Avviso di convocazione
26 Luglio 2017
Inquadramento
In ordine alla convocazione della riunione condominiale, l'art. 66, comma 1, disp. att. c.c. distingue l'assemblea «ordinaria», convocata a cura dell'amministratore annualmente per discutere e decidere le materie rientranti nelle attribuzioni indicate dall'art. 1135 c.c. - specie in ordine alle fondamentali statuizioni di indirizzo e di controllo di cui ai nn. 1), 2) e 3) - e l'assemblea «straordinaria», convocata quando l'amministratore lo ritiene necessario o quando ne è fatta richiesta da almeno due condomini che rappresentino un sesto del valore dell'edificio, specificando che, decorsi inutilmente dieci giorni dalla richiesta, i detti condomini possono provvedere direttamente alla convocazione. In quest'ultimo caso, quindi, a parte la sollecitazione ad opera dei singoli, la convocazione dell'assemblea straordinaria è rimessa alla discrezionalità dell'amministratore - la cui valutazione è sottratta a qualsiasi controllo di legittimità - che ne valuterà l'opportunità a seconda delle esigenze condominiali e degli argomenti da trattare. Invero, l'amministratore, spesso e per varie ragioni, può avvertire il bisogno di sollecitare le statuizioni dell'assemblea (in ordine alle quali non è possibile attendere la convocazione ordinaria), o di sentire immediatamente il parere dei condomini (su determinate materie attinenti all'amministrazione), oppure, in certi casi, è obbligato a sottoporre all'organismo deliberativo la discussione su date questioni. Luogo della riunione
Il novellato art. 66, comma 3, disp. att. c.c., rispetto al passato, menziona il «luogo della riunione» tra gli aspetti contenutistici dell'avviso di convocazione, ma continua a non offrire alcuna indicazione al riguardo. Pertanto, nel silenzio della legge e, in difetto di disposizioni specifiche del regolamento sul punto, la relativa determinazione è rimessa alla discrezionalità dell'amministratore, secondo il buon senso e criteri di opportunità. Si conviene, tuttavia, che, nella scelta della sede della riunione dell'assemblea condominiale, l'amministratore incontri due limiti (Trib. Imperia 20 marzo 2000). Il primo limite è di carattere territoriale, nel senso che la predetta riunione deve comunque avvenire entro il confine della città dove si trova l'edificio condominiale e non in un comune diverso, specie quando il condominio sia costituito da soggetti residenti (Trib. Treviso 29 giugno 2016, ad avviso del quale, in mancanza di una norma regolamentare o di uno specifico accordo tra gli interessati, la scelta del luogo ove l'assemblea deve essere tenuta deve effettuarsi tenendosi conto del «luogo ove si trova il bene comune»). Soltanto quando le assemblee riguardano condominii siti in località di villeggiatura (mare, montagna, ecc.), sembra opportuno che le riunioni si svolgano in loco, ossia negli stessi luoghi dove si trascorrono le ferie e nei periodi di vacanza nei quali sussiste il maggior numero di condomini (estate, inverno, ecc.), a meno che la totalità dei frequentatori, o quantomeno la maggioranza - salva la prova che la scelta del luogo sottenda l'intento specifico di rendere impossibile la partecipazione all'assemblea di un determinato condomino - abbia la residenza in un dato comune (si pensi ad una seconda casa vicino ad una grande città). In quest'ottica, risulta pienamente condivisibile il convincimento di una pronuncia di merito (Trib. Sciacca 18 ottobre 2007), secondo la quale va considerata legittima la convocazione dell'assemblea condominiale fuori del comune di ubicazione dell'edificio, sito in zona di villeggiatura e costituito da non residenti per oltre la metà, in quanto ciò agevola la partecipazione alla formazione della volontà collegiale, corrispondendo, così, alle obiettive esigenze e agli interessi della maggioranza dei condomini. Il secondo limite è di carattere oggettivo, e concerne l'idoneità intrinseca del luogo delle riunioni sotto il profilo ambientale, nel senso che il posto scelto deve offrire affidamento per la partecipazione potenziale di tutti i condomini - può svolgersi in un locale destinato ad hoc per le riunioni oppure avente altre destinazioni purché, ad esempio, non si tratti di un locale insalubre o troppo angusto in modo da non contenere comodamente tutti i partecipanti - e per l'ordinato svolgimento della