Legge - 24/03/2001 - n. 89 art. 1 ter - (Rimedi preventivi) 1

Rosaria Giordano

(Rimedi preventivi)  1

 1. Ai fini della presente legge, nei processi civili costituisce rimedio preventivo a norma dell'articolo 1-bis, comma 1, l'introduzione del giudizio nelle forme del procedimento semplificato di cognizione di cui agli articoli 281-decies e seguenti del codice di procedura civile. Costituisce altresì rimedio preventivo formulare richiesta di passaggio dal rito ordinario al rito semplificato a norma dell'articolo 183-bis del codice di procedura civile, entro l'udienza di trattazione e comunque almeno sei mesi prima che siano trascorsi i termini di cui all'articolo 2, comma 2-bis. Nelle cause in cui non si applica il rito semplificato di cognizione, ivi comprese quelle in grado di appello, costituisce rimedio preventivo proporre istanza di decisione a seguito di trattazione orale a norma degli articoli 275, commi secondo, terzo e quarto, 281-sexies e 350-bis del codice di procedura civile, almeno sei mesi prima che siano trascorsi i termini di cui all'articolo 2, comma 2-bis. Nelle cause in cui il tribunale giudica in composizione collegiale, il giudice istruttore quando ritiene che la causa può essere decisa a seguito di trattazione orale, rimette la causa al collegio a norma dell'articolo 275-bis del codice di procedura civile.2

2. L'imputato e le altre parti del processo penale hanno diritto di depositare, personalmente o a mezzo di procuratore speciale, un'istanza di accelerazione almeno sei mesi prima che siano trascorsi i termini di cui all'articolo 2, comma 2-bis.

3. Nei giudizi dinanzi al giudice amministrativo costituisce rimedio preventivo la presentazione dell'istanza di prelievo di cui all'articolo 71, comma 2, del codice del processo amministrativo, di cui al decreto legislativo 2 luglio 2010, n. 104 , almeno sei mesi prima che siano trascorsi i termini di cui all'articolo 2, comma 2-bis.

4. Nel procedimento contabile davanti alla Corte dei conti il presunto responsabile ha diritto di depositare, personalmente o a mezzo di procuratore speciale, un'istanza di accelerazione, almeno sei mesi prima che siano trascorsi i termini di cui all'articolo 2, comma 2-bis.

5. La parte dei giudizi di natura pensionistica dinanzi alla Corte dei conti ha diritto di depositare, personalmente o a mezzo di procuratore speciale, un'istanza di accelerazione, almeno sei mesi prima che siano trascorsi i termini di cui all'articolo 2, comma 2-bis.

6. Nei giudizi davanti alla Corte di cassazione la parte ha diritto a depositare un'istanza di accelerazione almeno due mesi prima che siano trascorsi i termini di cui all'articolo 2, comma 2-bis.

7. Restano ferme le disposizioni che determinano l'ordine di priorita' nella trattazione dei procedimenti.

[2] Comma sostituito dall'articolo 15, comma 1, del D.Lgs. 10 ottobre 2022, n. 149, con effetto a decorrere dal 28 febbraio 2023, come stabilito dall'articolo 35, comma 1, del D.Lgs. 149/2022 medesimo, come modificato dall'articolo 1, comma 380, lettera a), della Legge 29 dicembre 2022, n. 197.

Inquadramento

La legge n. 208 del 2015, c.d. di stabilità per l'anno 2016, ha introdotto alcuni rimedi preventivi che la parte interessata deve attivare già nel corso del processo presupposto per poterne, in seguito, lamentare eventualmente l'eccessiva durata.

Per il processo civile, tali rimedi sono costituiti, essenzialmente, per le controversie demandate al tribunale in composizione monocratica, nel procedimento sommario di cognizione e per quelle rimesse al tribunale in composizione collegiale nella decisione ai sensi dell'art. 281-sexies c.p.c.

Restano fuori peraltro alcune fasi e procedimenti per i quali sembra che il legislatore non abbia ritenuto di prevedere detti rimedi.

