Legge - 24/03/2001 - n. 89 art. 5 sexies - (Modalita' di pagamento) 1

Rosaria Giordano

(Modalita' di pagamento) 1

1. Al fine di ricevere il pagamento delle somme liquidate a norma della presente legge, il creditore rilascia all'amministrazione debitrice una dichiarazione, ai sensi degli articoli 46 e 47 del testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 28 dicembre 2000, n. 445 , attestante la mancata riscossione di somme per il medesimo titolo, l'esercizio di azioni giudiziarie per lo stesso credito, l'ammontare degli importi che l'amministrazione e' ancora tenuta a corrispondere, la modalita' di riscossione prescelta ai sensi del comma 9 del presente articolo, nonche' a trasmettere la documentazione necessaria a norma dei decreti di cui al comma 3.

2. La dichiarazione di cui al comma 1 ha validita' semestrale e deve essere rinnovata a richiesta della pubblica amministrazione.

3. Con decreti del Ministero dell'economia e delle finanze e del Ministero della giustizia, da emanare entro il 30 ottobre 2016, sono approvati i modelli di dichiarazione di cui al comma 1 ed e' individuata la documentazione da trasmettere all'amministrazione debitrice ai sensi del predetto comma 1. Le amministrazioni pubblicano nei propri siti istituzionali la modulistica di cui al periodo precedente.

3-bis. Con decreti dirigenziali del Ministero dell'economia e delle finanze e del Ministero della giustizia, da adottarsi entro il 31 dicembre 2021, sono indicate le modalità di presentazione telematica dei modelli di cui al comma 3, anche a mezzo di soggetti incaricati, ai sensi del codice dell'amministrazione digitale, di cui al decreto legislativo 7 marzo 2005, n. 82 2.

4. Nel caso di mancata, incompleta o irregolare trasmissione della dichiarazione o della documentazione di cui ai commi precedenti, l'ordine di pagamento non puo' essere emesso.

5. L'amministrazione effettua il pagamento entro sei mesi dalla data in cui sono integralmente assolti gli obblighi previsti ai commi precedenti. Il termine di cui al periodo precedente non inizia a decorrere in caso di mancata, incompleta o irregolare trasmissione della dichiarazione ovvero della documentazione di cui ai commi precedenti.

6. L'amministrazione esegue, ove possibile, i provvedimenti per intero. L'erogazione degli indennizzi agli aventi diritto avviene nei limiti delle risorse disponibili sui pertinenti capitoli di bilancio, fatto salvo il ricorso ad anticipazioni di tesoreria mediante pagamento in conto sospeso, la cui regolarizzazione avviene a carico del fondo di riserva per le spese obbligatorie, di cui all' articolo 26 della legge 31 dicembre 2009, n. 196 .

7. Prima che sia decorso il termine di cui al comma 5, i creditori non possono procedere all'esecuzione forzata, alla notifica dell'atto di precetto, ne' proporre ricorso per l'ottemperanza del provvedimento.

8. Qualora i creditori di somme liquidate a norma della presente legge propongano l'azione di ottemperanza di cui al titolo I del libro quarto del codice del processo amministrativo, di cui al decreto legislativo 2 luglio 2010, n. 104 , il giudice amministrativo nomina, ove occorra, commissario ad acta un dirigente dell'amministrazione soccombente, con esclusione dei titolari di incarichi di Governo, dei capi dipartimento e di coloro che ricoprono incarichi dirigenziali generali. I compensi riconosciuti al commissario ad acta rientrano nell'onnicomprensivita' della retribuzione dei dirigenti.

9. Le operazioni di pagamento delle somme dovute a norma della presente legge si effettuano mediante accreditamento sui conti correnti o di pagamento dei creditori. I pagamenti per cassa o per vaglia cambiario non trasferibile sono possibili solo se di importo non superiore a 1.000 euro.

10. Nei casi di riscossione per cassa o tramite vaglia cambiario il creditore puo' delegare all'incasso un legale rappresentante con il rilascio di procura speciale.

11. Nel processo di esecuzione forzata, anche in corso, non puo' essere disposto il pagamento di somme o l'assegnazione di crediti in favore dei creditori di somme liquidate a norma della presente legge in caso di mancato, incompleto o irregolare adempimento degli obblighi di comunicazione. La disposizione di cui al presente comma si applica anche al pagamento compiuto dal commissario ad acta.

12. I creditori di provvedimenti notificati anteriormente all'emanazione dei decreti di cui al comma 3 trasmettono la dichiarazione e la documentazione di cui ai commi precedenti avvalendosi della modulistica presente nei siti istituzionali delle amministrazioni. Le dichiarazioni complete e regolari, gia' trasmesse alla data di entrata in vigore del presente articolo, conservano validita' anche in deroga al disposto dei commi 9 e 10.