discussione, anche sotto il profilo della riservatezza (si pensi alla sala sita nella vicina parrocchia, all'appartamento messo a disposizione da un condomino, all'ufficio dell'amministratore, e non, ad esempio, in una località difficilmente raggiungibile). Secondo una remota pronuncia dal Supremo Collegio (Cass. civ., sez. II, 26 giugno 1958, n. 2284), la sala della sede di un partito politico, purché sufficientemente ampia, costituisce di per sé un luogo idoneo ad ospitare un'assemblea di condominio, qualora ad essa abbiano accesso, durante lo svolgimento dell'assemblea, soltanto i condomini che a questa devono partecipare (non potendosi, peraltro, pensare a pregiudiziali politiche nella trattazione di semplici affari amministrativi). Ovviamente, se nell'avviso sia omesso o genericamente indicato il luogo dello svolgimento dell'assemblea, le deliberazioni adottate potranno essere impugnate davanti all'autorità giudiziaria (Cass. civ., sez. II, 22 dicembre 1999, n. 14461), mentre diverso è il caso in cui, in forza dell'indicazione contenuta nel regolamento, si renda inutile la specificazione del luogo. Data della riunione
Rispetto al testo precedente che si rivelava silente sul punto, il terzo comma dell'art. 66 disp. att. c.c. prevede ora che «l'avviso di convocazione … deve contenere … l'indicazione (del luogo) e dell'ora della riunione»: quindi, oltre quelle spaziali, nel suddetto avviso vanno specificate anche le coordinate temporali, anche se il legislatore menziona solo l'ora, dimenticandosi la data, ossia il giorno, il mese e l'anno in cui l'assemblea si debba svolgere. Prendendo le mosse da quest'ultima, in effetti, nulla stabilisce il codice in ordine al tempo della convocazione, nel senso che non si fissa una data precisa: ovviamente, il concetto di «data della convocazione» si potrebbe riferire esclusivamente all'assemblea ordinaria, nel senso che il regolamento condominiale potrebbe imporre un dato periodo entro il quale la stessa debba essere tenuta - ad esempio, entro centottanta giorni successivi alla scadenza dell'esercizio per discutere l'approvazione del «rendiconto condominiale annuale di gestione», come ora espressamente dispone l'art. 1130, n. 10), c.c. - mentre l'assemblea straordinaria è, per tale sua caratteristica, a convocazione eventuale, ossia può essere fatta in qualsiasi tempo a seconda delle esigenze ad essa sottese.
Trattasi della c.d. doppia convocazione utilizzata al chiaro fine di evitare un raddoppio delle formalità e degli adempimenti relativi alla convocazione nonché per esigenze di velocizzazione, il che, ovviamente, non esclude che si possa provvedere alle due diverse convocazioni con due diversi e separati avvisi, rispettando, per ciascuna data, i requisiti di legge, specie riguardo al termine di preavviso. Si ritiene che dette date debbano essere indicate con precisione, per cui, qualora la menzione dei giorni sia affetta da errore materiale e l'assemblea - a meno che non rappresenti la totalità dei partecipanti al condominio - si sia tenuta nei giorni in cui effettivamente avrebbe dovuto aver luogo se l'errore non ci fosse stato, sussiste il vizio di omessa convocazione che inficia la deliberazione adottata. È comunque principio consolidato secondo cui non basta fissare tale convocazione per un'ora dopo quella stabilita per la prima convocazione, occorrendo, invece, che si vada almeno al giorno successivo, anche se è non è obbligatorio che dalla prima convocazione siano trascorse almeno ventiquattro ore (Cass. 29 gennaio 1970, n. 196); in pratica, il precetto di cui all'art. 1136, comma 3, c.c. vuole evitare che la seconda convocazione sia di fatto un prolungamento della prima, per cui, se la prima convocazione è fissata per le ore 23,50 di un giorno, non si può fissare la seconda alle ore 0,10 del giorno successivo, in quanto la finalità della legge verrebbe sostanzialmente elusa. Il secondo termine («non oltre dieci giorni») intende, poi, superare l'inconveniente opposto a quello fin qui esaminato: una nuova convocazione troppo lontana dalla precedente non è più una che si riallaccia a quest'ultima come invece dovrebbe, in quanto, se trascorre un notevole lasso di tempo, ad esempio, l'ordine del giorno potrebbe essere dimenticato. Il sistema conosce esclusivamente l'assemblea in prima convocazione e quella in seconda convocazione