Rimedi preventivi nel processo civile

La disposizione in esame, introdotta anch'essa dalla legge di stabilità per l'anno 2016, individua, con riferimento alle diverse tipologie di processi, i rimedi preventivi che, a far data dai procedimenti presupposti introdotti successivamente all'entrata in vigore di detta legge, devono essere attivati dalla parte interessata per poter riservarsi la possibilità di proporre domanda di indennizzo ai sensi della legge n. 89 del 2001.

Con riferimento al processo civile in particolare il rimedio specifico, onde evitare che il giudizio si protragga per un tempo irragionevole, viene individuato nel procedimento sommario di cognizione di cui agli artt. 702-bis e ss. c.p.c.

Pertanto, è onere della parte la quale voglia riservarsi la possibilità di proporre domanda di equa riparazione per l'irragionevole durata del giudizio veicolare la propria domanda nelle forme del procedimento sommario di cognizione.

Per l'ipotesi in cui soltanto in corso di causa la parte maturi la convinzione di voler esperire, all'esito della stessa, il rimedio indennitario, la stessa potrà integrare la richiesta condizione di ammissibilità della domanda di equa riparazione chiedendo al giudice di valutare il mutamento del rito, da ordinario a sommario, ai sensi dell'art. 183-bisc.p.c.

In dottrina è sorto l'interrogativo se detta richiesta debba intervenire entro la prima udienza di trattazione, nel corso della quale il giudice può d'ufficio effettuare detta valutazione ex art. 183-bis c.p.c., o anche in un momento successivo. La preferenza per la prima tesi è stata sostenuta evidenziando che non vi sarebbe, a valle del contraddittorio scritto costituito dalle tre memorie di cui all'art. 183 c.p.c., alcun sostanziale vantaggio nel mutamento del rito che, quindi, dovrebbe avvenire entro la prima udienza (Negri, 8). Tuttavia, la lettera della norma in esame appare invece chiara nel senso che la richiesta al giudice di mutamento del rito ad opera della parte poi interessata a proporre la domanda di equa riparazione debba avvenire «entro l'udienza di trattazione e comunque almeno sei mesi prima che siano trascorsi i termini di cui all'articolo 2, comma 2-bis», ossia anche dopo l'udienza di trattazione, purché entro due anni e mezzo dall'inizio del giudizio.

La condizione di ammissibilità della domanda resta integrata per la parte che effettua la richiesta di mutamento del rito ai sensi dell'art. 183-bis c.p.c. a seguito della mera richiesta al giudice e, quindi, a prescindere dall'emanazione da parte dell'autorità giudiziaria del provvedimento richiesto.

Con sentenza n. 120 del 2020 la Corte Costituzionale ha dichiarato non fondata la questione di legittimità costituzionale avente degli artt. 1-bis, comma 2, 1-ter, comma 1, e 2, comma 1, della legge 24 marzo 2001, n. 89, laddove introducono nel processo civile presupposto rimedi preventivi che condizionano la proponibilità della domanda di equa riparazione per l'irragionevole durata del giudizio sollevata, in riferimento agli artt. 11 e 117, primo comma, della Costituzione, in relazione agli artt. 6 e 13 della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali.La Corte Costituzionale ha ritenuto non fondata la questione sollevata dalla Corte d'Appello di Napoli, assumendo, a differenza del giudice rimettente, che la fattispecie prospettata non potesse considerarsi analoga a quella decisa, con una pronuncia di accoglimento, dalla stessa Corte con la sentenza n. 34 del 2019 con riguardo all'istanza di prelievo nel processo amministrativo (nonché con la successiva sentenza n. 169 del 2019, concernente l'istanza di accelerazione nel processo penale).

