Continenza di cause: il caso della contemporanea pendenza tra l'azione monitoria e quella di accertamento del credito

Giusi Ianni
25 Ottobre 2017

La Suprema Corte si occupa della contemporanea pendenza, dinanzi a diversi Tribunali, di due cause aventi ad oggetto, rispettivamente, l'accertamento della titolarità di un credito e la stessa esistenza di quel credito, affermata da un decreto ingiuntivo opposto dal soggetto ingiunto.
Massima

Ai sensi dell'art. 39, comma 2, c.p.c., la continenza di cause ricorre non solo quando due cause siano caratterizzate da identità di soggetti (identità non esclusa, peraltro, dalla circostanza che in uno dei due giudizi sia presente anche un soggetto diverso) e di titolo e da una differenza quantitativa dell'oggetto, ma anche quando fra le cause sussista un rapporto di interdipendenza, come nel caso in cui siano prospettate, con riferimento ad un unico rapporto negoziale, domande contrapposte o in relazione di alternatività e caratterizzate da una coincidenza soltanto parziale delle "causae petendi", nonché quando le questioni dedotte con la domanda anteriormente proposta costituiscano il necessario presupposto (alla stregua della sussistenza di un nesso di pregiudizialità logico-giuridica) per la definizione del giudizio successivo, come nell'ipotesi in cui le contrapposte domande concernano il riconoscimento e la tutela di diritti derivanti dallo stesso rapporto e il loro esito dipenda dalla soluzione di una o più questioni comuni.

Il caso

La NTM S.p.a. adiva il Tribunale di Bergamo al fine di sentir accertare la titolarità del diritto di credito derivante da alcune fatture emesse dalla BM S.p.a. per l'importo di Euro 2.934.128,32, in modo da individuare il soggetto attivo legittimato a richiederle il pagamento tra Monte dei Paschi di Siena Leasing & Factoring - Banca per i servizi finanziari alle imprese S.p.a. (di seguito solo MPS) e la citata BM s.p.a., nonché al fine di ottenere una pronuncia su una serie di altre domande connesse all'accertamento principale richiesto.

Costituendosi in giudizio, MPS allegava la pendenza innanzi al Tribunale di Siena di un giudizio avente ad oggetto l'opposizione proposta da NTM s.p.a. avverso il decreto ingiuntivo ottenuto dalla stessa MPS per il pagamento della stessa somma di Euro 2.912.394,00, oggetto di azione di accertamento dinanzi al Tribunale di Bergamo.

Il Tribunale di Bergamo, con ordinanza del 6 aprile 2016 rilevava che, ai sensi dell'art. 39, comma 2, c.p.c. la continenza di cause ricorre non solo quando due cause siano caratterizzate da identità di soggetti (identità non esclusa, peraltro, dalla circostanza che in uno dei due giudizi sia presente anche un soggetto diverso) e di titolo e da una differenza quantitativa dell'oggetto, ma anche quando fra le cause sussista un rapporto di interdipendenza, come nel caso in cui siano prospettate, con riferimento ad un unico rapporto negoziale, domande contrapposte o in relazione di alternatività e caratterizzate da una coincidenza soltanto parziale delle causae petendi, nonché quando le questioni dedotte con la domanda anteriormente proposta costituiscano il necessario presupposto (alla stregua della sussistenza di un nesso di pregiudizialità logico-giuridica) per la definizione del giudizio successivo, come nell'ipotesi in cui le contrapposte domande concernano il riconoscimento e la tutela di diritti derivanti dallo stesso rapporto ed il loro esito dipenda dalla soluzione di una o più questioni comuni.

Così interpretata la nozione di continenza, il Tribunale di Bergamo riteneva che: a) il giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo, pendente innanzi al Tribunale di Siena, presupponeva che fosse preliminarmente accertato l'effettivo titolare del diritto di credito azionato in sede monitoria; b) l'accertamento promosso innanzi al Tribunale di Bergamo si poneva in un rapporto di pregiudizialità logico-giuridica rispetto all'azione monitoria ed alla conseguente causa di opposizione; c) nel rispetto dei criteri indicati dall'art. 39 c.p.c., il giudice previamente adito doveva considerarsi il Tribunale di Siena, dovendosi il giudizio introdotto con ricorso per decreto ingiuntivo ritenere pendente alla data di deposito di quest'ultimo; d) le domande diverse ed ulteriori pure proposte nel giudizio promosso innanzi al Tribunale di Bergamo, in ogni caso, dovevano ritenersi connesse alla prioritaria individuazione dell'effettivo titolare del credito, rappresentando siffatto accertamento un prius logico per la decisione di tutte le domande svolte in causa, accertamento che - per le indicate ragioni di continenza - doveva essere svolto dal Tribunale di Siena, modo da evitare il rischio (concreto) di un conflitto tra giudicati.

Per questi motivi, il Tribunale di Bergamo dichiarava d'ufficio, ai sensi dell'art. 38, comma 2, c.p.c. la propria incompetenza in favore del Tribunale di Siena previamente adito.

