La tutela contro il costruttore in caso di violazione della normativa sui parcheggi vincolati
10 Ottobre 2017
Il quadro normativo
La l. 6 agosto 1967, n. 765 (c.d. legge ponte) ha integrato la legge urbanistica (l. 17 agosto 1942, n. 1150) con l'art. 41-sexies, che prevede l'obbligo di riservare appositi spazi destinati a parcheggio negli edifici di nuova costruzione, in ragione di un metro quadro per ogni dieci metri cubi di costruzione (nella formulazione attualmente vigente, introdotta dalla l. 24 marzo 1989, n. 122). A fronte di tale obbligo, che costituisce normativa di natura pubblica, si pongono inoltre gli artt. 871 e 872 c.c. che, nel disciplinare la proprietà privata, richiamano le norme di edilizia e ornato pubblico contenute nelle leggi speciali e stabiliscono che - sotto il profilo civilistico - «Colui che per effetto della violazione ha subito danno deve esserne risarcito, salva la facoltà di chiedere la riduzione in pristino quando si tratta della violazione delle norme contenute nella sezione seguente o da questa richiamate» (art. 872, comma 2, c.c. ) Diversi interventi legislativi si sono succeduti nel tempo, volti a disciplinare il regime giuridico di tali aree e la loro trasferibilità o meno, resta tuttavia fermo per il costruttore l'obbligo di realizzarle, onere che affonda le proprie radici nella legislazione del 1967, così come successivamente integrata circa l'entità della superficie da destinare obbligatoriamente a parcheggio. Si è osservato in giurisprudenza che la destinazione obbligatoria di appositi spazi a parcheggi, in misura proporzionale alla cubatura totale dell'edificio, determina un vincolo di carattere pubblicistico che fa sorgere un diritto reale d'uso su tali spazi a favore di tutti i condomini dell'edificio, sicché deve essere assicurato all'acquirente di un appartamento la possibilità di utilizzare detta area per il parcheggio del veicolo, tenuto conto anche delle aree di manovra, accesso ed uscita necessarie al loro utilizzo (Trib. Bari 18 febbraio 2014). La natura pubblicistica del vincolo comporta la nullità degli atti di trasferimento delle unità che non prevedano, oppure espressamente escludano, il trasferimento della proprietà o, quanto meno, del diritto reale d'uso sulla pertinenziale porzione dello spazio riservato al parcheggio nell'edificio o nelle sue pertinenze; tale trasferimento è ex lege automaticamente inserito, in caso di mancata sua previsione, o sostituito, in caso di espressa sua esclusione, nel contratto ai sensi dell'art. 1419, comma 2, c.c.: in tal caso attraverso a tutela dell'interesse del singolo si realizza anche la tutela dell'interesse collettivo al superamento delle manifestazioni di volontà delle parti volte ad interrompere la relazione funzionale tra il bene principale e quello accessorio. Risulta di tutta evidenza che tale meccanismo può, tuttavia, operare solo ove - all'atto della realizzazione dell'edificio - sia stato realizzato e riservato uno spazio, ad esso interno od esterno, idoneo ad essere utilizzato a scopo di parcheggio. Nella differente ipotesi in cui, pur previsto nel progetto autorizzato, lo spazio da adibire a parcheggio non sia stato affatto riservato a tal fine in corso di costruzione e sia stato impiegato, invece, per realizzarvi manufatti od opere d'altra natura destinate poi concretamente a diversa utilizzazione, possono indiscutibilmente ravvisarsi a carico del costruttore responsabilità d'ordine amministrativo ed eventualmente penale, ma non possono, per contro, ravvisarsi i presupposti per imporgli obblighi ripristinatori (Cass. civ., sez. II, 18 aprile 2003, n. 6329), E ciò poiché il rapporto di pertinenzialità tra bene principale e bene accessorio non si e costituito, dal momento che lo stesso bene soggetto ex lege al vincolo di destinazione non è neppure venuto ad esistenza, ragione per la quale non può ovviamente farsi luogo a tutela ripristinatoria d'alcun genere in ordine ad una situazione giuridica che non è mai venuta sorta e che, pertanto, non può essere restituita in pristino, cioè non può comportare la realizzazione ex novo dello spazio da destinare a parcheggio non riservato in corso d'edificazione (Cass. civ., sez. II, 8 agosto 2014, n. 17813). Si è osservato che a tale conclusione si possa addivenire solo una volta compiuta la puntuale verifica della condizione materiale del bene, cioè della esecuzione delle opere riguardanti esattamente la parte riservata in progetto a