Le problematiche di stallo nelle decisioni gestionali del "piccolo condominio"

Luigi Salciarini
02 Novembre 2017

Nella prospettiva di effettuare lavori sulle parti comuni di una casa bifamiliare cosa succede se le parti sono in disaccordo? Una parte può obbligare l'altra all'esecuzione dei lavori?

Nella prospettiva di effettuare lavori sulle parti comuni di una casa bifamiliare cosa succede se le parti sono in disaccordo? Una parte può obbligare l'altra all'esecuzione dei lavori?

Il quesito proposto coinvolge numerosi aspetti dei quali è necessario dar conto separatamente:

a) innanzitutto, va tenuto presente che una «casa bifamiliare» costituisce un condominio a tutti gli effetti in quanto la circostanza della presenza di due soli partecipanti (i titolari delle distinte unità immobiliari che fanno parte dell'edificio) non impedisce – anzi richiede – l'applicazione della normativa del codice civile prevista per la fattispecie condominiale (cioè, degli artt. dal 1117 al 1139 c.c.) (Cass. civ., sez. VI, 11 agosto 2017, n. 20071);

b) per l'effetto di detta applicazione, anche in tale situazione (che viene solitamente denominata «piccolo» condominio o condominio «minimo») qualsiasi decisione di gestione (qual è quella che dispone l'effettuazione di opere di manutenzione delle parti comuni) deve essere assunta dall'assemblea condominiale ritualmente convocata (e non sono validi procedimenti estemporanei di decisione) (Trib. Modena, sez. I, 6 febbraio 2012, n. 262);

c) il passaggio assembleare, quindi, è preliminare a qualsiasi altra iniziativa e deve essere attuato con modalità che consentano effettivamente di assumere una decisione (provvedendo, per esempio, a tutte le attività necessarie per l'effettuazione dei lavori: computo metrico, reperimento preventivi, ecc.); inoltre, pur non sussistendo una regola specifica, è consigliabile che il tentativo di assumere validamente una decisione attraverso l'assemblea condominiale sia ripetuto più d'una volta;

d)ovviamente, nel caso di due soli condomini, applicandosi, come visto, l'art. 1136 c.c. (che prevede le maggioranze minime: c.d. quorum), la decisione non può che essere assunta all'unanimità;

e) nel caso in cui l'assemblea non riesca ad assumere le necessarie decisioni di gestione (sia a causa di mancata partecipazione alla riunione, sia a causa del contrasto di votazioni) diviene applicabile - in virtù del richiamo presente nell'art. 1139 c.c. - l'art. 1105 c.c. che, nel suo ultimo comma, espressamente dispone «se non si prendono i provvedimenti necessari per l'amministrazione della cosa comune o non si forma una maggioranza, ovvero se la deliberazione adottata non viene eseguita, ciascun partecipante può ricorrere all'autorità giudiziaria. Questa provvede in camera di consiglio e può anche nominare un amministratore».

In conclusione, la normativa condominiale prevede un apposito procedimento davanti all'Autorità Giudiziaria finalizzato ad imporre ai condomini (che non provvedono autonomamente) l'effettuazione di opere di manutenzione del fabbricato, a condizione, però, che tali lavori siano «necessari», aspetto che va evidentemente comprovato in sede di richiesta.

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