qualora venga a mancare il quorum costitutivo della prima: in effetti, una terza convocazione non è prevista, sicché, se difetta anche il quorum della seconda, occorre ricominciare daccapo, con un nuovo avviso di convocazione. La prassi aveva registrato spesso alcune ipotesi in cui l'assemblea di seconda convocazione, non potendo esaurire per quella data le questioni oggetto della riunione (di solito, «attesa l'ora tarda»), decideva un «aggiornamento» ad una data successiva per finire la discussione e le decisioni su tali questioni, per assumere maggiori informazioni, per raccogliere altri elementi valutativi, per acquisire il parere di una persona esperta, e quant'altro. Tuttavia, non prevedendo la legge, per alcuna ragione, una convocazione successiva alla seconda, tale aggiornamento doveva considerarsi alla stregua della convocazione di una nuova assemblea, che, di conseguenza, non poteva validamente deliberare se non constava che tutti i condomini fossero stati tempestivamente invitati a partecipare (integrando, peraltro, la preventiva convocazione un requisito essenziale per la validità di qualsiasi deliberazione); quindi, per l'aggiornamento era necessaria una nuova convocazione, anche se l'avvisoandavaragionevolmente recapitato soltanto agli assenti, in quanto i presenti alla riunione potevano, già in quel momento, avere notizia della data in cui si sarebbe tenuta la successiva assemblea. In ordine, poi, al valore da dare a questa successiva riunione, si era considerato che, allorquando un'assemblea condominiale, operante in seconda convocazione, fosse rinviata per il prosieguo ad altra data sugli stessi argomenti all'ordine del giorno, con il debito accordo degli intervenuti e previo tempestivo avviso della data fissata a coloro che risultavano assenti, tale assemblea non doveva ritenersi di prima convocazione, con l'obbligo delle relative maggioranze per le deliberazioni, risultando soltanto la legittima continuazione dell'assemblea in seconda convocazione (Cass. civ., sez. II, 12 febbraio 1988, n. 1516; Cass. civ., sez. II, 16 luglio 1981, n. 4648). Ci si era chiesti, a questo punto, se fosse possibile fissare, in un unico avviso, più riunioni condominiali consecutive: a tale quesito la prassi aveva dato sostanzialmente una risposta positiva, nel senso che, qualora fosse prevedibile che l'esame di argomenti particolarmente impegnativi e complessi posti all'ordine del giorno dell'assemblea condominiale non potesse esaurirsi in una sola riunione, si era consentito all'amministratore - ove non fosse diversamente previsto dal regolamento di condominio - di fissare più riunioni consecutive, in modo da assicurare lo svolgimento dell'assemblea in termini brevi, e così provvedere alla convocazione delle relative assemblee successive con un unico avviso, senza la necessità di ulteriori convocazioni formali che avrebbero provocato ritardi e disguidi (per una risposta positiva, Cass. civ., sez. II, 5 agosto 1988, n. 4846). Comunque, tale prassi trova oggi l'avallo da parte dell'ultimo comma del novellato art. 66 disp. att. c.c., il quale espressamente dispone che: «L'amministratore ha facoltà di fissare più riunioni consecutive in modo da assicurare lo svolgimento dell'assemblea in termini brevi, convocando gli aventi diritto con un unico avviso nel quale sono indicate le ulteriori date ed ore di eventuale prosecuzione dell'assemblea validamente costituitasi». D'altronde, non si può pretendere che, qualora l'ordine del giorno sia particolarmente nutrito, allorché gli argomenti sono degni di approfondimento, quando sono molti e complessi gli argomenti da trattare, l'adunanza prosegua senza interruzioni, nelle ore notturne o, addirittura, nei giorni successivi, essendo ciò incompatibile con la normale resistenza fisica dei partecipanti che, ad un certo momento, non sarebbero più in grado di seguire le discussioni con la necessaria lucidità. Rimane fermo che l'originario avviso indichi puntualmente la data e l'orario dei successivi incontri, laddove, nel silenzio circa il luogo della riunione, deve intendersi quello dove si sono svolte le precedenti; siccome il legislatore parla di «prosecuzione dell'assemblea validamente costituitasi», si deve dedurre che, nelle successive riunioni, il quorum costitutivo a cui fare riferimento sia sempre quello della prima riunione, anche