L’accertamento “visivo” delle lesioni di lieve entità nella legge n. 124/2017

Enzo Ronchi
19 Ottobre 2017

Nella nuova formulazione dell'art. 139 comma 2, l'accertamento visivo, cacciato dalla porta (abrogazione del comma 3-quater dell'art. 32 del d.l. 1/2012) è però rientrato dalla finestra. E con precisazioni che non solo nulla chiariscono ma anzi si prestano ad interpretazioni contrastanti che non cesseranno di alimentare confronti dialettici i più vivaci...
Approccio medico legale al comma 2 dell'art.139 cod. ass. dopo la legge n. 124 del 4 agosto 2017

Sia consentito, anzitutto, un breve “passo indietro” nella finalità di dare, al presente contributo, uno sviluppo logico e articolato.

Il comma 3-ter dell'art. 32 del d.l. 1/2012 così recita: «Agli effetti di cui al comma 1, per danno biologico si intende la lesione temporanea o permanente alla integrità psico-fisica della persona suscettibile di accertamento medico-legale che esplica una incidenza negativa sulla attività quotidiana e sugli aspetti dinamico-relazionali della vita del danneggiato, indipendentemente da eventuali ripercussione sulla capacità di produrre reddito. In ogni caso, le lesioni di lieve entità che non siano suscettibili di accertamento clinico strumentale obiettivo, non potranno dar luogo a risarcimento per danno biologico permanente».

Ed il comma 3-quater dell'art. 32 del d.l. 1/2012 (Conv. in legge n. 27 del 24 marzo 2012) recita, o meglio così recitava: «Il danno alla persona per lesioni di lieve entità di cui all'art. 139 del Decreto Legislativo del 7 settembre 2015, n. 209, è risarcito solo a seguito di riscontro medico-legale da cui risulti visivamente o strumentalmente accertata l'esistenza della lesione».

Non pare qui il caso di ritornare su faticose interpretazioni, anche a carattere medico-legale, di quanto così stabilito nei due richiamati comma 3-ter e comma 3-quater .

Anche perché il comma 3-quater risulta abrogato dal comma 30 b) della legge 124/2017. E con riferimento alla infelice formulazione dei due commi in discorso, lo scrivente non può che far sue le parole, lapidarie, di altro più autorevole Autore: «Posso solo qui manifestare piena adesione alla scomparsa dal diritto positivo dell'inconciliabilità dei due testi normativi», appunto in ragione dell'abrogazione del comma 3-quater (D. SPERA, Liquidazione danno biologico per lesioni micropermanenti, in Ridare.it, agosto 2017).

Di fatto, con la legge n. 124 del 4 agosto 2017, ora l'art. 139, comma 2, cod. ass. così dispone: «In ogni caso le lesioni di lieve entità, che non siano suscettibili di accertamento clinico strumentali obiettivo, ovvero visivo, con riferimento alle lesioni, quali le cicatrici, oggettivamente riscontrabili senza l'ausilio di strumentazioni, non possono dar luogo a risarcimento per danno biologico permanente».

Questa nuova formulazione del comma 2 dell'art. 139 merita certamente un commento anche in chiave medico-legale.

In tema di danno biologico, dichiaratamente il Legislatore affida gli accertamenti di carattere tecnico al medico-chirurgo, Specialista in Medicina Legale (l'esigenza di specializzazione post-laurea è addirittura affermata apertis verbis all'art. 15 della legge 24/2017 a proposito di nomina dei consulenti tecnici di ufficio).

Ciò posto, vi è da domandarsi se il Legislatore consapevole sappia che questo Specialista consultato, inevitabilmente per sua formazione culturale nelle scienze mediche, conferisce due significati sostanzialmente e nettamente diversi agli aggettivi “clinico” e “strumentale” .

Sia nel comma 3-ter dell'art. 32 del d.l. 1/2012, sia nella nuova formulazione dell'art. 139 dopo la recente legge n. 124/2017, il Legislatore parla di accertamento non solo strumentale ma anche clinico e questo secondo risulta incredibilmente ignorato da molti Autori intervenuti in dottrina, quasi si trattasse di una espressione ridondante o semplice aggettivo posto a rafforzare il principio stabilito dell'accertamento strumentale.

