La “nuova” impresa sociale, la disciplina dei gruppi e l’insolvenza

03 Novembre 2017

Nella riunione del Consiglio dei Ministri del 28 giugno 2017 il Governo ha definitivamente approvato il decreto legislativo (D.Lgs. 3 luglio 2017, n. 112, in G.U. n. 167 del 19 luglio) recante revisione della disciplina in materia di impresa sociale, in attuazione della delega contenuta nella Legge 6 giugno 2016, n° 106.
Premessa

Nella riunione del Consiglio dei Ministri del 28 giugno 2017 il Governo ha definitivamente approvato il decreto legislativo (D.Lgs. 3 luglio 2017, n. 112, in G.U. n. 167 del 19 luglio) recante revisione della disciplina in materia di impresa sociale, in attuazione della delega contenuta nella Legge 6 giugno 2016, n. 106.

L'impresa sociale come “figura” (ma non come struttura giuridico-societaria a sé stante) trovava già espressa disciplina nell'ordinamento attraverso il D.Lgs. 24 marzo 2006, n. 155, che ora viene del tutto abrogato e sostituito (art. 19).

L'intenzione del legislatore della delega, e quindi del D.Lgs. n. 112/2017, è quella di promuovere l'utilizzo delle imprese sociali, poco impiegate in passato anche per le inefficienze e insufficienze della previgente disciplina, favorendone il rilancio.

Il legislatore ha inteso colmare le lacune del D. Lgs. n. 155/2006, in particolare con riferimento al regime fiscale, rimuovendo le principali barriere sostanziali allo sviluppo dell'impresa sociale quale particolare figura del Terzo settore e introducendo misure volte al rafforzamento dell'impresa, pur preservandone l'identità per taluni aspetti riferiti alla governance, quali il coinvolgimento degli stakeholders ed il controllo di tipo pubblicistico. Ha però anche significativamente ampliato i campi di intervento rispetto a quelli tradizionali, e già sperimentati, delle attività sanitarie, assistenziali ed educative attraverso l'inserzione di nuove attività definite di interesse generale. Le novità più significative che dovrebbero fare da volano per il settore riguardano il regime tributario, di cui, però, non è imminente l'operatività.

La definizione di impresa sociale e il coordinamento con le discipline specifiche

L'impresa sociale viene definita come “organizzazione privata” (nella versione approvata dal Consiglio dei Ministri si parlava di “enti privati”) costituita anche in forma societaria classica (e quindi non solo in società cooperativa ma anche in s.r.l. ed in s.p.a. ed in altro ente non personificato) che esercita in via stabile e principale un'attività d'impresa di interesse generale senza scopo di lucro e per finalità civiche, solidaristiche o di utilità sociale, adottando modalità di gestione responsabili e trasparenti e favorendo il più ampio coinvolgimento dei lavoratori, degli utenti e di altri soggetti interessati alla sua attività (art. 1, comma 1).

Non possono acquisire la qualifica di impresa sociale le società costituite da un unico socio persona fisica, le amministrazioni pubbliche di cui all'art. 1, comma 2, D.Lgs. n. 165/2001, e successive modificazioni, e gli enti i cui atti costitutivi limitino, anche indirettamente, l'erogazione dei beni e dei servizi in favore dei soli soci o associati (comma 2) .

Agli enti religiosi civilmente riconosciuti le norme del decreto si applicano limitatamente allo svolgimento delle attività di impresa di interesse generale, a condizione che per tali attività adottino un regolamento, in forma di atto pubblico o scrittura privata autenticata, che, ove non diversamente previsto ed in ogni caso nel rispetto della struttura e delle finalità di tali enti, recepisca le norme del presente decreto. Per lo svolgimento di tali attività deve essere costituito un patrimonio destinato e devono essere tenute separatamente le scritture contabili di cui all'art. 9 (comma 3).

