Decreto legislativo - 3/04/2006 - n. 152 art. 306 - (Determinazione delle misure per il ripristino ambientale)

Francesco Agnino

(Determinazione delle misure per il ripristino ambientale)

1. Gli operatori individuano le possibili misure per il ripristino ambientale che risultino conformi all'allegato 3 alla parte sesta del presente decreto e le presentano per l'approvazione al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio senza indugio e comunque non oltre trenta giorni dall'evento dannoso, a meno che questi non abbia già adottato misure urgenti, a norma articolo 305, commi 2 e 3.

2. Il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio decide quali misure di ripristino attuare, in modo da garantire, ove possibile, il conseguimento del completo ripristino ambientale, e valuta l'opportunità di addivenire ad un accordo con l'operatore interessato nel rispetto della procedura di cui all'articolo 11 della legge 7 agosto 1990, n. 241.

3. Se si è verificata una pluralità di casi di danno ambientale e l'autorità competente non è in grado di assicurare l'adozione simultanea delle misure di ripristino necessarie, essa può decidere quale danno ambientale debba essere riparato a titolo prioritario. Ai fini di tale decisione, l'autorità competente tiene conto, fra l'altro, della natura, entità e gravità dei diversi casi di danno ambientale in questione, nonché della possibilità di un ripristino naturale.

4. Nelle attività di ripristino ambientale sono prioritariamente presi in considerazione i rischi per la salute umana.

5. Il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio invita i soggetti di cui agli articoli 12 e 7, comma 4, della direttiva 2004/35/CE, nonché i soggetti sugli immobili dei quali si devono effettuare le misure di ripristino a presentare le loro osservazioni nel termine di dieci giorni e le prende in considerazione in sede di ordinanza. Nei casi di motivata, estrema urgenza l'invito può essere incluso nell'ordinanza, che in tal caso potrà subire le opportune riforme o essere revocata tenendo conto dello stato dei lavori in corso.

Inquadramento

L'articolo 306 d.lgs. n. 152/2006 stabilisce che le possibili misure per il ripristino debbano essere conformi a quelle predisposte da uno specifico Allegato tecnico (Allegato 3 alla Parte sesta) che introduce notevoli novità nella disciplina.

In questa sede occorrerà sottolineare come queste misure debbano essere considerate centrali per il nuovo sistema di responsabilità ambientale. Si tratta in primo luogo di misure nuove e diverse da quelle che l'ordinamento italiano ha conosciuto sinora e che non potranno non incidere sul sistema di responsabilità ambientale in generale. Si tratta inoltre di misure che il legislatore italiano ha recepito rifacendosi (alla lettera) alle disposizioni della direttiva, con esplicito riferimento alle azioni di prevenzione e di ripristino, ma dimenticandosi di indicare se questi criteri debbano essere presi in considerazione anche qualora si debba far luogo al risarcimento del danno ambientale di cui all'art. 311 d.lgs. n. 152/2006. Infine manca il raccordo tra i criteri per il ripristino del danno all'ambiente e i criteri per la bonifica di cui alla Parte quarta del d.lgs. n. 152/2006.

Le modalità di ripristino

Le modalità per il ripristino di cui all'Allegato 3 vengono distinte a seconda che si tratti di danno arrecato all'acqua e agli habitat naturali protetti, oppure al terreno.

Per la prima ipotesi (danno ambientale in relazione all'acqua e alle specie e agli habitat naturali protetti) la riparazione è conseguita riportando l'ambiente danneggiato alle condizioni originarie tramite misure di riparazione primaria, complementare e compensativa. Queste misure vengono definite come segue: a) per riparazione «primaria» si dovrà intendere qualsiasi misura di riparazione che riporta le risorse e/o i servizi naturali danneggiati alle o verso le condizioni originarie; b) qualora le risorse naturali e/o i servizi danneggiati non tornino alle condizioni originarie, sarà intrapresa la riparazione complementare. Per riparazione «complementare» deve intendersi qualsiasi misura di riparazione intrapresa in relazione a risorse e/o servizi naturali per compensare il mancato ripristino completo delle risorse e/o dei servizi naturali danneggiati. Lo scopo della riparazione complementare è di ottenere, se opportuno anche in un sito alternativo, un livello di risorse naturali e/o servizi analogo a quello che si sarebbe ottenuto se il sito danneggiato fosse tornato alle condizioni originarie. Laddove possibile e opportuno, il sito alternativo dovrebbe essere geograficamente collegato al sito danneggiato, tenuto conto degli interessi della popolazione colpita; c) la riparazione compensativa è avviata per compensare la perdita temporanea di risorse naturali e servizi in attesa del ripristino.

