L'uso del tetto

20 Ottobre 2017

Il tetto, come qualsiasi altra parte comune, consente ai partecipanti al condominio una serie di eterogenee modalità di godimento che vanno rapportate con la disciplina del codice civile al fine di vagliarne la legittimità o meno. Ne deriva la necessità di analizzare dette particolarità che, seppur proprie del tetto (si pensi alla costruzione di abbaini e/o di comignoli) coinvolgono l'applicazione di principi generali che la disciplina condominiale pone per qualsiasi attività di utilizzazione dei beni e degli impianti comuni.
La disciplina generale dell'uso delle parti comuni

Prima di analizzare le particolarità che il codice civile (e soprattutto la giurisprudenza) hanno individuato in riferimento all'utilizzazione del tetto (ovvero, della struttura di copertura) da parte di tutti i condomini, è opportuno tracciare sinteticamente le linee guida che la legge ha fissato per le modalità di godimento del patrimonio condominiale.

Secondo un'impostazione ampiamente riconosciuta in sede interpretativa:

  • i beni e gli impianti comuni, individuati in applicazione del meccanismo previsto dall'art. 1117 c.c., possono e devono essere utilizzati dai condomini secondo precise regole stabilite dalla legge;
  • tali regole sono poste principalmente dall'art. 1102 c.c. (applicabile in virtù del richiamo contenuto nell'art. 1139 c.c.), ma possono essere previste anche dal regolamento condominiale;
  • un regolamento di natura contrattuale può limitare e/o escludere le facoltà di godimento dei beni/impianti comuni spettanti ai singoli condomini;
  • il godimento delle cose comuni è del tutto indipendente dalla quota millesimale di comproprietà su di esse;
  • nell'utilizzazione della cosa, l'art. 1102 c.c. pone il divieto di alterazione della relativa destinazione oggettiva e strutturale;
  • per destinazione strutturale s'intende l'utilità fornita oggettivamente dalla cosa, anche secondo quanto concretamente attuato nel tempo dai condomini;
  • in tale ottica, è comunque consentito un uso «particolare»della cosa, intendendo una modalità diversa da quella generalmente attuata, fatto salvo il predetto rispetto della destinazione oggettiva e strutturale;
  • sempre per l'art. 1102 c. c., il godimento deve essere attuato in maniera paritaria, senza pregiudicare gli eguali diritti degli altri partecipanti; sono, tuttavia, consentite al singolo partecipante modalità più intense di utilizzazione;
  • secondo tale impostazione, uso «paritario» non vuol dire uso «identico»;
  • l'assemblea, da parte sua, può stabilire particolari modalità di godimento, quali l'uso promiscuo, o quello frazionato (nel tempo o nello spazio: turnario, a rotazione, ecc.);
  • è consentito fare un uso indiretto dei beni/impianti condominiali (per es., concederli a terzi di locazione), solo nel caso in cui non ne sia possibile un uso diretto da parte di tutti i condomini.
Le modalità (consentite) di uso del tetto

L'utilizzazione del tetto va analizzata in abbinamento con quella del lastrico solare con cui condivide la funzione (oggettiva e strutturale) di copertura a favore di tutto l'edificio (oppure, come visto nel caso di condominio parziale, a favore di un distinto «corpo di fabbrica»).

Infatti, sia il tetto, sia il lastrico solare (che differisce dal primo per esser costituito da una superficie piana) si presumono comuni ai sensi dell'art. 1117 c.c.

La conseguenza è che ogni eventuale modalità di utilizzo da parte del singolo condomino, dovrà essere compatibile con la predetta funzione di copertura, e non potrà essere limitata, né tanto meno esclusa, con una deliberazione assembleare assunta a maggioranza (in considerazione del fatto che non sono consentiti pregiudizi ai diritti soggettivi dei singoli).