qualora nei successivi incontri lo stesso non sia raggiunto; in altri termini, non si è in presenza di una nuova e diversa assemblea nella quale portare a termine la discussione degli argomenti non trattati, ma semplicemente di proseguire la precedente riunione, in seconda convocazione, anche ai fini delle maggioranze deliberative. A questo punto, è importante che l'originario avviso sia chiaro nel «fissare più riunioni consecutive», ossia indicando con precisione il giorno e l'orario in cui saranno discussi i vari argomenti posti all'ordine del giorno, evitando di calendarizzare incontri con date distanti le une dalle altre (ovviamente, i termini per impugnare, ai sensi dell'art. 1137, comma 2, c.c., decorreranno dalle singole decisioni adottate). Orario della riunione
Sempre con riferimento alle modalità «temporali» dell'avviso di convocazione, lo stesso deve indicare anche l'orario in cui si terrà la riunione condominiale. In proposito, l'amministratore - salvo precise disposizioni del regolamento condominiale al riguardo - dovrà considerare le esigenze comuni (di abitazione e di lavoro) dei condomini che fanno parte dello stabile, così che va considerata inopportuna la convocazione in orari lavorativi o notturni, nei quali, per motivi intuibili, l'assemblea potrebbe probabilmente andare deserta o registrare pochissimi partecipanti che non raggiungano il livello numerico prescritto per una valida costituzione dell'organismo deliberante (la scelta non deve, ovviamente, essere ispirata da un evidente spirito defatigatorio). Per prassi, si indica, in prima convocazione, orari inconsueti (ad esempio, ore 23,30), per far sì che l'assemblea vada deserta, non potendo raggiungere le maggioranze prescritte, e deliberare poi in seconda convocazione, e ciò dipende dalla maggiore funzionalità e produttività di quest'ultima derivante dai suoi quorum più ridotti che rendono le decisioni più gestibili; in realtà, esistono svariati modi per «scoraggiare» i condomini dal partecipare all'assemblea di prima convocazione ed «indurre» alla seconda convocazione, quali, ad esempio, l'indicazione in neretto o in maiuscolo dei dati dell'adunanza preferita, mentre diverso è il discorso in cui vi sia l'invito «espresso», a mezzo di biglietto supplementare allegato all'avviso, di far «saltare» la prima convocazione considerando soltanto l'altra come «vera» assemblea. Ovviamente, chi diserta l'assemblea in prima convocazione, perché, data l'ora tarda, crede ragionevolmente che quest'ultima vada deserta, lo fa a proprio rischio, in quanto anche la prima convocazione è da considerarsi valida a tutti gli effetti (Cass. civ., sez. II, 22 gennaio 2000, n. 697). Peraltro, l'omissione o la generica indicazione della data o/e dell'ora della riunione non hanno effetto se tutti i condomini, nessuno escluso, partecipano all'assemblea, come anche chi abbia partecipato ad un'assemblea dei condomini, tenutasi in seconda convocazione nello stesso giorno della prima, senza aver mosso alcuna obiezione al riguardo, non può successivamente impugnare la deliberazione presa deducendo la predetta irregolarità. Termine di preavviso
Relativamente al termine di preavviso, rispetto al testo precedente dell'art. 66 disp. att. c.c. - secondo cui «l'avviso di convocazione deve essere comunicato ai condomini almeno cinque giorni prima della data fissata per l'adunanza» - il novellato terzo comma mantiene il termine di cinque giorni ma fa riferimento espresso alla data fissata per «l'adunanza in prima convocazione». Tale precisazione si rivela assai opportuna, nel senso che il suddetto termine va rispettato sia per la prima sia per la seconda convocazione quando l'avviso di queste sia stato fatto con un unico atto: invero, considerata la possibilità per l'assemblea di poter deliberare in seconda convocazione in presenza delle condizioni stabilite dall'art. 1136, comma 3, c.c. e sul presupposto della regolare convocazione di tutti i condomini alla prima convocazione, la l. n. 220/2012 ha puntualizzato che l'invito, contenente l'indicazione di entrambe le date di convocazione (prima e seconda), deve pervenire ai partecipanti entro il termine di cui all'art. 66 citato con riferimento alla prima data di convocazione, anche se questa è andata deserta. Qualora, poi, la data della seconda convocazione non figuri già nell'avviso