L'opponibilità al nudo proprietario della locazione stipulata dall'usufruttuario
30 Ottobre 2017
Il quadro normativo
L'usufruttuario può ricavare i frutti naturali e civili della cosa, anche togliendo in locazione il bene in esercizio della facoltà attribuitagli dall'art. 999 c.c.. Del resto, il rapporto di locazione prescinde dalla titolarità del diritto di proprietà del locatore sull'immobile, essendo sufficiente che quest'ultimo, in relazione all'obbligazione principale assunta di consentire al conduttore l'uso e il godimento dell'immobile, abbia la disponibilità del bene. Il limite che, tuttavia, l'usufruttuario incontra in sede di costituzione di tale rapporto è costituito dal divieto di alterare la destinazione economica del bene concesso in locazione. Il nudo proprietario si trova in posizione di terzietà rispetto ai contratti conclusi dall'usufruttuario aventi a oggetto il cespite dato in usufrutto. Ne segue che il nudo proprietario non può ingerirsi nelle trattative fra l'usufruttuario e il terzo circa l'uso o il godimento della res, né può incidere sull'accordo definitivo, trattandosi di relazioni e pattuizioni che impingono nella sfera di autonomia privata aliena e indipendente da quella afferente al rapporto intercorrente tra il nudo proprietario stesso e l'usufruttuario. In applicazione di siffatta impostazione, Trib. Mantova 18 maggio 2012 ha ritenuto inammissibile l'intervento del nudo proprietario avente causa dal titolare della piena proprietà dell'immobile nel giudizio da questi promosso nei confronti del conduttore atteso che, qualora, successivamente alla stipula del contratto di locazione, si verifichi la scissione della piena proprietà in usufrutto e nuda proprietà, la qualità di locatore, in virtù delle disposizioni coordinate degli artt. 981, 984 e 999 c.c., si concentra per tutti i riflessi, attivi e passivi, sostanziali e processuali, nel titolare dell'usufrutto e ciò tanto nella costituzione dell'usufrutto per atto fra vivi, quanto nella costituzione mortis causa. Ciò posto, in base al disposto dell'art. 999 c.c. – norma avente carattere dispositivo, in quanto rivolta a dirimere interessi privati: Cass. civ., sez. II, 19 aprile 1972, n. 1263 - le locazioni stipulate dall'usufruttuario e in corso al momento della cessazione dell'usufrutto sono opponibili al proprietario purché risultino da scrittura privata avente data certa anteriore o da atto pubblico (Cass. civ., sez. III, 25 febbraio 1999, n. 1643), anche nella ipotesi di estinzione dell'usufrutto per consolidazione (Cass. civ., sez. lav., 27 marzo 1975, n. 1165) e che, in assenza di tali presupposti, lo stesso non sia tenuto a rispettare le locazioni stipulate dall'usufruttuario nemmeno per la durata corrispondente a quella per le locazioni a tempo indeterminato, non essendo applicabile per analogia la norma dell'art. 1600 c.c., dettata in tema di alienazione della cosa locata (Cass. civ. sez. III, 27 marzo 1964, n. 695). Tale disposizione ha una valenza centrale nella disciplina di tale evenienza contrattuale, in quanto, come palesato da Cass. civ., sez. III, 25 luglio 2003, n. 11561, non esiste nell'ordinamento positivo un'azione di impugnativa della locazione, stipulata dall'usufruttuario, per frode in danno del nudo proprietario, in quanto l'unico strumento previsto a tutela di quest'ultimo è posto dall'art. 999 c.c., che stabilisce, oltre che le condizioni di forma e di sostanza richieste per l'opponibilità al proprietario del contratto costitutivo del diritto personale di godimento, la durata massima del rapporto di locazione dopo la cessazione dell'usufrutto. E peraltro, la Cassazione ha acclarato che la mancata configurazione, a tutela del proprietario, accanto e ad integrazione di quanto derivante dalla previsione contenuta nel citato art. 999 c.c., di un'azione diretta a far valere la nullità per frode della locazione stipulata dall'usufruttuario, si pone in contrasto con gli artt. 3 e 42 