Il diritto del conduttore alla garanzia per le molestie di terzi

Giorgio Grasselli
21 Settembre 2017

La garanzia di pacifico godimento dell'immobile locato, dovuta al conduttore, si ramifica in due sottospecie: la garanzia per le molestie di fatto e la garanzia per le molestie di diritto; questa suddivisione interferisce notevolmente nella sfera del vivere quotidiano del conduttore, perché, mentre per le molestie di diritto il conduttore è garantito, non così è per le molestie di fatto; tuttavia, vi è da dire che ciò che desta perplessità, e che vorremmo chiarire, è proprio conoscere con esattezza cosa deve intendersi per molestia, raffrontando le divergenze interpretative che hanno dato luogo a giudicati contrastanti.
Il quadro normativo

Una garanzia particolare è quella prevista dal comma 1 dell'art. 1585 c.c., che pone a carico del locatore l'obbligo di tenere indenne il conduttore «dalle molestie che diminuiscono l'uso o il godimento della cosa, arrecate da terzi che pretendono di avere diritti sulla cosa medesima». É la cosiddetta garanzia per le molestie di diritto, che è strettamente connessa al diritto di godimento, consequenziale alla prestazione di consegna che il locatore è tenuto ad assicurare al conduttore per tutta la durata della locazione. Non è dunque conseguenza di un inadempimento, ma è obbligazione accessoria che assicura il realizzarsi del sinallagma funzionale del contratto.

L'art. 1586 c.c., infatti, prevede che se i terzi che arrecano le molestie pretendono di avere diritto sulla cosa locata, il conduttore è tenuto a darne pronto preavviso al locatore, pena il risarcimento dei danni. Se poi i terzi agiscono in via gudiziaria, il conduttore può essere estromesso con la semplice indicazione del nome del locatore, che è tenuto ad assumere la lite, se chiamato in causa.

Con il termine di molestie, secondo la dottrina, si intendono quei fenomeni giuridicamente rilevanti che, in altre norme, vengono via via designati con denominazioni diverse, per indicare attentati esterni all'esercizio di un diritto altrui sopra una cosa.

Le molestie di cui agli artt. 1585, comma 1, e 1586 c.c., non debbono essere dirette nei confronti della persona del conduttore, bensì essere in stretta relazione con la cosa locata, e comportare una limitazione al diritto di godimento che su di essa ha il conduttore.

Il terzo, dunque, che arreca al conduttore molestie con le quali contrappone al diritto di godimento di questi, un proprio diritto sulla cosa locata con quello incompatibile (quale un diritto di usufrutto, di proprietà, di abitazione ecc.), e quindi lo diminuisce, pone in essere una molestia di diritto.

Secondo la sintetica definizione in negativo del codice civile, si definiscono invece, come molestie di fatto, quelle poste in atto dai terzi che «non pretendono di avere diritti», per le quali, invece, il locatore non è tenuto ad alcuna garanzia. Il conduttore, in questo caso, può quindi agire in nome proprio nei confronti del terzo per tutelare il proprio diritto di godimento (art. 1585, comma2, c.c.).

Secondo una sentenza della Cassazione, anche nel caso di molestie di diritto da parte di terzi, il conduttore può agire direttamente in via di responsabilità extracontrattuale contro di essi, senza esser obbligato ad una previa rinuncia all'azione di garanzia ex art. 1585 c.c. verso il locatore, potendo, anzi, le due azioni essere proposte cumulativamente nello stesso giudizio, dal momento che esse traggono origine da due titoli diversi, ma tra loro concorrenti e compatibili (Cass. civ., sez. III, 12 febbraio 1979, n. 950).

In particolare: le molestie di diritto

Si hanno molestie di diritto nel caso in cui i terzi accampino diritti contrastanti con quelli del conduttore, rivendicando un diritto reale o personale che sminuisca quello del conduttore.