della prima, non sembra che quella debba avvenire se non cinque giorni dopo il fallimento di questa, nel senso che, nel silenzio del codice, il termine di preavviso sia necessario alla seconda per analogia di quanto è disposto per la prima: invero, l'una è una ripresa dell'altra, per cui il preavviso dato per la vecchia vale a fortiori per la nuova, e, constatato il fallimento di quella, si può convocare sùbito questa anche per il giorno successivo. Il termine ivi contemplato (cinque giorni) continua a rivestire la finalità di consentire al condomino, da un lato, di organizzare le proprie occupazioni allo scopo di poter presenziare all'assemblea o, se del caso, delegare qualcuno e, dall'altro, di prepararsi adeguatamente all'esame ed alle decisioni da assumere riguardo agli argomenti posti all'ordine del giorno, esponendo le proprie motivazioni ed offrendo il proprio contributo. Il predetto termine va calcolato a ritroso, tenendo conto che, nel computo dei termini a giorni, si esclude il giorno iniziale, secondo la massima dies a quo non computatur in termine, mentre si calcolano quelli finali, secondo l'altra massima dies ad quem computatur in termine; quando la legge - come nel caso di specie - per la decorrenza del termine, fa riferimento al dies ad quem anziché al dies a quo, il giorno finale, a cominciare dal quale il termine all'indietro viene ad assumere il valore di capo, non deve essere computato, mentre va considerato nel termine il giorno iniziale, in conformità alla regola generale dettata dall'art. 155 c.p.c.; pertanto, il termine di cinque giorni decorre dal primo giorno immediatamente precedente a quello fissato per lo svolgimento dell'assemblea, e da esso vanno calcolati i cinque giorni per verificare la tempestività della ricezione dell'avviso (v., da ultimo, Cass. civ., sez. II, 30 giugno 2021, n. 18635, secondo cui, nel calcolo del termine di “almeno cinque giorni prima”, stabilito dall'art. 66, ultimo comma, disp. att. c.c., per la comunicazione ai condomini dell'avviso di convocazione dell'assemblea, atto recettizio di cui il condominio deve provare la tempestività rispetto alla riunione fissata per la prima convocazione, trattandosi di giorni “non liberi” - stante l'eccezionalità dei termini c.d. liberi, che escludono dal computo i giorni iniziale e finale, limitati ai soli casi espressamente previsti dalla legge - e da calcolare a ritroso, non va conteggiato il dies ad quem, e, cioè, quello di svolgimento della riunione medesima, che assume il valore di capo o punto fermo iniziale, mentre va incluso il dies a quo, coincidente con la data di ricevimento dell'avviso), quale capo o punto fermo finale, secondo la regola generale fisata negli artt. 155, comma 1, c.p.c. e 2963 c.c.). Il mancato rispetto di tale modalità dell'avviso di convocazione (Cass. civ., sez. II, 28 febbraio 1987, n. 2148) comporta l'annullabilità della deliberazione adottata, non rilevando la c.d. prova di resistenza, ossia che si sarebbero comunque raggiunte le prescritte maggioranze nelle votazioni da far ritenere indifferente anche il voto contrario degli assenti (Cass civ., sez. II, 29 aprile 1993, n. 5084), per cui, se tale vizio non viene fatto valere nel termine di decadenza di cui all'art. 1137, comma 2, c.c., la deliberazione, quantunque viziata, diviene irretrattabile. Invero, in questo caso, non è in discussione l'an della convocazione, ma solo la conformità del procedimento seguito per la preventiva informazione dei condomini rispetto alla disciplina legale (o a quella peculiare del regolamento condominiale). Tale conclusione viene avallata dal novellato art. 66, comma 3, disp. att. c.c., il quale, in fondo, statuisce che: «in caso di omessa, tardiva o incompleta convocazione degli aventi diritto, la deliberazione assembleare è annullabile ai sensi dell'articolo 1137 del codice su istanza dei dissenzienti o assenti perché non ritualmente convocati». La Riforma del 2013 non detta soluzioni sulla problematica relativa al perfezionamento dell'incombente concernente il rispetto del termine di preavviso, ossia se l'avviso di convocazione di cui all'art. 66 disp. att. c.c., al fine di consentire al condomino di decidere la propria strategia partecipativa, debba essere non solo inviato, ma anche ricevuto, ma la giurisprudenza ha prevalentemente optato per la seconda soluzione.
