Condominio minimo

Vincenzo Nasini
05 Settembre 2017

Con la locuzione «condominio minimo», si indica il condominio composto da due soli partecipanti; per molto tempo è stato controverso se a questo tipo di condominio debba ritenersi applicabile la normativa sul condominio o quella sulla comunione; oggi la giurisprudenza è quasi univocamente orientata per la prima soluzione e da tale premessa derivano importanti conseguenze sul piano della disciplina relativa alla gestione del condominio.
Inquadramento

Dottrina e giurisprudenza riconducono alla nozione di «piccolo condominio» le diverse ipotesi in cui non trovano applicazione tutti gli istituti e tutte le norme di cui agli artt. da 1117 a 1138 c.c. e relative disposizioni di attuazione del codice civile.

Si fanno così rientrare in tale definizione i condomìni con meno di undici partecipanti per i quali l'art. 1138 esclude l'obbligo di formare un regolamento, nonché quelli con meno di nove condomini per i quali l'art. 1129 c.c. esclude l'obbligo di nomina dell'amministratore.

Nel contesto più generale del piccolo condominio, si inquadra poi il cosiddetto condominio minimo,intendendosi con tale locuzione il condominio con due soli partecipanti.

Anche in questo caso, infatti, è ben possibile parlare di «condominio» posto che il regime del condominio negli edifici si instaura per legge in qualsiasi fabbricato «nel quale esistono più piani o porzioni di piano, che appartengano in proprietà esclusiva a persone diverse ed ai quali in forza del rapporto di accessorietà, è legato un certo numero di cose impianti e servizi comuni».

In proposito è utile rammentare che il d.lgs. n. 102/2014 in materia di termoregolazione e contabilizzazione del calore, detta, per la prima volta nella storia della legislazione in materia condominiale, all'art. 2, lettera f), una definizione di condominio secondo la quale è tale «l'edificio con almeno due unità immobiliari di proprietà in via esclusiva di soggetti che sono anche comproprietari delle parti comuni».

Possiamo quindi dire che in forza di tale enunciazione il cosiddetto condominio minimo assurge senza alcun dubbio al novero di condominio sotto ogni profilo, non solo in forza di una giurisprudenza ormai assolutamente prevalente, ma alla luce di una espressa e inequivoca previsione legislativa.

Com'è noto, nel preciso momento in cui l'unico proprietario di un edificio vende un immobile che ne fa parte sorge il condominio, non essendo necessari né un atto costitutivo, né una delibera assembleare.

Dal momento della compravendita del primo immobile si produce ex lege uno stato di contitolarità e sorgono quindi le condizioni di applicabilità degli articoli 1117 ss. c.c.

Pertanto per la costituzione del condominio non assume rilievo il numero dei condomini che il codice civile prende in considerazione, come già detto, solo per determinare i casi in cui è obbligatorio dotarsi di un regolamento (più di dieci condomini) o nominare un amministratore (più di otto condomini).

In evidenza

È quindi ben possibile parlare di «condominio» anche nel caso di condominio con due soli partecipanti.

Il problema, per lungo tempo controverso in dottrina e giurisprudenza, concerneva l'individuazione della disciplina applicabile a tale fattispecie, essendo inizialmente diffusa l'opinione secondo la quale all'istituto si applicassero non le norme di cui agli artt. 1117 ss. c.c. bensì quelle sulla comunione in generale.

E ciò perché, in presenza di due soli condomini risulterebbe impossibile formare le maggioranze richieste dalla legge per la gestione delle parti comuni e in particolare risulterebbe inapplicabile l'art 1136 c.c. riguardante il funzionamento dell'assemblea.

Il fondamento giuridico dell'applicabilità delle norme sul condominio

Il Supremo Collegio ha stabilito che la disciplina dettata dal codice civile per il condominio di edifici trova applicazione anche in caso di condominio minimo anche con riguardo alle disposizioni che regolamentano la organizzazione interna non rappresentando un ostacolo l'impossibilità di applicare in tema di funzionamento dell'assemblea il principio maggioritario.

E' stato osservato infatti che i problemi connessi all'impossibilità per l'assemblea di deliberare a maggioranza possono verificarsi anche in condomìni con un numero di partecipanti superiore a due ad esempio qualora si precostituiscano schieramenti contrapposti di uguale consistenza numerica e rappresentanza millesimale.

