Legge - 13/04/1988 - n. 117 art. 16 - Responsabilità dei componenti gli organi giudiziari collegiali.

Paola D'Ovidio

Responsabilità dei componenti gli organi giudiziari collegiali.

1. All'art. 148 del codice di procedura penale dopo il comma terzo è aggiunto il seguente: "Dei provvedimenti collegiali è compilato sommario processo verbale il quale deve contenere la menzione della unanimità della decisione o del dissenso, succintamente motivato, che qualcuno dei componenti del collegio, da indicarsi nominativamente, abbia eventualmente espresso su ciascuna delle questioni decise. Il verbale, redatto dal meno anziano dei componenti togati del collegio e sottoscritto da tutti i componenti del collegio stesso, è conservato a cura del presidente in plico sigillato presso la cancelleria dell'ufficio" 1.

2. All'art. 131 del codice di procedura civile è aggiunto, in fine, il seguente comma: "Dei provvedimenti collegiali è compilato sommario processo verbale, il quale deve contenere la menzione dell'unanimità della decisione o del dissenso, succintamente motivato, che qualcuno dei componenti del collegio, da indicarsi nominativamente, abbia eventualmente espresso su ciascuna delle questioni decise. Il verbale, redatto dal meno anziano dei componenti togati del collegio e sottoscritto da tutti i componenti del collegio stesso, è conservato a cura del presidente in plico sigillato presso la cancelleria dell'ufficio" 2.

3. Le disposizioni di cui al comma 1 si applicano anche ai provvedimenti di altri giudici collegiali aventi giurisdizione in materia penale e di prevenzione; le disposizioni di cui al comma 2 si applicano anche ai provvedimenti dei giudici collegiali aventi giurisdizione in ogni altra materia. Il verbale delle deliberazioni è redatto dal meno anziano dei componenti del collegio o, per i collegi a composizione mista, dal meno anziano dei componenti togati, ed è sottoscritto da tutti i componenti del collegio stesso.

4. Nei casi previsti dall'articolo 3, il magistrato componente l'organo giudiziario collegiale risponde, altresì, in sede di rivalsa, quando il danno ingiusto, che ha dato luogo al risarcimento, è derivato dall'inosservanza di obblighi di sua specifica competenza.

5. Il tribunale innanzi al quale è proposta l'azione di rivalsa ai sensi dell'articolo 8 chiede la trasmissione del plico sigillato contenente la verbalizzazione della decisione alla quale si riferisce la dedotta responsabilità e ne ordina l'acquisizione agli atti del giudizio.

6. Con decreto del Ministro della giustizia vengono definiti i modelli dei verbali di cui ai commi 1, 2 e 3 e determinate le modalità di conservazione dei plichi sigillati nonché della loro distruzione quando sono decorsi i termini previsti dall'articolo 4.

[1] La Corte costituzionale con sentenza 18 gennaio 1989, n. 18,  ha dichiarato l'illegittimità costituzionale del presente comma, nella parte in cui dispone che "è compilato sommario processo verbale" anziché "può, se uno dei componenti dell'organo collegiale lo richieda, essere compilato sommario processo verbale".

[2] La Corte costituzionale con sentenza 18 gennaio 1989, n. 18,  ha dichiarato l'illegittimità costituzionale del presente comma, nella parte in cui dispone che "è compilato sommario processo verbale" anziché "può, se uno dei componenti dell'organo collegiale lo richieda, essere compilato sommario processo verbale".

Inquadramento

La responsabilità del magistrato può essere collegiale, come si desume dal secondo comma dell'art. 1, il quale dichiara espressamente applicabile la previsione del primo comma dello stesso articolo, e quindi l'intera disciplina ex lege n. 117/1988, anche ai magistrati che esercitano le proprie funzioni in organi collegiali, sicché in tale evenienza rispondono tutti i componenti autori dell'unitaria decisione.

Le modifiche introdotte al codice di procedura civile dall'art. 16 della legge Vassalli completano siffatta estensione della responsabilità, prevedendo e disciplinando la formalizzazione di eventuali opinioni dissenzienti di singoli componenti del collegio, ai fini della valutazione del contributo causale e psicologico riferibile a ciascuno in caso di proposizione di una successiva azione risarcitoria per danni derivanti dalla decisione assunta.

A seguito di una pronuncia della Corte costituzionale, peraltro, la verbalizzazione della dissenting opinion, originariamente prevista come obbligatoria, è divenuta meramente facoltativa (Corte cost. n. 18/1989).

La sentenza della Corte costituzionale n. 18 del 1989

Una importante sentenza della Corte costituzionale ha affrontato diversi profili di costituzionalità sia dell'art. 1, comma 2, l. n. 117/1988 e 113 c.p.c., nella parte in cui stabiliscono una responsabilità solidale fra tutti i componenti degli organi giudiziari collegiali, sia dell'art. 16 della legge n. 117/1988.

Con riferimento alla prima questione (sulla quale v. anche sub art. 1), il Giudice delle leggi ha osservato che la decisione emessa dall'organo giudiziario collegiale, nel nostro ordinamento, tanto in materia civile che penale, è un atto unitario, alla formazione del quale concorrono i singoli membri del collegio, in base allo stesso titolo ed agli stessi doveri. Alla stregua delle regole che caratterizzano il processo, infatti, la decisione, sia essa sentenza, ordinanza o decreto, non rappresenta la somma di distinte volontà e convincimenti dei membri del collegio, ma la loro sintesi, operata secondo la regola maggioritaria, la quale rende la decisione impersonale e imputabile al collegio nel suo insieme.