Del resto, considerando che l'avviso di convocazione ha natura di atto unilaterale recettizio, lo stesso produce effetto soltanto quando perviene a conoscenza del destinatario, sicché eventuali ritardi, nel recapito della corrispondenza, seppure imputabili al servizio postale, non potrebbero essere posti a giustificazione, da parte dell'amministratore, dell'eventuale mancata ricezione della comunicazione in tempo utile; il condomino, in pratica, deve avere a disposizione cinque giorni pieni al fine di disporre la propria attività in modo da essere presente all'assemblea, per cui «comunicazione» vuol dire avere notizia della fissata adunanza e non spedizione dell'invito. Una diversa soluzione, invece, potrebbe frustrare le esigenze conoscitive (e, conseguentemente, partecipative) a cui tale incombente è finalizzato, nel senso che la consegna del plico al servizio postale cinque giorni prima dell'adunanza potrebbe ritenersi idonea a ritenere regolarmente convocata l'assise condominiale anche qualora, per le note disfunzioni di tale servizio, l'invito potrebbe giungere anche in prossimità dell'evento o, addirittura, dopo il suo svolgimento. Peraltro, in forza della generale presunzione di conoscenza degli atti recettizi dettata dall'art. 1335 c.c., deve ritenersi osservata la prescrizione del summenzionato disposto qualora nel termine di almeno cinque giorni prima della data fissata per l'adunanza, il destinatario assente sia stato informato, mediante avviso di giacenza, della disponibilità della raccomandata presso l'ufficio postale, anche se non abbia provveduto materialmente al tempestivo ritiro del relativo plico. Trattasi, comunque, di norma inderogabile per espresso richiamo del successivo art. 72 disp. att. c.c. (Trib. Napoli 13 maggio 1991), sicché deve ritenersi nulla una clausola regolamentare che preveda un termine minore di cinque giorni, mentre è possibile un aumento dello stesso, nel senso di prescrivere che la spedizione dell'avviso debba avvenire con un margine più ampio, oppure prevedere un termine di cinque giorni che debba essere lasciato «libero» tra la comunicazione dell'avviso di convocazione e l'adunanza condominiale: ciò può avvenire, ad esempio, tenendo presente gli impegni professionali e lavorativi dei condomini, o del fatto che la riunione si tenga in un luogo di villeggiatura, per cui sia opportuno che l'invito giunga con un notevole anticipo rispetto alla riunione, oppure considerando l'importanza delle questioni da trattare in assemblea, nel senso che richiedano un'adeguata preparazione (con eventuale raccolta di pareri tecnici, indagini esplorative, preventivi di spesa, e quant'altro). Nulla esclude, ovviamente, che il condomino interessato rinunci all'osservanza del termine minimo maggiore, ritenendo all'uopo sufficiente un termine più breve, e, in pratica, non impugnando la deliberazione adottata, faccia acquiescenza alla stessa, come anche la mancata osservanza del predetto termine non ha alcuna rilevanza se tutti i condomini partecipano all'adunanza e nessuno si oppone alla discussione.
Svolgimento in videoconferenza
A seguito della conversione del d.l. 14 agosto 2020, n. 104 (c.d. decreto agosto) da parte della legge di conversione 13 ottobre 2020, n. 126 - segnatamente, con l'approvazione dell'emendamento posto al comma 1-bis dell'art. 63 - il testo dell'art. 66 disp. att. c.c. era il seguente: “ … (comma 3) L'avviso di convocazione deve contenere ….. l'indicazione del luogo e dell'ora della riunione o, se prevista in modalità videoconferenza, della piattaforma elettronica sulla quale si terrà la riunione e dell'ora della stessa. ... (comma 6) Anche ove non espressamente previsto dal regolamento condominiale, previo consenso di tutti i condomini, la partecipazione all'assemblea può avvenire in videoconferenza. In tal caso, il verbale, redatto dal segretario e sottoscritto dal presidente, è trasmesso all'amministratore e a tutti i condomini con le medesime formalità previste per la convocazione”. Quello che, però, più stupiva è l'aver condizionato, in quel particolare momento storico, la possibilità di tenere la c.d. tele-assemblea - l'unica che, a monte, precludeva ogni forma di contagio - all'unanimità dei consensi, evenienza, questa, quasi impossibile da attuare nei condominii medio-grandi, in cui esisteva sempre l'atteggiamento ostruzionistico di un singolo, laddove, poi, la previsione del regolamento presupponeva pur sempre che vi sia stata una previa convocazione ad hoc (assai difficile da praticare per quanto appresso). Eppure lo stesso legislatore mostrava di voler stimolare lo svolgimento delle riunioni condominiali, non fosse altro per usufruire del