parcheggio, al fine di verificare se si tratti di area sin dall'origine edificata in modo incompatibile con la destinazione programmata, dando vita ad un «manufatto di altra natura», poiché in tal caso si avranno le conseguenze appena viste, ovvero l'impossibilità di qualunque reintegrazione di una situazione mai venuta ad esistenza. La giurisprudenza han sottolineato che non rileva, a tal fine, che il costruttore abbia negato contrattualmente la destinazione a parcheggio, ma che la discordanza dall'uso assentito amministrativamente sia materiale, ovvero che l'area sia stata in concreto destinata ad altro uso. Diversa l'ipotesi in cui le aree siano state effettivamente realizzate dal costruttore ma sia poi stata data loro diversa destinazione in sede di vendita, poiché ciò ricondurrà invece al riconoscimento del vincolo di destinazione d'uso che seguirà il bene, oggi considerato liberamente trasferibile seppur gravato da tale onere. Si è anche osservato che il riconoscimento, in capo agli acquirenti, del diritto reale d'uso sugli spazi destinati a parcheggi può avere ad oggetto soltanto le aree che siano state destinate allo scopo di cui si tratta nei provvedimenti abilitativi all'edificazione, senza possibilità per il giudice di ubicazioni alternative (Cass. civ., sez. II, 25 maggio 2017, n. 13210, Cass. civ., sez. II 11 febbraio 2009, n. 3393). La costruzione di un edificio senza la realizzazione delle aree di parcheggio prescritte dall'art 41-sexies l. n. 1150/1942, in contrasto con il progetto approvato dalla autorità competente, comporta da parte del costruttore-venditore responsabilità sotto il profilo amministrativo ed eventualmente contravvenzionale; laddove le unità siano alienate ai singoli condomini, in costanza di detta violazione, la violazione assume rilievo anche sotto il profilo dei rapporti interprivatistici ai sensi degli artt. 871 e 872 c.c., legittimando gli acquirenti ad un'azione di risarcimento dei danni nei confronti del venditore (Cass. civ., sez. II, 7 maggio 2008, n. 11202). Si è osservato che, dall'accertamento della violazione, deriva la sussistenza del danno sotto il profilo dell'an debeatur, tuttavia è onere di colui che ne chiede il risarcimento (secondo gli ordinari principi previsti dall'art. 2697 c.c. ) fornire la prova d'un concreto pregiudizio economico ai fini della determinazione quantitativa e della liquidazione di esso per equivalente pecuniario, atteso che non è precluso al giudice il negare la risarcibilità stessa del danno ove la sua effettiva sussistenza o la sua materiale entità non risultino provate (Cass. civ., sez. III, 20 marzo 2012, n. 5058). Non si è mancato di sottolineare che il diritto al risarcimento del danno, conseguente alla lesione d'un diritto soggettivo, non è riconosciuto nel nostro dall'ordinamento con caratteristiche e finalità punitive ed è unicamente vincolato all'effettivo pregiudizio subito dal titolare del diritto leso; al contempo, non è consentito l'arricchimento ove non sussista una causa giustificatrice, anche nelle ipotesi per le quali il danno sia ritenuto in re ipsa e trovi la sua causa diretta ed immediata nella situazione illegittima posta in essere da una delle parti, di talché la presunzione attiene alla sola possibilità della sussistenza del danno ma non alla sua effettiva sussistenza e, tanto meno, alla sua entità materiale, che competerà comunque alla parte provare. Quanto al potere del giudice di liquidare tale pregiudizio secondo equità, proprio in tema di mancata realizzazione delle aree a parcheggio, si è rilevato che il concreto esercizio del potere discrezionale di liquidare il danno in via equitativa, conferito al giudice dagli artt. 1226 e 2056 c.c., dà luogo non ad un giudizio d'equità ma ad un giudizio di diritto che è subordinato alla condizione che risulti obiettivamente impossibile o particolarmente difficile per la parte interessata provare il danno nel suo preciso ammontare, ma non ricomprende anche l'accertamento del pregiudizio della cui liquidazione si tratta, per cui rimane impregiudicato l'onere di dimostrare sia la sussistenza sia l'entità materiale del danno, e di fornire elementi probatori e dati di fatto dei quali l'attore possa ragionevolmente disporre al fine di consentire che l'apprezzamento equitativo, cui è chiamato il giudice, sia limitato unicamente a colmare le lacune ritenute insuperabili ai fini della precisa determinazione dell'equivalente pecuniario del danno stesso.
