in omaggio al principio della libertà contrattuale ed attesa l'assenza, pendente il rapporto, di ogni rilevante asimmetria del potere contrattuale, la piena validità di un patto successivo di maggiorazione del canone originariamente pattuito.Il che si riverbera anche nelle locazioni ad uso diverso tuttora soggette alla l. n. 392/1978, in linea generale interpellando il legislatore sulla perdurante attualità della ratio della disposizione di cui all'art. 32 della detta legge, la quale, per costante giurisprudenza di legittimità, consente la stipula di una clausola con cui si convenga una determinazione del canone in misura differenziata, crescente per frazioni successive di tempo nell'arco del rapporto, purché sia ancorata ad elementi predeterminati (idonei ad influire sull'equilibrio economico del sinallagma contrattuale) o legata ad una giustificata riduzione del canone per un limitato periodo iniziale .Va ulteriormente evidenziata anche un'ulteriore difformità fra le locazioni ad uso abitativo e le restanti tipologie di contratti locativi in quanto esclusivamente per le prime opera l'art. 13, comma 2, della l. n. 431/1998, secondo cui nei casi di nullità di cui al comma 1 il conduttore, con azione proponibile nel termine di sei mesi dalla riconsegna dell'immobile locato, può chiedere la restituzione delle somme corrisposte in misura superiore al canone risultante dal contratto scritto e registrato. In altri termini, mentre per le restanti tipologie locatizie l'azione restitutoria per mancata o non conforme registrazione non è assoggettata al termine decadenziale di cui all'art. 79 l. 392/78, nelle locazioni ad uso abitativo opera pleno iure uno stringente termine decadenziale, che assicura una ragionevole certezza alle rispettive posizioni giuridiche.
  • Cass. civ., sez. III, 13 dicembre 2016, n. 25503Tale pronuncia ribadisce nuovamente che il contratto di locazione non registrato è nullo ai sensi dell'art. 1, comma 346, della l. 30 dicembre 2004, n. 311.Da tanto ne trae la coerente conseguenza per cui la prestazione compiuta in esecuzione d'un contratto nullo costituisce un indebito oggettivo, regolato dall'art. 2033 c.c., e non dall'art. 1458 c.c.; l'eventuale irripetibilità di quella prestazione potrà attribuire al solvens, ricorrendone i presupposti, il diritto al risarcimento del danno ex art. 2043 c.c., od al pagamento dell'ingiustificato arricchimento ex art. 2041 c.c.Infatti, la pronuncia assume che la chiara lettera della legge non consente alcun dubbio sul precetto che esprime: ovvero che un contratto di locazione non registrato è giuridicamente nullo, di modo che non trova condivisione l'opinione della Corte territoriale secondo cui il contratto non registrato è valido, ma inefficace, sul presupposto che la registrazione del contratto prevista dalla norma appena citata fosse una condicio iuris di efficacia del contratto.Dal rilievo della nullità del contratto scaturiscono per la Corte suprema due ulteriori conseguenze giuridiche ovvero:
    • che non può applicarsi l'art. 1458 c.c., norma che disciplina la risoluzione per inadempimento dei contratti di durata, e non gli effetti della nullità, i quali sono invece disciplinati dalle norme sull'indebito oggettivo, da quelle sul risarcimento del danno aquiliano (nel caso di sussistenza degli altri presupposti dell'illecito extracontrattuale), ovvero da quelle sull'ingiustificato arricchimento, come misura residuale;
    • che non può equipararsi l'obbligo di pagare il canone, scaturente dal contratto e determinato dalle parti, con l'obbligo di indennizzare il proprietario per la perduta disponibilità dell'immobile, scaturente dalla legge e pari all'impoverimento subito.
    Tuttavia, l'eventuale irripetibilità di quella prestazione potrà attribuire al solvens, ricorrendone i presupposti, il diritto al risarcimento del danno ex art. 2043 c.c., od al pagamento dell'ingiustificato arricchimento di cui all'art. 2041 c.c.
  • Corte cost. 13 aprile 2017, n. 87Il giudice delle leggi esamina primariamente il dato normativo denunciato ossia la l. 28 dicembre 2015,n. 208, recante «Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge di stabilità 2016)», che, al comma 59 del suo art. 1 − sostituendo l'art. 13 della l. 9 dicembre 1998, n. 431 (Disciplina delle locazioni e del rilascio de gli immobili adibiti ad uso abitativo) − testualmente prescrive (sub comma 5 del novellato art. 13) che «per i conduttori che, per gli effetti della disciplina di cui all'articolo 3, commi 8 e 9, del d.l.gs. 14 marzo 2011, n. 23, prorogati dall'art. 5, comma ter, del d.l. 28 marzo 2014, n. 47, convertito, con modificazioni, dalla l. 23 maggio 2014, n. 80, hanno versato, nel periodo intercorso dalla data di entrata in vigore del d.lgs. n. 23/2011 al giorno 16 luglio2015, il canone annuo di locazione nella misura stabilita dalla disposizione di cui al citato articolo 3, comma 8, del d.lgs. n. 23/2011, l'importo del canone di locazione dovuto ovvero dell'indennità di occupazione maturata, su base annua, è pari al triplo della rendita catastale dell'immobile, nel periodo considerato».A opinione della Corte, il novellato