Ma così non è: perché nella pratica quotidiana, qualsiasi medico, anche non Specialista in Medicina Legale, tiene ben separati, nell'attività diagnostica, il metodo clinico e quello strumentale.

E ad evitare ogni equivoco si ricorda, a beneficio di chi medico non sia, che il metodo clinico prevede un approccio al paziente basato sull'ascolto uditivo della persona (anamnesi) e sugli esami visivo, palpatorio ed auscultatorio (in taluni rari casi anche la percezione olfattoria può fornire indicazioni, come ad esempio nell'etilismo acuto). In altre parole, il metodo clinico è quello della tradizione medico-chirurgica, risalente addirittura nei secoli ma tuttora valido, mai abbandonato; mentre il metodo strumentale (va da sé) è quello che prevede il ricorso a strumentazioni, sempre più diffuse e perfezionate (si pensi soltanto alla diagnostica per immagini in ambito radiologico). Chiunque si rivolga ad un medico per ragioni di diagnosi e cura, si aspetta anzitutto di essere visitato…

Chiarito e ben sottolineato tutto ciò, viene certamente il dubbio che il Legislatore della 124/2017 non fosse consapevole di tale sostanziale differenza. Perché se lo fosse stato, si sarebbe curato di aggiungere una semplice disgiunzione “o”, ovvero una semplice congiunzione “e”, a chiarire se intendesse affermare la obbligatoria compresenza dei due requisiti, ovvero se ritenesse che l'uno sia alternativo all'altro: essendo evidente che la compresenza starebbe a significare che l'accertamento strumentale è sempre, irrinunciabilmente necessario.

Finché il legislatore non avrà chiarito quanto testé richiamato, l'interpretazione della legge secondo cui l'accertamento tecnico deve essere “solo strumentale”, resterà sempre una forzatura. E qualsiasi consulente medico, d'Ufficio o di una parte, che trascuri pregiudizialmente il metodo clinico, tradisce anzitutto la sua formazione scientifica. In un certo senso, mente a se stesso fingendo di ignorare che vi sono lesioni di lieve entità (frequentemente all'origine di danno biologico permanente) che non necessitano di accertamenti strumentali e beneficiano solo di accertamento clinico. Solo per fare alcuni esempi: trauma cranico commotivo, lussazione di spalla, distorsione di caviglia, ferite lacero-contuse, ustioni, distorsione cervicale in donna gravida, lesioni psichiche, eccetera.

Come già evidenziato in altro, precedente contributo dello scrivente su questa stessa rivista (RONCHI, Micropermanenti: il parere anche del medico-legale, in Ridare.it), nessuno Specialista in Medicina Legale potrà seriamente sostenere che non sia risarcibile il danno biologico permanente esitato alle lesioni così esemplificate, in quanto non- strumentalmente accertate. Infatti ciò non accade e, tuttavia, per la parimenti assenza di accertamento strumentale, “può” (e, secondo alcuni, addirittura “deve”) essere negato l'eventuale danno biologico permanente correlato a distorsione alla colonna cervicale: quasi che sia vigente una sorta di legge… ad patologiam.

"Lesioni e cicatrici"

Si prende atto, a questo punto, che nella nuova formulazione dell'art. 139 comma 2, l'accertamento visivo, cacciato dalla porta (abrogazione del comma 3-quater dell'art. 32 del d.l. 1/2012) è però rientrato dalla finestra. E con precisazioni che non solo nulla chiariscono ma anzi si prestano ad interpretazioni contrastanti che non cesseranno di alimentare confronti dialettici i più vivaci.

Nel merito si propone la seguente lettura.

Come detto, il Legislatore dichiaratamente affida l'accertamento tecnico allo Specialista in Medicina Legale il quale del distinguo fra lesioni e postumi permanenti ne ha sempre fatto una “pietra miliare”. Causa lesiva, lesione e menomazione (temporanea e/o permanente), per ogni medico legale rappresentano i “determinanti del danno”, quest'ultimo rappresentando la conseguenza economicamente valutabile della menomazione (per non dire delle altre eventuali voci di danno). Si tratta di punti fermi inamovibili, risalenti ai primi studi di ordine medico-legale (A. CAZZANIGA, Le basi medico legali per la stima del danno alla persona da delitto e quasi delitto, Milano, 1928; A. CAZZANIGA, C.M. CATTABENI, Medicina legale e delle Assicurazioni, Torino, I^ed. 1962).

