Rischi per l’allattamento e contestazione della valutazione: onere probatorio
02 Novembre 2017
La CGUE si è pronunciata in merito all'applicabilità del meccanismo probatorio in tema di discriminazioni per motivi di genere, previsto dall'art. 19 della Direttiva 2006/54/CE, nel caso di una infermiera che, contestando la valutazioni dei rischi effettuata dal datore di lavoro, sosteneva che le mansioni richieste dalla sua professione fossero tali da incidere negativamente sull'allattamento del figlio.
In particolare la lavoratrice, impiegata presso l'unità di pronto soccorso, riteneva che il suo posto di lavoro presentasse rischi per l'allattamento e per la sua salute e sicurezza, vista la complessità del ritmo di lavoro a turni, le radiazioni ionizzanti, le infezioni nelle strutture sanitarie e lo stress. Presentava, quindi, domanda di modifica delle condizioni di lavoro e di attuazione di misure preventive. L'Ospedale, al contrario, faceva valere l'elenco ricapitolativo dei posti di lavoro esenti da rischi, redatto previa consultazione dei rappresentanti dei lavoratori, unitamente ad una relazione preparata dal servizio di prevenzione che dichiarava l'idoneità dell'infermiera allo svolgimento dell'attività lavorativa.
La Corte di Giustizia UE, investita della questione pregiudiziale dal giudice spagnolo, ritiene applicabile a situazioni come quella in oggetto – in cui una lavoratrice in periodo di allattamento contesti dinanzi ad un organo giurisdizionale nazionale, o a qualsiasi altro organo competente dello Stato membro interessato, la valutazione dei rischi associati al suo posto di lavoro, in quanto effettuata in modo non conforme all'art. 4, par. 1, Direttiva 92/85/CEE – la parziale inversione dell'onere probatorio prevista dal citato art. 19 al fine di semplificare la prova della discriminazione. Pertanto, chiarisce che “spetta alla lavoratrice interessata dimostrare i fatti idonei ad indicare che la valutazione dei rischi associati al suo posto di lavoro non è stata effettuata conformemente ai requisiti di cui al citato art. 4 e in base ai quali si possa in tal modo presumere la sussistenza di una discriminazione diretta fondata sul sesso, ai sensi della Direttiva 2006/54, circostanza che spetta al giudice del rinvio verificare. Incomberà, pertanto, alla parte convenuta dimostrare che detta valutazione dei rischi è stata effettuata conformemente ai requisiti previsti dalla menzionata disposizione e che, pertanto, non vi è stata alcuna violazione del principio di non discriminazione”.
|