Parcheggi esterni

Massimo Ginesi
22 Agosto 2017

L'aumento esponenziale dei veicoli circolanti già negli anni sessanta del secolo scorso aveva indotto il legislatore ad intervenire per imporre ai privati che si accingevano a costruire nuovi immobili di creare una superficie destinata a parcheggio, da determinarsi obbligatoriamente in misura percentuale alla cubatura dell'edificio. Gli interventi legislativi si sono stratificati nel tempo, crando una legislazione vincolistica di non univoca interpretazione, che si va ad affiancare alla disciplina civilistica dei beni immobili, fondata invece sulla libera circolazione degli stessi in forza della autonomia privata.
Inquadramento

L'aumento esponenziale dei veicoli circolanti già negli anni sessanta del secolo scorso, rispetto a quanto avveniva all'epoca dell'entrata in vigore del codice civile, aveva indotto il legislatore ad intervenire per imporre ai privati che si accingevano a costruire nuovi immobili di creare una superficie destinata a parcheggio, da determinarsi obbligatoriamente in misura percentuale alla cubatura dell'edificio. Gli interventi legislativi si sono stratificati nel tempo, cerando una legislazione vincolistica di non univoca interpretazione, che si andava ad affiancare, cercando di contemperare le diverse esigenze, alla disciplina civilistica dei beni immobili, fondata invece sulla libera circolazione degli stessi in forza della autonomia privata.

A numerosi interventi legislativi si è affiancata una costante elaborazione giurisprudenziale, che ha cercato di delineare i limiti soggettivi e oggettivi di quel vincolo, la loro incidenza sulle vicende traslative delle aree destinate a parcheggio e la disciplina delle stesse in ambito condominiale, per quegli aspetti che - aldilà del vincolo di natura pubblica - attenessero alla specificità dell'istituto condominiale (mutamento di destinazione, realizzazione di nuove aree, ecc.).

A fronte di una creazione legislativa e di una interpretazione giurisprudenziale che, ad oggi, impone il vincolo di destinazione sulle sole aree che la legge impone come obbligatorie nella realizzazione di nuovi edifici, vincolo che incide sulla funzione di tali spazi ma che ne lascia comunque possibile la circolazione, il legislatore del 2012, nel riformare il testo dell'art. 1117 c.c., ha introdotto anche le aree destinate a parcheggio fra i beni comuni (seppure ai sensi del comma 2 di detta norma), ha espressamente previsto fra le innovazioni c.d. agevolate ai sensi dell'art. 1120, comma 3, n. 2), c.c. i parcheggi destinati a servizio delle unità immobiliari oltre ad introdurre una norma generale sulle modalità del cambio di destinazione d'uso all'art. 1117-ter c.c.

Il parcheggio fra bene di rilevanza pubblica e autonomia privata

La disciplina dei parcheggi pertinenziali ha visto numerosi interventi del legislatore, non sempre fra loro organici. Il primo intervento si rinviene negli anni sessanta del 900: l'art. 18 della l. 6 agosto 1967, n.765 (c.d. legge ponte) aveva introdotto nella c.d. legge urbanistica (l. 17 agosto 1942, n. 1150) l'art. 41-sexies; tale norma imponeva che la costruzione di nuovi edifici privati prevedesse obbligatoriamente la realizzazione di spazi per parcheggi, in misura non inferiore a un metro quadrato per ogni venti metri cubi di costruzione.

La giurisprudenza lesse tali norme in chiave assolutamente vincolistica, pervenendo alla interpretazione che i parcheggi così realizzati costituissero beni a circolazione limitata, caratterizzati da intrasferibilità relativa, che potevano essere alienati solo unitamente all'edificio di cui costituivano pertinenza necessaria; ai privati era vietata ogni deroga a tali disposizione, in quanto volte a soddisfare esigenze di natura pubblica e quindi conformi anche al dettato dell'art. 42 Cost. (Cass. civ., sez. II, 17 dicembre 1984, n. 6600; Cass. civ., sez. II. 21 maggio 2003, n. 7963).