Le cooperative sociali e i loro consorzi, di cui alla L. n. 381/1991, acquisiscono di diritto la qualifica di imprese sociali. In questo caso le disposizioni sull'impresa sociale, risultano applicabili, nel rispetto della normativa specifica delle cooperative ed in quanto compatibili, fermo restando l'ambito di attività di cui all'art. 1 della citata L. n. 381/1991, come modificato ai sensi dell'art. 17, comma 1 (comma 4).

Le cooperative sociali, pertanto, sono automaticamente imprese sociali (a prescindere dalla verifica in concreto del possesso dei requisiti di qualificazione dell'ente, la cui applicazione a questi enti è infatti esclusa) e mantengono la loro vecchia disciplina,seppur integrata dagli artt. 14 (in tema di procedure concorsuali: sono soggette a l.c.a. e mai a fallimento: si veda infra), 15 (sui controlli del Ministero del lavoro e delle politiche sociali), 16 (in materia di Fondi) e 18 (quanto a disciplina fiscale e di sostegno), “che si applicano nel rispetto della disciplina specifica delle cooperative e in quanto compatibili”. Le cooperative, infine, sono assoggettate alla disciplina fiscale comune a tutte le imprese sociali (su cui si veda infra).

Alle imprese sociali si applicano inoltre, in quanto compatibili, le norme del codice del Terzo settore, e per gli aspetti non disciplinati, le norme del codice civile e le relative disposizioni di attuazione concernenti la forma giuridica in cui l'impresa sociale è costituita e, in mancanza e per gli aspetti non disciplinati, le norme del codice civile e le relative disposizioni di attuazione concernenti la forma giuridica in cui l'impresa sociale e' costituita (comma 5).

Le disposizioni del decreto si applicano in quanto compatibili con il decreto legislativo 19 agosto 2016, n. 175 e quindi con il Testo unico in materia di società a partecipazione pubblica (comma 6). Non si applicano, infine, agli enti di cui al D.Lgs. n. 153/1999 contenente il regolamento in materia di disciplina delle fondazioni bancarie (comma 7).

I parametri attestanti la non lucratività dell'impresa. Modalità di costituzione

L'art. 3 individua i “comportamenti” che colorano le attività delle imprese sociali come prive di lucro:

non distribuzione diretta di avanzi di gestione o indiretta del tipo compensi per le cariche sociali non proporzionati all'attività svolta, alle responsabilità assunte e alle specifiche competenze o comunque superiori a quelli di imprese che operano in analoghi settori;

corresponsione di retribuzioni superiori del quaranta per cento rispetto a quelle previste dai contratti collettivi o

la remunerazione degli strumenti finanziari diversi dalle azioni o quote, a soggetti diversi dalle banche e dagli intermediari finanziari autorizzati, in misura superiore a due punti rispetto al limite massimo previsto per la distribuzione di dividendi dal comma 3, lettera a);

l'acquisto di beni o servizi per corrispettivi che, senza valide ragioni economiche, siano superiori al loro valore normale;

le cessioni di beni e le prestazioni di servizi, a condizioni più favorevoli di quelle di mercato, a soci, associati o partecipanti, ai fondatori, ai componenti gli organi amministrativi e di controllo, a coloro che a qualsiasi titolo operino per l'organizzazione o ne facciano parte, ai soggetti che effettuano erogazioni liberali a favore dell'organizzazione, ai loro parenti entro il terzo grado ed ai loro affini entro il secondo grado, nonché alle società da questi direttamente o indirettamente controllate o collegate, esclusivamente in ragione della loro qualità, salvo che tali cessioni o prestazioni non costituiscano l'oggetto dell'attività di interesse generale di cui all'articolo 2;

la corresponsione a soggetti diversi dalle banche e dagli intermediari finanziari autorizzati, di interessi passivi, in dipendenza di prestiti di ogni specie, superiori di quattro punti al tasso annuo di riferimento.