Una delle utilizzazioni del tetto che più frequentemente sono state analizzate dalla giurisprudenza è quella relativa alla costruzione di un abbaino (da parte, evidentemente, del proprietario del piano sottostante alla struttura di copertura (l'unico condomino che, stante la «prossimità» della sua proprietà esclusiva, è materialmente in grado di realizzare tale manufatto).

Si è affermato che il condomino proprietario del piano sottostante al tetto comune può aprire su esso abbaini e finestre – non incompatibili con la sua destinazione naturale – per dare aria e luce alla sua proprietà, purché le opere siano a regola d'arte e non ne pregiudichino la funzione di copertura, né ledano i diritti degli altri condomini sul medesimo (Cass. civ., sez. II, 7 febbraio 2008, n. 2865; Cass. civ., sez. II, 27 luglio 2006, n. 17099; Cass. civ., sez. II, 12 febbraio 1998, n. 1498; Cass. civ., sez. II, 24 febbraio 1964, n. 391). Come si vede, viene evidenziato che:

a) la costruzione di abbaino è compatibile con la destinazione oggettiva del tetto (requisito previsto dall'art. 1102 c.c.);

b) v'è necessità che le opere siano realizzate «a regola d'arte», vale a dire che non vengano determinati danneggiamenti alla struttura del tetto;

c) non vi siano pregiudizi per i «pari diritti» degli altri condomini.

La giurisprudenza, inoltre, ha sempre ribadito che dette opere (che rientrano nel concetto di modificazioni contemplato nell'art. 1102 c.c.) non hanno bisogno del consenso della maggioranza dei condomini (cfr., espressamente, Cass. civ., sez. II, 12 febbraio 1998, n. 1498; nello stesso senso anche la più risalente Cass. civ., sez. II, 24 febbraio 1964, n. 391).

Allo stesso modo è stata ritenuta lecita la collocazione di un tubo d'acqua potabile sul tetto di un edificio, purché la funzione propria del tetto non ne venga menomata (vale a dire, non sia pregiudicata l'utilità di copertura fornita da detta struttura) (Cass. civ., sez. II, 9 giugno 1975, n. 2293).

Stessa disciplina anche per l'installazione di un comignolo sul tetto comune (Cass. civ., sez. II, 8 agosto 1990, n. 8040), in considerazione del fatto che viene occupata solo un'esigua porzione della relativa superficie, conservandosi in ogni caso un amplissimo spazio per la collocazione di altri analoghi manufatti e per qualsiasi altra normale utilizzazione (Trib. Milano, 30 dicembre 1991).

Certamente consentita è anche la collocazione di antenne (Cass. civ., sent. II, 8 agosto 1990, n. 8040) peraltro sussistendo una disciplina di natura pubblicistica che riconosce il relativo diritto a favore degli abitanti dell'edificio.

Più articolata la disciplina sulla installazione di canne fumarie: secondo un'impostazione è consentita a patto, però che sia allocata in una zona periferica del tetto (cfr. Cass. civ., sez. II, 7 marzo 1992, n. 2774); secondo un'altra, la collocazione diviene illegittima quando comporti un'oggettiva sottrazione di porzione della relativa superficie all'uso degli altri condomini (Cass. civ., sez. II, 6 maggio 1987, n. 4201; Cass. civ., sez. II, 8 settembre 1986, n. 5465).

Il problema della trasformazione in terrazza

Si tratta del caso in cui il proprietario dell'ultimo piano (quindi, dell'abitazione direttamente al di sotto del tetto) pratica un'apertura e trasforma la superficie di copertura (comune) in una terrazzaa tasca»), ponendola ad esclusivo suo servizio ed utilità.

È evidente che, da una parte, non viene eliminata la funzione di copertura perché anche il pavimento di tale terrazza la esercita perfettamente a favore delle unità immobiliari sottostanti, e, dall'altra, si verifica – comunque – una sottrazione di parte della superficie del tetto.