Si comprenderà, a questo punto, perché qualsiasi medico legale non può che trasecolare constatando che proprio il suo Legislatore, grossolanamente confonde lesioni con postumi. Come detto, infatti, la nuova formulazione così recita: «In ogni caso, lesioni di lieve entità, che non siano suscettibili di accertamento clinico strumentale obiettivo, ovvero visivo, con riferimento alle lesioni, quali le cicatrici, oggettivamente riscontrabili senza l'ausilio di strumentazioni, non possono dar luogo al risarcimento per danno biologico permanente».

Nel tentativo di chiarire, dunque, il Legislatore si avventura in una esemplificazione (“quali le cicatrici”) confondendo imperdonabilmente il danno permanente, cioè la cicatrice cutanea, con la lesione di lieve entità che ne è all'origine (ferita lacero-contusa, ustione termica, necrosi ischemica locale, altro).

Ed ove non si trattasse di cicatrici cutanee ma comunque di lesioni suscettibili di accertamento visivo senza l'ausilio di strumentazioni? I consuklenti medico legali, per dare il loro irrinunciabile contributo pratico-applicativo nella fase che precede la stima economica del danno, necessitano di chiarezza e non di confuse indicazioni di legge. Punto fermo resti almeno che le lesioni di lieve entità vanno riconosciute in quelle che “probabilmente” esiteranno poi in talune delle menomazioni permanenti tra 1 e 9 punti di invalidità della tabella di cui al Decreto 3 luglio 2003.

Nello stesso malinteso incorre l'Hazan in un contributo, su questa stessa Rivista, volto a fornire chiarezze interpretative della nuova norma. Egli, infatti, così scrive: «A fugare ogni dubbio e a demolire ogni pretestuosa deriva interpretativa .. la legge di riforma ribadisce a chiare lettere l'esistenza di un vero e proprio barrage risarcitorio, costituito dagli accertamenti clinico-strumentali obiettivi; correlativamente si ha cura di escludere qualsiasi tentativo di parificar loro i diversi accertamenti visivi. In modo più coerente e coordinato rispetto al passato, i riscontri visivi vengono, in vero, riportati entro il loro alvo - naturale e piuttosto scontato – di appartenenza: quello in cui l'auto-evidenza della lesione (ad esempio distacco di una falange, cicatrice, perdita di un dente) rende del tutto superfluo l'accertamento strumentale, che nulla aggiungerebbe alla ricostruzione clinica e medico legale del caso … Si tratta dunque di una riforma avente carattere sostanzialmente chiarificatorio ed interpretativo, oltre che sistematico. E dunque non si ritiene che la nuova disposizione introduca una disciplina diversa rispetto al passato, con tutto ciò che ne conseguirebbe in ordine al regime temporale di applicazione del nuovo art. 139. Ciò, comunque, non attutisce l'importanza della novella, ponendo fine, come detto, a letture normative tendenziose, speculative e distorte, oggi precluse dall'abrogazione del comma 3-quater dell'art. 32 e dalla ben circoscritta specificazione di cosa debba intendersi per accertamento visivo».

Dunque, qui si va ben a sottolineare che, secondo la legge, vanno accertati con metodo “clinico strumentale, ovvero visivo”, non il danno biologico permanente, cioè i postumi, ma le lesioni che ne sono all'origine. Nulla di capzioso: solo verità testuale tangibile con mano.

Né si potrebbe sostenere che il Legislatore ricorra alle espressioni “lesioni di lieve entità” e “danno biologico permanente” come fossero sinonimi, atteso che poco sopra nel testo (e nel titolo stesso degli artt. 138 e 139) afferma chiaramente la sussistenza di una precisa differenza fra lesioni e danno (ed anche fra lesioni e postumi così rafforzandone il distinguo).

L'accertamento “visivo”

Cosa poi debba intendersi per accertamento “visivo”, risulta nient'affatto specificato, così come non lo avevano chiarito l'comma 3-quater dell'art. 32 del d.l. 1/2012, la sentenza della Corte Costituzionale (C. Cost. n. 235/2014) e l'ordinanza della stessa Consulta (C. Cost. n. 242/2015).