Cost., essendo la disciplina in materia frutto di un equilibrato contemperamento dei vari interessi in gioco. Giova segnalare che il principio stabilito dall'art. 999 c.c. non ha subito deroghe per effetto della legislazione vincolistica, né dopo l'entrata in vigore della legge sull'equo canone, perché dette leggi non hanno abrogato, né modificato la norma suddetta sul punto concernente i requisiti di forma (atto pubblico, scrittura privata di data certa) previsti per l'opponibilità del contratto al proprietario, avendo esse modificato soltanto la disciplina della durata della locazione (Cass. civ., sez. III, 5 dicembre 1994, n. 10433). La data certa nelle scritture private è assicurata dalla registrazione del contratto, ma, ai sensi dell'art. 2704, comma 1, c.c., può essere desunta da altri elementi equivalenti e, pertanto, anche indirettamente dal giorno in cui si è verificato un fatto che abbia stabilito in modo certo l'anteriorità della formazione del documento, come ad esempio la morte o la sopravvenuta impossibilità fisica di uno dei contraenti. Per altro verso, si rammenta che la carenza del requisito della registrazione priva ab ovo di validità la locazione ai sensi dell'art. 1, comma 346, della l. n. 311/2004 con la conseguenza che tale carenza può essere fatta valere anche dal nudo proprietario dopo la consolidazione dell'usufrutto. In ogni caso, per la Corte regolatrice non sono equiparabili alla scrittura privata avente data certa, le lettere a firma dell'usufruttuario spedite al convenuto, nelle quali si faccia espresso riferimento al contratto di locazione e le ricevute di pagamento del canone a firma dello stesso usufruttuario (Cass. civ., sez. III, 25 febbraio 1999 n. 1643; contra Cass. civ. sez. III, 14 febbraio 1994, n. 1455). La regola di opponibilità della locazione dettata dall'art. 999 c.c. trova, peraltro, una deroga elaborata dal formante giurisprudenziale. Infatti, al requisito della scrittura privata di data certa anteriore è stata equiparata la conoscenza del contratto di locazione da parte del nudo proprietario (Cass. civ., sez. III, 11 marzo 2005, n. 5421). Infine, è d'uopo segnalare che una questione di opponibilità non si pone nel caso di concessione in locazione del cespite da parte dell'usufruttario in favore del nudo proprietario: in tale ipotesi quest'ultimo assume le obbligazioni ed esercita i diritti del conduttore, salva, al momento della cessazione dell'usufrutto, la caducazione del rapporto di locazione per confusione (Cass. civ. sez. III, 1 giugno 1991, n. 6168).
Cessione ex lege della locazione opponibile
All'atto della cessazione dell'usufrutto, la locazione stipulata dall'usufruttuario, ove opponibile al nudo proprietario, continua fra proprietario e conduttore; diventa così titolare del rapporto il primo, avendo luogo un fenomeno di cessione ex lege del contratto, per l'operatività della quale non necessita l'adesione del conduttore. In tale contesto, la comunicazione al conduttore dell'evento modificativo della titolarità del rapporto ha il solo scopo di porlo in grado di adempiere ai propri doveri nei confronti del soggetto subentrato ex lege nella posizione di locatore (Cass. civ., sez. III, 11 aprile 1983, n. 2558). Si avverte che per Trib. Bari, sez. agraria, 28 novembre 2014, la consolidazione dell'usufrutto per morte dell'usufruttuario determina il passaggio della facoltà di godimento dell'immobile dall'usufruttuario al nudo proprietario ed il conseguente diritto di questi di ottenere il rilascio dei beni precedentemente affittati dal suo predecessore. In ipotesi siffatte le locazioni concluse da tale soggetto non possono protrarsi oltre il quinquennio dalla cessazione dell'usufrutto. Tuttavia, secondo un più recente orientamento di legittimità, l'estinzione del diritto di usufrutto, pur comportando l'opponibilità al proprietario (nei limiti di cui all'art. 999 c.c.) dei contratti di locazione conclusi dall'usufruttuario, non