Quindi anche nel caso di condominio composto da due soli partecipanti le spese necessarie alla conservazione o alla riparazione della cosa comune devono essere oggetto di regolare delibera adottata previa rituale convocazione dell'assemblea dei condomini della quale non costituisce valido equipollente il mero invito o la mera comunicazione all'altro condomino della necessità di provvedere a determinati lavori.

Il principio della preventiva convocazione e successiva deliberazione dell'assemblea può essere derogato solo qualora sussistano ragioni di particolare urgenza (Cass. civ., sez. II, 3 luglio 2000, n. 8876).

La formazione delle maggioranze

Con l'entrata in vigore della l. n. 220/2012 e le successive modifiche mentre è stata introdotta una specifica disciplina per i c.d. supercondominii e cioè per il caso in cui « … più unità immobiliari o più edifici ovvero più condominii di unità immobiliari o di edifici abbiano parti comuni ai sensi dell'articolo 1117…» e quando i partecipanti siano più di sessanta (artt. 1117-bis c.c. e 67 disp. att. c.c.), nulla è stato stabilito con riferimento al condominio minimo, per il quale permane la disciplina generale stabilita in tema di condominio e di comunione.

Come già osservato il problema principale del condominio minimo attiene alla formazione delle maggioranze previste dall'art. 1136 c.c.

Affinché l'assemblea sia validamente costituita e sia assunta una delibera valida, devono necessariamente aver partecipato e aver votato nello stesso senso entrambi i condomini. Diversamente qualora uno dei due condomini non avesse partecipato, l'assemblea non potrebbe ritenersi costituita validamente. Se invece entrambi i condomini avessero partecipato ma avessero votato in modo difforme, non sarebbe stata assunta una delibera valida ed efficace.

Un precedente orientamento giurisprudenziale riteneva non applicabile al condominio minimo la disciplina del condominio, ma quella della comunione.

La Suprema Corte con la sentenza n. 4721/2001 aveva statuito che se l'assemblea non può deliberare soccorre la disposizione contenuta nell'art 1105, comma 4, c.c., applicabile al condominio in forza del rinvio contenuto nell'art. 1139 c.c. secondo il quale quando non si formano le maggioranze, ciascun partecipante può ricorrere all'autorità giudiziaria.

La sentenza non opera alcuna distinzione con riguardo al tipo di condominio cui la norma è applicabile, ma da un'attenta lettura si può comprendere come nella fattispecie sottoposta a giudizio i condomini erano soltanto due, presentandosi quindi proprio nella fattispecie che ci occupa del condominio minimo.

Sempre al riguardo, Cass. n. 5298/1998 stabiliva che la decisione in tal senso adottata dalla corte di merito «si ispirava ad una corretta applicazione della norma ex art. 1105 c.c. applicabile al c.d. piccolo condominio (ndr rectius condominio minimo) composto di due soli partecipanti per effetto del richiamo contenuto nell'art. 1139 c.c.».

Nel 2006, la Cassazione a Sezioni Unite (sentenza n. 2046) decidendo in merito all'applicabilità dell'art 1134 c.c. al condominio minimo sancisce in un suo obiter dictum che «...l'ipotesi del condominio minimo è del tutto simile ad altre nelle quali la maggioranza in concreto non si forma. Si pensi al caso del condominio composto da più partecipanti in cui gli schieramenti opposti si equivalgono e non si determinano maggioranza e minoranza; oppure al caso di un condominio del pari composto da più partecipanti in cui un impianto risulti destinato al servizio di due soli condomini i quali da soli sono chiamati a deliberare sulla gestione. In entrambi i casi, se in concreto la maggioranza non si forma si ricorre all'autorità giudiziaria ex art. 1105 c.c.».

La giurisprudenza più recente ha affermato che la destinazione funzionale delle parti comuni al servizio delle proprietà esclusive esiste in modo identico in tutte le possibili ipotesi condominiali, indipendentemente dal numero dei partecipanti.