comma 5 dell'art. 13 della legge n. 431/1998 non ripristina (né ridefinisce il contenuto relativo a durata e corrispettivo) dei pregressi contratti non registrati, la cui convalida, per effetto delle richiamate disposizioni del 2011 e del 2014, è venuta meno, ex tunc, in conseguenza delle correlative declaratorie di illegittimità costituzionale.E, pertanto, non replica alcuna forma di sanatoria ex lege di detti contratti affetti da nullità: nullità che lo stesso art. 1, comma 59, della l. n. 208/2015 – nella parte in cui sostituisce il comma 1 dell'art. 13 della l. n. 431/1998 – ribadisce derivare dalla omessa registrazione del contratto entro il prescritto «termine perentorio di trenta giorni».La disposizione, infatti, per la Consulta, si limita, piuttosto, a predeterminare forfettariamente del danno patito dal locatore e/o della misura dell'indennizzo dovuto dal conduttore (così come statuito dalla appena riportata sentenza Cass. civ, sez. III, 13 dicembre 2016, n. 25503), in ragione della occupazione illegittima del bene locato, stante la nullità del contratto e, dunque, l'assenza di suoi effetti ab origine.In altri termini, secondo la Corte, non può altrimenti collegarsi che alla pregressa situazione di fatto della illegittima detenzione del bene immobile in forza di titolo nullo e privo di effetti; ed essere dunque propriamente attinente al profilo dell'arricchimento indebito del conduttore, cui è coerente il pagamento di un'indennità di occupazione e non di un canone di locazione, non affatto dovuto.La Corte ha cura di precisare che la nuova disciplina si rivolge, dunque, soltanto alla particolare platea di conduttori individuata alla stregua della situazione di fatto determinatasi in base agli effetti della disciplina di cui all'art. 3, commi 8 e 9, del d.lgs. n. 23/2011, prorogati dall'art. 5, comma 1-ter, del d.l. n. 47/2014, nel periodo intercorso dalla data di entrata in vigore del suddetto decreto legislativo del 2011 a quella (16 luglio 2015) di deposito della sentenza caducatoria n. 169/2015.In particolare, la (pur solo) parziale coincidenza dell'importo del parametro indennitario, previsto dalla disposizione censurata, con quello del canone legale, individuato dalle pregresse norme dichiarate costituzionalmente illegittime, non è dunque sufficiente a determinare la violazione del giudicato costituzionale, atteso, appunto, il più ampio e differente assetto disciplinatorio dettato dalle norme dichiarate illegittime — le quali avevano mantenuto intatti gli effetti di un (convalidato) rapporto giuridico locatizio, con tutti i correlativi obblighi (reciproci), legali e convenzionali, e con le eventuali ricadute sul contenzioso concernente l'attuazione del rapporto stesso — rispetto alla disciplina recata dal vigente comma 5 dell'art. 13 della legge n. 431/1998, che quel rapporto conferma, invece, essere venuto meno ex tunc, regolandone soltanto le implicazioni indennitarie, in termini di occupazione sine titulo.Infine, la Corte chiarisce come l'azione di conformazione legale contemplata dal novellato art. 13, comma 6, spettante al conduttore nel caso di mancata registrazione del contratto nel termine perentorio di 30 giorni dalla stipula del medesimo, si concreta nell'“accertamento dell'esistenza” del contratto non registrato, quale operazione consentanea a rendere valido ed efficace un contratto nullo, così confermando la tesi della nullità del contratto non registrato tempestivamente dal locatore e – sia pure in via deduttiva - la conseguente irrilevanza civilistica della registrazione tardiva dello stesso.
  • Cass. civ., sez. III, 28 aprile 2017, n. 10498La sentenza procede, in primo luogo a delineare con estrema precisione e compiutezza il sistema normativo di riferimento, nonché il contenuto delle decisioni della Corte Costituzionale, lo sviluppo e lo stato attuale della giurisprudenza di merito e di legittimità, gli indirizzi dottrinari in relazione all'art. 1, comma 346, della l. 30 dicembre 2004, n. 311.Ciò posto, la Corte reputa semplicistico e riduttivo affermare, come fa parte della dottrina e della giurisprudenza di merito, che il legislatore abbia utilizzato il termine "nullità", volendosi riferire a diverso istituto giuridico.La Corte regolatrice, quindi, avverte che tale fattispecie atipica di nullità potrebbe implicare come conseguenza la rilevabilità d'ufficio da parte del giudice, l'imprescrittibilità dell'azione, l'impossibilità di sanare il negozio per convalida e, soprattutto, la legittimazione di chiunque vi abbia interesse ad esercitare l'azione di nullità.Inoltre deve tenersi conto di alcune conseguenza evidenziate dagli interpreti più avveduti con effetti negativi per i conduttori di immobili non abitativi per i quali si realizzerebbe di fatto una sostanziale liberalizzazione, in quanto l'omessa registrazione vanificherebbe la tutela dell'avviamento commerciale, il diritto alla prelazione, come pure la libera trasferibilità dell'azienda e del contratto di locazione: siffatte forme di tutela, infatti, non potrebbero essere invocate per un contratto originariamente nullo.In effetti, evidenzia la Corte come la