Si è ritenuta possibile, in tali casi, l'alienazione separata del bene solo ove lo stesso rimanesse comunque gravato da un diritto reale d'uso in favore dell'unità principale, volto a realizzare la sottesa esigenza pubblica di ricovero degli autoveicoli privati (Cass. civ., sez. II, 9 novembre 2001, n. 13857)

Tanto tale esigenza era ritenuta imperativa che si è ritenuto nullo anche il contratto di locazione che trasferisse la detenzione del solo bene principale, senza trasferire anche l'uso del parcheggio (Cass. civ., sez. II, 3 ottobre 2005, n. 19308).

Ulteriore intervento legislativo (l. 28 febbraio 1985, n. 47) ha precisato che i parcheggi realizzati secondo la c.d. legge ponte costituiscono pertinenza della costruzione cui accedono ai sensi degli artt. 817, 818 e 819 c.c.; taluni hanno tratto da ciò argomentazioni per sostenere la tesi della non assoluta indissolubilità del vincolo fra parcheggio e bene principale, ma sul punto è intervenuta la Suprema Corte a Sezioni Unite (Cass. civ., sez. un., 18 luglio 1989, n. 3363) che ha chiarito come la natura di pertinenza del parcheggio, specificata dal legislatore nel 1985, non ha affatto natura innovativa, non incidendo sul vincolo di destinazione necessaria di tali aree, che ben potranno essere oggetto anche di alienazione separata, purché rimanga ferma la loro destinazione quale area a parcheggio vincolata all'immobile per il quale è stata realizzata.

Gli interventi del legislatore successivi al 1985 sono stati volti, da un lato, a mantenere fermo il vincolo di destinazione e dall'altro a chiarirne la misura e le modalità di incidenza: la l. 24 marzo 1989, n. 122 (c.d. legge Tognoli) all'art. 2 ha stabilito un nuovo rapporto tra parcheggi e volume costruito, pari ad un metro quadrato per ogni dieci metri cubi di volume edificato, ed ha in tal senso modificato l'art. 41-sexies della l. n. 1150/1942, mentre all'art. 9 ha introdotto la possibilità di realizzare parcheggi pertinenziali nel sottosuolo o al piano terreno degli immobili, anche in deroga agli strumenti urbanistici ed ai regolamenti edilizi vigenti, prevedendo che - ove la decisione fosse da adottare in condominio - poteva essere assunta con la maggioranza agevolata di cui all'art. 1136, comma 2, c.c.; la norma manteneva tuttavia un ferreo legame fra parcheggio e unità immobiliare, prevedendo al comma 5 (art. 9 l. 122/1989) la nullità degli atti di cessione separata.

Vigente tale disciplina, la giurisprudenza aveva evidenziato che eventuali parcheggi che eccedessero la superficie obbligatoria prevista dalla legge si dovevano ritenere di libera circolazione (Cass. civ., sez. un., 15 giugno 2005, n. 12793).

Sul testo dell'art. 9 della l. n. 122/1989 il legislatore è più volte intervenuto e l'attuale formulazione, in vigore dal 7 aprile 2012, deriva dalle modifiche apportate dal d.l. 9 febbraio 2012, n. 5, convertito con modificazioni, nella l. 4 aprile 2012, n. 35, e prevede che: «Fermo restando quanto previsto dall'art. 41-sexies della legge 17 agosto 1942, n. 1150, e successive modificazioni, e l'immodificabilità dell'esclusiva destinazione a parcheggio, la proprietà dei parcheggi realizzati a norma del comma 1 può essere trasferita, anche in deroga a quanto previsto nel titolo edilizio che ha legittimato la costruzione e nei successivi atti convenzionali, solo con contestuale destinazione del parcheggio trasferito a pertinenza di altra unità immobiliare sita nello stesso Comune. I parcheggi realizzati ai sensi del comma 4 non possono essere ceduti separatamente dall'unità immobiliare alla quale sono legati da vincolo pertinenziale e i relativi atti di cessione sono nulli, ad eccezione di espressa previsione contenuta nella convenzione stipulata con il Comune, ovvero quando quest'ultimo abbia autorizzato l'atto di cessione».