Tale orientamento è stato confermato dalle sezioni unite della Cassazione con sentenza del 30 gennaio 2006, n. 2046 la quale ha definitivamente sciolto ogni dubbio interpretativo in ordine all'applicabilità dell'art. 1136 c.c. anche nell'ipotesi di un condominio costituito da soli due partecipanti.

Ancora più recentemente la Cassazione è tornata sull'argomento con la sentenza Cass. civ., sez. II, 2 marzo 2017, n. 5329, con la quale è stato sancito il principio secondo il quale «nel condominio cd. minimo (formato, cioè, da due partecipanti con diritti di comproprietà paritari sui beni comuni), le regole codicistiche sul funzionamento dell'assemblea si applicano allorché quest'ultima si costituisca regolarmente con la partecipazione di entrambi i condomini e deliberi validamente con decisione unanime, tale dovendosi intendere quella che sia frutto della partecipazione di ambedue i comproprietari; ove, invece, non si raggiunga l'unanimità, o perché l'assemblea, in presenza di entrambi i condomini, decida in modo contrastante, oppure perché, come nella specie, alla riunione - benché regolarmente convocata - si presenti uno solo dei partecipanti e l'altro resti assente, è necessario adire l'autorità giudiziaria, ai sensi degli artt. 1105 e 1139 c.c., non potendosi ricorrere al criterio maggioritario»

Spese sostenute dal partecipante

L'applicabilità al condominio minimo delle norme sul condominio determina alcune conseguenze che meritano di essere approfondite, in primis per quanto concerne il problema della rimborsabilità delle spese sulle parti comuni sostenute da uno dei partecipanti di sua iniziativa.

Infatti, mentre l'art. 1110 c.c. in tema di comunione stabilisce il diritto al rimborso del comproprietario che abbia affrontato spese necessarie per la conservazione della cosa comune sul presupposto della mera negligenza e inerzia da parte degli altri partecipanti alla comunione, al contrario, l'art 1134 c.c. in materia di condominio riconosce il diritto al rimborso per le spese non autorizzate solo nel caso di spesa urgente.

Negligenza o trascuranza in un caso, quindi, urgenza nell'altro.

Tuttavia, nell'ambito della stessa giurisprudenza vi era contrasto su quali norme applicare per determinare a chi tra due unici proprietari spetti il rimborso delle spese anticipate da uno dei condomini ma non formalmente autorizzate per lavori eseguiti sulle parti comuni dell'edificio.

Con la sentenza Cass. civ., sez. II, 18 ottobre 1988, n. 5664, la Corte aveva statuito che «con riguardo al rimborso delle spese fatte da un condomino per le cose comuni, non trova applicazione l'art 1134 c.c. il quale nega il diritto a detto rimborso al condomino in mancanza di autorizzazione dell'amministratore o dell'assemblea salvo che si tratti di spesa urgente, ma la disposizione dell'art 1110 c.c. secondo il quale il presupposto per il rimborso è rappresentato dalla sola condizione che l'amministratore o gli altri partecipanti trascurino di provvedere e quindi anche nel caso di opposizione del compartecipante» (nello stesso senso della applicabilità dell'art. 1110 c.c. si era poi espressa la sentenza Cass. civ., sez. II, 4 agosto 1997, n. 7181).

Per contro la sentenza Cass. civ., sez. II, 16 maggio 1993, n. 5914, si dimostrava di opposto avviso, disponendo che «l'inoperatività nei condomini cd minimi delle norme procedimentali sul funzionamento dell'assemblea condominiale (art 1136 c.c.) non può indurre alla disapplicazione dell'art 1134 c.c. rendendosi applicabile, anche per tali condomini, la disciplina di cui agli artt. 1117-1138 c.c. e solo per quanto non espressamente previsto le norme sulla comunione in generale».

Le ricadute sul piano giuridico e pratico dei due diverse orientamenti sono assai rilevanti atteso che per quanto attiene alle spese urgenti, laddove si configuri la necessità di effettuare un intervento, in assenza del consenso dell'altro condomino, quello che intenda procedere avrà diritto, ai sensi dell'art. 1134 c.c., a richiedere il rimborso solamente se si tratti (e se l'interessato potrà provare) che si trattava di spesa urgente.

