La ripartizione delle spese negli impianti idrici e fognari

Adriana Nicoletti
04 Agosto 2017

Il regime di ripartizione delle spese di manutenzione, conservazione e riparazione degli impianti idrici e fognari è strettamente legato alla loro appartenenza o meno alla comunità condominiale, nonché al fatto che gli stessi, per effetto della loro struttura e funzione, possono essere oggetto di condominio parziale tra coloro che ne sono serviti; resta fermo il fatto che l'art. 1123 c.c., norma che disciplina la suddivisione degli oneri condominiali, è soggetta a deroga da parte di un regolamento contrattuale, recepito nei singoli atti di acquisto, oppure da una delibera assembleare assunta con l'unanimità dei consensi.
Il quadro normativo

La legge di riforma del condominio non ha mutato il quadro normativo che indica i criteri da adottare per ripartire gli oneri condominiali. L'art. 1123 c.c., infatti, determina tre criteri alternativi per tale incombente, di cui il primo, di carattere generale, stabilisce che tutte le spese inerenti alle parti ed ai servizi comuni si ripartiscono in misura proporzionale al valore della proprietà di ciascuno (comma 1); il secondo si fonda sul concetto di «misura diversa» che i condomini possono fare delle cose comuni, talché le relative spese seguono il criterio della potenzialità dell'uso (comma 2) mentre il terzo criterio fa riferimento al fatto che beni ed impianti siano destinati a servire una parte dell'edificio (ipotesi di «condominio parziale»), con la conseguenza che solo coloro che ne traggono utilità saranno chiamati a sopportare il carico economico.

Le spese inerenti all'impianto idrico

La complessità strutturale di un impianto idrico determina le differenti modalità di ripartizione degli oneri di spesa nei confronti dei condomini. Ed in effetti:

- il tratto di tubazione che collega l'impianto di pertinenza pubblica con quello condominiale, per poi innestarsi, tramite diramazione, nelle singole colonne, è comune a tutto il condominio e le spese ad essa relative andranno ripartite secondo i millesimi di proprietà previsti dall'art. 1123, comma 1, c.c.;

- le tubature collocate nei muri dell'edificio e che costituiscono le colonne verticali, che portano acqua agli appartamenti posti gli uni sugli altri devono essere mantenute e conservate solo da coloro che ne traggono vantaggio. Per esse si può parlare di «condominio parziale» per il quale troverà applicazione l'art. 1123, comma 3, c.c.;

- i tubi interni all'appartamento sono di proprietà esclusiva.

Resta sempre salda, ovviamente, la piena derogabilità dell'art. 1123 c.c. sancita dal legislatore.

Quando si tratti di dovere procedere alla ripartizione delle spese di consumo dell'acqua la questionesi pone nel caso in cui le singole unità immobiliari non siano dotate di contatore individuale, che permetta di calcolare l'effettivo consumo di acqua per ogni utente.

Come mera notazione di carattere normativo si rammenta che il d.p.c.m. 4 marzo 1996, recante disposizioni in materia di risorse idriche ed emanato in conseguenza della l. 5 gennaio 1994, n. 36, nell'ottica di un' organica regolamentazione dell'intera materia, aveva stabilito (art. 8.2.8) che, ove la consegna e la misurazione fossero effettuate per utenze raggruppate (nel nostro caso: contatore unico condominiale), la ripartizione interna dei consumi doveva essere organizzata, a cura e spese dell'utente, tramite l'installazione di singoli contatori per ciascuna unità abitativa. Tale obbligo è stato, poi, reiterato nel d.lgs. n. 152/2006 il quale, con l'art. 146, aveva previsto l'installazione di contatori per il consumo dell'acqua in ogni singola unità abitativa, unico mezzo per azzerare i contrasti interni in ordine alla ripartizione degli oneri di spesa.

Detto questo, se il condominio è dotato di un contatore comune il criterio di prassi applicato risulta essere quello dei millesimi di proprietà, anche se tale sistema si potrebbe rivelare non equo ed ingiustamente penalizzante per appartamenti con elevato numero di millesimi ma abitati da una o due persone, rispetto ad unità immobiliari più piccole e nelle quali vivono nuclei familiari più numerosi. In ogni caso ciò è quanto affermato dalla Suprema Corte: « in tema di condominio negli edifici, salva diversa convenzione, la ripartizione delle spese della bolletta dell' acqua, in mancanza di contatori di sottrazione installati in ogni singola unità immobiliare, deve essere effettuata, ai sensi dell'art. 1123, comma 1, c.c., in base ai valori millesimali, sicché è viziata, per intrinseca irragionevolezza, la delibera assembleare, assunta a maggioranza, che, adottato il diverso criterio di riparto per persona in base al numero di coloro che abitano stabilmente nell'unità immobiliare, esenti dalla contribuzione i condomini i cui appartamenti siano rimasti vuoti nel corso dell'anno» (così Cass. civ., sez. II, 1 agosto 2014, n. 17557).

La destinazione degli immobili non può essere causa di un aggravio di spese. In questo senso - ad avviso della giurisprudenza di merito - con una remota ma pienamente condivisibile sentenza, fu annullata la delibera assembleare con la quale era stato imposto agli studi professionali od alle sedi di attività commerciali di pagare il servizio di acqua potabile comune in misura superiore a quello delle unità abitative. Infatti, la destinazione del servizio comune relativo al'acqua potabile non varia a seconda del tipo di godimento posto in essere nella singola unità abitativa ed è manifestamente irrazionale il criterio di ancorare l'onere di contribuzione alle spese in questione alla concreta presenza di un numero più o meno elevato di persone (Trib. Monza 26 marzo 2001).