In tal caso, il dovere di garanzia che incombe al locatore si esplica nel tenere indenne il conduttore anche con il rimedio di un'azione negatoria, o resistendo in giudizio qualora il terzo se ne faccia promotore. Il che presuppone che la pretesa del terzo sia infondata, mentre, al contrario, se si rivelasse fondata, è evidente che, nella misura in cui la molestia incida nel godimento della cosa, verrebbe a configurarsi una responsabilità del locatore che deriva dall'inadempimento ad un obbligo contrattuale (art. 1575, n. 3, c.c.), e non dall'obbligazione di garanzia.

La molestia di diritto, per la quale è stabilito l'obbligo di garanzia del locatore, si verifica dunque quando un terzo, reclamando sul bene locato diritti reali o personali in conflitto con le posizioni accordate al conduttore dal contratto locativo, compia atti di esercizio della relativa pretesa implicanti la perdita o la menomazione del godimento del conduttore (Cass. civ., sez. III, 7 febbraio 2006, n. 2531).

Se la molestia non riguarda posizioni accordate dal locatore sulla cosa locata, ma altre autonome situazioni di godimento non giustificate dalla specifica detenzione autonoma derivante dal contratto di locazione, la fattispecie non rientra in quella disciplinata dalla norma di cui all'art. 1585 c.c. (Cass. civ., sez. III, 7 febbraio 2006, n. 2531).

La giurisprudenza ha rilevato che, per aversi una molestia di diritto, non è indispensabile che il terzo manifesti espressamente e formalmente la pretesa di un proprio diritto sulla cosa locata, essendo sufficiente che il suo comportamento si ponga in antitesi con il diritto del proprietario-locatore, contrapponendovi, anche implicitamente, un diritto proprio (Cass. civ., sez. III, 9 marzo 1973, n. 652; Cass. civ., sez. III, 20 dicembre 1991, n. 13774).

Molestie di diritto: casistica

La giurisprudenza ha affermato che la molestia di diritto può anche essere realizzata dal comportamento del terzo mediante una menomazione materiale del bene che ne limiti il godimento e dimostri, al contempo, la volontà di contestare il diritto del locatore contrapponendovi un diritto proprio (Cass. civ. sez. III, 20 dicembre 1991, n. 13774).

Inoltre, ricorre molestia di fatto nell'ipotesi di materiale impossessamento della cosa locata con condotta illecita, anche se motivata con la pretesa titolarità del diritto di far uso del bene (Cass. civ., sez. III, 8 agosto 1990, n. 8005).

Le molestie di fatto

Nell'ipotesi in cui i terzi non avanzino pretese di natura giuridica, ma arrechino pregiudizio al godimento del conduttore mediante impedimenti concreti o attività materiali ostative, riconducibili nel concetto di atto illecito in senso lato, si realizzano molestie di fatto per le quali la garanzia del locatore non é dovuta ed il conduttore può agire direttamente contro i terzi ai sensi del comma 2 dello stesso art. 1585 c.c. (Cass. civ., sez. III, 14 ottobre 1987, n. 7609).

Molestie di fatto sono quindi attività materiali illecite, quali possono essere azioni deliberatamente dannose, abusive occupazioni della cosa locata e simili, che prescindono da una qualsiasi pretesa circa l'esistenza di un diritto, e si estrinsecano in una violazione del dovere generale del neminem laedere.

Il locatore è quindi estraneo al fatto del terzo, che si configura come un illecito civile senza alcuna relazione con la situazione giuridica della cosa locata.

In tal caso il conduttore ha facoltà di esercitare un'azione diretta in nome proprio, come, ad es., l'azione possessoria di spoglio, che per l'art. 1168 c.c. compete anche al detentore. Ed il conduttore è, per comune opinione, un detentore qualificato, sia pure in nome altrui, ma nell'interesse proprio. Il che giustifica l'ammissibilità dell'azione di reintegra anche nei confronti dello stesso locatore, e cioè del soggetto in nome del quale il conduttore detiene.