determina, di per sé, l'effettivo subentro nel rapporto di locazione del pieno proprietario ove questi rimanga del tutto silente ed estraneo al rapporto; per esercitare i diritti derivanti dal rapporto (compreso quello di farne dichiarare la risoluzione), il locatore non è dunque tenuto a dimostrare la persistente titolarità di un diritto reale sul bene, né il conduttore può pretendere la dimostrazione di tale diritto per sottrarsi all'adempimento degli obblighi nascenti dal rapporto locatizio e per contestare la legittimazione dell'attore, trattandosi di eccezione de iure tertii, a meno che non risulti che il (pieno) proprietario abbia manifestato la volontà di fare proprio il rapporto, subentrando al locatore e privandolo della disponibilità del bene. Pertanto, fintantoché il (pieno) proprietario non manifesti la volontà di subentrare effettivamente nella posizione dell'originario locatore, il rapporto di locazione prescinde dalle vicende attinenti la titolarità dei diritti reali sul bene e la vicenda rimane centrata sui rapporti meramente personali fra locatore e conduttore (Cass. civ., sez. III, 20 agosto 2015, n. 17030) in coerenza con la sua natura «personale»; ne consegue che, silente il proprietario, la morte dell'originario usufruttuario/locatore determina la trasmissione della titolarità del rapporto di locazione agli eredi, con possibilità - per essi- di esercitare i diritti e le azioni che derivano dalla locazione e senza che il conduttore possa contestarne la legittimazione per il solo fatto che sia venuto meno il diritto di usufrutto (Cass. civ., sez. III, 20 luglio 2016, n. 14834). Durata della locazione opponibile
Quanto alla durata della locazione stipulata dall'usufruttuario dopo la cessazione dell'usufrutto, l'art. 999 c.c. distingue l'ipotesi di usufrutto senza termine finale da quella di usufrutto con termine finale prestabilito. La prima ipotesi è disciplinata dal comma 1 dell'art. 999 c.c., in base al quale «le locazioni concluse dall'usufruttuario, in corso al tempo della cessazione dell'usufrutto, purché constino da atto pubblico o da scrittura privata di data certa anteriore, continuano per la durata stabilita, ma non oltre il quinquennio dalla cessazione dell'usufrutto». Invero, nel caso di consolidazione dell'usufrutto per morte dell'usufruttuario, la norma in commento realizza un equo contemperamento tra il diritto del nudo proprietario e quello del conduttore, al quale è cosi assegnato un congruo termine per reperire un altro immobile, e prevale sulla disciplina di cui alla l. 27 luglio 1978, n. 392 (Cass. civ., sez. III, 26 maggio 2011, n. 11602). In tal senso, è chiaro che il Supremo Collegio è oggi orientato nel senso per cui prevalgono le norme poste dal codice civile, quale appunto è l'art. 999 c.c., sulla legislazione speciale, anche relativamente alla durata del rapporto. E ciò in applicazione del principio per cui lex priori specialis derogat legi posteriori generali, di modo che l'art. 999 c. c., quale norma a carattere speciale rispetto a quelle, aventi carattere generale, di cui agli artt. 1 e 41 della l. n. 203/1982, e agli artt. 27-29 della l. n. 392/1978 (cui va aggiunta la l. n. 431/1998), che non hanno inciso sulla previgente norma codicistica. Pertanto, per la più recente giurisprudenza non v'è dubbio che tali contratti, ove stipulati dall'usufruttuario sono soggetti, in caso di cessazione dell'usufrutto, al limite di durata quinquennale di cui all'art. 999, comma 1, c. c. (Cass. civ., sez. III, 1 aprile 2000, n. 8000; Cass. civ., sez. III, 25 luglio 2003, n. 11561; Cass. civ., sez. III, 2 agosto 2004, n. 14768; Cass. civ., sez. III, 10 aprile 2008, n. 9345; Cass. civ., sez. III, 19 gennaio 2010, n. 693). Di diverso avviso erano la dottrina e la giurisprudenza più risalenti per le quali, invece, i contratti di locazione conclusi dall'usufruttario perduravano per tutta la durata prevista dalla legislazione vincolistica e, di conseguenza, se