Per gli stessi fini, l'impresa sociale può destinare una quota inferiore al 50% degli utili e degli avanzi di gestione annuali (dedotte eventuali perdite maturate negli esercizi precedenti) se costituita nelle forme di società di cui al libro V del codice civile, ad aumento gratuito del capitale sottoscritto e versato da soci oppure alla distribuzione di dividendi ai soci, in misura comunque non superiore all'interesse massimo dei buoni postali fruttiferi, aumentati di due punti e mezzo rispetto al capitale effettivamente versato, ed ancora ad erogazioni gratuite in favore di enti del Terzo Settore diversi dalle imprese sociali che non siano fondatori, associati, soci dell'impresa sociale o società da questa controllate, finalizzate alla promozione di specifici progetti di utilità sociale.

L'impresa sociale è un ente che, a parte l'assenza di scopo di lucro e un particolare assetto di governance e di controlli, è retto dalla disciplina del tipo societario di riferimento, sempre nel rispetto del principio generale lex specialis legi generali derogat.

La costituzione deve avvenire per atto pubblico: gli atti costitutivi devono esplicitare il carattere sociale dell'impresa ed in particolare debbono indicare l'oggetto sociale e la tipologia di attività di interesse generale e l'assenza dello scopo di lucro attraverso la clausole di cui all'art. 3.

Gli atti costitutivi, le loro modificazioni e gli altri atti relativi all'impresa devono essere depositati entro trenta giorni a cura del notaio o degli amministratori presso l'ufficio del registro delle imprese nella cui circoscrizione è stabilita la sede legale, per l'iscrizione in apposita sezione.

Il Ministero del lavoro e delle politiche sociali, ai fini di cui all'art. 15 (che prevede funzioni di “monitoraggio, ricerca e controllo” in capo al Ministero, volte a verificare il rispetto, da parte delle imprese sociali, delle disposizioni contenute nel decreto oggetto di commento) accede anche in via telematica agli atti depositati presso l'ufficio del registro delle imprese.

Gli enti religiosi di cui all'art. 1, comma 3, sono tenuti al deposito del solo regolamento e delle sue modificazioni.

Con decreto del MISE, di concerto con il Ministro del lavoro e delle politiche sociali, saranno definiti gli atti che devono essere depositati e le relative procedure.

La denominazione o la ragione sociale devono contenere l'indicazione di impresa sociale. La disposizione in oggetto non si applica agli enti religiosi.

Le imprese sociali già costituite al momento dell'entrata in vigore del decreto devono adeguarsi alle disposizioni che le riguardano entro dodici mesi; entro il medesimo termine possono modificare i loro statuti con le maggioranze previste per le deliberazioni dell'assemblea ordinaria. Superato il quale, evidentemente, solo con le maggioranze previste per le assemblee straordinarie.

In tema di responsabilità, infine, per le imprese sociali costituite in forma di società personificate vale il principio della limitazione di responsabilità, indipendentemente dall'ammontare del patrimonio; per quelle dotate di mera soggettività giuridica vale il principio generale fissato dall'art. 2304 c.c., mentre per quelle in forma di associazione valgono i canoni del Libro I e dunque o la responsabilità limitata, in caso di riconoscimento della personalità giuridica, oppure i parametri di cui all'art. 38 c.c.

Profili societari: ammissione dei soci, cariche sociali e organi di controllo; stakeholders; operazioni straordinarie

Le modalità di ammissione ed esclusione di soci o associati, nonché il rapporto sociale, sono regolati dall'atto costitutivo e dallo statuto secondo il “principio di non discriminazione”, tenendo conto della peculiarità della compagine sociale e della struttura associativa o societaria e compatibilmente con la forma giuridica assunta in sede di costituzione (art. 8, comma 1).

L'atto costitutivo o lo statuto disciplinano la facoltà di investire l'assemblea degli associati o dei soci, o di altro organo eletto dalla medesima assemblea, avverso i provvedimenti di diniego di ammissione o di esclusione di soci o associati (art. 8, comma 2).