Ulteriore modifica è intervenuta con il d.l. 21 giugno 2013, n. 69, convertito con l. 9 agosto 2013, n. 98, che ha modificato l'art. 9 della l. n. 122/1989 e introdotto la libera circolazione anche del solo vincolo, statuendo che «La disposizione di cui al primo periodo si applica anche in caso di trasferimento del solo vincolo di pertinenzialità dei parcheggi realizzati ai sensi del comma 1».

La l. 15 maggio 1997, n. 127 (c.d. Bassanini-bis) ha modificato l'art. 9 della legge Tognoli, prevedendo la possibilità di realizzare detti parcheggi - ad uso dei residenti - non solo nel sottosuolo degli edifici ma anche nel sottosuolo di aree pertinenziali esterne.

La l. 28 novembre 2005, n. 246 è invece intervenuta sull'art. 41-sexies della l. n. 1150/1942, escludendo la sussistenza di qualunque vincolo di pertinenzialità.

Oggi l'art. 1117 c.c., a seguito della novella del 2012, prevede espressamente fra le parti comuni le aree destinate a parcheggio.

Le diverse tipologie di parcheggio oggi configurabili

Dalla articolata congerie normativa sopra evidenziata deriva che oggi possono individuarsi diverse tipologie di parcheggio, con diverso status giuridico:

  • I c.d. parcheggi legge ponte: Aree soggette ad un vincolo di destinazione di natura pubblicistica ex art. 41-sexies l.n. 1150/1942, per le quali si è sostenuto che fossero soggette ad un diritto di uso di natura reale, in forza del quale le stesse devono essere necessariamente destinate a parcheggio ed a pertinenza delle unità per cui sono costruite, qualifica poi espressamente introdotta ex lege nel 1985 (Cass. civ., sez. un., 18 luglio 1989, n. 3363). La successiva l. n. 246/2005 ha escluso la natura pertinenziale di dette aree, di talché la giurisprudenza di legittimità ha inteso che a far data dal 2005 non deve ritenersi vincolante che di detti parcheggi fruiscano i proprietari degli appartamenti in relazione alle quali furono costruite oppure altri soggetti, e che - nel rispetto di tale vincolo di destinazione - possono essere alienate anche separatamente dalla unità cui ineriscono. In tal caso, pur divenendo il bene di proprietà altrui, rimarrà comunque integro il vincolo di destinazione a parcheggio (Cass. civ., sez. II, 21 novembre 2016, n. 23669). Si tratta di aree che vengono concepite e realizzate contestualmente al fabbricato.
  • I c.d. parcheggi legge Tognoli: previsti dall'art. 9 della l. n. 122/1989, si trattava di parcheggi che, nella previsione iniziale della legge, integravano aree soggette a destinazione d'uso vincolata e a circolazione limitata e correlata a quella del bene principale, senza che fosse dato disporne separatamente (a pena di nullità dell'atto): si tratta di parcheggi da realizzare in fabbricati già esistenti, nel sottosuolo dell'edificio o di pertinenze esterne, oppure al piano terreno o - ancora - su aree comunali o nel sottosuolo di esse, previa stipulazione di convenzione; l'attuale formulazione della legge, come risultante dagli interventi più recenti, sopra ricordati, consente la libera circolazione sia del bene che del vincolo, purché la funzione di parcheggio rimanga esplicata nei confronti di un bene immobile sito nello stesso comune.
  • I c.d. parcheggi liberi: sono quelli edificati oltre i limiti stabiliti dalle norme precedenti, ovvero oltre la superficie obbligatoriamente prevista dalla c.d. legge ponte e dalle successive modificazioni, che - salvo espressi oneri e limitazioni stabilite in atti di convezione con l'autorità al momento della richiesta di concessione edilizia - costituiscono beni la cui circolazione è totalmente libera (Cass. civ., sez. un., 15 giugno 2005, n. 12793).

