Macropermanenti e risarcimento autonomo del danno morale

Redazione Scientifica
25 Ottobre 2017

L'esclusione della sofferenza psichica transeunte dal risarcimento del danno contrasta con i principi di diritto affermati dalla Suprema Corte secondo cui, nel caso di lesioni di macro permanenti, il danno morale costituisce una lesione non patrimoniale da risarcire autonomamente rispetto al danno biologico e al danno esistenziale.

IL CASO Un uomo muore in un sinistro stradale la cui responsabilità è attribuita in via esclusiva alla condotta colposa dell'altro conducente. Gli eredi della vittima ottengono in primo grado un risarcimento liquidato in misura proporzionale alla durata effettiva della vita del de cuius, mentre la Corte d'appello di Perugia, riformando parzialmente la decisione del Tribunale, rigetta il ricorso proposto dagli eredi volto ad ottenere un maggior risarcimento per il danno morale soggettivo e biologico patito dal danneggiato in conseguenza del sinistro.

DURATA EFFETTIVA DELLA VITA La Corte territoriale aveva rilevato come il danno fosse stato correttamente liquidato secondo un criterio tabellare in modo unitario, sulla base del pregiudizio concreto subito dal de cuius in considerazione della durata effettiva della sua vita e non della durata probabile in base al dato statistico delle aspettative di vita, confermando la giurisprudenza di legittimità che considera la categoria di danno non patrimoniale come unitaria, volta ad evitare duplicazioni risarcitorie dovute alle diverse nomenclature delle voci descrittive del medesimo danno.

RISARCIBILITÀ DEL DANNO DA SOFFERENZA PSICHICA I ricorrenti avevano dedotto violazione dell'art. 2059 c.c. in relazione all'art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c. per non aver il giudice d'appello risarcito il danno morale soggettivo, bensì solo il biologico, non avendo ritenuto liquidabile il danno da sofferenza psichica transeunte. Richiamano la giurisprudenza formatasi anche dopo le Sentenze di San Martino, che aveva riconosciuto valore autonomo alla sofferenza morale, pura, distinta sia dal danno biologico che dal danno esistenziale.

DANNO BIOLOGICO E DANNO MORALE: VOCI DISTINTE La Suprema Corte considera fondato il motivo di ricorso, e dichiara che l'esclusione della sofferenza psichica transeunte si pone in contrasto con i principi di diritto affermati dalla medesima Cassazione secondo cui, nel caso di lesioni di non lieve entità e dunque al di fuori dell'ambito applicativo delle lesioni c.d. micropermanenti (art. 139 cod. ass.) «il danno morale costituisce una lesione non patrimoniale da tenere distinta sia dal danno biologico che dal danno nei suoi aspetti dinamico-relazionali ex art. 138 cod. ass., con la conseguenza cha va risarcito autonomamente, ove provato, senza che ciò comporti alcuna duplicazione risarcitoria» (Cass. civ., sez. III, n. 11851/2015).

LE SEZIONI UNITE DEL 2008 La Cassazione ricorda che le Sentenze di San Martino non avevano infatti inteso escludere dalla quantificazione del danno non patrimoniale il danno morale; il loro obiettivo era «ribadire il fondamentale principio di tendenziale integrale corrispondenza tra entità del pregiudizio e liquidazione dell'importo risarcitorio». Inoltre, interventi normativi recenti (d.P.R. 3 marzo 2009 n. 37 e d.P.R. 30 ottobre 2009 n. 181), hanno separato, da un punto di vista concettuale prima ancora che giuridico, la voce di danno biologico da quella di danno morale. Di tale distinzione, prosegue la Corte, «il Giudice di merito non può prescindere nella liquidazione del danno non patrimoniale» (ex multis, Cass. civ., sez. III, 3 ottobre 2013 n. 22585 e Cass. civ., sez. III, 20 aprile 2016 n. 7766).

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