E, posto che il nuovo comma 2 dell'art. 139 cod. ass. non limita la metodologia di indagine al solo accertamento strumentale e lo estende anche a quello visivo con riferimento alle lesioni oggettivamente riscontrabili senza l'auto di strumentazioni (indicando, come mero esempio, lesioni cutanee che possono esitare in cicatrici), si va a ribadire (come già in precedente contributo dello scrivente, in questa Rivista, già citato) che nessun medico potrebbe seriamente ritenere che, a parte l'uso di strumentazioni, per l'accertamento delle lesioni si dovrebbe ricorre al solo senso della vista e non anche al tatto e all'udito (percezioni sensoriali alla base di ogni accertamento e di ogni evidenza scientifica). Quasi che il medico dovrebbe accostarsi al paziente muto e con le mani dietro la schiena. Si badi bene, poi, che il medico in parola, cui compete la rilevazione/obiettivazione della lesione di lieve entità, non è il medico legale (che arriva “in coda a tutti”) ma il curante (prima eventualmente presso un pronto soccorso ospedaliero, e poi il medico di “base” o altro specialista)!

I più appassionati difensori della pregiudizialità dell'accertamento tecnico strumentale ricorrono sbrigativamente ad una sorta di criterio di autorevolezza riconosciuto nelle sopra richiamate pronunce della Consulta, senza curarsi più di tanto nel dare spiegazioni a cominciare dal significato di accertamento “visivo” (così come non risulta averne date quella Corte).

Ben si comprende, allora, perché la Corte Suprema di Cassazione (Cass. civ., sez. III, sent. n. 18773/2016) abbia sentito la necessita di indicare principi da seguire nelle motivazioni del merito riconoscendo, quali criteri scientifici per l'accertamento/valutazione del danno biologico, quelli tipici della medicina legale, cioè metodi «visivo-clinico-strumentale, non gerarchicamente ordinati tra loro, né unitariamente intesi, ma da utilizzarsi secondo le leges artis, atti a condurre ad una obiettività dell'accertamento stesso che riguardi sia le lesioni sia i relativi postumi se esistenti».

Non di meno si comprende perché, fin dal 2013, l'Osservatorio della Giustizia Civile presso il Tribunale di Milano indicava, alla base del riscontro medico-legale, l'accertamento visivo e/o strumentale e/o a mezzo del richiamo a rilevanti evidenze scientifiche, acquisibili mediante anamnesi, visite mediche, test psico-diagnostici, ulteriori indagini tecniche, eccetera (D. SPERA, Tabelle Milanesi 2013 e danno non patrimoniale, Giuffrè, 2013, 44-54). E, parimenti, perché il Giudice del Tribunale Civile di Padova (Trib. Padova, n. 2892/2016) osservava che «il termine visivamente può allora essere inteso come sinonimo di evidenza scientifica, riguardo il quale risultano quindi ammessi e utilizzabili tutti i criteri della semeiotica, essendo tra l'altro pacifico che il riscontro strumentale sia comunque da considerarsi alternativo rispetto a quello obiettivo».

Tutto ciò a maggior ragione nell'attualità, con il nuovo comma 2 dell'art. 139 cod. ass. che, appunto, dà spazio anche all'accertamento visivo con riferimento alle lesioni oggettivamente riscontrabili senza l'ausilio di strumentazioni.

Conclusioni

Dunque, non resta che riprendere le conclusioni cui già si era pervenuti in precedente contributo su questa stessa rivista: le lesioni di lieve entità (all'origine di danno biologico sia temporaneo sia permanente) devono essere accertate in sede medico-legale, con rigore obiettivo, muovendo dalle rilevazioni (di cui alla documentazione prodotta) cliniche e/o strumentali.

Alle lesioni di lieve entità così accertate, può far seguito solo un danno biologico temporaneo per il cui apprezzamento si andrà a verificare la congruenza di quanto documentato rispetto a quanto insegnato dalla comune esperienza medica a proposito dei tempi di guarigione di lesioni consimili; e laddove sia preteso anche un danno biologico permanente, sempre nel rispetto delle leges artis si dovrà con pari rigore obiettivo verificarne l'esistenza, passando infine alla quantificazione percentualistica nel rispetto della tabella sulle cosiddette micropermanenti di cui al decreto 3 luglio 2003 pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n. 211 dell'11 settembre 2003.

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