c.d. superbonus 110%, contemplato dall'art. 119 del d.l. (c.d. rilancio) 19 maggio 2020, n. 34, convertito, con modificazioni, dalla l. 17 luglio 2020, n. 77, agevolandone l'approvazione con la previsione di quorum, tutto sommato, abbordabili, anche se appare criticabile correlare alla maggioranza di 1/3 del valore dell'edificio incombenti spettanti ai singoli condomini, come la scelta tra lo sconto in fattura praticato dall'appaltatore o l'utilizzazione dello stesso come credito d'imposta, relativamente alla quota, a loro riferibile, di partecipazione alla spesa dei lavori edilizi approvati. Ecco, quindi, che, nella Gazzetta ufficiale n. 300 del 3 dicembre 2020, è stata pubblicata la l. 27 novembre 2020, n. 159, che, in sede di conversione del d.l. 7 ottobre 2020, n. 125, ha modificato il testo del novello comma 6 dell'art. 66 disp. att. c.c., introdotto poco meno di due mesi prima: nello specifico, spinto anche dall'esigenza di dare ossigeno al settore edilizio, il legislatore ha optato, come condizione legittimante, per la (più abbordabile) “maggioranza dei condomini”. L'articolo in commento non brilla certo per coerenza sistematica, atteso che, prima, al comma 3, regolamenta il contenuto dell'avviso di convocazione, prevedendo la possibilità alternativa di tenere l'assemblea di condominio in presenza o “in modalità di videoconferenza”, dando, quindi, per scontato quello che solo che il successivo comma 6 prescrive per lo svolgimento della riunione con quest'ultima modalità, ossia il previo consenso scritto o la previsione di un'apposita clausolada parte del regolamento di condominio. L'articolo, poi, accomuna la “riunione” come fenomeno collettivo alla “partecipazione all'assemblea” che richiama l'idea di un'iniziativa individuale, salvo, infine, regolamentare la trasmissione del verbale che è un posterius rispetto a tutte le fasi tipiche di svolgimento dell'assemblea (convocazione, costituzione, discussione, deliberazione e verbalizzazione). Con la dovuta sintesi, mette punto rammentare che, all'inizio del fenomeno epidemiologico, il d.l. 23 febbraio 2020, n. 6, convertito, con modificazioni, nella l. 5 marzo 2020, n. 13, prima circoscritto ad alcune zone del nord Italia, e poi esteso a tutto il territorio nazionale, aveva sancito che era “vietata ogni forma di riunione in luogo pubblico o privato, anche di carattere culturale, ludico, sportivo, e religioso, anche se svolti in luoghi chiusi aperti al pubblico”. La situazione era migliorata affacciandoci all'estate 2020, atteso che l'art. 1, comma 10, del d.l. 16 maggio 2020, n. 33 - convertito, con modificazioni, nella l. 14 luglio 2020, n. 74 - aveva stabilito che “le riunioni si svolgono garantendo il rispetto della distanza di sicurezza interpersonale di almeno un metro”. Una FAQ della Presidenza del Consiglio dei Ministri aveva chiarito, nel frattempo, che “le assemblee di qualunque tipo, condominiali o societarie, ovvero di ogni altra forma di organizzazione collettiva, possono svolgersi in presenza fisica dei soggetti convocati, a condizione che siano organizzate in locali o spazi adeguati, eventualmente anche all'aperto, che assicurino il mantenimento continuativo della distanza di sicurezza interpersonale di almeno un metro fra tutti i partecipanti, evitando dunque ogni forma di assembramento, nel rispetto delle norme sanitarie di contenimento della diffusione del contagio da Covid-19”, aggiungendo - in modo oltremodo ambiguo e sibillino - che “resta ferma la possibilità di svolgimento delle medesime assemblee da remoto, in quanto compatibile con le specifiche normative vigenti in materia di convocazioni e deliberazioni”. Purtroppo, il diffondersi del c.d. conoravirus, ed il conseguente allarme dovuto alla recrudescenza del fenomeno, ha comportato una progressiva restrizione, di fatto, nello svolgimento di tali riunioni intese lato sensu, con una preoccupante escalation. Dapprima, il d.P.C.M. 18 ottobre 2020 ha stabilito, all'art. 1, comma 5, che è “fortemente raccomandato svolgere le riunioni private in modalità a distanza”, e tra queste ultime, possono rientrare sicuramente le assemblee di condominio in modalità di videoconferenza (nelle due forme pura o mista). Successivamente, il d.P.C.M. 3 novembre 2010, dividendo l'Italia in tre zone, mediante la classificazione cromatica delle Regioni in gialle, arancione e rosse, secondo gli scenari di rischio calcolabili sulla base di elementi scientifici preventivamente definiti - aree, peraltro, modificabili medio tempore con un provvedimento del Ministro della Salute alla luce dei sopravvenuti dati emergenti - ha, di fatto, comportato un impedimento alle assemblee condominiali in