Avverso tale ordinanza la N.T.M. proponeva regolamento di competenza.

La questione

Il caso postosi all'attenzione della Suprema Corte (adita in sede di regolamento di competenza) riguarda la contemporanea pendenza, dinanzi a diversi Tribunali, di due cause aventi ad oggetto, rispettivamente, l'accertamento della titolarità di un credito e la stessa esistenza di quel credito, affermata da un decreto ingiuntivo opposto dal soggetto ingiunto, sul presupposto della ritenuta non debenza delle relative somme.

Le soluzioni giuridiche

A definizione dell'interposto regolamento di competenza, la Suprema Corte ha ritenuto corretta la decisione del Tribunale di Bergamo, riconoscendo un effettivo rapporto di continenza tra la domanda di accertamento prendente dinanzi a quel Tribunale (e le domande a questa connesse) e il giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo pendente dinanzi al Tribunale di Siena. Al Tribunale di Bergamo, infatti, NTM s.p.a. chiedeva accertarsi la titolarità - in capo a MPS oppure in capo a BM s.p.a. - del credito portato da alcune fatture, sulla base delle quali MPS aveva ottenuto decreto ingiuntivo dal Tribunale di Siena; decreto ingiuntivo avverso il quale BM s.p.a. aveva proposto opposizione, chiedendo, tra l'altro, che fosse dichiarata non dovuta a MPS la somma ingiunta.

Nel motivare il proprio convincimento, la Suprema Corte evidenzia, anzitutto, che doveva ritenersi sussistente identità tra le parti della causa di opposizione a decreto ingiuntivo e quelle del giudizio di accertamento della titolarità dello stesso credito pendente davanti al Tribunale di Bergamo, essendo irrilevante che nel giudizio pendente davanti a quest'ultimo fosse presente anche altra società; ciò alla luce del costante orientamento della stessa giurisprudenza di legittimità secondo cui la "identità di parti" costituente uno dei presupposti legittimanti della connessione, ex art. 39, comma 2, c.p.c. non è esclusa dalla circostanza che in uno dei due giudizi sia presente anche un soggetto diverso (Cass. civ., sez. III, ord., 1 luglio 2005, n. 14078; Cass. civ., Sez. Un., ord., 1 ottobre 2007, n. 20596 e n. 20599).

Osserva, altresì, che ai sensi dell'art. 39, comma 2, c.p.c. la continenza di cause deve ritenersi ricorrente non solo quando due cause siano caratterizzate da identità di soggetti (identità non esclusa, appunto, dalla circostanza che in uno dei due giudizi sia presente anche un soggetto diverso) e di titolo e da una differenza quantitativa dell'oggetto, ma anche quando fra le cause stesse sussista un rapporto di interdipendenza, come quando vengano prospettate, con riferimento ad un unico rapporto negoziale, domande contrapposte o in relazione di alternatività e caratterizzate da una coincidenza soltanto parziale delle causae petendi o come quando le questioni dedotte con la domanda anteriormente proposta costituiscano il necessario presupposto (alla stregua della sussistenza di un nesso di pregiudizialità logico-giuridica) per la definizione del giudizio successivo, perché il loro esito dipenda dalla soluzione di una o più questioni comuni (Cass. civ., Sez. Un., ord., 1 gennaio 2007, n. 20596 e n. 20597; Cass. civ., sez. VI, ord., 14 luglio 2011, n. 15532; Cass. civ.,sez. VI, ord., 23 maggio 2012, n. 8188; Cass. civ.,sez. VI, ord., 31 ottobre 2013, n. 24668).

Poiché, quindi, rispetto alla vicenda di specie sussisteva un nesso di pregiudizialità tra i due giudizi, nel senso appena richiamato, correttamente il Tribunale di Bergamo aveva riconosciuto la continenza tra esse, rimettendo le parti dinanzi al Tribunale di Siena (da considerarsi preventivamente adito sulla base della data di deposito del ricorso per ingiunzione, quale attività idonea a determinare la pendenza della lite ai sensi dell'art. 39 c.p.c., nella formulazione vigente a seguito delle modifiche apportate dalla l. 18 giugno 2009, n. 69.).