La giurisprudenza è stata (ed è) piuttosto contrastante sul punto:

  • secondo un orientamento, la sostituzione ad opera del proprietario dell'ultimo piano di un edificio condominiale del tetto con una diversa copertura (terrazza) che, pur non eliminando l'assolvimento della funzione originariamente svolta dal tetto stesso, valga ad imprimere al nuovo manufatto, per le sue caratteristiche strutturali e per i suoi annessi, anche una destinazione ad uso esclusivo dell'autore dell'opera, costituisce alterazione della cosa comune e non può considerarsi insita nel più ampio diritto di sopraelevazione spettante al proprietario dell'ultimo piano (in tali termini, Cass. civ., sez. II, 19 gennaio 2006, n. 972; conformi anche Trib. Milano 27 febbraio 2015, n. 2687; Trib. Todi 22 aprile 2014, n. 771; Cass. civ., sez. II, 28 febbraio 2013, n. 5039; Cass. civ., sez. II, 5 giugno 2008, n. 14950; Cass. civ., sez. II, 12 marzo 2007, n. 5753; Cass. civ., sez. II, 16 novembre 2006, n. 24414; Cass. civ., sez. II, 28 gennaio 2005, n. 1737; Cass. civ., sez. II, 9 maggio 1983, n. 3199; Cass. civ., sez. II, 13 luglio 1981, n. 4579);
  • secondo un'impostazione opposta, invece, il condomino, proprietario del piano sottostante al tetto comune dell'edificio, può trasformarlo in terrazza di proprio uso esclusivo, a condizione che sia salvaguardata, mediante opere adeguate, la funzione di copertura e protezione delle sottostanti strutture svolta dal tetto preesistente, restando così complessivamente mantenuta, per la non significativa portata della modifica, la destinazione principale del bene (Cass. civ., sez. II, 3 agosto 2012, n. 14107; conforme Cass. civ., sez. VI, 4 febbraio 2013, n. 2500).

Come si vede, a prescindere dalla valutazione del caso specifico (e, quindi, della portata materiale della trasformazione del tetto), il Supremo Collegio afferma due principi diametralmente opposti che lasciano all'interprete e all'operatore del settore immobiliare il compito di risolvere la questione.

In conclusione

L'utilizzo del tetto, in quanto parte comune, va effettuato in conformità dei parametri posti in via generale dall'art. 1102 c.c..

Ne deriva che, qualsiasi sia la modalità attuata dal singolo condomino, questa deve essere rispettosa della destinazione oggettiva del bene e non deve pregiudicare l'analogo diritto spettante agli altri partecipanti.

In tale prospettiva, va considerato però che i singoli condomini non sono tutti nella stessa condizione: infatti, i proprietari delle unità immobiliari poste direttamente al di sotto del tetto sono materialmente in grado di farne un tipo di godimento particolare che agli altri non è concretamente possibile.

In funzione di ciò, ed anche del principio generale di legittimità di un uso più intenso, è stata riconosciuta la facoltà di aprire abbaini, costruire comignoli ed installare antenne.

Più problematica è la trasformazione del tetto in terrazza che la giurisprudenza a volte consente, altre nega (considerandola una indebita sottrazione di parte della struttura di copertura).

Guida all'approfondimento

De Tilla, La trasformazione di un tetto in terrazza esclusiva, in Arch. loc. cond., 2013, 5, 622.

Toschi, Infiltrazioni dal tetto, ridotta godibilità dell'immobile locato e tutela del conduttore, in Resp. civ., 2011, 8-9, 612.

Samperi, Trasformazione del tetto in terrazza: sopraelevazione o innovazione?, in Giust. civ., 1986, 9, 1, 2248.

Bergamo, Il diritto all' antenna, in Giur. it., 1999, 4, 704.

Celeste, Circa le modifiche di parti comuni ad opera di singolo condomino, in Foro it., 1998, 6, 1, 1897.

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