presenza, inizialmente non caldeggiate oppure ritenute imprudenti. Nel contempo, una FAQ della Presidenza del Consiglio dei Ministri - che, però, non ha alcun valore di legge - alla domanda “è consentito svolgere assemblee condominiali in presenza?”, ha risposto, per tutte le zone in senso affermativo, anche se “è fortemente consigliato svolgere la riunione dell'assemblea in modalità a distanza [mentre] laddove ciò non sia possibile, per lo svolgimento in presenza occorre rispettare le disposizioni in materia di distanziamento sociale e uso dei dispositivi di protezione individuale”. Resta, pertanto, fermo il suggerimento di praticare l'assemblea on line, in ordine alla quale, ad ogni buon conto, il legislatore si guarda bene dal disciplinarne le concrete modalità telematiche di svolgimento, quanto a rispetto dei criteri di trasparenza e tracciabilità, individuazione dei sistemi per identificare con certezza i partecipanti, adeguata pubblicità delle sedute, e quant'altro (elementi, tutti, contemplati invece nell'analogo campo delle associazioni non riconosciute e delle società, v., rispettivamente, l'art. 73, comma 4, e l'art. 106, comma 2, del decreto-legge n. 18/2020 convertito, senza modificazioni sul punto, dalla legge n. 27/2020). Non si nascondono, infatti, le difficoltà sotto il profilo “operativo” - collegamento alla rete, capienza della linea, possesso di dispositivi idonei, intervento a distanza, ecc. - attese le imprescindibili necessità di assicurare l'identificazione dei partecipanti, l'effettivo dibattito assembleare, il confronto dialettico e paritario delle varie opinioni, la trasparente e ponderata manifestazione della volontà di ciascuno, e quant'altro. Tuttavia, sicuramente i nuovi mezzi di telecomunicazione risolveranno queste problematiche “tecniche”, sicché, pure per il futuro non legato all'epidemia da Covid-19, la videoconferenza - anche nella forma “mista”, ossia per chi vuole in praesentia e per chi lo desidera da remoto - ora sdoganata dal patrio legislatore, con i dovuti accorgimenti del caso, potrà soddisfare quel metodo collegiale e quel principio maggioritario che costituiscono l'essenza dell'assemblea condominiale e delle meditate delibere in essa adottate. In questa prospettiva, già la Riforma del 2013, disciplinando nel nuovo art. 71-ter disp. att. c.c. il sito internet del condominio, aveva anticipato (inconsapevolmente) questa contingente situazione critica, consentendo (implicitamente) le riunioni “virtuali” sugli argomenti posti preventivamente all'ordine del giorno nell'avviso di convocazione, ma discussi e votati, “in diretta”, nello stesso contesto spazio-temporale. A questo punto, sul versante “patologico” del vizio cui potrebbero essere affette le relative statuizioni, possono mutuarsi le considerazioni fatte in precedenza nel periodo del lockdown, nel senso di ritenere “nulle” eventuali riunioni tenute in spregio a norme “imperative”, che vietino ogni forma di assembramento e spostamento, con tanto di sanzioni penali nell'ipotesi di inosservanza - v. anche l'art. 650 c.p. - mentre considerare meramente “annullabili”ai sensi dell'art. 1137 c.c. tutte le altre delibere adottate in assemblee eventualmente svolte con modalità diverse da quelle contemplate dalla legge, attenendo il relativo vizio all'iter formale piuttosto che alle attribuzioni sostanziali del massimo organo gestorio (si pensi all'incerta indicazione della piattaforma elettronica sulla quale si terrà la riunione o alla mancata adozione di un sistema bidirezionale che consenta agli aventi diritto, seppur non presenti in senso fisico in un medesimo luogo, di partecipare simultaneamente e di decidere contestualmente). Casistica
Riferimenti
Celeste - Tarantino, L'assemblea di condominio in videoconferenza, collana Officina del diritto, Milano, 2021; Nucera, Termini per la comunicazione dell'avviso di convocazione dell'assemblea, in Arch. loc. e cond., 2013, 438; Grondona, Dichiarazioni recettizie e indirizzo del destinatario di avviso di convocazione all'assemblea condominiale, in Riv. giur. edil., 1999, I, 447; Frigerio, Sul termine di comunicazione dell'avviso di convocazione dell'assemblea della comunione, in Nuova giur. civ. comm., 1993, I, 548; D'Urso, Il termine di convocazione delle assemblee condominiali, in Rass. equo canone, 1991, 374; Zerilli, Sul problema della decorrenza del termine di comunicazione dell'avviso di convocazione dell'assemblea condominiale ex art. 66, 3º comma, disp. att. del c.c., in Arch. loc. e cond., 1986, 111; Milan, Brevi considerazioni in tema di “aggiornamento” deliberato dall'assemblea condominiale riunita in seconda convocazione, in Giust. civ., 1982, I, 468. |