Per «perdite temporanee» si devono intendere le perdite risultanti dal fatto che le risorse e/o i servizi naturali danneggiati non possono svolgere le loro funzioni ecologiche o fornire i servizi ad altre risorse naturali o al pubblico fino a che le misure primarie o complementari non abbiano avuto effetto. La compensazione consiste in ulteriori miglioramenti alle specie e agli habitat naturali protetti o alle acque nel sito danneggiato o in un sito alternativo. Essa non è una compensazione finanziaria al pubblico. La riparazione del danno ambientale, in termini di danno all'acqua o alle specie e agli habitat naturali protetti, implica inoltre che si deve sopprimere qualsiasi rischio significativo di effetti nocivi per la salute umana.

La concreta individuazione di misure di riparazione viene ulteriormente analizzata dall'Allegato 3 distinguendo per la riparazione primaria la possibilità di intraprendere azioni per riportare direttamente le risorse naturali e i servizi alle condizioni originarie in tempi brevi, oppure di lasciare che ciò avvenga attraverso il ripristino naturale.

Per quanto concerne invece le misure di riparazione complementare e compensativa, l'Allegato prende in considerazione in primo luogo l'uso di metodi di equivalenza risorsa-risorsa, o servizio-servizio. Con detti metodi vanno prese in considerazione in primo luogo azioni che forniscono risorse naturali e/o servizi dello stesso tipo, qualità e quantità di quelli danneggiati. Qualora ciò non sia possibile, si devono fornire risorse naturali e/o servizi di tipo alternativo. Per esempio, una riduzione della qualità potrebbe essere compensata da una maggiore quantità di misure di riparazione.

In secondo luogo, se non è possibile usare, come prima scelta, i metodi di equivalenza risorsa-risorsa o servizio-servizio, si devono utilizzare tecniche di valutazione alternative. L'Allegato riprende alla lettera quanto stabilito negli Allegati tecnici della direttiva, stabilendo che sia «l'autorità competente» a prescrivere il metodo, ad esempio la valutazione monetaria, per determinare la portata delle necessarie misure di riparazione complementare e compensativa. Nel testo di legge le competenze della «autorità competente» cui allude la direttiva sono sempre state attribuite al Ministero, ma − evidentemente nella compilazione frettolosa della norma − ci si è dimenticati di mettere ordine nella terminologia.

Se la valutazione delle risorse e/o dei servizi perduti è praticabile, ma la valutazione delle risorse naturali e/o dei servizi di sostituzione non può essere eseguita in tempi o a costi ragionevoli, l'Autorità competente può scegliere misure di riparazione il cui costo sia equivalente al valore monetario stimato delle risorse naturali e/o dei servizi perduti.

Per la seconda ipotesi (danno arrecato al terreno), la direttiva prevede che si debbano adottare le misure necessarie per garantire, come minimo, che gli agenti contaminanti pertinenti siano eliminati, controllati, circoscritti o diminuiti in modo che il terreno contaminato, tenuto conto del suo uso attuale o approvato per il futuro al momento del danno, non presenti più un rischio significativo di causare effetti nocivi per la salute umana.

La presenza di tale rischio è valutata mediante procedure di valutazione del rischio che tengono conto della caratteristica e della funzione del suolo, del tipo e della concentrazione delle sostanze, dei preparati, degli organismi o microrganismi nocivi, dei relativi rischi e della possibilità di dispersione degli stessi. L'utilizzo è calcolato sulla base delle normative sull'assetto territoriale o di eventuali altre normative pertinenti vigenti quando si è verificato il danno.

Se l'uso del terreno viene modificato, si devono adottare tutte le misure necessarie per evitare di causare effetti nocivi per la salute umana.

In mancanza di normative sull'assetto territoriale o di altre normative pertinenti, l'uso dell'area specifica del terreno è determinato, tenuto conto dello sviluppo previsto, dalla natura dell'area in cui si è verificato il danno.

L'Allegato infine sottolinea che vada presa in considerazione un'opzione di ripristino naturale, ossia un'opzione senza interventi umani diretti nel processo di ripristino.

I rapporti tra Stato e Regioni

Non è fondata, in riferimento agli art. 76, 117 e 118 Cost., la q.l.c. dell'art. 306, commi 1, 2 e 5, d.lgs. 3 aprile 2006 n. 152, il quale, in punto di determinazione delle misure di ripristino ambientale, prevede, in particolare, che l'operatore individui le possibili misure e le presenti per l'approvazione al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio (comma 1), il quale individua quali misure debbano essere attuate (comma 2), assicurando la partecipazione dei soggetti interessati (comma 5).

Tale disciplina attribuisce allo Stato le funzioni riguardanti le misure di ripristino ambientale e ciò non viola né l'art. 117 cost., posto che in materia di danno ambientale non può esistere alcuna interferenza fra competenza legislativa statale e regionale, attesa la prevalenza della prima, né l'art. 118 Cost., perché la scelta di attribuire all'amministrazione statale le funzioni amministrative relative al ripristino ambientale si giustifica con l'esigenza di assicurare il rispetto di criteri di uniformità ed unitarietà (Corte cost. n. 235/2009).

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