Decreto legislativo - 4/03/2010 - n. 28 art. 5 - (Condizione di procedibilità e rapporti con il processo)12.

Mauro Di Marzio

(Condizione di procedibilità e rapporti con il processo)12.

1. Chi intende esercitare in giudizio un'azione relativa a una controversia in materia di condominio, diritti reali, divisione, successioni ereditarie, patti di famiglia, locazione, comodato, affitto di aziende, risarcimento del danno derivante da responsabilità medica e sanitaria e da diffamazione con il mezzo della stampa o con altro mezzo di pubblicità, contratti assicurativi, bancari e finanziari, associazione in partecipazione, consorzio, franchising, opera, rete, somministrazione, società di persone e subfornitura, è tenuto preliminarmente a esperire il procedimento di mediazione ai sensi del presente capo.

2. Nelle controversie di cui al comma 1 l'esperimento del procedimento di mediazione è condizione di procedibilità della domanda giudiziale. L'improcedibilità è eccepita dal convenuto, a pena di decadenza, o rilevata d'ufficio dal giudice non oltre la prima udienza. Il giudice, quando rileva che la mediazione non è stata esperita o è già iniziata, ma non si è conclusa, fissa la successiva udienza dopo la scadenza del termine di cui all'articolo 6. A tale udienza, il giudice accerta se la condizione di procedibilità è stata soddisfatta e, in mancanza, dichiara l'improcedibilità della domanda giudiziale.

3. Per assolvere alla condizione di procedibilità le parti possono anche esperire, per le materie e nei limiti ivi regolamentati, le procedure previste:

a) dall'articolo 128-bis del decreto legislativo 1° settembre 1993, n. 385;

b) dall'articolo 32-ter del decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58;

c) dall'articolo 187.1 del decreto legislativo 7 settembre 2005, n. 209;

d) dall'articolo 2, comma 24, lettera b), della legge 14 novembre 1995, n. 481.

4. Quando l'esperimento del procedimento di mediazione è condizione di procedibilità della domanda giudiziale, la condizione si considera avverata se il primo incontro dinanzi al mediatore si conclude senza l'accordo di conciliazione.

5. Lo svolgimento della mediazione non preclude in ogni caso la concessione dei provvedimenti urgenti e cautelari, né la trascrizione della domanda giudiziale.

6. Il comma 1 e l'articolo 5-quater non si applicano:

a) nei procedimenti per ingiunzione, inclusa l'opposizione, fino alla pronuncia sulle istanze di concessione e sospensione della provvisoria esecuzione, secondo quanto previsto dall'articolo 5-bis;

b) nei procedimenti per convalida di licenza o sfratto, fino al mutamento del rito di cui all'articolo 667 del codice di procedura civile;

c) nei procedimenti di consulenza tecnica preventiva ai fini della composizione della lite, di cui all'articolo 696-bis del codice di procedura civile;

d) nei procedimenti possessori, fino alla pronuncia dei provvedimenti di cui all'articolo 703, terzo comma, del codice di procedura civile;

e) nei procedimenti di opposizione o incidentali di cognizione relativi all'esecuzione forzata;

f) nei procedimenti in camera di consiglio;

g) nell'azione civile esercitata nel processo penale;

h) nell'azione inibitoria di cui agli articoli 37 e 140-octies​ del codice del consumo, di cui al decreto legislativo 6 settembre 2005, n. 2063.

[3] Lettera modificata dall'articolo 2, comma 1, del D.Lgs. 10 marzo 2023, n. 28, con applicazione a decorrere dal 25 giugno 2023.

Inquadramento

Dopo che la Corte costituzionale ha dichiarato l'incostituzionalità per eccesso di delega dell'art. 5, comma 1, d.lgs. 4 marzo 2010, n. 28 (Corte cost. n. 272/2012), norma che disciplinava la mediazione come condizione di procedibilità per le controversie ivi indicate, il legislatore ha introdotto una disposizione pressoché sovrapponibile alla precedente, collocata al comma 1-bis, con l'art. 84, comma 1, lett. b), della novella attuata con d.l. n. 69/2013, convertito, con modificazioni, dalla l. n. 98/2013, comma poi modificato dall'art. 1-bis, comma 2, d.lgs. n. 130/2015.