Se al contrario si fosse ritenuta applicabile al condominio minimo la disciplina della comunione, il condomino che avesse ritenuto di effettuare l'intervento, nonostante il rifiuto dell'altro condomino o, più semplicemente, per il caso di sua trascuranza, ai sensi dell'art. 1110 c.c. si sarebbe potuto limitare a provare semplicemente che trattavasi di spesa necessaria.

L'amministratore

Come già detto la nomina dell'amministratore è obbligatoria solo se il numero dei partecipanti è superiore a otto (quindi, almeno nove).

In tutti gli altri casi, e quindi anche in quelli di piccolo condominio e di condominio minimo, la nomina è meramente facoltativa.

Peraltro, qualora i due condomini del condominio minimo decidano di nominare un amministratore individuato e scelto di comune accordo, allo stesso sono attribuiti i medesimi poteri e gli stessi doveri (fermi restando i già esaminati aspetti peculiari del condominio minimo) stabiliti dalla legge per l'amministratore in genere.

Altrettanto dicasi per la durata dell'incarico, per il suo rinnovo, per la determinazione analitica del suo compenso nonché per la revoca sia da parte dell'assemblea che dell'autorità giudiziaria.

Il regolamento di condominio

In forza del disposto di cui all'art 1138 c.c., il regolamento di condominio deve essere formato quando il numero dei condomini è superiore a dieci.

Se uno dei partecipanti al condominio minimo titolare di una quota maggiore perchè proprietario di un appartamento di maggiori dimensioni o numero di vani non è favorevole all'approvazione del regolamento di condominio l'altro condomino non avrà alcuna possibilità di conseguire il suo scopo.

Ma anche se i due condomini fossero titolari di quote uguali in caso di disaccordo non si formerebbe la maggioranza di cui all'art. 1136, comma 2, c.c. e pertanto sarebbe possibile, eventualmente, solo il ricorso all'autorità giudiziaria ex art. 1105 c.c.

Le tabelle millesimali

Rimanendo in tema di riparto delle spese, è interessante rammentare che in caso di assenza di tabelle millesimali (circostanza molto frequente in condomìni di così modeste dimensioni) e salvo un diverso accordo tra le parti i condòmini possono anche rivolgersi al tribunale competente per chiedere la formazione giudiziale delle tabelle millesimali.

Ferno restando che i due partecipanti al condominio potrebbero accordarsi per l'adozione di criteri di ripartizione diversi da quelli millesimali (ad esempio in parti uguali).

Le innovazioni

Cass. civ., sez. II, 24 aprile 1975, n. 1604 ha sancito che, ove uno dei partecipanti intenda procedere contro la volontà dell'altro ad innovazioni (nella specie installazione di un ascensore) o in genere ad atti eccedenti l'ordinaria amministrazione, «è applicabile non l'art 1105 c.c. riguardante i soli atti di ordinaria amministrazione, ma l'art 1108 c.c.», con la conseguenza che di fronte alla materiale impossibilità di formare fra due soli condomini la maggioranza prevista da quest'ultima norma, deve escludersi che l'interesse di uno dei due partecipanti all'innovazione o all'atto di straordinaria amministrazione «trovi nell'ordinamento tutela giuridica per superare l'opposizione dell'altro partecipante».

Rappresentanza e convocazione dei partecipanti

Altro aspetto da esaminare con riguardo al condominio minimo attiene al problema della rappresentanza.

È evidente che nessuno dei condomini può rappresentare l'altro se non ha ricevuto espressamente l'incarico.

Non potendosi infatti formare una maggioranza diversa dall'unanimità, ciascun condomino potrà rappresentare sé stesso ma mai l'altro condomino contro la sua volontà, come avviene invece per la minoranza, contraria, nel condominio formato da più di due soggetti. Ciò fermo restando che ciascun condomino è legittimato a compiere tutti gli atti di difesa del proprio diritto.

Qualora i condomini, naturalmente all'unanimità, avessero nominato un amministratore questi avrebbe il potere di rappresentare il condominio, fermo restando sempre che, stante la necessità della preventiva delibera, un'eventuale azione giudiziaria dovrebbe sempre essere deliberata all'unanimità.

L'applicabilità al condominio minimo delle norme sul condominio impone, poi, che siano rispettate tutte le norme relative alla convocazione dell'assemblea.