[2] Comma inserito dall'articolo 25, comma 1, del D.L. 24 agosto 2021, n. 118, convertito con modificazioni dalla Legge 21 ottobre 2021, n. 147.

Inquadramento

Sia il decreto emesso dal Presidente o dal giudice dallo stesso delegato che il provvedimento di condanna emanato all'esito dell'opposizione sono esecutivi, ossia in astratto idonei a dare corso all'esecuzione forzata.

Peraltro, l'art. 5-sexies della l. Pinto ha condizionato la possibilità di iniziare la procedura esecutiva all'invio di una serie di documenti all'Amministrazione, che a quel punto ha sei mesi di tempo, nei quali il titolo non è esecutivo, per provvedere al pagamento.

L'esecuzione deve essere effettuata, nelle forme previste dall'art. 5-quinquies, quale esecuzione mobiliare presso il debitore e può peraltro assumere anche le forme dell'ottemperanza amministrativa.

Esecuzione forzata

Alla medesima stregua del provvedimento pronunciato all'esito della prima fase c.d. necessaria di natura sostanzialmente monitoria ed a fortiori il decreto conclusivo del procedimento (eventuale) di opposizione in camera di consiglio dinanzi alla Corte di Appello è esecutivo, ossia idoneo a dare corso ad un procedimento di esecuzione forzata nei confronti dell'Amministrazione convenuta nonché, considerata la natura della parte condannata, a fondare un giudizio di ottemperanza al giudicato dinanzi al giudice amministrativo. A riguardo, invero, è stato più volte evidenziato che il decreto di condanna emesso ai sensi della legge n. 89 del 2001, ha natura decisoria su diritti soggettivi e, essendo idoneo ad assumere valore ed efficacia di giudicato, vale ai fini dell'ammissibilità del ricorso contemplato dagli artt. 37, l. 6 dicembre 1971 n. 1034 e 27, t.u. 26 giugno 1924 n. 1054 (v., ex ceteris, T.A.R. Umbria, Perugia, I, 23 marzo 2013 n. 201; T.A.R. Puglia, Lecce, I, 6 marzo 2013 n. 500, in Foro amm. Tar , 2013, n. 3, 981; T.A.R. Lazio, Roma, II, 5 marzo 2013 n. 2318, in Foro amm. Tar , 2013, n. 3, 864), sottolineando, in particolare, che il giudizio per l'ottemperanza dell'Amministrazione al giudicato del giudice ordinario è esperibile anche per l'esecuzione di una condanna al pagamento di somme di denaro, alternativamente o congiuntamente rispetto al rimedio del processo civile di esecuzione, con il solo limite dell'impossibilità di conseguire due volte le stesse somme (T.A.R. Lazio, Roma, II, 13 dicembre 2012 n. 10374).

Si registra, invece, un contrasto nella giurisprudenza amministrativa in ordine all'individuazione del soggetto passivo del giudizio di ottemperanza.

La questione sorge dal disposto dell'art. 1, comma 1225, l. 27 dicembre 2006 n. 296 il pagamento di tutti gli indennizzi conseguenti all'applicazione della l. 24 marzo 2001 n. 89 (c.d. legge Pinto) deve ritenersi concentrato presso il Ministero dell'economia e delle finanze.

Orbene, in accordo con un primo indirizzo interpretativo, poiché le parti conservano, nel giudizio di ottemperanza conseguente a esercizio della c.d. Legge Pinto, la stessa posizione processuale (attore-convenuto), che avevano in quello terminato con la pronuncia da ottemperare, non potendosi pervenire ad una diversa identificazione della parte passiva (nel giudizio a quo: Ministero della Giustizia), sotto il profilo della legitimatio ad causam e ad processum, sol perché l'art. 1 comma 1225 periodo secondo, l. n. 296 del 2006 ha previsto che al fine di razionalizzare le procedure di spesa ed evitare maggiori oneri finanziari conseguenti alla violazione di obblighi internazionali, al pagamento degli indennizzi procede, comunque, il Ministero dell'economia e delle finanze, trattandosi di una norma organizzativa indirizzata alla sola pubblica amministrazione, che non ha nessuna incidenza sulla legitimatio ad causam, compiutamente regolata dall'art. 3 comma terzo, l. n. 89 del 2001, nel senso che, quando si tratti di procedimenti del giudice ordinario, il ricorso è proposto nei confronti del Ministro della giustizia (T.A.R. Liguria, Genova, II, 27 marzo 2013 n. 541, in Foro amm. Tar, 2013, n. 3, 811).