In conclusione
La disciplina dei parcheggi a destinazione obbligatoria è estremamente complessa e coinvolge numerosi profili, sia di natura pubblica che privatistica, con particolare riguardo alla possibilità di circolazione del bene e del relativo vincolo. Non deve tuttavia sfuggire, all'interno di tale area tematica, la peculiare fattispecie dell'azione contro il costruttore che abbia disatteso la norma pubblica e i provvedimenti concessori, omettendo di realizzare le aree obbligatoriamente previste a scopo di parcheggio, poiché la giurisprudenza traccia limiti e modalità nette e assai peculiari per la tutela di tale diritto. L'orientamento attualmente consolidato appare condivisibile e ancorato all'interno di un percorso normativo e interpretativo che, in assenza di mutamenti legislativi, appare difficile sovvertire. Alla luce di tali interpretazioni, per l'acquirente di unità immobiliare che veda violata la norma di cui all'art. 41-sexies l. n. 1150/1942 da parte del costruttore/venditore da cui ha acquistato l'unità immobiliare, diviene di primario rilievo accertare se costui abbia o meno realizzato materialmente le aree previste dal progetto come destinate a parcheggio Ove ciò non sia avvenuto, non gli resterà che una tutela volta al risarcimento del danno, in ordine alla prova del quale rimane onerato secondo gli ordinari principi processuacivilistici, salva la facoltà di fare un (moderato) ricorso al c.d. prudente apprezzamento del giudice. Ove invece tali aree siano state fisicamente realizzate dal costruttore, ma non siano state oggetto - in sede di vendita - del trasferimento previsto obbligatoriamente dalla legge, l'acquirente potrà agire per vedersi giudizialmente riconosciuto il diritto di uso su tali aree, chiunque ne abbia la titolarità (Cass. civ., sez. II, 14 luglio 2011, n. 15509), salvo eventualmente l'onere a suo carico di integrazione del prezzo (Cass. civ., sez. II, 30 giugno 2016, n. 13414). Casu, Parcheggi ponte. Valutazione dei diritti di utilizzo dei posti auto, in Riv. notar., 2010, II, 347;
Luminoso, Ancora sulla commerciabilità dei parcheggi di cui alla c.d. legge ponte: si profila un nuovo orientamento restrittivo della giurisprudenza?, in Riv. notar., 2009, 1121;
Izzo, Gli spazi obbligatori per parcheggi: liberalizzazione normativa e reazione giurisprudenziale apparentemente conservativa, in Giust. civ., 2007, I, 957;
Annunziata, Ora, libera circolazione dei parcheggi?, in Riv. giur. edil., 2007, I, 92;
Mariconda, Aree di parcheggio, in Foro it., 2005, I, 3327;
Scoditti, Parcheggi realizzati in eccedenza rispetto alla misura minima: libera utilizzabilità e cedibilità, in Vita notar., 2005, I, 874. |