Parcheggi condominiali, innovazioni e mutamento di destinazione d'uso

Il tema dei parcheggi soggetti a legislazione vincolistica, che come si è visto ha rilevanti implicazioni pubbliche, vede anche una sua specifica dimensione all'interno del condominio.

La formulazione dell'art. 1117, n. 2), c.c., conseguente alla riforma del 2013, annovera le aree destinate a parcheggio fra le parti comuni. E' plausibile che in tale definizione possano entrare tutte quelle zone adibite a parcheggio comune, dovendosi invece ritenere riconducibili alle proprietà solitarie quelle che rientrano nel regime vincolistico pertinenziale che - per disposizione pubblica - vedono un necessario nesso fra area destinata a parcheggio e unità immobiliare; in tali ipotesi si è riconosciuta legittimazione a far valere tale vincolo di destinazione ai singoli condomini e non all'amministratore del condominio (Cass. civ., sez. II, 31 marzo 2014, n. 7516; Cass. civ., sez. II, 30 marzo 2012, n. 5144).

In tale previsione rientrano certamente anche le aree costruite in eccedenza rispetto al minimo richiesto dalla legislazione vincolistica, per le quali anche recentemente la giurisprudenza ha ritenuto che tali parcheggi possano essere riservati a sé dall'originario costruttore, divenire parte comune del costituendo condominio oppure essere cedute a terzi (Cass. civ., sez. II, 3 febbraio 2012, n. 1664).

Si è osservato che la norma dell'art. 41-sexies della l. 17 agosto 1942, n. 1150 si limita a prescrivere, per i fabbricati di nuova costruzione, la destinazione obbligatoria di appositi spazi a parcheggi in misura proporzionale alla cubatura totale dell'edificio, e che ciò comporta il sorgere un diritto reale d'uso sugli spazi predetti a favore di tutti i condomini dell'edificio, senza imporre all'originario costruttore alcun obbligo di cessione in proprietà degli spazi in questione. Ne deriva che, ove l'azione per il riconoscimento del diritto reale d'uso sia stata proposta da uno solo dei condomini, il giudice potrebbe individuare un preciso spazio fisico per la sosta dei veicoli del condomino attore, mentre il costruttore del complesso immobiliare, potrebbe astrattamente usucapire la rimanente parte dell'area vincolata (Cass. civ., sez. II, 27 gennaio 2012, n. 1214).

Con riferimento alle aree esterne dell'edificio si è anche evidenziato che le stesse, in assenza di diversa disposizione contenuta nel titolo, possono ritenersi comuni ex art. 1117 c.c. in quanto soggette alla speciale normativa urbanistica dettata dall'art. 41-sexies della l. n. 1150/1942, introdotto dall'art. 18 della l. n. 765/1967, ove venga accertato che sia destinata a parcheggio secondo la prescrizione della concessione edilizia e sia stata effettivamente destinata a tale uso. E' tuttavia onere di chi vanti tale diritto di uso dimostrare che la stessa sia compresa nell'ambito dell'apposito spazio riservato, trattandosi di elemento costitutivo del relativo diritto (Cass. civ., sez. II, 8 marzo 2017, n. 5831).

A tal proposito si è sostenuto che sussiste la facoltà da parte dei proprietari acquirenti degli appartamenti dell'immobile di ottenere in via giudiziale il riconoscimento del diritto di usufruire dell'area di parcheggio nonostante la riserva di proprietà in favore dell'alienante, originario proprietario dell'edificio, e che tale diritto non è condizionato al previo accordo sul prezzo, salvo in ogni caso la dovuta integrazione del corrispettivo da parte degli acquirenti ove nell'atto originario non ne fosse stato stabilito il relativo prezzo (Cass. civ., sez. II, 10 gennaio 2011, n. 346).