Il citato art. 84, recante modifiche al d.lgs. 4 marzo 2010, n. 28, ha mantenuto intatto: a) il precetto, trasmigrato dal comma 5 al comma 4-bis dell'art. 8, secondo cui, in caso di mancata partecipazione senza giustificato motivo al procedimento di mediazione, il giudice può desumere argomenti di prova nel successivo giudizio ai sensi dell'art. 116, comma 2, c.p.c.; b) il precetto, confluito nello stesso comma 4-bis dell'art. 8, secondo cui il giudice condanna la parte costituita che non ha partecipato al procedimento di mediazione obbligatorio senza giustificato motivo, al versamento all'entrata del bilancio dello Stato di una somma di importo corrispondente al contributo unificato dovuto per il giudizio; c) il precetto di cui all'art. 13, che disciplina le ricadute sulle spese di lite di determinati comportamenti della parte.

La novella del 2013 ha invece: a) modificato la definizione di mediazione, che non è più presentata come «attività... svolta da un terzo imparziale e finalizzata ad assistere due o più soggetti sia nella ricerca di un accordo amichevole per la composizione di una controversia, sia nella formulazione di una proposta per la risoluzione della stessa», bensì come «attività... per la composizione di una controversia, anche con formulazione di una proposta per la risoluzione della stessa»; b) ridotto da quattro a tre mesi il termine massimo di durata del procedimento; c) stabilito, inoltre, all'art. 4, comma 1, del d.lgs. n. 28/2010, come modificato, che l'istanza sia proposta ad un organismo collocato circondario del giudice territorialmente competente per la controversia, con la precisazione che in caso di pluralità domande concernenti la stessa controversia, la mediazione deve svolgersi dinanzi all'organismo presso il quale è stata presentata la prima domanda; d) stabilito, all'art. 5, comma 1-bis, che, nella mediazione obbligatoria (v. circolare Ministero di giustizia del 27 novembre 2013), la parte istante deve essere assistita dall'avvocato, con la conseguente configurazione di un vero e proprio obbligo di difesa tecnica.

La mediazione obbligatoria

Nel reintrodurre la mediazione obbligatoria come condizione di procedibilità il legislatore ha rimaneggiato l'elencazione delle materie per le quali essa è richiesta, con l'eliminazione delle controversie relative al risarcimento del danno derivante dalla circolazione di veicoli e natanti (per le quali è prevista la condizione di procedibilità della negoziazione assistita). La mediazione è condizione di procedibilità nelle controversie in materia di condominio, diritti reali, divisione, successioni ereditarie, patti di famiglia, locazione, comodato, affitto di aziende, risarcimento del danno derivante da responsabilità medica e sanitaria e da diffamazione con il mezzo della stampa o con altro mezzo di pubblicità, contratti assicurativi, bancari e finanziari, sicché vi è un'ampia gamma di possibili controversie riconducibili al comparto della responsabilità civile per le quali sussiste il requisito di procedibilità della mediazione obbligatoria.

L'obbligatorietà della mediazione sussiste d'altronde indipendentemente dal modello procedimentale adottato (Trib. Torino 23 marzo 2015).

Tuttavia l'obbligatorietà della mediazione è esclusa in determinati contesti processuali, elencati all'art. 5 (procedimenti per ingiunzione, inclusa l'opposizione, fino alla pronuncia sulle istanze di concessione e sospensione della provvisoria esecuzione; procedimenti per convalida di licenza o sfratto, fino al mutamento del rito di cui all'art. 667 c.p.c. procedimenti di consulenza tecnica preventiva ai fini della composizione della lite; procedimenti possessori, fino alla pronuncia dei provvedimenti di cui all'art. 703, comma 3, c.p.c. procedimenti di opposizione o incidentali di cognizione relativi all'esecuzione forzata; procedimenti in camera di consiglio; azione civile esercitata nel processo penale). Tra i procedimenti esclusi è dunque espressamente indicata la consulenza tecnica preventiva ai fini della composizione della lite, di cui all'art. 696-bis c.p.c. È il caso di evidenziare qui che, nel giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo relativo a controversie soggette a mediazione obbligatoria, una volta decise le istanze di concessione o sospensione della provvisoria esecuzione del decreto, l'onere di promuovere la procedura di mediazione (secondo quanto recentemente chiarito dalle Sezioni Unite, che hanno ribaltato il precedente orientamento) grava sulla parte opposta, con la conseguenza che, ove essa non si attivi, alla pronuncia di improcedibilità dell'opposizione segue la revoca del decreto ingiuntivo (Cass. S.U., n. 19596/2020).