Osservazioni

Ai sensi dell'art. 39, comma 2, c.p.c. nel caso di continenza di cause, «se il giudice preventivamente adito è competente anche per la causa proposta successivamente, il giudice di questa dichiara con ordinanza la continenza e fissa un termine perentorio entro il quale le parti debbono riassumere la causa davanti al primo giudice. Se questi non è competente anche per la causa successivamente proposta, la dichiarazione della continenza e la fissazione del termine sono da lui pronunciate». Caso tipico di continenza è quella cd. quantitativa, che ricorre quando due azioni, pendenti contemporaneamente dinanzi a giudici diversi, abbiano lo stesso elemento soggettivo e la stessa causa petendi, differendo tra loro solo nell'ampiezza del petitum, nel senso che l'oggetto di un processo è più ampio e tale da ricomprendere in sé anche le domande proprie dell'altro processo. É, tuttavia, ormai pacifico in seno alla giurisprudenza di legittimità (dato l'avallo di Cass., Sez. Un., ord.,1° ottobre 2007, n. 20596 e delle conformi ordinanze nn. 20598/2007 e 20600/2007 adottate dalle Sezioni Unite in pari data) che la continenza ricorra anche quando fra due cause sussista un rapporto di interdipendenza, come nel caso in cui siano prospettate, con riferimento ad un unico rapporto negoziale, domande contrapposte o in relazione di alternatività e caratterizzate da una coincidenza soltanto parziale delle "causae petendi", nonché quando le questioni dedotte con la domanda anteriormente proposta costituiscano il necessario presupposto (alla stregua della sussistenza di un nesso di pregiudizialità logico-giuridica) per la definizione del giudizio successivo, come nell'ipotesi in cui le contrapposte domande concernano il riconoscimento e la tutela di diritti derivanti dallo stesso rapporto e il loro esito dipenda dalla soluzione di una o più questioni comuni. Altrettando pacifico è che per il ricorrere della continenza quantitativa o qualitativa, l'identità soggettiva tra i due giudizi non è esclusa dalla circostanza che in uno dei due giudizi sia presente anche un soggetto diverso (cfr. la già citata Cass. civ., Sez. Un., n. 20596/2017).

Nella sentenza in commento, viene ritenuto sussistente un rapporto di pregiudizialità logico giuridico tra i due processi - malgrado, appunto, la presenza, in uno dei giudizi, di un terzo estraneo all'altra causa – e ciò portava a ritenere corretta la dichiarazione di incompetenza per continenza formulata dal giudice successivamente adito. La sentenza in commento, inoltre, recepisce un orientamento ormai consolidato anche per quanto riguarda l'ipotesi in cui una delle due cause in rapporto di continenza sia un'opposizione a decreto ingiuntivo, ai fini dell'individuazione del giudice preventivamente adito: a seguito, infatti, della modifica dell'art. 39, u.c., c.p.c. da parte della l. n. 69/2009, la prevenzione, nei procedimenti introdotti con ricorso, è determinata dal deposito del ricorso. Anche, quindi, nel caso di continenza tra una causa introdotta col rito ordinario ed una introdotta col rito monitorio, ai fini dell'individuazione del giudice preventivamente adìto, il giudizio introdotto con ricorso per decreto ingiuntivo deve ritenersi pendente alla data di deposito di quest'ultimo, proprio sulla base del criterio di cui all'ultimo comma dell'art. 39 c.p.c., come modificato dalla l. n. 69/2009, senza che rilevi la circostanza che l'emissione del decreto e la sua notifica siano avvenuti successivamente, agli effetti dell'art. 643, comma 3, c.p.c. (cfr. Cass. civ, sez. I, 21 settembre 2015, n. 18564; Cass. civ., sez. VI-III, ord., 26 aprile 2012, n. 6511). Peraltro, anche antecedentemente alla modifica dell'ultimo comma dell'art. 39 c.p.c. da parte della l. n. 69/2009, con la già citata ordinanza n. 20596/2007, le Sezioni Unite, nel dirimere il contrasto sul punto formatosi tra le sezioni semplici e aderendo all'orientamento fino a quel momento minoritario, avevano affermato che in caso di opposizione a decreto ingiuntivo gli effetti della pendenza della controversia dovevano retroagire al momento della proposizione del ricorso, a condizione, però, che la domanda monitoria fosse stata formulata davanti a giudice che, alla data della presentazione, era competente a conoscerla (ciò in quanto il giudice dell'opposizione che riconosca l'incompetenza del giudice che ha emesso il provvedimento monitorio può solo dichiarare la nullità di quest'ultimo, accogliendo in rito l'opposizione e senza entrare nel merito della domanda dell'attore in senso sostanziale: cfr. Cass. civ., sez. III, 17 luglio 2009, n. 16744). Il requisito della competenza del giudice del monitorio (e, quindi, specularmente, del giudice dell'opposizione) è ritenuto necessario, a fini di prevenzione, anche dalla sentenza in commento, che pure prende atto della modifica dell'art. 39 c.p.c. da parte della l. n. 69/2009. Ciò, evidentemente, perché il riconoscimento dell'incompetenza del giudice del monitorio comporta la revoca del decreto ingiuntivo opposto senza possibilità di alcuna valutazione di merito da parte del giudice dell'opposizione, con conseguente frustrazione della stessa ratio della disciplina della continenza, che mira ad evitare che cause tra loro connesse pregiudizialmente o con oggetto solo quantitativamente diverso vengano decise da giudici diversi, con rischio di formazione di giudicati difformi o contraddittori in punto di merito.

Guida all'approfondimento
  • Ianni, Opposizione a decreto ingiuntivo, Milano, 2013, pagg. 163 e ss.;
  • Trapuzzano (a cura di), Codice dei procedimenti monitori, Roma, 2013 pagg. 104 e ss..

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