Le aree destinate a parcheggio hanno notevoli riflessi nella disciplina condominiale anche per quanto attiene la loro realizzazione in epoca successiva alla costruzione dell'edificio.

Si è visto che l'art. 9 della legge Tognoli, nella formulazione attualmente vigente, consente la realizzazione di parcheggi nel sottosuolo dell'edificio e la relativa deliberazione può essere adottata, nonostante si tratti di innovazione, con le maggioranze di cui all'art. 1136, comma 2, c.c.

La norma richiama anche il disposto di cui all'art. 1120, ultimo comma, c.c. e dell'art. 1121, comma 3, c.c., facendone salva la portata.

Ne deriva che le innovazioni volte alla realizzazione di parcheggi interrati nel condominio, a mente dell'art. 1120 c.c., non potranno comunque comportare pregiudizio alla stabilità o alla sicurezza del fabbricato, alterarne il decoro architettonico o rendere talune parti dell'edifico inservibili all'uso o al godimento anche di un solo condomino; allo stesso tempo, ai sensi dell'art. 1121 c.c., dovranno consentire a coloro che non abbiano inteso partecipare sin dall'inizio alla innovazione di effettuare il successivo subentro. A tal proposito si è osservato che i condomini potranno deliberare la realizzazione di parcheggi pertinenziali nel sottosuolo del condominio anche in numero inferiore a quello della totalità dei componenti, essendo i dissenzienti tenuti a rispettare la sottrazione dell'uso dell'area comune a seguito della destinazione a parcheggio; tuttavia tale sottrazione sarà ammessa solo ove venga assicurata anche ai condomini dissenzienti la possibilità di realizzare, in futuro, nella zona comune rimasta libera, un analogo parcheggio pertinenziale della propria unità immobiliare di proprietà esclusiva, in modo da garantire a tutti il godimento del sottosuolo secondo la sua normale destinazione (Cass. civ., sez. II, 18 settembre 2009, n. 20254).

Oggi la possibilità di procedere ad innovazioni con maggioranza agevolata in tema di parcheggi, anche al di fuori dei limiti previsti dalla legge Tognoli, è espressamente prevista dall'art. 1120, comma 2, n. 2), c.c. nel testo introdotto dalla riforma del 2013, che espressamente prevede fra le innovazioni c.d. agevolate «la possibilità di realizzare parcheggi destinati a servizio delle unità immobiliari o dell'edificio», per le quali le relative delibere possono essere assunte ai sensi dell'art. 1136, comma 2, c.c.

Va tuttavia osservato che la norma rischia di rimanere una mera petizione di principio, sia perché l'incipit della norma prevede che ciò debba avvenire nel rispetto della normativa di settore, sicché la previsione generica sarebbe comunque da ricondursi alla disciplina a carattere pubblico sin qui esaminata sia, ancor più, perché la realizzazione di parcheggi, quale innovazione, presuppone necessariamente - per lo stesso significato giuridico del termine innovazione - la trasformazione di un bene comune preesistente e destinato ad altro uso; rimane infine oscuro come possa la maggioranza decidere di destinare un bene comune, quale è quello oggetto di innovazione, a servizio delle singole unità immobiliari.

La trasformazione di aree comuni in parcheggio, antecedentemente alla riforma del 2013, è stata ritenuta lecita dalla giurisprudenza solo ove la trasformazione riguardasse una parte marginale del bene, si da non sottrarlo alla sua funzione naturale anche per un solo condomino (Trib. Roma 24 gennaio 2017), oppure non mutasse sostanzialmente la natura dello stesso, di talché è stata ritenuta lecita la trasformazione da cortile ad area di parcheggio per identità sostanziale di funzione (Cass. civ., sez. II, 15 giugno 2012, n. 9877; Cass. civ., sez. II, 29 dicembre 2004, n. 24146), mentre è stata ritenuta lesiva dei diritti del singolo la trasformazione che mutasse radicalmente la fruibilità del bene, quale la trasformazione del giardino comune in area di parcheggio (Cass. civ., sez. II, 12 luglio 2011, n. 15319; Cass. civ., sez. II, 14 novembre 1977, n. 4922).