Al fine di comprovare di avere posto in essere la condizione di procedibilità, l'attore deve produrre in giudizio copia del verbale negativo rilasciato dall'organismo di mediazione. Sul punto è intervenuta una circolare ministeriale del 4 aprile 2011, recepita dal d.m. n. 145/2011 , la quale ha precisato che, in caso di mancata adesione della controparte all'invito, la parte interessata deve comunque comparire all'appuntamento col mediatore, non essendo sufficiente una mera dichiarazione dell'organismo di conclusione del procedimento per mancata adesione della parte invitata.

Il mancato avveramento della condizione di procedibilità va eccepito dal convenuto a pena di decadenza o rilevata d'ufficio dal giudice, entro la prima udienza: ove ciò non avvenga, il giudice d'appello può disporre la mediazione, ma non vi è obbligato, neanche nelle materie indicate dallo stesso art. 5, comma 1-bis, atteso che in grado d'appello l'esperimento della mediazione costituisce condizione di procedibilità della domanda solo quando è disposta discrezionalmente dal giudice, ai sensi dell'art. 5, comma 2 (Cass. III, n. 25155/2020).

La controversia avente ad oggetto il pagamento di un assegno bancario a persona diversa dall'effettivo beneficiario, non è sottoposta alla mediazione obbligatoria, trattandosi di fattispecie che non rientra nell'ambito dei contratti bancari, perché la convenzione di assegno, se può trovarsi inserita anche nel corpo dei detti contratti, conserva sempre la propria autonomia, rientrando l'assegno nel novero dei servizi di pagamento, ai sensi dell'art. 2, lett. g), del d.lgs. n. 11/2010, che prescindono dalla natura bancaria del soggetto incaricato di prestare il relativo servizio (Cass. VI, n. 9204/2020).

Effettività del tentativo

L'art. 5, comma 2-bis stabilisce che «quando l'esperimento del procedimento di mediazione è condizione di procedibilità della domanda giudiziale la condizione si considera avverata se il primo incontro dinanzi al mediatore si conclude senza l'accordo». L'art. 8, comma 1, disciplina ex novo il primo incontro, che consta di una prima fase volta a chiarire la funzione e le modalità di svolgimento della mediazione e di una seconda fase che ha ad oggetto la mediazione vera e propria. L'art. 17, comma 5-ter, prevede che, in caso di mancato accordo all'esito del primo incontro, nessun compenso è dovuto per l'organismo di mediazione.

In giurisprudenza è stato ritenuto che la partecipazione alla prima parte del procedimento dedicata alla fase informativa non sia sufficiente ad integrare la condizione di procedibilità (Trib. Vasto 9 marzo 2015, in Contr., 2015, 687), giacché in caso contrario la mediazione si ridurrebbe a una semplice formalità. È stato coì affermato che: «Ritenere che la condizione di procedibilità sia assolta dopo un primo incontro, in cui il mediatore si limiti a chiarire alle parti la funzione e le modalità di svolgimento della mediazione, vuol dire, in realtà, ridurre ad un'inaccettabile dimensione notarile il ruolo del giudice, quello del mediatore e quello dei difensori» (Trib. Firenze 26 novembre 2014, in Riv. dir. proc., 2015, 558; v. pure Trib. Palermo 16 luglio 2014, in Giur. it., 2015, 639). Per il venire ad esistenza della condizione di procedibilità il tentativo di mediazione deve dunque essere effettivo, sicché non può essere limitato alla sola prima fase informativa, tanto più con la partecipazione dei soli difensori delle parti (Trib. Pavia 17 giugno 2015; Trib. Pavia 18 maggio 2015; Trib. Pavia 30 marzo 2015; Trib. Napoli 6 aprile 2017), ma deve svilupparsi attraverso l'esame delle questioni controverse (Trib. Milano 7 maggio 2015; Trib. Pavia 19 gennaio 2015; Trib. Siracusa 30 marzo 2015; Trib. Monza 28 gennaio 2015). Ciò soprattutto per la mediazione disposta dal giudice (Trib. Firenze 26 novembre 2014, in Riv. dir. proc., 2015, 558; Trib. Firenze 19 marzo 2014, in Giur. it., 2015, 641).

