Responsabilità dell’avvocato per condotta omissiva: vale la regola del “più probabile che non” anche per le conseguenze dannose
03 Novembre 2017
IL CASO Il Tribunale accerta la responsabilità professionale per negligenza di due avvocati in relazione alla mancata riassunzione del giudizio di rinvio a seguito della cassazione di un ricorso per licenziamento illegittimo, con la conseguente prescrizione del diritto vantato dal loro assistito. Il Giudice di prime cure, pur riconoscendo la responsabilità dei convenuti, rigetta la richiesta di risarcimento danni per mancanza di prova in ordine al pregiudizio subito dall'attore. Avverso tale provvedimento l'attore ricorre alla Corte d'appello di Milano, ottenendo la condanna degli avvocati in solido al risarcimento del danno subito dall'appellante. I legali ricorrono ora in Cassazione con ben undici motivi di ricorso.
OMISSIONE: EFFICACIA CAUSALE DIRETTA NELLA DETERMINAZIONE DEL DANNO La Cassazione si concentra sull'esatta applicazione delle norme in tema di causalità e chiarisce che, nell'accertamento del nesso di causalità in materia di responsabilità civile, deve essere applicata la regola della preponderanza del «più probabile che non». Tale criterio deve ritenersi altresì applicabile anche nel caso di responsabilità professionale per condotta omissiva, sia essa imputabile ad un avvocato come ad un commercialista; una volta accertata l'omissione e l'esistenza di un danno che probabilmente ne è conseguenza, il giudice può ritenere, in assenza di fattori alternativi, che tale omissione abbia avuto efficacia causale diretta nella determinazione del danno.
PRINCIPIO DI DIRITTO Sulla base di tali valutazioni la Cassazione afferma l'importate principio di diritto secondo il quale «in tema di responsabilità per colpa professionale consistita nell'omesso svolgimento di un'attività da cui sarebbe potuto derivare un vantaggio personale o patrimoniale per il cliente, la regola della preponderanza dell' evidenza, o del più probabile che non, si applica non solo all'accertamento del nesso di causalità fra l'omissione e l'evento di danno, ma anche all'accertamento del nesso tra quest'ultimo, quale elemento costitutivo della fattispecie, e le conseguenze dannose risarcibili, posto che, trattandosi di evento non verificatosi proprio a causa dell'omissione, lo stesso può essere indagato solo mediante un giudizio prognostico sull'esito che avrebbe potuto avere l'attività professionale omessa».
VALUTAZIONE PRESUNTIVA PROGNOSTICA Dunque l'accertamento del nesso causale “probabilistico” si estende anche alle conseguenze dannose risarcibili, ossia quel mancato vantaggio che il cliente avrebbe conseguito nel caso in cui gli avvocati avessero svolto la loro attività con la dovuta diligenza. Per il fatto stesso che tale danno non si è realmente verificato, a causa dell'omissione, non è possibile fornirne prova rigorosa e certa.
ONERE PROBATORIO La Cassazione opera dunque una importante differenziazione in tema di onere probatorio tra la condotta omissiva, che se tenuta avrebbe evitato il danno, e quella condotta omissiva che invece, se tenuta, avrebbe prodotto un vantaggio. Nella prima ipotesi il danno si è concretizzato quale conseguenza dell'omissione, ma nella seconda il danno deve necessariamente costituire oggetto di accertamento prognostico, proprio perché non si è effettivamente verificato.
La Corte ritiene, pertanto, erronea l'affermazione, contenuta nei ricorsi di entrambi i ricorrenti, secondo la quale l'attore avrebbe dovuto fornire la prova certa dell'esito favorevole del giudizio di rinvio, e rigetta sul punto i ricorsi.
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