Per altra tesi, affermata sempre in sede di giurisprudenza amministrativa, dato che ai sensi dell'art. 1 comma 1225, l. 27 dicembre 2006 n. 296 il pagamento di tutti gli indennizzi conseguenti all'applicazione della l. 24 marzo 2001 n. 89 (c.d. l. Pinto) deve ritenersi concentrato presso il Ministero dell'economia e delle finanze, al fine di razionalizzare le procedure di spese ed evitare maggiori oneri finanziari, ne consegue che detto Ministero è l'unico organo al quale la legge attribuisce il potere-dovere di effettuare i pagamenti degli indennizzi prescindendo da quale sia l'organo di volta in volta convenuto in giudizio e condannato ai sensi della legge stessa, ed anche l'organo al quale può essere notificato il ricorso per l‘ottemperanza (T.A.R.Umbria, Perugia, I, 3 febbraio 2012, n. 35).

Sotto altro profilo, è stato chiarito che la sussistenza dell'obbligo dell'Amministrazione intimata di eseguire il giudicato va affermata per quanto riguarda gli interessi maturati, ai sensi di legge, dal dì del dovuto sino a quello di effettivo soddisfo, i.e. in sede di giudizio di ottemperanza, può essere riconosciuto l'obbligo di corrispondere alla parte ricorrente gli interessi sulle somme liquidate e su quelle relative alle spese accessorie e sono, altresì, dovute, in sede di ottemperanza le spese relative ad atti accessori, quali le spese di registrazione, di esame, di copia, di notificazione, in quanto hanno titolo nello stesso provvedimento giudiziale (T.A.R. Calabria, Catanzaro, I, 8 novembre 2012, 1055).

Inoltre, ove con il proprio inadempimento l'Amministrazione intimata abbia fatto sorgere per il ricorrente la necessità di promuovere il giudizio di ottemperanza, dovrà essere condannata, in base al principio di soccombenza, anche al pagamento delle relative spesa (T.A.R. Trentino Alto Adige, Trento, I, 7 marzo 2013, 73).

Inoltre, in caso di mancata ottemperanza ad un decreto della Corte d'Appello emesso ai sensi dell'art. 3, l. n. 89/2001 può essere nominato un Commissario ad acta che provvederà a denunciare alla Procura Regionale della Corte dei Conti gli specifici comportamenti omissivi di dirigenti e funzionari del Ministero che ne abbiano reso necessario l'intervento, con consequenziale danno erariale corrispondente alle spese per l'intervento commissariale e quant'altro collegato all'inesecuzione del predetto giudicato (T.A.R. Trentino Alto AdigeTrento, I, 11 ottobre 2012, n. 301).

E' stato di recente ritenuto che nell'ambito del giudizio di ottemperanza, il compenso relativo all'eventuale funzione del commissario ad acta, derivate dalla nomina del giudice dell'ottemperanza, ai sensi dell'art. 5-sexies, comma 8, l. n. 89 del 2001, rientra nell'omnicomprensività della retribuzione dei dirigenti (T.A.R. Campania, Napoli, VII, 8 marzo 2021, n. 1547).

Due importanti novità sono state peraltro introdotte dalla legge n. 208/2015, c.d. legge di stabilità per l'anno 2016.

In primo luogo, infatti, è stato emanato l'art. 5-sexies in esame, il quale stabilisce che «al fine di ricevere il pagamento delle somme liquidate a norma della presente legge, il creditore rilascia all'amministrazione debitrice una dichiarazione, ai sensi degli articoli 46 e 47 del testo unico di cui al d.P.R. n. 445/2000, attestante la mancata riscossione di somme per il medesimo titolo, l'esercizio di azioni giudiziarie per lo stesso credito, l'ammontare degli importi che l'amministrazione è ancora tenuta a corrispondere, la modalità di riscossione prescelta ai sensi del comma 9 del presente articolo, nonché a trasmettere la documentazione necessaria a norma dei decreti di cui al comma 3». L'Amministrazione ha sei mesi di tempo, dal momento nel quale riceve la documentazione in questione completa, per dare corso al pagamento e, prima di detto momento, la parte non può dare luogo né all'esecuzione civile, né all'ottemperanza amministrativa.