È opportuno ricordare che, mediante la sentenza n. 34 del 2019, è stato dichiarato costituzionalmente illegittimo, per violazione dei medesimi parametri, l'art. 54, comma 2, del d.l. n. 112 del 2008, conv., con modif., nella legge n. 133 del 2008, secondo cui la domanda di equa riparazione per l'eccessiva durata del processo non è proponibile se nel giudizio dinanzi al giudice amministrativo, in cui si assume essersi verificata la violazione di cui all'art. 2, comma 1, della legge n. 89 del 2001 (c.d. legge Pinto), non è stata presentata l'istanza di prelievo di cui all'art. 71, comma 2, cod. proc. amm.

Tale pronuncia di accoglimento ha richiamato in motivazione il contrasto della predetta disciplina con il principio enunciato dalla Corte europea dei diritti dell'uomo con la pronuncia Olivieri e altri contro Italia del 22 febbraio 2016, la quale aveva affermato che la procedura nazionale per lamentare la durata eccessiva di un giudizio dinanzi al giudice amministrativo non poteva considerarsi un rimedio effettivo ai sensi dell'art. 13 della CEDU, soprattutto sul rilievo che il sistema giuridico nazionale non prevede alcuna condizione volta a garantire l'esame dell'istanza di prelievo. Nella prospettiva della Corte di Strasburgo, condivisa dalla Corte Costituzionale nella decisione n. 34 del 2019, invero la mancata presentazione dell'istanza di prelievo può costituire elemento indiziante di una sopravvenuta carenza, o di non serietà, dell'interesse della parte alla decisione del ricorso, che può assumere rilievo ai fini della quantificazione dell'indennizzo, ma non può condizionare la stessa proponibilità della correlativa domanda.

Diversa è la soluzione che ha deciso di adottare, a distanza di poco più di un anno, la stessa Corte Costituzionale con la pronuncia in comento, in relazione ai rimedi preventivi all'azione indennitaria per irragionevole durata del processo civile di cui agli artt. 1-bis e 1-ter della legge Pinto.

La Corte Costituzionale ha in particolare motivato la propria decisione di rigetto sottolineando che la normativa denunciata subordina l'ammissibilità della domanda di equo indennizzo per  la durata irragionevole del processo non già alla proposizione di un'istanza con effetto dichiarativo di un interesse già incardinato nel processo e di mera “prenotazione della decisione” ‒ che si riduce ad un adempimento solo formale ‒ bensì alla proposizione di possibili, e concreti, “modelli procedimentali alternativi”, volti ad accelerare il corso del processo, prima che il termine di durata massima sia maturato.

In particolare, quanto all'istanza di decisione della controversia secondo il modulo della decisione a seguito di trattazione oraleex art. 281-sexies c.p.c. la stessa non potrebbe, secondo quanto affermato dalla pronuncia in esame, considerarsi un atto formale, in quanto volta ad attivare un rimedio in forma specifica, suggerendo al giudice l'utilizzo di “modelli sub-procedimentali (rientranti nel quadro dei procedimenti decisori previsti dal regime processuale), teleologicamente funzionali al raggiungimento di tale scopo, con effettiva valenza sollecitatoria”.

Pur non analizzando anche il rimedio preventivo correlato all'introduzione ovvero all'istanza di conversione del rito in quello sommario di cognizione, la Corte Costituzionale sembra effettuare un discorso di carattere generale con riferimento ai rimedi cd. preventivi contemplati dalla legge Pinto per il processo civile, ritenendo che gli stessi integrano forme di collaborazione della parte con l'autorità giudiziaria con le quali viene manifestata la disponibilità al passaggio al rito semplificato o al modello decisorio concentrato, in tempo potenzialmente utile ad evitare il superamento del termine di ragionevole durata del processo stesso (e che consentono, poi, se utilizzati, di proporre la domanda di equa riparazione ove tale superamento non venga scongiurato). La Corte sottolinea che quella del legislatore è un'opzione legittima del nel quadro di un bilanciamento di valori di pari rilievo costituzionale, ossia, per un verso, il diritto di difesa e, per un altro, la ragionevole durata del processo, aggravata dal “flusso indiscriminato dei procedimenti per equo indennizzo ex lege n. 89 del 2001” e che quindi la sanzione dell'inammissibilità della domanda per l'ipotesi nella quale tali rimedi preventivi non vengano attivati non è sproporzionata né irragionevole.

