In difesa del compossesso del pianerottolo è necessario provare l’esercizio di un potere di fatto sulla cosa
31 Ottobre 2017
Il fatto. La proprietaria di un immobile lamentava l'occupazione illegittima, da parte di altro condomino, dello spazio destinato a ballatoio, sul quale quest'ultimo aveva fatto costruire un muro. Pertanto l'attrice proponeva azione di reintegra nel possesso, ritenendo che tale spazio fosse a servizio degli appartamenti dei diversi proprietari. Le doglianze della proprietaria venivano rigettate tanto in primo quanto in secondo grado, cosicché ricorreva per Cassazione.
Compossesso oggettivo vs compossesso soggettivo. I giudici di legittimità nel valutare la questione riprendono un precedente orientamento giurisprudenziale secondo il quale le parti comuni dell'edificio formano oggetto di un «compossesso pro indiviso» che viene esercitato in maniera diversa a seconda che le parti comuni siano oggettivamente o soggettivamente utili alle singole unità immobiliari. Difatti, nel caso di beni oggettivamente funzionali alle singole abitazioni come ad esempio le facciate o i tetti, l'esercizio del possesso consiste nel beneficio che il piano ne trae, mentre nel caso di servizi o beni soggettivamente funzionali alla proprietà del singolo, il possesso dipende dall'attività dei singoli proprietari. La Corte precisa che nel caso di specie il ballatoio rientra nell'ipotesi di «compossesso soggettivo», pertanto il condomino pregiudicato nel godimento ha l'onere, come incombente a qualunque possessore, di provare l'esercizio di un potere di fatto sulla cosa, non essendo sufficiente il solo possesso dell'abitazione in proprietà esclusiva. Non essendo stata fornita alcuna prova specifica del compossesso, la doglianza del ricorrente è inammissibile. Per questi motivi la Corte rigetta il ricorso. |