In tal senso si è ormai ripetutamente pronunciata la giurisprudenza, affermando che è inammissibile il ricorso per l'ottemperanza, in relazione al quale non risulti che il ricorrente abbia effettuato gli adempimenti previsti dai commi 1 e 5 dell'art. 5-sexies, l. n. 89/2001, come inserito dall'art. 1, comma 777, lett. l), l. 28 dicembre 2015 n. 208 ed in vigore dal 1 gennaio 2016 (T.A.R. Lazio, Roma, I, 2 gennaio 2017, n. 37). Inoltre, tenendosi conto delle disposizioni di cui al comma 11 dell'emendato art. 5-sexies della legge Pinto, la domanda di ottemperanza proposta prima dell'entrata in vigore della novella legislativa può essere accolta, ma l'ordine giudiziale susseguente, volto a disporre le misure necessarie ad assicurare l'esecuzione del giudicato, deve essere emesso nel rispetto delle modalità legali attualmente vigenti, ovverosia considerando il comma 11 che, per i processi di esecuzione in corso, prevede l'assolvimento degli obblighi di comunicazione, ovverosia il rilascio da parte dei creditori, anche in assenza dei decreti attuativi, di una «dichiarazione, ai sensi degli articoli 46 e 47 del testo unico di cui al d.P.R. 28 dicembre 2000, n. 445, attestante la mancata riscossione di somme per il medesimo titolo, l'esercizio di azioni giudiziarie per lo stesso credito, l'ammontare degli importi che l'amministrazione è ancora tenuta a corrispondere, la modalità di riscossione prescelta (T.A.R. Sicilia, Catania, IV, 28 novembre 2016, n. 3095).

È stato inoltre precisato che poiché al fine di ottenere il pagamento delle somme liquidate ai sensi della legge Pinto, occorre il previo assolvimento da parte del ricorrente degli oneri di comunicazione di cui all'art. 5-sexies, l. n. 89/2001, con la conseguenza che la decorrenza della penalità di mora va ancorata alla data di adempimento di tale obbligo, la cui mancanza non consente all'Amministrazione di procedere al pagamento di quanto dovuto, e ciò in ragione della funzione sanzionatoria cui risponde l'astreinte quanto ad inosservanza dell'ordine del giudice (T.A.R. Lazio, Roma, II, 1° dicembre 2016, n. 12042).

Peraltro, T.A.R. Liguria, Genova, II, 17 ottobre 2016, n. 1007, ha invece ritenuto non manifestamente infondata, in relazione agli artt. 3,24 commi 1 e 2, 111 commi 1 e 2, 113 comma 2, 117 comma 1 Cost., la questione di costituzionalità dell'art. 5-sexies commi 1, 4, 5, 7 e 11 l. n. 89/2001 (come introdotti dalla l. n. 208/2015) in tema di ricorso per ottemperanza avente per oggetto il decreto di condanna emesso per eccessiva durata del processo, nella parte in cui preclude al creditore che non abbia adempiuto agli obblighi dichiarativi di cui al comma 1 della medesima disposizione di agire in via esecutiva per ottenere il soddisfacimento del proprio credito ovvero di proporre ricorso per l'ottemperanza del decreto liquidatorio, imponendo altresì un ulteriore termine dilatorio semestrale e cumulabile; tali previsioni configurano un ingiustificato privilegio per la Pubblica Amministrazione inadempiente che si traduce, sul piano della tutela giurisdizionale, in una rilevante discriminazione tra situazioni soggettive sostanzialmente analoghe ed in un apprezzabile ostacolo processuale per il soddisfacimento del credito del cittadino.

La norma in esame, introdotta nell'anno 2013, ha inoltre stabilito che i creditori di somme aventi causa in indennizzi liquidati a titolo di equa riparazione per irragionevole durata del processo, a pena di nullità rilevabile d'ufficio, eseguono i pignoramenti e i sequestri esclusivamente secondo le disposizioni del libro III, titolo II, capo II del codice di procedura civile, con atto notificato ai Ministeri di cui all'articolo 3, comma 2, ovvero al funzionario delegato del distretto in cui è stato emesso il provvedimento giurisdizionale posto in esecuzione, con l'effetto di sospendere ogni emissione di ordinativi di pagamento relativamente alle somme pignorate. L'ufficio competente presso i Ministeri di cui all'articolo 3, comma 2, a cui sia stato notificato atto di pignoramento o di sequestro, ovvero il funzionario delegato sono tenuti a vincolare l'ammontare per cui si procede, sempreché esistano in contabilità fondi soggetti ad esecuzione forzata; la notifica rimane priva di effetti riguardo agli ordini di pagamento che risultino già emessi.