L'art. 7 contiene la disciplina delle cariche sociali, regolata in modo da rispettare la democraticità della struttura. Le cariche sociali, diverse dalla presidenza, possono essere assunte anche da soggetti nominati dalle P.A. o da enti senza scopo di lucro, purché non sia violato il divieto per tali categorie di esercitare il controllo dell'impresa sociale, come previsto dall'art. 4.

L'atto costitutivo o lo statuto possono riservare a soggetti esterni all'impresa sociale la nomina di componenti degli organi sociali. In ogni caso, però, la maggioranza dei componenti l'organo di amministrazione deve essere riservata all'assemblea degli associati o dei soci dell'impresa sociale. Ciò al fine di evitare che si crei uno scollamento tra base sociale e gestione dell'impresa. L'allargamento della base del governo dell'impresa anche a chi governa il territorio e quindi alle P.A., in generale, è sintomo di un diverso approccio ai temi della governance dell'economia e del territorio attraverso il recupero del centralismo nella sfera pubblica.

In tema di organi di controllo, fatte salve disposizioni più restrittive legate alla forma giuridica adottata in sede di costituzione, l'atto costitutivo deve prevedere la nomina di uno o più sindaci, aventi i requisiti di cui agli artt. 2397, comma 2, e 2399 c.c.

I sindaci hanno compiti ulteriori, rispetto ai poteri ed ai doveri propri specificati dal Codice civile: sono tenuti, infatti, a monitorare l'osservanza delle finalità sociali, con particolare riguardo alle disposizioni che connotano la qualifica di impresa sociale, nonché ad attestare la conformità del bilancio sociale, quanto alla sua redazione, alle linee guida stabilite in materia dal Ministero del Lavoro e delle politiche sociali.

I sindaci possono inoltre, in qualsiasi momento, procedere ad atti di ispezione e di controllo. A tal fine, possono chiedere agli amministratori notizie, anche con riferimento ai gruppi di imprese sociali, sull'andamento delle operazioni o su determinati affari.

Il legislatore ha inteso operare un rafforzamento del sistema dei controlli interni, da un lato abrogando le soglie dimensionali di cui all'art. 2435-bis c.c. (il cui superamento in passato determinava l'insorgere dell'obbligo di nominare uno o più sindaci); dall'altro, ampliando i compiti dell'organo affinché l'esercizio della vigilanza sia adeguatamente rispondente all'interesse pubblico sottostante al rispetto del particolare regime giuridico dell'impresa sociale.

Il superamento delle soglie dimensionali fissato dalla norma in parola rileva a fini di sottoposizione dell'impresa sociale all'ulteriore obbligo di controllo contabile da parte dei revisori legali. E' fatta salva, in ogni caso, la disciplina più restrittiva legata alla particolare forma giuridica assunta dall'impresa sociale, sia in tema di controllo interno che di controllo contabile.

L'art. 11 accresce i vincoli di coinvolgimento dell'impresa sociale nei confronti degli stakeholders, in armonia con gli indirizzi europei in tema di economia sociale.

Le forme di coinvolgimento, da prevedersi in atto costitutivo ed in statuto, devono consistere in meccanismi di consultazione o di partecipazione, mediante i quali i lavoratori, gli utenti e altri soggetti interessati alle attività possano esercitare un'influenza sulle decisioni dell'impresa sociale, con particolare riferimento alle questioni che incidono direttamente sulle condizioni di lavoro e quella qualità dei beni o dei servizi.

E' prevista l'adozione, da parte del Ministero del lavoro e delle politiche sociali, di specifiche linee guida per la definizione più puntuale di questo particolare aspetto della vita dell'impresa sociale.

Le operazioni straordinarie concernenti l'impresa sociale sono disciplinate dall'art. 12: in primo luogo sussiste l'obbligo di preservare l'assenza dello scopo di lucro, i vincoli di destinazione del patrimonio e il perseguimento delle finalità civiche, solidaristiche e di utilità sociale da parte dei soggetti coinvolti negli atti posti in essere.