Non vi è analogia tra consumo dell'acqua ed effettività del servizio reso, poiché trattasi di situazioni differenti. Nella fattispecie non trova applicazione, nei rapporti tra condominio e singoli condomini - ad avviso della Suprema Corte - l'eccezione di inadempimento di cui all'art. 1460 c.c. Da ciò consegue che, ove si discuta di servizio di erogazione idrica e la fruizione dell'acqua sia in concreto dimostrata dalla misurazione mediante un contatore dei consumi, la controversia relativa alla quantità di acqua consumata non attiene all'effettività del servizio, ma al corrispettivo della prestazione ricevuta, in relazione alla quale la delibera condominiale di approvazione e riparto del consuntivo di spesa, ove non impugnata, assume necessariamente efficacia vincolante (Cass. civ., sez. II, 11 maggio 2009, n. 10816).

Qualora si registri un consumo abnorme di acqua a seguito della rottura di una parte dell'impianto per prima cosa dovrà accertarsi il responsabile dell'evento, nei confronti del quale vi sarà un legittimo diritto di rivalsa da parte del condominio che abbia pagato la bolletta emessa dall'ente erogatore.

Ove, invece, la responsabilità sia a carico dell'Ente, custode dell'impianto comune ai sensi dell'art. 2051 c.c., la spesa dovrà essere sostenuta da tutti i condomini in base ai millesimi di proprietà generale.

Le spese concernenti l'impianto fognario

L'impianto fognario è concettualmente analogo a quello idrico, in quanto nell'ambito delle sue componenti troveremo parti totalmente condominiali, tratti di tubazioni appartenenti ad un gruppo di condomini (es. colonne montanti) e, infine, tubature di pertinenza esclusiva. L'individuazione dei criteri da applicare per la ripartizione delle spese nell'ambito dell'art. 1123 c.c. dipende esclusivamente dalla funzione svolta dalle varie sezioni dell'impianto stesso e, naturalmente, dal regolamento di condominio di natura contrattuale.

In questa sede analizziamo alcune tra le fattispecie più comuni e di rilievo pratico.

In caso di ostruzione di una colonna di scarico, a meno che non sia stato individuato con precisione il diretto responsabile, le spese concernenti non solo l'intervento dell'autospurgo ma anche le eventuali opere che eliminino alla radice la causa ostruttiva (ad esempio di difetto strutturale del tubo discendente) devono essere poste a carico dei soggetti interessati, secondo i millesimi di proprietà.

Il condomino che sia proprietario di un locale sottostante all'edificio condominiale e dotato di impianto fognario a dispersione è ugualmente tenuto al pagamento inerente i lavori di rifacimento dell'impianto comune in quanto comproprietario dello stesso. Ciò in quanto, «con riguardo all'impianto di fognatura di un edificio in condominio l'indagine diretta a stabilire se il condomino, che non utilizzi detto impianto per essere collegato con altro impianto, sia ugualmente comproprietario dell'impianto condominiale e, quindi, in applicazione dell'art. 1123 c.c., sia tenuto a concorrere alle spese inerenti la sua conservazione va condotta in base ai criteri indicati dall'art. 1117 c.c. sull'individuazione delle parti comuni» (così Cass. civ., sez. II, 30 giugno 2015, n. 13415).

Le spese concernenti la pulitura della fossa biologica concernendo interventi che attengono alla conservazione di un bene comune ed al suo corretto funzionamento non possono che essere sostenute dalla collettività. E' stato, infatti, affermato che la fossa settica posta nel sottosuolo dell'edificio, nella quale confluiscono i liquami provenienti dagli scarichi dei sovrastanti appartamenti, rientra tra le parti comuni, in forza della presunzione di condominialità di cui all'art. 1117, n. 1), c.c., salvo che il contrario non risulti da un titolo, con la conseguenza che i singoli condomini che utilizzano l'impianto devono contribuire alle relative spese di utilizzazione e manutenzione, e sono tenuti, ai sensi dell'art. 2051 c.c., al risarcimento dei danni da esso eventualmente causati agli altri condomini o a terzi (Cass. civ., sez. II, 20 ottobre 2014, n. 22179).

In conclusione

A tale riguardo occorre segnalare che, pur essendo le spese in questione a carico del conduttore (ai sensi dell'art. 9 l. n. 392/1978 il quale cita, appunto «spurgo dei pozzi neri e delle latrine»), tale obbligazione si esaurisce nell'ambito del rapporto locatore/inquilino, essendo questi soggetto estraneo al condominio. Il condomino, pertanto, deve pagare egli stesso al condominio la sua quota parte della spesa e, quindi, chiederne rimborso al conduttore. In caso di mancato adempimento il condominio potrà recuperare il dovuto solo dal proprietario, anche tramite decreto ingiuntivo.

Guida all'approfondimento

Celeste, Il “ragionevole” riparto delle spese per il consumo dell'acqua in Amministr. immobili, 2014, fasc. 187, 13;

Bordolli, Rottura od occlusione dell'impianto fognario comune, in Immob. & proprietà, 2010, 97;

Santarsiere, Ascensore ed acqua potabile senza misuratori nel condominio, in Nuovo dir., 2003, I, 1049;

De Tilla, Spese condominiali ed erogazione di acqua, in Rass. loc. e cond., 2003, 411.

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