Entrambi i condòmini devono essere convocati con le modalità e i termini di cui all'art. 66 disp. att. c.c. e con la specifica indicazione dell'ordine del giorno.

Non sarà quindi possibile un mero avvertimento o una comunicazione informale.

Supercondominio

L'art. 67 disp. att. c.c. detta regole particolari in tema di assemblea del supercondominio con più di sessanta partecipanti.

Ora, poiché accade in concreto che anche il condominio minimo faccia parte di un supercondominio, anch'esso è tenuto a designare il proprio rappresentante per la partecipazione alle assemblee per la gestione ordinaria e per la nomina dell'amministratore del supercondominio stesso.

Poichè per la nomina di tale rappresentante è richiesta ex lege la maggioranza di cui al quinto comma dell'art 1136 c.c., é agevole intuire quali difficoltà possano sorgere in concreto qualora i due condòmini del condominio minimo non siano d''accordo sulla scelta del rappresentante.

Il ricorso all'autorità giudiziaria previsto dalla stessa citata norma sarà quasi sempre inevitabile.

Spese di ristrutturazione edilizia e aspetti fiscali

Con riferimento specifico al condominio minimo e alle spese per la ristrutturazione edilizia per le quali è possibile godere delle detrazioni fiscali, l'Agenzia delle Entrate, con la Circolare 3/E del marzo 2016, superate le precedenti indicazioni che affermavano essere necessario attribuire il codice fiscale al condominio minimo, ha stabilito che, per beneficiare dell'agevolazione, il condominio minimo non si dovrà dotare di codice fiscale ma sarà sufficiente che i versamenti siano effettuati da un solo condomino, il cui codice fiscale dovrà essere indicato sulla dichiarazione dei redditi dagli altri beneficiari della detrazione.

Il condomino che effettuerà il bonifico - oltre alla causale normativa e la partita Iva della ditta - indicherà il suo codice fiscale personale.

Lo stesso codice fiscale andrà infine inserito da ciascun condomino, in fase di dichiarazione, sul modello 730 o sull'Unico nell'apposito spazio riservato alle informazioni sugli interventi di recupero del patrimonio edilizio, per la quota di spettanza, utilizzando il codice fiscale del condomino che ha effettuato il relativo bonifico.

CASISTICA

Spese anticipate dal singolo

Nel caso di condominio c.d. minimo, cui non si applicano le norme sul funzionamento dell'assemblea condominiale, ma quelle relative all'amministrazione di beni oggetto di comunione in generale, il rimborso delle spese per la conservazione delle parti comuni anticipate da un condomino resta, però, disciplinato dall'art. 1134 c.c., che riconosce al condomino che abbia sostenuto spese per le cose comuni il diritto al rimborso unicamente ove si tratti di spesa urgente, piuttosto che - non consentendolo l'art. 1139 c.c. - dall'art. 1110 c.c., che fa riferimento al diritto al rimborso delle spese semplicemente necessarie per la conservazione delle cose comuni (Cass. civ., sez. II, 14 aprile 2015, n. 7457).

Ricorso all'autorità giudiziaria

La disposizione dell'art. 1136 c.c. (che regola la costituzione e la validità dell'assemblea e prevede il metodo collegiale) è applicabile anche al condominio composto da due soli partecipanti; se non si raggiunge l'unanimità e non si decide, poiché la maggioranza non può formarsi in concreto è sempre possibile il ricorso all'autorità giudiziaria, siccome previsto ai sensi del collegato disposto degli artt. 1105 e 1139 c.c. (Cass. civ., sez. VI/II, 3 aprile 2012, n. 5288).

Guida all'approfondimento

Rota, Condominio minimo e disciplina applicabile, in Immob. & proprietà, 2009, 430;

Pugliese, Il c.d. condominio minimo e il regime delle spese fatte dal singolo condomino, in Giust. civ., 2007, I, 2605;

Di Franco, Profili giuridici del condominio: in particolare del condominio parziale e del condominio minimo, in Studium iuris, 2007, 646;

Scarpa, Disciplina del “condominio minimo”: duo faciunt collegium?, in Immobili & diritto, 2005, n. 8, 30;

Terzago, Quali norme disciplinano il c.d. “condominio minimo”?, in Immobili & diritto, 2006, n. 4, 29.

Sommario