qualificazione della norma tributaria sull'obbligo di registrazione come norma imperativa fa ritenere che la Corte Costituzionale abbia valutato che essa è stata dettata non solo nell'interesse del singolo contraente di volta in volta implicato e neanche per un interesse solo settoriale, come la giurisprudenza ha più volte affermato in passato in relazione alle norme tributarie, ma che è stata dettata nell'interesse pubblico e generale al rispetto da parte di ciascun cittadino dell'obbligo di concorrere alle spese pubbliche in ragione della propria capacità contributiva, per cui l'obbligo di registrazione del contratto di locazione si impone inderogabilmente alla volontà delle parti contraenti.Ma, sostiene la Corte, proprio la peculiarità di una nullità del contratto per contrarietà a norme imperative indipendente da violazioni attinenti ad elementi intrinseci della fattispecie negoziale, relativi alla struttura o al contenuto del contratto, ma che postula un'attività esterna alla formazione del negozio, che risulterebbe altrimenti privo di deficienze strutturali e ormai perfezionato apre alla possibilità di ricostruire la tardiva registrazione come fattispecie sanante con efficacia retroattiva della nullità del contratto, una volta adempiuto al precetto tributario.D'altro canto, evidenzia la Corte, è proprio la stessa normativa fiscale che mentre ha previsto la sanzione della nullità in ipotesi di mancata registrazione del contratto di locazione, contemporaneamente ha previsto la possibilità di sanatoria, ammettendo la registrazione tardiva.In altri termini, vi sarebbe per la Corte una reciproca interdipendenza fra la normativa fiscale e gli effetti civilistici della registrazione, di modo che l'assenza di una specificazione temporale per la registrazione tardiva nel testo dell'art. 1, comma 346, della l. n. 311/2004 e l'assenza - nella previsione della sanzione civilistica - del riferimento al termine di cui al d.p.r.n. 131/1986, consentono di leggere la norma nel senso che se il contratto è registrato (non importa quando) il contratto è valido.Così come l'assenza della registrazione comporta la nullità del contratto, la sua effettuazione, anche del tutto tardivamente, in applicazione del ravvedimento operoso, sana il contratto con effetti ex tunc.L'osmosi fra l'ambito fiscale e quello civilistico agirebbe, quindi, lungo un piano biunivoco e non asimmetrico, per cui procede in entrambi i sensi con piena reciprocità.Si supera, così, il limite obiettivamente posto dal divieto di convalida del contratto nullo espresso dall'art. 1423 c.c., venendo in rilievo un'eccezione allo stesso: una sorta di convalida speciale conseguenza dell'influenza che la normativa fiscale spende nella soggetta materia. Né vi è necessità in tal senso di una espressa previsione derogatoria, in quanto, evidentemente, a parere della Corte suprema, tale principio può ricavarsi dal sistema complessivo. Tanto più che questa tesi risponde a evidenti esigenze emergenti dalla società civile, in quanto, diversamente, la previsione della nullità del contratto renderebbe privo il locatore della possibilità di riscuotere il canone derivante da un contratto nullo e consentirebbe al conduttore di richiedere indietro quanto versato di più del dovuto.Viceversa, la possibilità di sanatoria con efficacia ex tunc in esito alla tardiva registrazione consente di mantenere stabili gli effetti del contratto voluti dalle parti sia nell'interesse del locatore, che potrà trattenere quanto ricevuto in pagamento, che nell'interesse del conduttore, che non rischierà azioni di rilascio e godrà della durata della locazione come prevista nel contratto e, per le locazioni non abitative, non incorrerà negli effetti negativi segnalati da parte della dottrina quali la perdita del diritto all'avviamento il diritto alla prelazione, come pure la libera trasferibilità dell'azienda e del contratto di locazione. Effetti negativi, questi ultimi, che non appaiono superabili o non interamente superabili con il riconoscimento di un'efficacia ex nunc del contratto.La Corte, infine, richiama a sostegno della propria tesi, sia pure ferma la specialità della disciplina prevista per le locazioni ad uso abitativo dall'art. 13 della l. n. 431/1998, le modifiche apportate da ultimo alla norma cit. dall'art. 1, comma 59, della l. n. 208/2015 (segnatamente, laddove prevedono che nel caso «in cui il locatore non abbia provveduto alla prescritta registrazione del contratto nel termine di cui al comma 1 ...» dello stesso articolo - termine che è di trenta giorni dalla stipulazione del contratto - il conduttore abbia facoltà di agire in giudizio per ottenere che «la locazione venga ricondotta a condizioni conformi a quanto previsto dal comma 1 dell'articolo 2 ovvero dal comma 3 dell'articolo 2» stessa legge e stabiliscono che «nel giudizio che accerta l'esistenza del contratto di locazione il giudice determina il canone dovuto») convalidano la tesi - per quanto qui ci occupa - che l'emersione del contratto ai fini fiscali, per effetto della sua tardiva registrazione, comporti il riconoscimento della sua (giuridica) esistenza.
In conclusione