Con specifico riferimento alla funzione del relatore, la Consulta ha inoltre rilevato che essa è, sì, caratterizzata da un'attività ulteriore rispetto a quella degli altri membri del collegio, costituita dal dovere di fare la relazione della causa, ma nessuna delle norme che regolano il giudizio collegiale, riserva a lui la disponibilità degli atti di causa e l'esame di essi ai fini del decidere.

In tale contesto normativo, l'avere attribuito, in linea di principio, come il legislatore ha fatto, pari responsabilità ai membri del collegio, per le decisioni prese erroneamente, nelle ipotesi qualificate dall'art. 2 come fattispecie di «colpa grave», non appare affatto in contrasto né con l'art. 3, né con l'art. 28 Cost.: infatti, la pari responsabilità è correlata alla parità di doveri di ciascun membro del collegio, sulla quale non incide il compito specifico del relatore di fare la relazione al collegio, ed alla struttura unitaria della motivazione e del decisum degli organi giudiziari collegiali.

Tra le numerosi questioni di legittimità costituzionale prospettate in relazione all'art. 16, la Consulta ha in primo luogo dichiarato non fondate quelle sollevate, in riferimento agli artt. 101 e 104 della Costituzione, sotto il profilo che l'art. 16, incidendo sulla segretezza della camera di consiglio, comprometterebbe l'indipendenza del giudice e l'imparzialità del giudizio.

In proposito il Giudice delle leggi ha osservato che nel nostro ordinamento costituzionale non esiste un nesso imprescindibile tra indipendenza del giudice e segretezza, intesa quale mezzo per assicurare l'indipendenza attraverso l'impersonalità della decisione. La Costituzione ha assicurato l'indipendenza dei giudici garantendo la non interferenza nel loro operato degli altri poteri dello Stato (art. 104, comma primo), l'esclusione di ogni gerarchia all'interno della magistratura (art. 107, comma terzo), la soggezione dei giudici soltanto alla legge (art. 101, comma secondo), nonché prevedendo organi di autogoverno (artt. 104 e 108), ma nessuna norma costituzionale stabilisce il segreto delle deliberazioni degli organi giudiziari, quale garanzia della loro indipendenza, nè, a tal fine, impone il segreto sull'esistenza di opinioni dissenzienti all'interno del collegio.

Viceversa, è espressamente prevista la figura di giudici monocratici (art. 106, comma 2), le cui decisioni non possono essere impersonali.

Il segreto della camera di consiglio costituisce, pertanto, materia di scelta legislativa e nulla ha a che vedere con la garanzia dell'indipendenza dei giudici.

Parimenti, con la medesima sentenza, la Corte ha dichiarato non fondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 16 sollevata, in riferimento all'art. 3 Cost., sotto il profilo della diversa differenza di trattamento, ritenuta irrazionale, del segreto della camera di consiglio rispetto al segreto professionale: sul punto la Consulta si limita ad osservare che si tratta di situazioni non omogenee e quindi non comparabili.

Non fondata è stata dichiarata pure la questione sollevata, ancora in riferimento all'art. 3 della Costituzione, sotto il profilo della differenza di trattamento fra deliberazioni degli organi giudiziari collegiali e deliberazioni degli organi collegiali amministrativi o legislativi. Per la Consulta, anche tali situazioni non sono comparabili, tenuto conto che: le deliberazioni delle Camere, di regola, non sono segrete; i membri di esse non sono perseguibili «per le opinioni espresse e i voti dati nell'esercizio delle loro funzioni» (art. 68, comma 1, Cost.); anche le deliberazioni degli organi collegiali amministrativi, di regola, non sono segrete (tranne che per le questioni concernenti le persone) e, comunque, ogni membro può far constare nel verbale il suo voto e i motivi che l'hanno determinato (art. 281, r.d. 3 marzo 1934, n. 383, t.u. legge comunale e provinciale).

Fondata è stata ritenuta, invece, la questione di legittimità costituzionale dell'art. 16 sollevata in riferimento all'art. 97 Cost., sotto il profilo che il sistema di verbalizzazione previsto dalla norma impugnata incide negativamente sul buon andamento dell'amministrazione della giustizia.

Al riguardo la Corte, ha premesso che l'art. 97 Cost., nello stabilire che i pubblici uffici sono organizzati secondo disposizioni di legge, in modo che siano assicurati il buon andamento dell'amministrazione, non ha inteso riferirsi ai soli organi della pubblica amministrazione in senso stretto, ma anche agli organi dell'amministrazione della giustizia (principio già affermato da Corte cost. n. 86/1982),

Ha quindi considerato che la compilazione di un sommario processo verbale, con le modalità previste dall'art. 16 della l. n. 117 del 1988, comporta una continua attività di verbalizzazione da parte dei collegi giudicanti, in relazione a qualsiasi questione decisa, sia essa pregiudiziale, preliminare, di diritto o di fatto, a prescindere dall'esistenza del dissenso di alcuno dei membri del collegio, della rilevanza del dissenso ai fini di eventuali azioni di responsabilità e dalla richiesta di verbalizzazione da parte dell'interessato. Ciò implica un intralcio costante all'attività giudiziaria, incompatibile col principio del buon andamento dell'amministrazione della giustizia e non giustificato dalle finalità che la norma intende realizzare.

Per tali motivi, la Corte ha dichiarato costituzionalmente illegittima, per contrasto con l'art. 97 della Costituzione, la disposizione dell'art. 16 nella parte in cui prevede la compilazione obbligatoria del processo verbale in relazione ad ogni deliberazione del collegio, anziché la compilazione facoltativa di esso nelle sole ipotesi in cui la richiedano uno o più membri del collegio medesimo (Corte cost. n. 18/1989).

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