La Corte di legittimità ha evidenziato che, pertanto, l'esecuzione forzata per il soddisfacimento di crediti derivanti dall'applicazione della l. n. 89/2001, già esperibile, nei confronti dei Ministeri di cui all'art. 3, comma 2, della legge n. 89 cit., nelle forme dell'esecuzione presso terzi (e dunque con notificazione dell'atto di pignoramento alla Tesoreria centrale o provinciale dello Stato competente per territorio), dall'entrata in vigore dell'art. 6, comma 6, del d.l. 8 aprile 2013, n. 35, convertito in l. 6 giugno 2013, n. 64 (e, dunque, dal 9 aprile 2013), che ha inserito l'art. 5-quinquiesnella legge n. 89 del 2001, va proposta, a pena di nullità rilevabile d'ufficio, soltanto nella forma dell'espropriazione diretta presso il debitore, attraverso atto notificato al funzionario delegato del distretto in cui è stato emesso il provvedimento giurisdizionale posto in esecuzione, sicché, da tale data, è sospesa l'emissione degli ordinativi di pagamento relativamente alle somme pignorate ed è imposto il vincolo sull'ammontare per cui si procede, sempreché esistano in contabilità fondi soggetti ad esecuzione forzata (Cass. n. 22854/2014).

È stato peraltro precisato, quanto all'ambito applicativo ratione temporis, che in materia di azioni esecutive in danno del Ministero della Giustizia per condanne relative alla durata irragionevole del processo, allorché le stesse siano state promosse anteriormente all'entrata in vigore dell'art. 5-quinquies della l. 24 marzo 2001, n. 89, introdotto dall'art. 6, comma 6, del d.l. 8 aprile 2013, n. 35, convertito nella l. 6 giugno 2013, n. 64, non è necessario — in difetto di apposita disciplina transitoria — procedere, a pena di nullità rilevabile d'ufficio, nelle forme del pignoramento diretto, restando applicabili quelle dell'espropriazione presso terzi, mediante notificazione dell'atto di pignoramento alla Tesoreria centrale dello Stato ovvero alla Tesoreria provinciale competente per territorio, in qualità di terzo pignorato, e con sottoposizione a vincolo, nei limiti della relativa disponibilità, di fondi diversi da quelli della contabilità speciale (Cass. n. 9573/2015).

Su un piano più generale, la S.C. ha chiarito che in caso di ritardo della P.A. nel pagamento delle somme riconosciute in forza di decreto di condanna «Pinto» definitivo, pronunciato ai sensi dell'art. 3 l. 24 marzo 2001, n. 89, l'interessato, ove il versamento delle somme spettanti non sia intervenuto entro il termine dilatorio di mesi sei (secondo quanto indicato dalla Corte Edu, sentenza 29 marzo 2006, Cocchiarella contro Italia) e giorni cinque (in relazione al disposto di cui all'art. 133, secondo comma, c.p.c.) dalla data in cui il provvedimento è divenuto esecutivo, ha diritto — sia che abbia esperito azione esecutiva per il conseguimento delle somme a lui spettanti, sia che si sia limitato ad attendere l'adempimento spontaneo della P.A. — ad un ulteriore indennizzo commisurato al ritardo nel soddisfacimento della sua pretesa eccedente al suddetto termine, nonché, ove intrapresa, all'intervenuta promozione dell'azione esecutiva, che, tuttavia, può essere fatto valere esclusivamente con ricorso diretto alla Cedu (in relazione all'art. 41 dellaCedu ) e non con le forme e i termini dell'art. 2, comma 1, della legge n. 89 del 2001, la cui portata non si estende alla tutela del diritto all'esecuzione delle decisioni interne esecutive (Cass.S.U., n. 6312/2014).

Bibliografia

Benigni, Il diritto all'equa riparazione nel «giusto» processo italiano, in Riv. dir. proc. 2004, 630; Capponi - Verde (a cura di), Il nuovo articolo 111 della Costituzione e il «giusto processo» in materia civile, Napoli, 2002; Chiarloni (a cura di), Misure acceleratorie e riparatorie contro l'irragionevole durata dei processi, Torino 2002; Consolo, Disciplina «municipale» della violazione del termine di ragionevole durata del processo: strategie e profili critici, in Corr. giur. 2001, 569; Didone, Equa riparazione e ragionevole durata del giusto processo, Milano, 2002; Martino, Sul diritto all'equa riparazione in caso di violazione del termine ragionevole del processo, in Riv. dir. proc., 2002, 1068; Monteleone, Il processo civile alla luce dell'art. 111 Cost., in Giust. civ. 2001, 523; Negri, Legge di stabilità 2016: modifiche alla l. n. 89/2001, c.d. Pinto, in Corr. Giur. 2016, n. 1, 5.

Vuoi leggere tutti i contenuti?

Attiva la prova gratuita per 15 giorni, oppure abbonati subito per poter
continuare a leggere questo e tanti altri articoli.

Sommario