La molestia di fatto si contraddistingue qualora il pregiudizio al conduttore derivi da un atto illecito aquiliano del terzo, senza che venga posto in questione, né direttamente né indirettamente, il diritto del conduttore stesso al godimento della cosa locata(Cass. civ., sez. III, 26 gennaio 1995, n. 939).

La garanzia dovuta dal locatore ricorre ogni qual volta la molestia (di diritto) del terzo diminuisca l'uso e il godimento della cosa, mentre il comma 2 art. 1585 c.c. esclude la garanzia del locatore per la pura e semplice molestia del terzo, senza alcun cenno all'ipotesi della diminuzione di godimento, il che giustifica la facoltà concessa al «conduttore» di agire contro il terzo.

La molestia di fatto va quindi intesa come un'attività materiale posta in opera da terzi che non rientra nel sinallagma del contratto di locazione e che non incide nella sfera del diritto di proprietà del locatore.

Molestia di fatto: casistica

Sul punto, la giurisprudenza ha ritenuto che il rigurgito di una fogna condominiale - causa di danni al conduttore di un'unità immobiliare facente parte del condominio, in quanto fatto illecito, costituisce un'ipotesi di molestia di fatto (Cass. civ. 18 ottobre 2012, n. 17892).

Si configurano, inoltre, come molestie di diritto, quelle che si concretano in pretese di terzi che accampino diritti contrastanti con quelli del conduttore, mentre, se il terzo non avanzi pretese di natura giuridica ma arrechi, con il proprio comportamento illecito, pregiudizio al godimento del conduttore, la molestia è di fatto (App. Roma 15 giugno 2010).

Infine, l'art. 1585, comma 2, c.c. è applicabile per analogia, anche se non ricorrono gli estremi della molestia di fatto o di diritto, ai casi in cui il fatto illecito del terzo, che occupi illecitamente l'immobile concesso in locazione, impedisca l'attuazione di tale rapporto; conseguentemente il conduttore sarebbe legittimato ad agire direttamente contro l'autore dell'illecito per ottenere la disponibilità del bene (Cass. civ., sez. III, 22 febbraio 1996, n. 1411).

In particolare: molestie di fatto e immissioni

Secondo una consolidata corrente giurisprudenziale, le infiltrazioni di acqua provenienti dal piano superiore di un fabbricato condominiale, sono molestie di fatto, ancorché, costituendo vere e proprie immissioni disciplinate dall'art. 844 c.c., la relativa azione inibitoria abbia carattere reale, ragion per cui sarebbe, legittimato, a rigore, il solo proprietario e locatore. (Cass. civ., sez. III, 31 agosto 2011, n. 17881; Cass. civ., sez. III, 27 gennaio 2010, n. 1693;Cass. civ., sez. III, 20 dicembre 1990, n. 12089; Cass. civ., sez. III, 6 novembre 1982, n. 5859).

Secondo altra decisione, l'art. 844 c.c., deve essere interpretato estensivamente, nel senso di legittimare all'azione anche il titolare di un diritto reale o personale (nella specie, il conduttore) di godimento sul fondo. Tuttavia, nel caso in cui gli accorgimenti tecnici da adottare per ricondurre le immissioni nei limiti della normale tollerabilità comportino la necessità di modificazioni di strutture dell'immobile da cui le propagazioni derivano, si deve escludere che il titolare di diritto personale di godimento sia legittimato a chiedere le modificazioni medesime, così come è privo di legittimazione passiva alla stessa azione il soggetto che, non essendo eventualmente proprietario del fondo da cui provengono le immissioni, non è in grado di provvedere a quelle modifiche della propria struttura che sia condannato a effettuare (Cass. civ. sez. II, 22 gennaio 1995, n. 13069; Cass. civ.,sez., II, 11 novembre 1992, n. 12133).