Ammissibilità della rappresentanza

La necessaria effettività del tentativo di mediazione richiede secondo la prevalente giurisprudenza la partecipazione diretta delle parti, sicché non sarebbe configurabile l'affidamento dell'incarico di tentare la mediazione né all'avvocato (Trib. Roma 19 febbraio 2015; Trib. Firenze 26 novembre 2014, in Riv. dir. proc., 2015, 558; Trib. Pavia 9 marzo 2015; Trib. Pavia 19 gennaio 2015; Trib. Pavia 17 giugno 2015; Trib. Bologna 5 giugno 2014) né ad altri (Trib. Firenze, 19 marzo 2014, in Giur. it., 2015, 641; Trib. Vasto 23 giugno 2015; Trib. Milano 7 maggio 2015).

L'assunto si fonda essenzialmente sulla formulazione degli artt. 5, comma 1-bis, e 8, secondo cui le parti danno corso al procedimento di mediazione «con l'assistenza» degli avvocati, il che presupporrebbe la loro diretta partecipazione al tentativo.

Tale soluzione, condivisa da parte della dottrina (Raiti, 573; Ferraris, 692) e da cui dissentono invece talune decisioni (Trib. Palermo 16 luglio 2014, in Giur. it., 2015, 639), è contrastata da altra parte della dottrina (Sandulli, 2). Si osserva che l'inammissibilità della rappresentanza nel procedimento di mediazione è in contraddizione con la natura disponibile dei diritti cui la mediazione stessa si applica e con la rilevanza della volontà delle parti in ogni passaggio del procedimento (Lupoi, 12), sicché nulla escluderebbe il conferimento all'avvocato di una procura sostanziale ad esperire il tentativo di mediazione (Ruvolo, 1007).

In caso di controversia condominiale vertente sulla domanda avanzata dall'amministratore del condominio per conseguire la condanna di una condomina al pagamento dei contributi, soggetta in base all'art. 71- quater, comma 1, disp. att. c.c. alla condizione di procedibilità dell'esperimento di mediazione, a tale ultimo procedimento è legittimato a partecipare l'amministratore, previa però delibera assembleare da assumere con maggioranza ex art. 1136, comma 2, c.c. (Cass. VI, n. 10846/2020).

La mediazione delegata

L'art. 5, comma 2, del d.lgs. n. 28/ì2010 disciplina la c.d. mediazione delegata dal giudice alle parti. Dopo la riforma del 2013 il giudice può direttamente disporre lo svolgimento del procedimento di mediazione, senza che occorra il consenso delle parti, quale che sia l'oggetto della controversia, anche nei casi in cui la mediazione non sia già condizione di procedibilità della domanda, purché si versi in tema di diritti disponibili.

La mediazione delegata può essere disposta dopo il fallimento della preventiva mediazione obbligatoria (Trib. Palermo 16 luglio 2014, in Giur. it., 2015, 639; Trib. Taranto 16 aprile 2015).

La mediazione delegata, una volta disposta, costituisce condizione di procedibilità.

Bibliografia

Ferraris, Nota a Trib. Vasto, 9 marzo 2015, in Contr. 2015, 687, 692; Lupoi, Ancora sui rapporti tra mediazione e processo civile, dopo le ultime riforme, in Riv. trim. dir. proc. civ. 2016, 12; Raiti, Primo incontro in mediazione e condizione di procedibilità della domanda ai sensi del novellato art. 5, comma 2 bis, d.lgs. 4 marzo 2010, n. 28, in Riv. dir. proc. 2015, 570; Ruvolo, La mediazione ex officio iudicis e la proposta conciliativa ex art. 185-bis c.p.c., in Corr. giur. 2014, 1007; Sandulli, In tema di mediazione delegata dal giudice, in Nuova proc. civ. 2015, 2.

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