L'omessa registrazione del contratto nel termine di legge (30 giorni dalla stipula) comporta, secondo il prevalente orientamento dottrinale e giurisprudenziale, la nullità insanabile della locazione, fatta salva l'azione di conformazione contrattuale contemplata dall'art. 13 comma 6 della l. n. 431/1998. Tuttavia, secondo le più recenti evoluzioni giurisprudenziali la registrazione tardiva, in applicazione del principio del ravvedimento operoso proprio della normativa fiscale, sana con effetti retroattivi il contratto nullo, ripristinando optimo iure il rapporto sin dalla sua pattuita iniziale decorrenza, con tutte le usuali conseguenze di legge.

Guida all'approfondimento

Buset, Locazione non registrata e prestazione indebita di far godere, in Nuova giur. civ. comm., 2017, fasc. 6, 860;

Calvo, Contratto di locazione, nullità erariale e arricchimento senza causa, in Corr. giur., 2017, fasc. 1, 11;

Rizzuti, Le locazioni informali tra nuove nullità ed esigenze fiscali, in Corr. giur., 2016, fasc. 4, 462;

Troncone, Aspetti civilistici dell'obbligo di registrare il contratto di locazione, in Studium iuris, 2016, 143;

Galia, La nullità del contratto di locazione non registrato, in Dir. civ. cont., 2017

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