In sede di rinvio pregiudiziale interpretativo la S.C. ha chiarito che anche nei processi civili davanti al giudice di pace, ai fini dell'ammissibilità della domanda di equa riparazione per la violazione del termine ragionevole di durata, ex artt. 1-bis, 1-ter, comma 1, e 2, comma 1, della l. n. 89 del 2001, sussiste per la parte l'onere di esperire il rimedio preventivo della proposizione dell'istanza di decisione a seguito di trattazione orale a norma dell'art. 281-sexies c.p.c., in quanto, pur costituendo la "regola", in base al modello dell'art. 321 c.p.c. (nella formulazione antecedente alle modifiche operate dal d.lgs. 149 del 2022), che la decisione della causa in tali processi avvenga a seguito di discussione orale, tale istanza non è incompatibile strutturalmente con il rito davanti al giudice di pace, alla stregua dell'art. 311 c.p.c., e riveste comunque funzione acceleratoria in riferimento alle modalità di discussione della causa, redazione della sentenza e pubblicazione della stessa (Cass. II, n. 21874/2023).

Per le controversie non rientranti nell'ambito di applicazione del procedimento sommario di cognizione, in quanto demandate al tribunale in composizione collegiale, il rimedio preventivo da attivare, previsto dalla norma in esame, è quello della richiesta di decisione mediante trattazione oraleex art. 281- sexiesc.p.c. Come non si è trascurato di osservare in dottrina, in realtà questa modalità decisoria neppure era sinora prevista per le controversie collegiali cui tale forma di decisione viene a tal fine indirettamente estesa (Negri, 8). Anche in questo caso, peraltro, la condizione di ammissibilità è integrata con la sola richiesta al giudice di adottare la decisione nella forma di cui all'art. 281-sexies c.p.c., senza che assuma rilievo, naturalmente, la scelta o meno del giudice di adottare tale modello definitorio della controversia.

Sembrano restare fuori dalla necessità di attivazione dei rimedi preventivi introdotti dalla norma in esame per il processo civile una serie di controversie ed, in particolare, quelle assoggettate ai riti c.d. da ricorso (ad esempio, rito del lavoro o rito locatizio) la cui compatibilità sia con il procedimento sommario di cognizione che con l'art. 281-sexies c.p.c. è fortemente dubbia, se non altro per la inutilità di siffatte forme processuali essendo i riti in questione assoggettati ad analoga celerità sia nelle forme dell'istruttoria che quanto alla decisione adottata, invero, con sentenza letta a seguito della discussione orale all'udienza (cfr. Negri, 8).

Questa tesi è stata di recente corroborata nella giurisprudenza della S.C. all'interno della quale è stato sottolineato che, in tema di equa riparazione, l'art. 1 ter, comma 1, della l. n. 89 del 2001 deve interpretarsi – anche in ossequio al canone che impone di attribuire alla legge, nei limiti in cui ciò sia permesso dal suo testo, un significato conforme alla CEDU – nel senso che non rientrano nel perimetro di applicazione della norma i processi che si svolgono con il rito lavoro in quanto, a seguito della modifica dell'art. 429, comma 1, c.p.c. è già previsto che il giudice, all'udienza di discussione, decida la causa e proceda alla lettura del dispositivo e delle ragioni in fatto e in diritto della decisione, in analogia con lo schema dell'art. 281-sexies c.p.c. (Cass. n. 16741/2022).

Sono poi  esclusi dai rimedi preventivi sia il giudizio di appello, sia le procedure esecutive e concorsuali la cui irragionevole durata è sovente causa di condanne ai sensi della legge n. 89 del 2001 in commento.

È invece individuato un rimedio preventivo per la fase dinanzi alla Corte di Cassazione, costituito da un'istanza di accelerazione da depositarsi almeno due mesi prima che sia maturato il termine, annuale, di definizione ragionevole di tale grado di giudizio.

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