A fronte di tali orientamenti, deve oggi aversi riguardo anche al disposto dell'art. 1117-ter c.c. che, con le altissime maggioranze (4/5) ed il particolare procedimento previsto dalla norma, consente - seppur con il consenso quasi totalitario - di mutare la destinazione d'uso del bene, per esigenze di natura comune, anche a scapito dei diritti del singolo, posto che la norma di recente introduzione fa salvi unicamente la stabilità, la sicurezza e il decoro del fabbricato condominiale.

Obblighi del costruttore e usucapione degli spazi

La peculiare natura delle aree in esame non ha incidenza diretta sui vincoli obbligatori fra le parti, sicché si è reiteratamente affermato in giurisprudenza che, ove il costruttore - salvo diverse pattuizioni contrattuali - non abbia realizzato tali aree, non compete agli acquirenti/condomini alcuna azione nei suoi confronti, se non il risarcimento del danno ove tale omissioni concreti violazione di norme urbanistiche (Cass. civ., sez. II, 23 febbraio 2012, n. 2742; Cass. civ., sez. II, 20 novembre 2006, n. 24572).

Allo stesso modo si è affermato che tali aree, fermo il vincolo di destinazione e d'uso che le grava, possono essere liberamente usucapite (Cass. civ., sez. II, 22 aprile 2016, n. 8220).

CASISTICA

Parcheggi in eccedenza rispetto allo spazio minimo

I parcheggi realizzati in eccedenza rispetto allo spazio minimo richiesto dall'art. 2 della l. 24 marzo 1989, n. 122 non sono soggetti a vincolo pertinenziale a favore delle unità immobiliari del fabbricato. Ne consegue che l'originario proprietario-costruttore del fabbricato può legittimamente riservarsi, o cedere a terzi, la proprietà di tali parcheggi, nel rispetto del vincolo di destinazione nascente da atto d'obbligo (Cass. civ., sez. II, 3 febbraio 2012, n. 1664).

Individuazione delle aree vincolate

È legittima la motivazione della sentenza di merito che ha accertato il diritto reale d'uso per parcheggio di autovetture in capo al singolo condomino su un'area da staccarsi dalla maggior superficie del piano cantinato del fabbricato, dovendosi rilevare l'esistenza di un vincolo pubblico di destinazione soggettivo in favore degli utilizzatori dello stabile nell'ambito dei parcheggi condominiali riconducibili alla disciplina della c.d. legge ponte, là dove deve ritenersi che il costruttore abbia violato la proporzione tra volumetria e area riservata a parcheggio, perché ha considerato soltanto la volumetria degli appartamenti venduti a terzi e non anche quella di tutto l'edificio (Cass. civ., sez. II, 4 febbraio 2016, n. 2236).

Irretroattività delle modifiche in tema di trasferibilità

In tema di disciplina legale delle aree destinate a parcheggio, l'art. 12, comma 9, della l. n. 246/2005, che ha modificato l'art. 41-sexies della l. n. 1150/1942 in base al quale gli spazi per parcheggio possono essere trasferiti in modo autonomo rispetto alle altre unità immobiliari, trova applicazione soltanto per il futuro, vale a dire per le sole costruzioni non realizzate o per quelle per le quali, al momento della sua entrata in vigore, non erano ancora state stipulate le vendite delle singole unità immobiliari; l'efficacia retroattiva della norma va infatti esclusa, in quanto, da un lato, non ha natura interpretativa, per mancanza del presupposto necessario a tal fine, costituito dalla incertezza applicativa della disciplina anteriore, e, dall'altro, perché le leggi che modificano il modo di acquisto dei diritti reali o il contenuto degli stessi non incidono sulle situazioni maturate prima della loro entrata in vigore (Cass. civ., sez. II, 13 gennaio 2010, n. 378).