L' oggetto della tutela normativa predisposta dall'art. 844 c.c. è infatti il godimento di un fondo, per cui la legittimazione all'azione di cessazione delle immissioni derivanti dal fondo del vicino, che superino la normale tollerabilità, spetta in primo luogo al proprietario del fondo sottoposto alle immissioni (come è reso evidente dalla lettera della norma), e spetta altresì al titolare di un diritto reale di godimento, dovendo la norma stessa interpretarsi estensivamente in considerazione del fatto che anche in questo caso le immissioni colpiscono precipuamente e direttamente il godimento del fondo, oggetto della sua tutela (Cass. civ.,sez. II, 22 dicembre 1995, n. 13069).

Poiché il godimento di un fondo spetta anche al soggetto titolare di un diritto personale di godimento e poiché non può esservi diritto di godimento di un bene senza la possibilità per il suo titolare di agire per la sua conservazione o reintegrazione, deve ritenersi che la legittimazione ad agire contro le immissioni spetti anche al conduttore sulla base della norma ex art. 1585, comma 2, c.c. non essendovi dubbio che le immissioni stesse altro non sono che molestie, e che, in tal caso, la predetta norma possa essere integrata per analogia con i criteri per l'interpretazione delle fattispecie immissive dettati dall'art. 844 c.c. per quanto attiene alla normale tollerabilità, al contemperamento delle esigenze della produzione con le ragioni della proprietà ed alla priorità dell'uso (Cass. civ., sez. II, 22 dicembre 1995, n. 13069; Cass. civ., sez. II, 21 febbraio 1994, n. 1653).

Nel caso in cui nell'immobile locato l'utilizzazione dei locali divenga inagibile a causa di infiltrazioni di acqua provenienti da parti comuni dell'edificio, sussiste l'obbligazione principale del locatore in ordine al mantenimento della cosa locata in stato da servire all'uso convenuto. Dedotta e accertata anche a mezzo C.t.u. la violazione di tale obbligo, il conduttore dispone di azione risarcitoria consequenziale all'inadempimento, potendo ben richiedere il ripristino dei locali per utilizzarli secondo l'uso convenuto e il maggior danno da inadempimento (Cass. civ., sez. III, 28 giugno 2010, n. 15372).

Sembra quindi di poter concludere che, laddove la reazione alla molestia comprometta un diritto reale, legittimato all'azione è sempre il proprietario-locatore, salva l'azione risarcitoria del conduttore nel caso in cui egli ne risenta un danno.

In conclusione

Secondo il prevalente orientamento in dottrina e giurisprudenza, diversamente dalle molestie di diritto, le molestie di fatto non troverebbero tutela da parte del locatore, il quale sarebbe esonerato dal prestare la dovuta garanzia di pacifico godimento prevista dal n. 3) del comma 2 dell'art. 1575 c.c..

In questo caso, infatti, diversamente da quanto avviene per i deterioramenti o le rotture di parti o impianti della cosa locata, che può verificarsi a causa del semplice decorso del tempo e dei fenomeni atmosferici, se ciò avviene ad opera di un terzo, il locatore non sarebbe tenuto al ripristino, ma in sua vece il conduttore.

Qualche perplessità sembra inevitabile, come confermano alcune decisioni della Suprema Corte, quando per molestie si intendono anche immissioni dovute a guasti verificatisi nello stesso fabbricato, rappresentati, per la maggior parte, da perdite di acqua provenienti dai piani superiori, poiché l'azione che ne consegue, ha carattere reale.

Guida all'approfondimento

G. Gabrielli, F. Padovini, La locazione di immobili urbani, Padova, 2001, 305;

G. Catelani, Manuale della locazione, Giuffrè, 2001, 235;

P. Cosentino, P. Vitucci, Le locazioni dopo le riforme del 1978-1985, Torino, 1986, 101;

A. Tabet, La locazione-conduzione, Giuffrè, 1972, 364.

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