del caso, anche oltre il termine quinquennale previsto dall'art. 999 c.c. Tale opinione si fondava sul rilievo per cui la disciplina codicistica aveva un ambito più ristretto, attenendo unicamente al regime delle condizioni formali e sostanziali indispensabili perché la locazione fosse opponibile al proprietario (Cass. civ. sez. III 19 giugno 1962, n. 1550; Cass. civ., sez. III, 17 marzo 1981, n. 1577; Cass. civ., sez. III, 14 aprile 1984, n. 2418; Cass. civ., sez. III, 23 febbraio 1988, n. 1915; Cass. civ., sez. III, 14 febbraio 1994, n. 1455; Cass., civ. sez. III, 5 dicembre 1994, n. 10433; Cass. civ., sez. III; 4 giugno 1997, n. 4966). La seconda ipotesi, viene regolata dal secondo comma, che stabilisce «se la cessazione dell'usufrutto avviene per la scadenza del termine stabilito, le locazioni non durano, in ogni caso, se non per l'anno e, trattandosi di fondi rustici dei quali il principale raccolto è biennale o triennale, se non per il biennio o il triennio che si trova in corso al tempo in cui cessa l'usufrutto» (art. 999, comma 2, c.c.). In ogni caso, la giurisprudenza ha chiarito che la continuazione delle locazioni concluse dall'usufruttuario, in corso al tempo della cessazione dell'usufrutto, per il termine massimo di un quinquennio dalla cessazione dell'usufrutto, sempre che constino da atto pubblico o da scrittura privata di data certa anteriore, deriva dall'espressa previsione dell'art. 999 c.c. e costituisce quindi la mera applicazione di una norma di legge. Con la conseguenza che, ai fini della scadenza della locazione, in difetto di contraria previsione della legge, non è richiesta alcuna manifestazione di volontà della parte interessata né, in sede processuale, ove insorga una lite con il conduttore che intenda protrarre la sua detenzione oltre il termine quinquennale previsto dall'art. 999 c.c., occorre un'eccezione in senso stretto della parte interessata al fine di ottenere la reiezione della pretesa avversaria (Cass. civ., sez. III, 29 maggio 2015, n. 11157). In conclusione
Ai fini dell'opponibilità della locazione al nudo proprietario occorre che il contratto sia stipulato con atto pubblico o con scrittura privata avente data certa. Al requisito della scrittura privata di data certa anteriore è stata equiparata la conoscenza del contratto di locazione da parte del nudo proprietario. È opinione consolidata della giurisprudenza quella per cui il disposto codicistico prevalga sulla legislazione vincolistica quanto al profilo della durata della locazione opponibile. Pertanto la locazione stipulata dall'usufruttuario non può continuare oltre cinque anni dopo la consolidazione dell'usufrutto a prescindere dal residuo di durata ancora astrattamente godibile da parte del conduttore in base della normativa speciale. Bellantuono, Cessazione del contratto di affitto di fondo rustico ex art. 999 c.c.: mutamento di giurisprudenza, in Foro it., 2003, I, 2598; Bigliazzi Geri, Usufrutto, uso e abitazione, nel Trattato Cicu - Messineo, Milano, 1979, 297; De Tilla, Codice civile e normativa sull'equo canone: compatibilità in relazione alla locazione stipulata dall'usufruttuario, in Giust. civ., 1990, I, 1632; De Tilla, Sui rapporti tra affitto, locazione ed usufrutto, in Rass. loc. e cond., 1996, 287; De Tilla, L'usufrutto e la normativa del codice civile, in Riv. giur. edil., 2008, 1321; Gabrielli - Padovini, La locazione di immobili urbani, Padova, 1981, 205; Izzo, La locazione dell'usufruttuario tra la tutela del nudo proprietario e quella imperativa del conduttore, in Giust. civ., 2009, I, 1734; Maccari, Durata delle locazioni concluse dall'usufruttuario: fra disciplina codicistica e legislazione speciale, in Nuova giur. civ. comm., 2011, fasc. 12, 11232; Pugliese, voce “Usufrutto (diritto vigente)”, nel Noviss. digesto it., XX, Torino, 1975, 348; Trifone, La locazione. Disposizioni generali e locazione di fondi urbani, nel Trattato Rescigno, XI, Torino, 1984, 530. |