Tutela risarcitoria e ripristinatoria

In tema di spazi riservati a parcheggio nei fabbricati di nuova costruzione, il vincolo previsto al riguardo dall'art. 41-sexies della l. n. 1150/1942, introdotto dall'art. 18 della legge n. 765/1967, è subordinato alla condizione che l'area scoperta esista e non sia stata adibita a un uso incompatibile con la sua destinazione: qualora lo spazio, pur previsto nel progetto autorizzato, non sia stato riservato a parcheggio in corso di costruzione e sia stato invece utilizzato per realizzarvi manufatti od opere di altra natura, non può farsi ricorso alla tutela ripristinatoria di un rapporto giuridico mai sorto, ma semmai a quella risarcitoria, atteso che il contratto di trasferimento delle unità immobiliari non ha avuto ad oggetto alcuna porzione dello stesso. Pertanto, quando con la costruzione dell'edificio sia stata data integrale attuazione alla licenza edilizia, diviene operante il vincolo costituito sull'adiacente terreno rimasto inedificato, sicché - mentre sono ininfluenti le diverse previsioni dello strumento urbanistico sopravvenuto - il diritto attribuito ex lege ai proprietari delle singole unità immobiliari, avendo natura di diritto reale, può estinguersi per non uso soltanto con il decorso di venti anni, fermo restando peraltro il vincolo di destinazione che ha carattere pubblicistico e permanente (Cass. civ., sez. II, 22 febbraio 2006, n. 3961).

Legge applicabile ratione temporis

In materia di spazi destinati a parcheggio, la normativa di riferimento è quella del momento della costruzione degli stessi e non della vendita dell'immobile del quale sono pertinenze, vendita che potrebbe intervenire anche a distanza di decenni dalla costruzione (Cass. civ., sez. II, 30 giugno 2016, n. 13445).

Guida all'approfondimento

Re, La Cassazione e i parcheggi pertinenziali, in Immob. & proprietà, 2016, 631;

Torroni, Posti auto legge Ponte e posti auto Legge Tognoli: doppio tentativo di liberalizzazione, in Riv. notar., 2014, 1044;

Ieva, La nuova disciplina dei parcheggi pertinenziali, in Urbanist. e appalti, 2013, 268;

Costantino, La “liberalizzazione” dei trasferimenti degli spazi per parcheggi di cui all'art. 41-sexies, legge n. 1150 del 1942 (impune lucrare, alias destruere), in Contr. impr., 2007, 1459;

Ruotolo, Il regime di circolazione dei parcheggi “ponte” dopo la legge di semplificazione del 2005 (L'art. 12, comma 9 della legge 28 novembre 2005, n. 246), in Studi e materiali del Consiglio Nazionale Notariato, Milano, 2006, 1250;

Falcione, La circolazione giuridica degli spazi condominiali di parcheggio, in Giur. it., 1995, I, 2081;

Lapertosa, Posto auto: pertinenza necessaria dell'appartamento, in Foro pad., 1994, I, 72;

Bassan, Il parcheggio come pertinenza obbligatoria, in Foro pad., 1994, I, 303;

Altieri, Brevi osservazioni in tema di vendita di spazi destinati a parcheggio, alla luce dei più recenti interventi legislativi, in Riv. giur. sarda, 1994, I, 280;

Alianello, Le aree per i parcheggi: l'art. 18 l. n. 675 del 1967 ed autonomia contrattuale secondo la giurisprudenza, in Giur. it., 1985, I, 1057;

Costanza, Vincoli di destinazione e durata dei diritti reali, in Giust. civ., 1985, I, 2016;

Triola, In tema di aree condominiali di parcheggio, in Giust. civ., 1983, 1862.

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