La cessione di azienda o di un ramo d'azienda, relativo allo svolgimento dell'attività di impresa di interesse generale, deve essere realizzata, previa relazione giurata di un esperto designato dal Tribunale nel cui circondario ha sede l'impresa sociale, attestante il valore effettivo del patrimonio dell'impresa, in modo da preservare il perseguimento delle attività e delle finalità da parte del cessionario.

In caso di scioglimento volontario dell'ente o di perdita volontaria della qualifica di impresa sociale, il patrimonio residuo - dedotto, nelle imprese sociali costituite nelle forme di cui al libro V del codice civile, il capitale effettivamente versato dai soci, eventualmente rivalutato o aumentato, ed i dividendi deliberati e non distribuiti nei limiti di cui all'art. 3, comma 3, lett. a) - è devoluto , salvo quanto specificatamente previsto in tema di società cooperative, ad altri enti del Terzo settore o ai fondi di cui all'art. 16, comma 1, secondo le disposizioni statutarie.

Disciplina dei gruppi e insolvenza

In tema di gruppi di imprese sociali continua a trovare applicazione la disciplina codicistica sul coordinamento di società e di gruppo cooperativo paritetico.

In ogni caso, esercita attività di direzione e di coordinamento il soggetto che, per previsioni statutarie o per qualsiasi altra ragione, abbia la facoltà di nominare la maggioranza dei componenti dell'organo di amministrazione dell'impresa sociale.

I gruppi di imprese sociali sono tenuti a depositare l'accordo di partecipazione presso il registro delle imprese, nonché a redigere e depositare i documenti contabili ed il bilancio sociale in forma consolidata, predisposto in conformità alle linee guida di cui all'art. 9.

Gli enti con scopo di lucro e le amministrazioni pubbliche, partecipanti ad un'impresa sociale, non possono detenere la direzione, il coordinamento o il controllo di un'impresa sociale, ai sensi dell'art. 2359 c.c., in qualsiasi forma, anche analoga, congiunta o indiretta: le decisioni assunte in violazione del divieto sono annullabili.

In caso di insolvenza, le imprese sociali sono assoggettate alla liquidazione coatta amministrativa (art. 14, comma 1). Il provvedimento che dispone la messa in l.c.a. delle imprese sociali, ad esclusione di quelle aventi la forma di società cooperativa, è adottato con decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali.

Il patrimonio residuo al termine della procedura concorsuale è devoluto ai sensi dell'art. 12 comma 5.

In conclusione

L'impianto della nuova legge non è dissimile, come anticipato, da quello del D. Lgs. n. 155/2006. Le implementazioni sono, però, evidenti e giustificate dall'esigenza di rilanciare una forma di impresa che non aveva incontrato molto favore.

Il legislatore ha voluto allargare il novero delle attività di interesse generale ed ha meglio qualificato e definito l'impresa, delineando con più nettezza le prerogative degli stakeholders e le modalità di controllo, sia interno che esterno, con particolare riferimento alla revisione obbligatoria. Anche in questo caso si tratta di una particolare qualifica normativa acquisibile da parte di tutti gli enti che presentano certi requisiti funzionali e strutturali, ma che esercitano, in via stabile e principale, un'attività d'impresa.

E' sparita la disposizione del precedente art. 6 in tema di responsabilità patrimoniale, che di fatto scoraggerà l'impiego di forme altre rispetto alle s.r.l., alle cooperative ed alle s.p.a. C'è da attendersi, quindi, che non vengano utilizzate le forme della s.n.c. e della s.a.s.

Le finalità di base del legislatore sono, quindi, di promozione: il dubbio è quello legato al fatto che una legislazione di questo tipo sia effettivamente in grado di servire da fattore di sviluppo o da volano per tutte le organizzazioni appartenenti al non profit.

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